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Le storie topesche di Geremia e Martino

Le storie topesche di Geremia e Martino
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Consegna prevista Aprile 2024
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La storia narra le gesta di una colonia di topolini, e soprattutto di Geremia e Martino, due topolini intraprendenti che si ritrovano, spesso, a salvare da situazioni difficili i loro simili. Il loro più grande amico è un furetto, di nome Luigi, che li introduce all’ascolto della musica rock soprattutto del grande Bruce Topinstin (omaggio al mio artista preferito), che diventa il loro passatempo preferito. Durante le loro imprese salvano i compagni da un tremendo destino, risolvono il problema del cibo, riescono a dare un’istruzione ai topolini più giovani e ad impedire che il loro più caro amico parta al seguito del suo padrone, lasciandoli da soli.
Quello che più emerge dalle storie è un sentimento profondo di amicizia, di legame con la comunità, di senso di appartenenza e spirito di sacrificio, oltre ad una dose di intraprendenza. il racconto “Il topolino che scoprì il rock” è stato premiato come terzo classificato nel 2020 al concorso “Il racconto nel cassetto”

Perché ho scritto questo libro?

L’idea di questo libro è nata in corso d’opera. Inizialmente ho scritto il primo racconto per inserirlo in una serie di fiabe scritte per mia figlia. Successivamente, sempre per venire incontro alle richieste di mia figlia, ho scritto un secondo racconto, e da lì ho continuato la serie dei topolini, in parallelo alla raccolta di fiabe. Mi piace dare vita a questi personaggi, e pensare a come potrebbero affrontare i loro disagi e le loro paure contando uno sull’altro e mettendosi sempre in gioco

ANTEPRIMA NON EDITATA

Storia n. 1 – Il topolino che scoprì il rock

“Un due tre… un due tre”. Il maestro di valzer indicava il tempo con la sua vocetta melliflua, mentre coppie di topolini, sull’improvvisata pista da ballo, seguivano i movimenti con fare meccanico, stando più attenti a svolgere l’esercizio che non ad abbandonarsi al piacere del ballo.

Anche se nessuno voleva ammetterlo, avevano paura. Paura di quel topo che, avendo abitato per anni nello scantinato di una scuola da ballo, si era proclamato “maestro”, e cercava di convincere tutti i topolini della zona a seguirlo in quella che lui, in maniera molto presuntuosa, riteneva essere una “missione di civiltà”.

“E’ tempo che usciamo dalla considerazione che hanno gli altri di noi topi – ripeteva sempre – e imparando a ballare il valzer daremo prova della nostra intelligenza e del nostro valore”. Essendo il più forte e massiccio della comunità, nessuno se la sentiva di contraddirlo, almeno apertamente. Solo nel segreto delle loro tane, potevano esprimere il loro malcontento per essere costretti a seguire quelle noiose lezioni di “Un due tre”.

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Morivano dalla voglia di tornare a vivere la loro vita vagabonda, girando di qua e di là a caccia del cibo, a fare dispetti ai gatti e a correre dietro le carrozze e i cavalli. Insomma, non si può dire che la febbre del ballo avesse avuto molto successo, eccetto qualche coppia di vecchi topi che ormai, troppo anziani per altre avventure, vedevano il valzer come un passatempo e un modo di evadere dalla noia quotidiana.

Il più accanito avversario del grande topo maestro era rappresentato da un gruppo di topolini giovani, curiosi e soprattutto indisciplinati, che faticavano a seguire le regole e preferivano seguire la loro testa e il loro istinto, che non andava tanto d’accordo con il “buon senso”, qualità che in più di un’occasione sarebbe servita loro per evitare tanti guai. Il maestro di ballo li detestava, sia perché non mostravano il minimo interesse per la sua “missione culturale”, sia perché era invidioso, in quanto i topolini potevano fare cose che lui, confinato per anni nello scantinato della sala da ballo, non aveva potuto fare.

Solo Matusalemme, il topo più anziano e venerato della comunità, aveva parole buone e comprensive per il gruppo di topolini irrequieti. Pensava, il buon vecchio, a quando lui da giovane si era messo in testa di visitare tutto il mondo, ed era riuscito ad arrivare fino a ben cinquecento metri dalla sua tana! E senza incidenti! Quando raccontava le sue avventure giovanili, aggiungeva sempre un sospiro di rimpianto, e poi, come a voler mettere in mostra le sue virtù, chiudeva il discorso ripetendo: “Ho attraversato mille volte la strada, anche quando passavano le carrozze, e non ho mai ricevuto un graffio, neanche alla coda”.

Chi restava letteralmente rapito da questi racconti era Geremia, un giovane topolino cui un incidente, mentre giocava per la strada con gli amici, aveva lasciato una zampina leggermente più corta, quindi camminava in modo un po’ buffo, alternando le spalle di qua e di là, con le orecchie che ballavano da una parte all’altra della testa.

Tra tutti, Geremia era forse il topo più vicino al vecchio saggio, anche perché lui custodiva un segreto, un segreto così grande e pericoloso da non averne fatto parola neanche con i suoi amici più cari.

Dovete sapere che una sera, preso dalla smania di conoscere e dalla curiosità, fece ciò che nessun topo si azzardava a fare, cioè uscire con il buio e fare una passeggiata intorno all’isolato dove viveva la comunità dei topi. Con il cuore in gola uscì dalla tana, stando bene attento a non farsi vedere da nessuno, e si trovò sulla strada.

La prima cosa che vide furono due gatti randagi che, fortunatamente, invece di badare a lui stavano miagolando una serenata ad una gattina che abitava al piano di sopra. Dopo aver schivato un paio di carrozze, ed essere passato tra le gambe di un signore ubriaco, che camminava dondolando come lui, vide una luce uscire da uno scantinato.

Curioso, schiacciò il naso verso la finestra e vide… un gatto!? No, non era un gatto, anche se a prima vista poteva sembrare che lo fosse. Era un furetto, e sul momento Geremia non capiva cosa stesse facendo. Aveva in testa due enormi spugne, in corrispondenza delle orecchie, e si muoveva come se fosse stato fulminato da un filo di corrente scoperto. Dimentico di tutto, il nostro topolino stava cercando, in tutti i modi, di entrare nello scantinato, per saperne di più su quello strano animale, e sul suo ancora più strano comportamento.

Visto che ogni tentativo si rivelò inutile, tornò alla sua tana, ripromettendosi di tornare nuovamente per spiegare quel mistero. Passarono altri tre giorni, duranti i quali non poté muoversi dalla tana, a causa della pioggia battente che, cadendo sul selciato, rendeva tutto fradicio e scivoloso. Inoltre, i più anziani avevano sempre ripetuto che durante le notti di pioggia, tutti corrono a più non posso, pedoni, cavalli e carrozze, perciò il rischio di essere schiacciati era molto alto.

Finalmente tornò il sole, e la sera stessa Geremia uscì di nuovo, senza essere visto, per tornare a quella finestra che tanto lo aveva affascinato. Stavolta fu più fortunato, perché trovò una piccola apertura, uno spiraglio attraverso il quale si calò all’interno della stanza. Sfortunatamente, cadde su una scatola che si rovesciò, facendo voltare il furetto che, trovandosi davanti quel nuovo inquilino, passò dal timore, per il rumore che aveva sentito, alla sorpresa, perché tutto si sarebbe aspettato, ma non che un topolino giungesse fino alla sua stanza.

“Ehi, amico! Che fai? Come mai sei qui?”. Geremia, con un filo di voce, rispose: “Sai, l’altra sera, passando, ti ho visto che avevi in testa delle strane cose, e ti muovevi come se avessi prurito dappertutto, e mi è venuta la curiosità di sapere che cosa ti era successo”.

“Ah ah ah – rise sonoramente il furetto – piccolo amico, stavo semplicemente ascoltando della musica”. “Oh, anche noi abbiamo la musica, nella nostra comunità. Il maestro ci fa sentire tutti i giorni le melodie dei valzer, anche se, detto tra noi, a me non piacciono molto, le trovo un po’ troppo… come dire? Flemmatiche”.

“Vuoi dire – riprese il furetto – che non hai mai sentito musica come il jazz? o il rock?”.

“No – rispose Geremia – non so neanche cosa siano. Il nome è curioso, ma in questo momento riesco a pensare solo a dei bei pezzi di formaggio”.

“Hai fame, ragazzo? Vieni, mentre mangi un tozzo di pane ti farò ascoltare qualcosa”, e detto fatto, il furetto mise su un pezzo di musica rock che, come una scossa elettrica, mandò su di giri Geremia, che cominciò a muoversi di qua e di là, senza riuscire a stare fermo. “Ooh! che cos’è questa musica?” chiese al suo nuovo conoscente.

“Questa è musica rock, e la sta suonando il più grande artista del genere. Strano che non lo hai mai sentito, visto che è un topo come te”.

“E come si chiama?”. “Si chiama Bruce Topinstin, ed è uno spettacolo sentirlo suonare”; così dicendo, anche il furetto si lanciò in un ballo scatenato, mentre Geremia, tra sé, pensava a quanto sarebbe stata più divertente la vita nella sua comunità, se tutti avessero conosciuto quella musica, e l’allegria che trasmetteva.

Rimase nella stanza del suo nuovo amico ad ascoltare quella meravigliosa musica un po’ troppo a lungo, perché quando tornò alla tana qualcuno si era accorto della sua uscita, qualcuno che non vedeva di buon occhio né i giovani topolini, né il loro modo di vivere indipendente…

Il giorno dopo, il maestro, prima delle consuete lezioni di ballo, prese la parola per denunciare la grave mancanza di Geremia, che aveva osato lasciare il sicuro della tana per avventurarsi, nel buio, in cerca di chissà che cosa, mettendo a rischio anche la sicurezza di tutta la comunità.

Invano Geremia cercò di spiegare quello che aveva trovato, e le emozioni che aveva provato. Il maestro, inflessibile, propose alla comunità di rinchiudere il povero topolino, e di non farlo più uscire. A queste parole, parecchi dei più giovani cominciarono a fischiare e ad esprimere il loro disaccordo, ma il maestro fu irremovibile, e fece rinchiudere Geremia nella piccola prigione all’interno delle cantine.

Il povero topolino, triste per il pensiero di non poter tornare dal suo amico, e soprattutto di non poter sentire la sua musica allegra, rimaneva cupo e silenzioso. Invano i suoi migliori amici, sfidando i divieti del maestro, andavano da lui a trovarlo e a cercare di confortarlo. Fino a che, un giorno, il suo amico Martino, cui Geremia aveva confidato tutto, si arrischiò a percorrere le orme del suo amico, e scelta una notte senza luna, uscì dalla tana per cercare la finestra della stanza dove Geremia aveva incontrato il furetto.   

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Daniele Vizzaccaro
Nato a Roma il 18/11/1968, residente a Monterotondo (RM), dove lavoro come assistente tecnico presso l'I.I:S. "Angelo Frammartino" di Monterotondo.
Sono iscritto all'Albo dei periti del Tribunale di Roma come trascrittore. Felicemente sposato con Anna e padre di Marina, una ragazza di 14 anni che è stata (e continua ad essere) la mia musa ispiratrice. Nel 2005 ho pubblicato un saggio dal titolo "Per fare un uomo" che tratta dei diritti dei bambini alla luce della Convenzione ONU del 1989
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