Dopo la mia ennesima figuraccia, penso di essere sotto una cattiva luce con Angel e lo stesso discorso vale anche per la professoressa di classico.
Pensavo che le sue lezioni sarebbero state le uniche che mi avrebbero dato un po’ di sollievo, che mi avrebbero fatta sentire sicura e libera di esprimere la mia arte, ma da quando questa mattina sono entrata in sala 5, non ha fatto altro che correggermi e avvilirmi.
Ha messo in chiaro fin da subito quale fosse il suo pensiero su di me.
Secondo lei sono brava, ho una bella tecnica, ho un bel fisico – non dovrebbero bastare? -, ma tutto finisce lì, non le suscito alcuna emozione: “sono apatica”.
Mi è crollato il mondo addosso e, gli sguardi dei miei compagni di classe di certo non mi hanno aiutata a migliorare la situazione, specie quello di Greta, la ragazza con la coda di cavallo e le anche disossate, che a quanto pare non aspetta altro se non mettersi in mostra.
Non so se lo abbia fatto solo per spronarmi a dare il meglio di me stessa, ma se così fosse, le devo dare la spiacevole notizia che su di me, questo genere di cose, sortiscono l’effetto contrario.
Il fatto di non sentirmi sicura in un mondo dove solamente lì riesco a far cadere le mie paure, mi rende ancora più vulnerabile.
Non riesco a lasciar andare le mie emozioni, è una cosa che detesto perché scopre le mie ferite. Se lo facessi, succederebbe un macello, non ne verrei fuori integra e questo lo so con una certa esperienza, per cui mi sono sempre impegnata duramente affinché non venissero coinvolte troppo.
Forse sto gridando al lupo troppo presto, ma ehi, mi chiamo Camila Fontana e ho un talento innato nel fasciarmi la testa prima del dovuto.
“Qualcosa non va?”
Alzo lo sguardo vacuo su Ella che prende posto di fronte a me, mentre con la mano destra sono ancora intenta a rigirare la mia vellutata di zucca che ormai si sarà raffreddata.
“È per quello che ti ha detto il sergente?”
I suoi occhi azzurri mi fissano cercando di scavare per trovare una risposta.
Annuisco semplicemente ingoiando un cucchiaio della mia brodaglia arancione.
La scuola mette a disposizione degli studenti una sala mensa di cui possiamo usufruire nei giorni di lezione tramite dei buoni da consegnare all’addetta al bancone.
Il cibo non è male o almeno, la mia zuppa è discreta; sicuramente più commestibile di quanto sarei in grado di fare io.
Cibo dietetico per veri sportivi: cosa ci si poteva aspettare in una scuola di danza?
Di certo non hamburger e patate fritte.
“Ehi Cami, non te la devi prendere… lo sai che quella è un’arpia. Sono sicura che lo avrà detto per spronarti.”
“Grazie per l’aiuto, Ella.”
Stefano ci raggiunge dopo poco e si siede con noi per mangiare qualcosa al volo.
Tra non molto ci aspetta la lezione con Angel e, non so se essere più preoccupata per quella o per la strigliata di questa mattina.
Se a classico non soddisfo i requisiti della professoressa, come posso farlo in uno stile di cui non ho mai avuto esperienza?
Non appena terminiamo il nostro pranzo, usciamo in giardino a prendere una boccata d’aria.
Lo spazio è affollato di studenti che si rilassano all’ombra delle grandi querce. Ella e io ci sediamo sul muretto che circonda l’area, mentre Stefano decide che l’erba fa decisamente al caso suo.
Il sole penetra tra i rami degli alberi venendo a colpirmi sulla nuca, riscaldandomi quel tanto per regalarmi una sensazione di piacevolezza.
I due iniziano a parlare e io perdo fin da subito il filo del discorso, estraniandomi dalla realtà e immergendomi nel mio mondo fatto di pensieri che mi tengono costantemente compagnia.
Fino a qualche mese fa non avevo nessun dubbio su quale fosse la mia strada, quali le scelte che dovevo fare per sentirmi realizzata; poi, quasi all’improvviso, tutto è cambiato.
Non mi sento libera, ma vincolata a pesanti catene che non riesco a spezzare.
Ho lasciato che il buio entrasse dentro di me e mi spegnesse poco per volta, ho permesso ai miei sogni di restare rinchiusi nei meandri più profondi della mia mente.
Ma chi sono veramente? Chi è questa nuova Camila Fontana? Dov’è finita la mia voglia di spaccare il mondo?
A volte mi capita di guardarmi allo specchio e di non riconoscermi nemmeno; osservo attentamente gli occhi e non riconosco la persona che mi sta di fronte.
Nelle mie iridi vedo solo un’infinita assenza fatta di battaglie perse, paure insovrastabili, nemici impossibili da sconfiggere.
Alzo lo sguardo al cielo soffermandomi a guardare le rondini che volano sopra di me.
Vorrei essere come loro, librarmi in aria senza una precisa meta da raggiungere, sentire il suono del vento che accompagna ogni battito delle mie ali, le nuvole che mi accarezzano leggere e il sole che riscalda il mio cuore.
Osservo ogni minimo dettaglio di quella distesa azzurra, limpida, attraversata da aerei che da qua giù sembrano piccolissimi.
Mi distraggo solamente quando avverto il gomito di Ella battere contro il mio fianco.
“Aia” mi lamento con un’occhiata in tralice.
Mi fa cenno con la testa di guardare avanti a me.
Tra un gruppetto di ragazzi, scorgo Angel intento a parlare con uno di loro e, a quanto pare, quello che si stanno dicendo è anche piuttosto divertente dai loro sorrisi sul volto.
“E quindi?”
“È appena arrivato e passando accanto a noi si è voltato.”
“E quindi?” ripeto, le sopracciglia che a momenti mi coprono gli occhi tanto sono aggrottate.
“Hai fatto centro.”
Alla sua affermazione segue una mia grossa e grassa risata.
“Sì certo, ho fatto colpo per le mie bellissime figure di merda.” Mi viene da ridere come se avesse raccontato la barzelletta del secolo.
Per mia sfortuna sono quasi le due e questo significa che è l’ora della lezione.
Se fosse per me ne resterei qui, comoda comoda perché so già che oggi toccherà a me esibirmi e non ho sinceramente voglia di farmi deridere ancora una volta.
Mi basta e avanza la lezione di questa mattina.
Ma dopotutto non posso tirarmi indietro, per cui controvoglia abbandono il mio angolo sicuro e seguo i miei compagni all’interno dello stabile.
Prima di entrare in aula, però vado al bagno a darmi una rinfrescata.
Mi faccio scivolare sul viso dell’acqua sufficientemente fredda, bagnando anche i polsi per abbassare la temperatura corporea, sistemo i capelli in una coda bassa e, dopo un respiro profondo che non mi ha affatto aiutata, torno in corridoio.
Ella e Stefano sono già in sala.
Sono davvero tentata di scappare a gambe levate verso una qualsiasi altra meta.
Indugio sull’uscio con le gambe che sembrano non volersi muovere.
“Ha bisogno di una spinta per entrare, signorina Fontana?”
Mi volto di scatto facendo cadere a terra il borsone. L’acqua rotola lungo il pavimento andando a nascondersi sotto la macchinetta degli snack.
Angel accanto a me, mi osserva con fare indolente.
Mi abbasso per raccogliere il macello che ho combinato, mentre lui si accinge a recuperare la mia bevanda.
“Devi aver perso questa.”
Sorrido appena strappandogliela dalle mani, corro dentro come se avessi appena fatto un malanno e non voglio che mamma lo venga a scoprire.
Gli altri stanno facendo un po’ di riscaldamento, quindi appoggio le mie cose e mi aggiungo al gruppo.
“Buongiorno ragazzi” saluta Angel posizionandosi davanti a noi. “Vedo che vi siete già messi all’opera. Allora continuiamo pure da qui!”
Con un click dal suo Ipod fa partire una musica che si diffonde nella sala, si gira di spalle e ci mostra gli esercizi da svolgere.
Per il momento sono cose che riesco a fare senza correre il rischio di inciampare sui miei piedi e mi stupisco quando vedo come anche lui riesca a fare la spaccata con tanta naturalezza.
Se devo essere sincera, non me lo sarai mai aspettato da un ballerino del suo genere.
Ci alziamo in piedi e iniziamo a eseguire alcuni passi da coreografia, passi che mi risultano decisamente sconclusionati.
“State più morbidi con quelle braccia, rilassate il corpo, sentite i muscoli che si sciolgono e vi guidano.”
Prende a girare attorno al gruppo per osservare meglio ciò che facciamo, correggendo qua e là quando ve n’è bisogno. Non so per quale motivo, ma avevo questa strana sensazione che si sarebbe fermato da me.
“Stai rilassata con questa schiena, Camila.” Il suo indice indugia sulla mia spina dorsale.
Avverto un leggero brivido propagarsi da quella zona. Giro la testa di lato incontrando i suoi occhi scuri, mi fa un sorriso e si allontana.
Ripetiamo in sequenza i passi fino a quando non ci riescono in modo meccanico, dopodiché la musica si ferma e Angel ci fa allontanare accanto al muro.
Tremo già perché so che cosa sta per accadere.
“Vorrei riprendere da dove abbiamo interrotto ieri.” Da come si strofina i palmi l’uno contro l’altro pare eccitato.
“Camila, vuoi venire a mostrarci il tuo free style?”
Lo sapevo, lo sapevo.
Maledizione.
Quanto vorrei scavarmi una fossa e nascondermi dentro per non riemergere mai più.
Tutti si voltano verso di me in attesa di una mia reazione, che a quanto pare non ne voglio sapere di schiodarmi dalla mia tana sicura. I miei occhi saettano su tutti i presenti e infine su Angel.
“Avanti” mi invita facendo quel sorrisino strafottente.
Mi volto appena verso Ella che mi sprona a raggiungerlo. Alzo gli occhi al cielo; vorrei tanto risparmiarmi questa esecuzione, ma sembra che non abbia vie di scampo.
A passo di tartaruga mi dirigo verso il punto indicatomi, a debita distanza da lui.
“Farò partire una canzone, tu sentiti libera di fare ciò che vuoi.”
“Quindi potrei anche rimanere qui ferma?” Incrociando le braccia al petto come una bambina capricciosa, lo guardo con aria di sfida.
“Mmm… no, questo non è previsto. Vorrei che tu ballassi esprimendo le tue emozioni.”
Non appena pronuncia quella parola, qualcosa scatta dentro di me.
Il mio organo vitale prende la sua consueta corsa folle, facendomi avvertire la famigliare sensazione di oppressione al petto.
La musica si avvia e per qualche secondo rimango immobile come una statua, ma non posso fare l’ennesima figuraccia, ne ho già fatte una discreta collezione, per cui cerco di tralasciare i sintomi del mio panico e inizio a muovere qualche passo.
Di certo non assomiglia per niente a quello a cui Angel è abituato e di fatti nella sala, si solleva qualche risatina.
Mi sento i suoi occhi addosso che mi scrutano, disapprovando ciò che sto facendo, reputandomi una sciocca che non è neppure in grado di mettere insieme due movenze e la mia mente si focalizza su quello.
“L’ho notato anche prima” mi riprende affiancandomi, “sei troppo rigida nei movimenti.”
“L’Hip Hop è uno stile molto più libero della danza classica, ti permette di uscire dagli schemi. Perché non ci provi?”
“Perché non ci riesco!” rispondo secca abbassando lo sguardo sui miei piedi.
Tento di inspirare profondamente per calmare la maratona che si sta svolgendo dentro di me, ma quando gonfio i polmoni è come se qualcosa ostacolasse l’accesso dell’aria.
“Non puoi o non vuoi? Perché sono due cose diverse.”
Piccole goccioline di sudore freddo mi attraversano la fronte rigandomi la guancia destra, fin tanto che le mani si informicolano facendomi perdere la sensibilità.
No, non qui.
“Provaci almeno.”
Fa ripartire la melodia e si volta a guardarmi in attesa di una mia prossima mossa che tarda ad arrivare.
Mentre tutti si aspettano che faccia qualcosa, io sto solo cercando di respirare, il che mi viene anche piuttosto difficile, se non impossibile. Quelle risate alle mie spalle le sento, le voci che bisbigliano e commentano la mia figura da stoccafisso.
“Avanti, Camila.”
La sua voce mi arriva ovattata, mentre questa maledetta stanza sembra volermi fare sua prigioniera schiacciandomi fra le pareti che si stanno restringendo.
Mi sembra di intravedere dallo specchio lo tsunami che si sta per abbattere su di me.
Inizio a sospirare pesantemente e finalmente Angel si accorge che qualcosa non va.
Fa qualche passo mettendosi di fronte.
“Camila.”
Sono su una piccola barca a remi in mezzo a un oceano in piena burrasca, le onde si alzano impetuose facendo imbarcare acqua al mio povero pezzo di legno.
Onde che minacciano di sommergermi, annegarmi e cancellarmi.
Sto ormai affogando e non riesco a trovare la via per tornare a galla.
“Camila… Guardami!” ordina la voce di Angel.
Per uno strano motivo a me del tutto sconosciuto, il suo comando mi riscuote e i miei occhi si fissano nei suoi. Le sue iridi calde mi penetrano nel profondo.
Una mano appare in mezzo a tutta quella distesa blu notte, perciò la afferro con tutta la forza che possiedo e mi lascio tirare su dove ancora posso vivere.
Non appena riemergo il mare si è appiattito, i gabbiani cantano felici nel cielo azzurro e limpido riscaldato da un sole estivo.
L’aria riprende a circolare normalmente, il caos si dirada poco alla volta.
Scuoto la testa frastornata, come se fossi appena tornata in possesso del mio corpo.
“La lezione è finita!”
Un brusio indistinto alle mie spalle mi informa che i miei compagni non sono propriamente d’accordo, ma non ho tempo di pensare a questa cosa, mi lascio solo guidare da lui che mi fa accomodare sulla sua sedia.
Mi passa un bicchiere d’acqua aggiungendoci una bustina di zucchero.
Ho la testa che pulsa, le gambe mollicce e sono estremamente stanca.
“Come ti senti?” Mi fa un sorriso dolce spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Meglio.”
Alcune gocce di sudore mi rigano la fronte, segno tangibile di quello che ho appena dovuto affrontare.
“So che non sono affari miei, ma ti è già capitato?”
“Non sono cose che ti riguardano!” rispondo furiosa scattando in piedi come una molla.
Non voglio di certo raccontare i fatti miei a lui, così che la prossima volta possa usarli a mio svantaggio.
Faccio per allontanarmi quando mi afferra un polso facendomi voltare nuovamente.
“Non scappare.”
“Se oggi è successo questo è solo per colpa tua” lo liquido. “Volevi mettermi in ridicolo davanti a tutti? Beh, ci sei riuscito.”
Strattono la presa liberandomene e vado a raccogliere le mie cose.
Sento gli occhi pizzicare, ma cerco di cacciare indietro le lacrime. Non gli darò questa soddisfazione.
“Camila, aspetta!”
a.vianello (proprietario verificato)
Sono rimasto sbalordito dalla freschezza dello stile e dalla facilità con cui sono arrivato in fondo al romanzo senza alcuna fatica, anzi, mantenendo vivo il desiderio di sapere come la vicenda si sarebbe evoluta.
Durante la lettura la mia fantasia correva, immaginando i protagonisti in tempo reale. I vissuti personali che traspaiono nella trama hanno riempito di profondità tutto il racconto.
Ho apprezzato particolarmente l’impegno nel descrivere i sentimenti e le emozioni della protagonista e anche i luoghi che ha visitato nel corso della storia.
Considerando le inevitabili imperfezioni che possono caratterizzare i primi lavori di uno scrittore o di una scrittrice, Love Disorder mi è veramente piaciuto.