Le nuvole hanno forma di conchiglia, dentro c’è racchiuso tutto il sapere delle onde, la conoscenza del mondo, lo svolgersi delle stagioni.
Inviti respinti parcheggi vuoti la malinconia della periferia.
La lunga notte della poesia.
Questo è l’inizio della mia storia, in cui tra le altre cose si parla di come nevica dentro al mio caffè, di treni fermi al passato e di errori alla deriva. Troverete fotografie appunti paesaggi cupi pensieri suicidi immagini sinuose angosce apocalittiche intimismi onirici, pagine bianche da cui evadere, nervosismi al limite della frenesia, frangenti tempestosi che si placano attraverso il paesaggio in un vortice ventoso per liquefarsi su sponde di fiume, storie d’amore e di fantasmi, poesie per quando finiscono i sogni e una luce accecante emerge dagli abissi del mare. La colonna sonora del nostro scontento. Allenamenti di anni di pessimismo cosmico. Il tutto assemblato seguendo il filo delle onde che ballano sotto la luna, pensieri sparsi alla fermata del pullman, frasi gonfie di rimpianti da leggere guardando l’orizzonte infinito, condito dall’alta marea che arriva di notte e invade la barriera corallina del mio cervello, isole che si staccano e vanno alla deriva senza mappe lasciando scie di tempesta e navi affondate per tutta la costa. Alla fine di questo libro, avrete più domande che risposte, un’alba gentile vi condurrà a casa, ma potreste soffrire di amnesie dovute ai lampi che hanno solcato i vostri occhi durante la lettura, niente paura, un vento frenetico e rabbioso proveniente dalle stelle avvolge e illumina e fluttua e si srotola come un vestito da sposa coperto da foglie bagnate nel primo mattino, come lo spazio bianco tra due frasi, come il suono dei fiori che appassiscono, come immagini che passano davanti agli occhi e si dissolvono in giorni perduti. Tagli sottotrame istanze poetiche ed estetiche. Questa è la mia lettera al mondo. Noi siamo il messaggio che vogliamo trasmettere. Si tratta di un tentativo da parte dello scrittore di fare i conti e – forse – fare pace con i frammenti dell’esistenza.
Anche oggi le zone d’ombra strisciano all’attacco. Vedo la polvere in controluce che si alza. Una malinconia liquida e minimale – che tiene il mondo esterno fuori dalla stanza in cui mi sono barricato – al momento unico rifugio possibile.
Quando è cominciato tutto questo? È solo una tra le tante domande senza risposta.
Andare avanti senza troppa convinzione, solo per la paura di una mancanza. Di un futuro, per esempio?
Una finestra sul mondo, sulle proprie radici.
Una volta mi hai chiesto se mi piacesse quello scrittore solo perché aveva scritto poesie a una donna con il tuo stesso nome.
Mi sento invisibile senza di te, ovunque mi trovi. Nei negozi del centro. Nei supermercati. Dentro i cinema.
È bello qui. Tutto questo blu. E bianco. E grigio. Come poco prima di un temporale.
La luce triste e desolante che si riflette negli occhi e sul paesaggio.
Il poeta che è in me crea mondi malinconici, sin a quando prendevo l’auto e viaggiavo in autostrada. Facevo miei i chilometri percorsi dietro ogni momento vissuto e frasi generiche buttate lì per caso.
Tornare a casa le sere d’estate.
Pensare a quando sono stato felice negli attimi in cui non sapevo di esserlo.
Pensare allo stato delle cose. Ai calendari sfogliati troppo in fretta e poi gettati via. Allo spazzolino che non voglio cambiare per via di un senso di sicurezza. Ai gelati e agli alberi dipinti di verde le domeniche di primavera. Pensare ai silenzi, a quello che hai lasciato andare dietro di te, come una persona appena superata lungo un viale.
E tutto è diverso l’istante dopo. Io mi sento diverso.
Giorni tutti uguali. Ne ho bisogno, li desidero ogni sera prima di abbracciarti.
Come se potessi trasferire le mie preoccupazioni sulla linea della tua schiena, dove ha fatto il nido un pettirosso durante il primo chiaro di luna.
Porto le mie scelte sempre con me. Il peso del tempo.
C’è qualcosa di sbagliato in me, lo sento.
Guardo troppi film, mi racconto bugie. Ma a fin di bene.
Tipo che le mie poesie sono bellissime, anche se nessuno la pensa così.
E queste bugie riempiono i pensieri, controllano il cervello, danno speranza ai sogni.
Ho guardato l’universo. Da solo. Con te. Con altre donne. Seguo il contorno delle cose. Compio associazioni mentali. Mi dirigo verso una nuova delusione.
Penso a come deve essere bello vivere il presente. Nel presente. Io ho l’ansia persino di tutti i libri che devo ancora leggere e delle serie TV da vedere.
Spiaggia d’inverno. All’ombra della tua primavera.
Invece di dirmi dove ho sbagliato, ho continuato a tessere la mia rete. Ho creato una serie di meccanismi cerebrali di difesa dal vero vivere.
Mi hai detto che avresti rispettato le mie paure, ma non le avresti accettate mai.
Ho fatto così tante scelte sbagliate che ho perso la strada per tornare indietro.
Non ci sono colori, ma ogni cosa è colorata.
Non mi hanno mai insegnato a dire di no.
La risposta affermativa è più facile. Più comoda.
L’autunno è qui, e io sono l’autunno.
Dico le stesse risposte di mio padre. È successo di nuovo, stavo pensando al ricordo di qualche amore, al silenzio di una strada senza auto, all’idea che il mondo ha di me, e proprio in quel momento ho risposto a una frase esattamente nel modo in cui lui mi ha sempre risposto. Lo stesso tono, le stesse parole.
Dilatando il passato, i ricordi si moltiplicano, ma sono comunque troppi, e nel cercare di afferrarli molti si perdono.
Chissà cosa succede quando si entra nel campo dei “Non lo so”. Il mio sguardo indagava su quel pomeriggio. In cerca di una prospettiva, di un qualcosa che mi facesse capire chi sia.
Una direzione, che non fosse quella della nostalgia.
Analizzando un singolo frammento di vita per volta, siamo sempre alla ricerca di piccoli mutamenti – perduti e spariti per sempre – che ci hanno portato a essere chi siamo.
Sono figlio della poca pazienza dei miei genitori. Non ho mai avuto un nido, un porto. O forse sì, e li ho distrutti. Per capirne di più, mi affido ai ricordi e ai rimpianti accumulati in giorni di pioggia.
Sei una fotografia sulla giovinezza, ma non una carica di filtri, sei come una vecchia polaroid ingiallita, il primo pensiero che evochi è malinconia, il secondo bellezza.
Sono bloccato in questo passato. A immaginare scene di vecchi film mai girati. E le gambe di lei. Così lontane. A guardare le stelle sotto le quali eravamo soliti addormentarci.
È verso sera che arriva il momento in cui la stanchezza accumulata durante il giorno si fa sentire.
Spengo la luce, ne accendo un’altra meno invasiva, a metà tra un neon rosso e il chiarore della luna.
È il momento in cui ogni cosa sembra calma meno triste più familiare.
È il momento in cui sento di dover fare un bilancio della mia vita finora, o quanto meno della giornata appena trascorsa. Ma rimando sempre. Ogni volta.
È come guardare mentre ti seduco con le mie promesse.
Ti do due motivi per annullare tutti i tuoi impegni, uno questa sera, uno domani mattina.
Presto o tardi si deve sempre accettare la realtà.
L’odore della pioggia è sempre più imminente.
Sogno sempre a proposito di un supermercato aperto tutta la notte, i cui scaffali sono colmi di fallimenti sensi di colpa frasi dette per errore, e nel reparto delle offerte speciali tutto quello che non mi è mai appartenuto né mi apparterrà.
Vorrei astenermi da tutto ciò che mi può nuocere.
Sono alla ricerca di un posto dove curare la mia depressione, far sì che in quel luogo le persone che ci vivono assorbano la mia tristezza.
Il vento ride tra gli alberi. La luna di novembre gioca con le nuvole.
Vorremmo poter fermare il tempo, ma non si può. Nemmeno rompendo tutti gli orologi.
Così attendo la prossima primavera per sprecare altri giorni pomeriggi piovosi intenzioni, verità lasciate a raffreddarsi nel frigo.
Insieme alla birra. Insieme agli amori disattesi. A quelli disillusi e delusi.
Rimanere bambini per sempre. E non saperne che farsene di se stessi.
Tra pochi giorni inizieranno le domeniche d’autunno con il sole a tramontare nel silenzio del pomeriggio.
Io rivivo i ricordi di qualche anno fa, la loro pienezza.
Penso che ti vorrei ancora nella mia vita, farne parte.
La mia malinconia non è di aiuto per nessuno.
Il tuo corpo è una canzone con cui rivelare altre canzoni altre poesie altre vite.
Tracce del tempo passato e perduto che sprofondano in una nuova stagione di errori.
Mi guardo allo specchio.
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.