C’è un posto in cui tutti siamo stati sperduti e prigionieri, fragili, muti, incapaci di nutrirci da soli, di muoverci a nostro piacimento, incapaci, anche nelle forme più elementari, di provvedere a noi stessi. La famiglia, all’alba della nostra vita, è quel posto. L’uomo di casa è chi, maschio o femmina non importa, armonizzati gli echi provenienti da quella terra dimenticata, riesce a snidare e combattere il buio che cova nella sua nuova famiglia, in nome della benevolenza e dell’amore.
Perché ho scritto questo libro?
Durante l’inverno di cinque anni fa, mentre mi trovavo su di un vagone mezzo vuoto e un po’ triste del metrò, si è parata davanti alla mia mente l’immagine di un ragazzino che scendeva le scale di un androne semibuio. Nei mesi successivi ho cercato di dare a questa sparuta figura di adolescente un mondo vivo e coerente in cui muoversi, e ho ideato così una serie di personaggi, molti dei quali, come spesso avviene a chi scrive, sono diventati miei buoni amici .
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