Stati Uniti d’America, un qualsiasi punto della provincia a nord, 1964.
Ronnie Marshall è affabile, carismatico e dotato di tutti i benefit che il sogno a stelle e strisce offre. Sua cugina, Trixie Harrison, è una pinup alta e con le forme al loro posto. Tutto nella norma, se non fosse che nessuno, in città, ha mai visto il viso di Trixie (sempre celato da maschere) o sa dove vada Ronnie di notte, con la sua Barracuda nera, accompagnato da una valigia capiente e da un sorriso famelico. I due cugini, legati da un intreccio di sangue e desideri da soddisfare a tutti i costi, sanno come sguazzare felici in un mondo ubriaco di finta allegria in technicolor. Le convenzioni e l’apparenza assorbono come una spugna i fluidi neri che scorrono nelle anime di Trixie, Ronnie e di tutti gli altri . Sono esseri, non più umani, nei quali il Bene e il Male non governano più, ciò che conta è l’utilità, magari accompagnata da una canzone del buon vecchio Johnny Cash, che Dio lo benedica
Perché ho scritto questo libro?
Tutto è partito da una foto di un concorso americano di bellezza degli anni Sessanta per occhi. Quelle donne rigide, dal sorriso incerto e ipocrita, hanno messo in moto la mia immaginazione. Ho provato a trasformare i personaggi da manifesto pubblicitario con gli occhiali in corno e i vestitini in cotone in prototipi di disprezzo e indifferenza verso gli altri. È stato facile mettere in quei bambolotti un’imbottitura di cinismo moderno, per raccontare il crudele inganno dell’apparenza.
ANTEPRIMA NON EDITATA
«Voglio occuparmene io.»
«Ma se non hai nemmeno la forza di potare il bosso!»
«Ho detto che voglio farlo io, Ronnie. Passami la mannaia.»
«Non hai mai spaccato la legna… Non sai…» Trixie menò un fendente e la testa di Kevin rotolò per terra. «Oh. Ottimo lavoro, zuccherino» commentò sinceramente stupito Ronnie.
«Grazie. Allora, ci tenevi a questo Kevin?»
«Moderatamente.»
Trixie calò un altro fendente. Recise quasi del tutto il braccio. Uno spruzzo di sangue inondò la faccia di Ronnie.
«E allora perché hai urlato quando l’ho ucciso? Eh?»
«Non è una sega, zuccherino. È una mannaia. Non si usa così. Cazzo! La camicia! Puoi fare attenzione? Il sangue è una macchia problematica.»
«Allora…?»
«Hai preso la Colt e hai sparato. Chiunque si sarebbe sorpreso.»
«Ronnie, dimmi la verità. »
«Sì, zuccherino?»
«Lo sai che non sono stupida.»
«No, zuccherino.»
«Quei cretini al fondo della collina…»
«Sì.»
«Li hai chiamati tu, non è vero? Hai organizzato tutto tu, no? Tu e Kevin.»
«Te l’ho già detto che saresti una pessima detective.»
«Non prendermi per il culo.»
«Oh no, no. Non mi permetterei mai. Ehi, vuoi l’accetta? Quella parte lì è sempre rognosa da tagliare via.»
Trixie se la fece passare. Quell’arnese pesava parecchi chili ma lo sollevò senza problemi. Fece cadere la lama in corrispondenza del fegato di Kevin più e più volte, con l’idea di tagliare a metà il cadavere.
«Ubriaco bastardo! Muori! Muori!»
Ronnie la guardò sfogarsi.
«Stai facendo un gran pasticcio, tesoro.»
«Invece che rompere le scatole, signor Marshall, perché non pensi a come far sparire questo deficiente?»
«Non vuoi concimare i tuoi bei fiorellini?»
«Non ci penso nemmeno!»
«Sai a cosa pensavo? Sarebbe bello camminare per tutta la vita su una specie di tappeto, una bella moquette, per intenderci, e quando ti capitano noie del genere tirarla semplicemente su e
nasconderci sotto lo schifo.»
«Peccato che non viviamo in un bell’appartamento sulla Main Street, caro. Ti è avanzata della benzina?»
«Credo di sì.»
«Faremo a meno della moquette per questa volta. Niente di meglio di un bel fuocherello per far sparire un rifiuto, non è vero?»
Ronnie prese la tanica e asperse ciò che rimaneva del corpo di Kevin con la benzina. Si accese un sigaro, lo fumò per metà e gettò il mozzicone su un grumo sanguinolento.
Dopo appena cinque minuti, nell’aria si diffuse un appetitoso profumo di bacon appena tolto dalla padella.
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