“Andiamo in scena” pensò tra se e se dopo aver spento la radiolina. Si cambiò la bandana bianca sudata dopo un pranzo durato più di 5 ore; si mise la giacca pulita con stampigliato il suo nome e la bandiera italiana della quale era estremamente fiero. Fece un bel respiro profondo e si avviò verso la sala Napoleone, la sala principale e più lussuosa del Grand Hotel Hermitage, capace di contenere fino a 450 commensali ma che per quell’occasione si era limitata ad accoglierne 400.
Al passaggio davanti la fotocellula le doppie porte pneumatiche si aprirono senza fare rumore e lo chef Fabrizio Bruni si trovò catapultato in sala. Al suo arrivo tutte le conversazioni si interruppero, tutti si voltarono verso il padre della sposa che, dopo un attimo di sorpresa, si alzò ed iniziò ad applaudire. La tensione che si era creata in quei pochi secondi si dissolse come nebbia al sorgere del sole ed 800 mani iniziarono ad applaudire lo chef. Fabrizio, colto da un moto di emozione, mosse qualche passo verso colui che era, indiscutibilmente, l’anfitrione dell’evento. Con sorpresa vide che anche il padre della sposa si avvicinava a lui. Come in una scena perfettamente studiata si incontrarono a metà dell’enorme sala; Fabrizio, evidentemente commosso, disse un solo, semplice – Grazie sultano. – Egli prese fiato per parlare e tutti gli applausi cessarono.
– Chef Bruni – esordì il sultano Hossein, abn el Hashem, al Mokki in perfetto italiano – sono io che ringrazio lei. Ha reso questo giorno davvero indimenticabile per me e per mia figlia Safiya. Quando ho deciso di celebrare le nozze della mia unica figlia nella sua terra non avevo idea della bontà di voi italiani e della vostra cucina. –
– Quel piatto di mezzo prima del carré – proseguì il sultano ancora con lo sguardo estasiato – era davvero sublime. Mai assaggiato qualcosa di così gustoso, con una perfetta armonia tra sapori e profumi, prima d’ora. –
– Grazie sultano, sono davvero felice che lei e sua figlia abbiate apprezzato il nostro impegno. Da parte mia e di tutti i miei collaboratori rinnovo gli auguri per una lunga e prospera vita alla nuova coppia. –
Un altro fragoroso applauso prese vita diretto a Fabrizio e lo seguì fino a che non si richiusero le porte pneumatiche che dividevano la sala dalla cucina.
“ Anche questa è fatta “ pensò Fabrizio rientrando nel suo ambiente naturale “ ho fatto felice lui e sua figlia; lui ha deciso le nozze di sua figlia, lui ha deciso di celebrarle qui; mah, per quel poveretto di marito non prevedo una vita facile. “
– Chef come andata ? Tutti sono contenti? –
– Si Joseph, tutti sono stati felicissimi e mi ha detto il sultano di ringraziarti per come hai lavato tutte le stoviglie. Ha detto che il profumo delle posate gli ricordava la sua terra. –
– Si Chef, Joseph fa tutto per suo Chef. Grazie Chef. –
“ Se tutti fossero come lui “ pensò Fabrizio, andando verso il grande frigo della verdura. Il matrimonio era stato importante ma non si doveva dimenticare che di li a due giorni il ristorante dell’hotel sarebbe stato di nuovo aperto.
“ Devo far riordinare gli ananas ed i funghi porcini “ pensò osservando clinicamente l’interno del frigo. “ Con questo tempo i funghi saranno sicuramente di importazione ma la maggior parte delle persone non si pone il problema “ continuò ad elucubrare mentre si appuntava su un pezzo di cartone l’ordine da far fare.
“ Serviranno anche una decina di kg di patate e le solite verdure miste per la base dei soffritti e del brodo “ continuò a scrivere sul suo pezzetto di cartone.
Il frigo della carne, invece, era stranamente ben fornito, ma Fabrizio, con l’esperienza data dagli anni trascorsi nelle cucine, preferì aggiungere alla lista degli ordini una costata di manzo. Sapeva che la direzione era sempre più restia ad acquistare prodotti di cui non necessitava nell’immediato, ma un buon chef deve anche saper prevedere cosa possa servire prima di arrivare nell’urgenza del bisogno. Non voleva brutte sorprese per il cuoco, che il giorno dopo avrebbe dovuto cucinare per gli ospiti dell’hotel.
Chiuse il frigo con un misto di soddisfazione e di stanchezza : la giornata si stava veramente avviando alla sua conclusione, per lo meno dal punto di vista lavorativo.
Si sentivano ancora le risate e le musiche provenire dalla sala quando Fabrizio, terminati i suoi lavori, prese ad avviarsi verso gli armadietti per cambiarsi ed andare finalmente a casa.
– Chef, domani a che ora ci troviamo ? – gli chiese Renzo Brunoni, uno dei due cuochi che Fabrizio aveva voluto nella sua squadra per questo evento, facendo cenno ad una delle rare cene di gruppo che lo chef organizzava
– Direi verso le 17 Renzo, ci facciamo un aperitivo e poi andiamo a mangiare. –
Renzo rispose con il pollice in alto, non era mai stato di troppe parole, ma dietro ai fornelli era davvero uno dei migliori.
Prima di andare a cambiarsi, colto da un’idea improvvisa, Fabrizio andò in cerca del lavapiatti filippino snobbato da tutti per la sua semplicità, ma che lui riteneva essere un collaboratore insostituibile.
– Joseph, domani vieni anche tu con noi ? Andiamo a festeggiare questo successo, ti porto in un ristorantino niente male che conosco da anni. –
– Chef, io contento di tuo invito, ma io pochi soldi, ho moglie e 2 bimbi piccoli in Manila. Soldi servono per loro, in Manila non c’è lavoro, moglie non lavora, bimbi non mangiano. -Aveva quasi le lacrime agli occhi nel vedersi costretto a rifiutare un invito del suo chef.
– Va bene Joseph, non ti preoccupare, pagherò io per te, ma mi fa piacere averti con noi. –
Gli occhi di Joseph mutarono improvvisamente da una profonda tristezza ad una felicità incontenibile, voleva dire tante cose tutte insieme al punto che prese a balbettare e, quasi piangendo di gioia, riuscì a mormorare soltanto – Grazie chef. – Fabrizio lo guardò con tenerezza e pensò quanto bastasse poco a far felice una persona semplice. Mosso da un istinto protettivo attirò il filippino a se e lo cinse con un abbraccio sincero.
Salendo le scale che dagli spogliatoi portavano al retro dell’hotel Fabrizio poteva essere scambiato per un fattorino un po’ attempato : con i jeans sdruciti, la felpa un po’ troppo stretta che metteva in evidenza un accenno di pancia e quei capelli forse eccessivamente lunghi non sembrava davvero la stessa persona che pochi minuti prima aveva raccolto applausi da un sultano arabo. Ma lui era così : nel lavoro massima professionalità, nel privato massima libertà.
Giunto in cima alle scale, prima di andarsene, imboccò un corridoio di servizio che lo portò direttamente dentro la reception.
– Ciao Stefano, giornata lunga anche questa domenica, vero? – chiese rivolgendosi al Direttore dell’hotel.
– Eh si Fabrizio, lunga davvero, ma molto ben riuscita come sempre, grazie a te ed ai tuoi. Sai, credo che abbiamo fatto una cosa non indifferente a portare il sultano Hossein qui a Montecatini. All’inizio non ci credevo, ma quando la storia ha iniziato a prendere corpo mi son detto : vuoi vedere che ci viene davvero? –
– Si, in effetti oltre alla soddisfazione nostra, è anche un’ottima operazione di marketing – rispose Fabrizio, consegnando al direttore la lista della merce da ordinare che aveva redatto poco prima. – Ora sai quante persone vorranno venire nella città del matrimonio dell’anno, e magari sedersi nella stessa sala dove si è seduto il sultano Hossein? Senza considerare che, se non sbaglio, ho visto anche qualche troupe televisiva fuori. –
– Si, qualcuno ho visto anche io, ma non li ho fatti entrare per nessuna ragione, anche se, non ti nascondo che 50.000 ragioni mi avrebbero tentato! –
Fabrizio iniziò a ridere di gusto – Per 50.000 ragioni io li farei entrare anche nel bagno con me! – esclamò divertito.
– A proposito Stefano – disse Fabrizio tornando serio – ti avevo cercato un paio d’ore fa, ma Elisabetta mi ha detto che non c’eri. –
– Ero su, alla suite 704 per un problemino nel mobile bar. –
– Ah, sempre problemi, spero comunque si sia risolto. Vado a casa, sono davvero stanco, ci vediamo martedì pomeriggio. Ci sono prenotazioni per il momento? –
– Solo 10 persone che avevano prenotato più di una settimana fa per il ristorante, più i soliti residenziali. Ma non si sa mai : con l’effetto mediatico ti puoi ritrovare martedì con la sala piena. –
– Goditi il giorno di riposo, ciao Fabrizio. –
Scendendo la scalinata dell’hotel Fabrizio si fermò, come quasi ogni volta faceva, ad assaporare l’aria esterna. Dopo essere stato per quasi 14 ore in cucina anche l’aria frizzante di fine Febbraio gli dava un senso di buon umore. Si avviò fischiettando verso il parcheggio dei dipendenti, non senza prima volgere lo sguardo verso il parcheggio dei clienti : Bentley, BMW e Mercedes la facevano da padrone anche se intravide una Ferrari 550 Maranello.
“ Pensare di essere riusciti a portare a Montecatini un parco macchine del genere non è davvero cosa da poco “ considerò Fabrizio ripensando al dialogo di poco prima con Stefano Lince, il direttore dell’hotel. Continuando a fischiettare si avvicinò alla sua Fiat Uno, tanto vecchia da sembrare vetusta, ma alla quale lui era molto affezionato ed alla quale aveva apportato notevoli modifiche. Con la musica del gruppo Era che usciva dalle casse dello stereo, in quel momento suonava Reborn, si avviò per la strada che lo conduceva a casa, sulle colline di Montecatini . Passando davanti al bar della Funicolare ebbe un’idea improvvisa :
“ Ma si! “ pensò “ un aperitivo me lo merito. “
– Chef-!!! – Fu accolto con il calore dell’amicizia consolidata da anni da Augusto, il proprietario, barista e barman del bar. – Come stai? Cosa ti preparo di buono? –
– Ciao Augusto – rispose sorridente Fabrizio – stanco ma felice, oggi avevamo il matrimonio di questi arabi e non ne posso più di salamelecchi. Fammi tu qualcosa di buono. –
– Certo chef, ti faccio riprendere io dalla stanchezza! –
Nel tempo che Augusto preparava il drink Fabrizio iniziò a guardarsi intorno all’interno del locale : più o meno erano tutte persone che conosceva, alcune direttamente, che lo salutarono con un ciao oppure con un gesto della mano; altre indirettamente per averle viste nel bar in altre occasioni. Nell’angolo più isolato e buio del bar intravide una presenza femminile assorta con il suo cellulare. Capelli lunghi, biondi tendenti al rosso, indossava, in quel momento, un accollato maglioncino che lasciava intravedere le forme perfette e simmetriche dei seni. Benché seduta, si intuiva che la sua statura era superiore alla media.
“ Mio Dio “ pensò “ non è possibile, è davvero Tiziana? “ riferendosi ad una sua amica con la quale aveva avuto una breve, intensa e burrascosa storia qualche tempo prima.
“ Ma non era partita per l’Australia? “ continuò a pensare.
– Chef, il tuo salva serata è pronto – la voce di Augusto lo riportò alla realtà.
– Grazie Sto! – anche il nomignolo era frutto di un’amicizia datata oramai molti anni. Avvicinò le labbra al bicchiere e riconobbe immediatamente il profumo di menta, bevve un primo sorso ed immediatamente l’alcool iniziò a scaldargli il sangue.
– Sto, uno dei migliori mojito che tu abbia mai fatto! – Il sorriso di Augusto fu la più gratificante delle risposte : anni prima Augusto aveva vinto per due anni di fila le gare nazionali di barman.
Con il bicchiere in mano Fabrizio si avvicinò lentamente al tavolo della ragazza, facendo finta di niente.
– Tiziana !! ma sei proprio tu? – esclamò quando lei alzò lo sguardo per la troppa vicinanza di lui.
– Ciao Fabrizio, come stai? – rispose lei in maniera distratta continuando a digitare sul cellulare.
– Io me la cavo, anche se la tua assenza è sempre pesante – rispose, cercando di dare alla voce un tono che suonasse convincente.
– Guarda Fabrizio, non è proprio il momento, sono incasinata, mille pensieri e poi, quando non ti sei fatto sentire per 3 settimane non sembrava che la mia assenza fosse così pesante. – ribatté lei secca.
– Tiziana, era un periodo… –
– Non mi interessa più niente delle tue spiegazioni, ne abbiamo parlato fin troppo, lasciami stare, ti ho detto che sono incasinata. – disse lei quasi urlando.
Alcuni avventori del bar si girarono per capire cosa stesse succedendo tra quella coppia che sembrava anche mal assortita.
– Ok Tiziana, scusami se ti ho disturbato, spero tanto di rivederti o, almeno, di risentirti qualche giorno. – Fabrizio aveva la voce ed il tono di chi sa essere colpevole.
Finì il suo mojito, salutò Augusto e salì in macchina con la meta definitiva di casa. Adesso il CD suonava The Mass e mai musica era più appropriata per lo stato d’animo di Fabrizio in quel momento.
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