« Stamattina vedi di non fare siddiare a tò patri e cerca di arrivare puntuale o cantieri, u capisti? »
Gli parlò nel dialetto misto a un timido italiano che usava con i figli cercando di assumere un'aria severa. Bernardo le carezzò una guancia con una tenerezza che riservava a lei soltanto. «Si Mammà» rispose serio.
Ma dentro sentì montare la solita rabbia, un moto di ribellione che cresceva ogni giorno diventando sempre più prepotente. La guardò allontanarsi con la schiena incurvata da un accenno di gobba e il vestito liso. Indossava ciabatte aperte e consumate ai piedi deformi e nudi nonostante il freddo. Quanto avrebbe voluto rivestirla di pelliccia per saperla al caldo!
Un giorno sarò ricco sfondato! Mormorò a sé stesso. Fissò la sua immagine sfocata nel piccolo specchio opaco del bagno che affiorava dalle piastrelle verde marcio. I grandi occhi marroni, illuminati da piccole pagliuzze dorate, brillarono di determinazione. Insaponò il pennello da barba e rapidamente lo passò sul viso, poi prese il rasoio e iniziò a sbarbarsi con destrezza. Disprezzava gli uomini trasandati. Gli pareva che non aver cura di sé fosse un grave indizio di pigrizia e dalla pigrizia passava la strada che portava dritta al fallimento. Bernardo non aveva paura di nulla. Era cresciuto per le strade del rione popolare e prima ancora aveva trascorso l'infanzia tra le macerie del dopo guerra dove i bambini spesso e volentieri saltavano per aria posando un piede su una mina antiuomo dimenticata sottoterra. Per aiutare la famiglia a mettere in tavola qualcosa da mangiare lui e suo fratello Mimmo giravano tra le macerie cercando il rame tra i resti delle macerie lasciate dai bombardamenti che avevano duramente colpito Messina. Il metallo dolce, che rivestiva parte delle testate e di cui c'era penuria, era molto richiesto nei cantieri e nelle fabbriche dove si stava cercando di dare avvio alla ricostruzione della città. Tra i pochi ragazzini sopravvissuti rimasti nei quartieri bombardati, si erano formate delle bande. Bernardo era il capo di una di queste. Raccoglievano il rame e lo rivendevano ai borsari del mercato nero dove Bernardo prodigiosamente si era presto fatto rispettare e dove riusciva a raccattare anche qualche pagnotta di pane . Tra quelle macerie, per sopravvivere aveva sfidato la fame che lo attanagliava e il freddo che penetrava pungente dagli stracci che lo coprivano a stento. Era sopravvissuto diventando coraggioso e determinato.
Fischiettando il ritornello di Parlami d'amore Mariù finì di radersi e si lavò con l'acqua gelida sotto le ascelle e dietro il collo. Dieci minuti dopo, pulito e profumato di sapone di Marsiglia, entrò in cucina. I consunti abiti da lavoro macchiati qua e là di pittura, che Peppina non riusciva mai a levar via del tutto, lo aspettavano ben ripiegati sulla seggiola. Sul tavolo in formica verde c'erano due tazze di latte e i resti di una pagnotta rafferma. Bernardo si avventò sul pane e lo intinse nel liquido bianco. Appena lo vide ammorbidirsi quanto bastava se lo ficcò tutto in bocca, masticandolo voracemente con i denti forti e perfetti. Il cibo che aveva ingoiato senza respirare però non placò neanche in parte il mostro annidato nel suo stomaco. Posò lo sguardo sulla porzione di suo fratello ma Peppina gli mollò uno schiaffone sul collo.
«Chistu è i to frati!» gli disse tra i denti. «Vatinni chi è taddu» e lo spinse via.
Turi entrò nella stanza e lanciò uno sguardo al figlio che si affrettò a salutarlo
«Ssabbinidìca» Bernardo sentì il gelo formarsi nelle viscere.
Il saluto si perse nel silenzio che seguì. Era un bell'uomo Turi, a cui lui somigliava molto fisicamente. Aveva lucidi e folti baffoni neri, occhi castani e molti capelli, anch'essi neri. Era snello e aveva un portamento elegante dalla postura diritta. C’era un'ombra di barba sul viso non rasato che gli accentuava l'aria stanca di chi avrebbe voluto continuare a dormire. Indossava gli abiti da lavoro, in una mano teneva il cappello da imbianchino fatto di fogli di giornale e nell'altra la sporta con il pranzo della giornata .I suoi occhi si soffermarono sul figlio, squadrandolo dall'alto in basso
«Quindi sei ancora in mutande. I cinghiati d’aieri non ti bastaru!» ringhiò strizzando le palpebre.
Un muscolo guizzò rapido sulla guancia di Bernardo, e per un momento interminabile i due si fissarono.
Infine Bernardo prese i vestiti dalla seggiola e uscì in silenzio dalla cucina. «Mimmo!» chiamò suo padre a voce alta e quando il ragazzo lo raggiunse uscirono sbattendo la porta.
Bernardo infilò rabbiosamente i pantaloni che, bucati sulla coscia, rimasero impigliati nell'alluce sinistro. Spazientito, tirò con forza e li strappò. Se ne infischiò. Allacciò le scarpe scalcagnate che usava per andare al cantiere e con rabbia sferrò un calcio alla porta facendo crollare l'intonaco . Finì di vestirsi e uscì di casa senza salutare sua madre. Si guardò intorno pensoso e si diresse al bar. Pioveva a dirotto. Discretamente inzuppato prese un caffè a credito e una decisione. Attese con impazienza l'arrivo di un tizio ben vestito che lui conosceva di vista. Quando questi arrivò, Bernardo senza esitazione lo avvicinò e gli si piazzò accanto davanti al bancone. Parlò guardandolo dritto negli occhi e senza sorridere «Voglio lavorare con voi» disse. Appoggiò sulla superficie di legno la mano destra chiusa a pugno e allargò le gambe per bilanciare il peso del corpo.
L'uomo , un po’ sorpreso, lo squadrò da capo a piedi come per valutarlo. Due individui entrarono e rispettosamente salutarono con un cenno del capo che lui ricambiò distrattamente.
«E' un travagghiu difficile» disse asciutto.
«Lo so» replicò Bernardo senza abbassare lo sguardo. L’espressione seria lo fece apparire più grande dei suoi venticinque anni.
«Sarai sempre lontano da qui. Per vendere la roba dovrai bussare alla porta di gente che non conosci che non sempre sarà gentile» continuò con fare sbrigativo rivolgendo la sua attenzione alla tazzina di caffè fumante.
«Lo so» replicò ancora Bernardo, senza farsi impressionare. Era deciso a cambiare vita. L’uomo davanti a lui sembrava scettico e per un secondo ebbe paura che non l’avrebbe preso a travagghiari. A questo pensiero il pugno destrò si serrò e la mascella si indurì.
«La paga all'inizio sarà scarsa» l'uomo gli lanciò una breve occhiata, lievemente canzonatoria.
« Accetto» disse ancora lui, tenace e imperturbabile, le nocche della mano destra sbiancate per l'intensità della stretta. Ebbe la fugace visione dei grossi sacchi di cemento che Turi lo costringeva a trasportare sulle spalle su e giù per il cantiere. La rabbia montò ancora. Guardò con ferrea determinazione l’uomo dal quale sarebbe potuto dipendere il suo futuro.
L'altro però non sembrava ancora convinto e tentò di scoraggiarlo.
«Acqua, nivi e ventu, sarai per la strada, senza sapiri quannu finisci a iunnata. Diventerai nu sgammittu e per questo alcuni non avranno rispetto per te» Il tono provocatorio infastidì Bernardo. Lo guardò incerto su cosa rispondere e gli parve di scorgere in quegli occhi scuri un lampo di malizia. Sembrava facesse fatica a reprimere un sorriso.
«Lo avranno per me!» Disse allora lui senza esitazioni sperando di porre fine a quello sgradito esame.
E finalmente l'altro cedette.
Lo studiò in silenzio per un lungo momento. Poi mise una mano nella tasca dei calzoni e tirò fuori un rotolo di banconote. Glielo porse. Bernardo sgranò gli occhi. L'uomo le trattenne un secondo più del necessario tra le dita quando lui tentò di prenderle.
«Accattiti qualcosa di bello. Pantaloni camicia e cravatta. Una bella giacca, un cappottu. Si un beddu figghiolu -disse studiandolo ancora- e fimmini ci farai sangu. Sei un buon investimento. Chisti me li trattengo dalla prima paga» lo avvisò. Bernardo annuì, gli occhi splendenti come stelle.
«Quannu sì prontu, mi veni a ciccari» concluse l'uomo. Non si strinsero la mano, bastò uno sguardo a suggellare il patto.
Fu davanti alla porta, mentre beveva un caffè preso a credito che rivide Costanza.
Daniela Barbera (proprietario verificato)
Bellissimo libro,lo consiglio vivamente.
Chi ama la Sicilia e le storie di riscatto ne rimarrà affascinato.