Perché l’editore Massimo Duranti, morto in un incidente aereo, afferma nel testamento che ad ucciderlo è stato un familiare o un suo stretto collaboratore?
Duranti ha conferito al notaio il mandato di erogare una cospicua somma a beneficio di colui che scoprirà l’assassino. In più, vuole che il commissario Bartolomeo Chindemi condivida le indagini con un certo Concetto Tamagnini ex funzionario INPS, attualmente scrittore di libri gialli per conto della sua casa editrice.
I due s’erano conosciuti ai tempi in cui Tamagnini era responsabile dell’ufficio legale di quell’istituto; entrambi, poi diventati amici, collaborarono nelle indagini riguardanti la morte di una donna il cui amante prestava servizio all’INPS.
Chindemi scopre che in questo caso è coinvolto anche il figlio di Tamagnini, Gianni. Quindi, anche le vicende personali del giovane devono essere presi in considerazione e ciò lo porterà a dover allargare le indagini in Turchia ed in Iraq, proprio nelle zone occupate dall’Isis.
Perché ho scritto questo libro?
Credetemi, non lo so! Probabilmente tutto è nato dalla mia naturale propensione verso l’uso della parola scritta piuttosto che di quella detta. Cosicché, come è successo anche per questo libro, scrivere una storia mi consente di relazionarmi con gli altri in un modo, per me, compiuto e soddisfacente. Anche se i personaggi che concepisco, man mano che li descrivo, hanno l’ardire di prendermi la mano e andar da soli a modificare intrecci e vicende, come se a descriverli non fossi io ma loro stessi.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Non capiva perché lei avesse scelto di dirigersi verso la scaletta che porta giù nello scantinato. Non gli sembrava che vi fossero vie di fuga da quella parte e per una che in-tendeva fuggire da lui non aveva senso…a meno che facesse solo finta. Eh, già, quella donna lo stupiva sul serio!
Questa considerazione lo tranquillizzò rallentandone i movimenti. Ora l’unica cosa che lo preoccupava era controllare che nessuno li disturbasse. Chiuse il portoncino dietro di sé provocando solamente un leggerissimo cigolio, prestò orecchio ai rumori esterni ma non rilevò niente che lo potesse impensierire; adesso sì che si poteva dirigere verso l’oggetto del suo desiderio.
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Pose la mano sulla maniglia della porta di ferro ma si fermò di colpo. Si sa che le donne sono balzane, e Giorgia lo stava dimostrando in pieno.
E se avesse cambiato nuovamente idea su di lui? Meglio non fidarsi.
Spalancò con immediatezza l’uscio addossandosi per sicurezza sulla parete laterale. L’oggetto affusolato sibilò sinistramente conficcandosi sull’anta del vecchio armadione posto di fronte, vibrando insistentemente.
Infastidito dal suo comportamento che gli parve bizzarro, osservò l’arnese piantato sul legno massello; era un bastone di legno, di quelli che si usano in montagna, alla cui estremità era stato posizionato un punteruolo di ferro. L’estrasse con gesto energico e valutò che era meglio tenerselo per usarlo tuttavia solo se fosse stato strettamente necessario. Sbirciò dentro con un occhio solo, non vide nulla ma non si sentì tranquillo. L’anta dell’armadio s’era aperta a seguito dello strappo e dentro c’erano delle grucce con degli abiti.
Ne agganciò una col bastone, sostituì la tutina appesa col suo giaccone, sul gancio pose il berretto e, soddisfatto della sua trovata, l’espose davanti al varco ma non successe nulla. Ritirò la gruccia riprendendosi le sue cose e si accinse a scendere la scaletta tenendo bene in mano il bastone puntuto.
Dentro non era del tutto buio per via della luce che filtrava dalle formelle in vetrocemento posizionate nella parete esterna.
Giunto alla fine degli scalini, si nascose dietro una scaffalatura e diede uno sguardo in giro. Sembrava tutto a posto, chissà dove s’era cacciata. Può darsi che ci fosse un’uscita di emergenza o magari una finestra vera e propria?
L’ambiente formava una elle e la ragazza doveva sicuramente essersi nascosta in quella zona sottratta alla sua vista. Vi si avvicinò procedendo lungo lo stretto passaggio consentito dalla scaffalatura che non era del tutto addossata alla parete.
Arrivato all’altro estremo notò che sul pavimento, dal lato del muro esterno, qualcosa era caduto a terra. Immaginò che lei, tentando di nascondersi, avesse involontariamente urtato qualcosa. Doveva essere dietro quella scansia piena di libri ma non appena vi si diresse, sentì un scalpiccio provenire dalla parte opposta.
«Maledetti scaffali!» sibilò fra i denti, convinto che la ragazza avesse creato quel diversivo per guadagnare qualche metro di vantaggio in direzione dell’uscita, scorrendo alle spalle di quelle scaffalature staccate dalle pareti.
Non sopportando di essere preso in giro in quel modo, si catapultò verso le scale quando ormai lei aveva messo piede sull’ultimo gradino. Urlò di rabbia credendo di averla perduta ma così non fu. Il tacco a spillo le si era conficcato in uno dei fori metallici della pedata facendola incespicare. Si rialzò all’istante, sfilò il piede dalla scarpa e raggiunse l’uscio nel momento in cui lui si trovò di sotto.
Per poterla fermare non gli rimase altro da fare che scagliarle il bastone che s’infilzò fra le scapole della disgraziata. Giorgia barcollò rischiando di cadere all’indietro; ebbe però la prontezza di afferrare il corrimano riuscendo così a darsi una spinta verso l’uscita proprio quando lui, non raggiungendola del tutto, riusciva però ad abbrancare il bastone estraendoglielo con veemenza.
Come succede al tappo dello spumante sospinto fuori soprattutto per la pressione delle bollicine che, traboccando dal collo della bottiglia, ne spruzzano fuori parte del contenuto, così accadde all’asta di legno; come se questi si potesse sradicare dalle spalle della sventurata solo per la concomitante azione degli umori corporei contenuti in quel corpo ormai in fase d’estinzione.
Eppur così sembrò che avvenisse; un miscuglio di liquami, sangue ed altro, schizzò via come a cercar ventura, smaniosamente e stupidamente, al di fuori di esso, facilitando inconsapevolmente il compito dell’omicida.
Giorgia non cadde giù per le scale perché la mano rimase aggrappata al mancorrente in un ultimo atto di resistenza passiva ma non poté evitare di farsi agguantare dall’uomo.
«T’ho presa, t’ho presa!» non finiva di ripetere lui con atteggiamento infantile mentre la trascinava giù, tutto soddisfatto per non essersi fatto sfuggire quella preda tanto desiderata.
«Che credevi che mi facevo fregare?» affermò con linguaggio immaturo.
«Con me non ce la fa nessuno e finiscila di lamentarti, se ti sei fatta male è solo colpa tua!».
Alla fine l’adagiò a terra e si mise a sfilargli gli indumenti, poco interessato al fatto che ogni capo di vestiario tolto procurava alla ragazza dolori indicibili. Ma i vestiti vanno levati uno per uno seguendo i canoni della seduzione e, se tutto vien fatto come si deve, l’eccitazione non potrà che arrivare permettendo all’atto sessuale di compiersi.
Come era brava Giorgia ad agevolarlo in ogni suo desiderio e gli sembrò evidente che le piacesse fare all’amore con lui anche se ciò che gli apparivano singulti di piacere non erano altro che gemiti di morte.
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