“Tutte le cose sono immaginarie e si trovano in una condizione di sofferenza dovuta all’ignoranza, tutte le cose sono manifestazioni dell’essenza della mente”
“Matilda!” il cane, non viene. Sarà fuori. Non me ne preoccupo. La casa è silenziosa. Non capisco. Il silenzio a quest’ora risulta innaturale, solitamente dalla cucina provengono rumori di tazzine, la voce del telegiornale, il cane assonnato con il pelo caldo che si aggira alla ricerca di bocconi di colazione, le corse verso il bagno, l’acqua, frenesia, orologio padrone del tempo, è sempre tardi, di corsa, veloce, odori di pulito, saponi, deodoranti, indumenti stirati, prove davanti allo specchio, “Il treno non mi aspetta”, “Le chiavi”, profumo di caffè, i suoni della strada, le tapparelle che salgono.
Questo silenzio non mi convince, non riesco a sostenerlo, lo sopporto poco, m’imbarazza.
Mi alzo dal letto, tiro su la serranda: nessuno. Almeno non piove. Provo ad accendere la radio, mi vesto. Dallo stereo giunge un sibilo metallico sempre più forte fino a divenire un fruscio, sto per spegnerlo, s’interrompe.
Una voce femminile mi intima un sonante “buongiorno”… mi arresto, non me ne curo ritornando a svolgere le mie quotidiane, precise, faccende. “Buongiorno e benvenuti che la conoscenza non vi rimanga in tasca e l’ignoranza non vi sia di vergogna…” Spengo la radio, la filosofia da bar mi è sempre rimasta indigesta. Questa poi era veramente banale.
Torna il silenzio, non lo sopporto, sbrigo il più in fretta possibile i miei compiti, sono pronto, esco. La strada è deserta, il viale alberato appoggiato di sole, l’asfalto riluce, aria fresca sul terreno, qualche foglia ne galoppa il dorso. M’incammino socchiudendo gli occhi, mi ascolto, sento il battito nel petto, sangue che scorre, sono fatto di ossa, carne e sangue, sangue prezioso. Riapro gli occhi, li tengo sbarrati, la retorica oggi non va bene, devo capire, mantenere uno stretto contatto con il reale, rimanere attento.
Cammino rendendomi conto di essere solo, non vi è realmente nessuno, non ci sono animali, uomini, suoni, ogni angolo mi è familiare, lo conosco da anni, proseguo dritto in maniera autonoma, non volto mai lo sguardo, non so cosa pensare eppure la non comprensione non mi spaventa affatto, vivo tutto nella più assoluta normalità, la paura è un gioco di cui sono stanco, la stanchezza è una sensazione di forza, credo di stare addirittura, incredibilmente, bene. È l’illusione di un attimo, non mi sento affatto bene. I piedi poggiano indolenti il passo, consecutivamente, strisciano meccanicamente, non sanno dove andare, non hanno alcuna meta, endofiti sul terreno. Perché gli occhi gonfi, cosa succede, le mani tremano, la schiena è molle, sussultano le labbra, non sto bene.
Calma, manteniamo la calma. Mi fermo. Volto lo sguardo. Non vi è nulla di familiare. Sgrano gli occhi. Non è possibile. Niente case, angoli noti, strada asfaltata. È tutto diverso. Calma, manteniamo la calma. Dove sono. Dove è il quotidiano.
Ricapitoliamo: questa mattina mi sono svegliato, in casa non vi era nessuno, in strada non vi era nessuno, alcun suono si udiva, sono uscito ed ho attraversato luoghi a me conosciuti, ho camminato, mi sono fermato, ho voltato lo sguardo: non vi era alcunché di normale. È tutto diverso. Uno spazio sconosciuto dietro si distende, strada battuta, erba intorno, in lontananza s’immagina una piazza.
Ho deciso di sedermi, mi pare la cosa più saggia, fermarmi ed aspettare, cercare di comprendere, essere riflessivo. Dalla parte opposta alla presunta piazza si anima un punto nero, cavalca i secondi crescendo armonicamente, prende luce, colore, forma: lunghi capelli neri, pelle bruciata, occhi chiari, al passo lento di chi non possiede alcuna fretta.
Mi è di fronte… “Un novizio…” Un Novizio? Nessuno mi aveva mai definito tale, un novizio rispetto a cosa? Mi lancia un vocabolario, le pagine scorrono da sole, si fermano; Novizio: Colui che attende di entrare a far parte di un certo ordine e bla bla bla… sono figlio dei miei tempi, troppa noia nel leggere, questi se ne accorge, mi pone un braccio sulla spalla, forse per un gesto di fratellanza, e con sguardo perso nell’infinito, voce profonda, immerso in un’aria da momento storico da vivere con il massimo trasporto emotivo poiché la grandezza di ciò che si sta per dire cambierà forse radicalmente la vita dell’ascoltatore, declama: “Io sono un liberto!”
Rimango immobile… cerco di non stonare in questo istante perfetto, rivolgo il volto verso ampi spazi, per un attimo godo a piene sensazioni la fortuna che mi porta a pensare… “adesso mi sento uomo vero poiché finalmente ho conosciuto un liberto”. La felicità mi rapisce, non sono più una persona qualsiasi, ho una collocazione precisa, posso guardare gli altri uomini in faccia e non sentirmi un signor nessuno: sono un novizio che conosce un liberto, lo avrei comunicato a tutti, mi sento immenso.
E’ l’emozione di un attimo (Mi rendo presto conto che per ora ci siamo io e lui) torno in uno stato di normalità; lui è ancora perso nel godimento, fiero batte il silenzio con postura immobile, contratto nella muscolatura tende il collo al cielo. Rompo il silenzio: “Un liberto… uno schiavo liberato…” Di scatto gira la testa, gli occhi colpiscono il soggetto desiderato con precisione, non dice una parola, mi guarda. Silente poggia la saccoccia, estrae un televisorino a pile, lo accende, sintonizza la stazione, me lo mette davanti al viso. Appaiono tre persone, ostentano felicità appoggiati su di un tappetto sonoro, ridono, si scambiano dentature bianche e perfette, i loro corpi sono perfetti, rassicuranti, giovanili.
Ne vengo immediatamente rapito, sono così belli che mi chiedo cosa posso fare io per essere loro. Una voce calda e sensale mi viene incontro suggerendo la risposta al mio quesito: “Liberi di muoversi con…” Non faccio in tempo a sentirne il nome che il “liberto” cambia canale. Donne e uomini gridano per questioni di vitale importanza, il pubblico è diviso tra due fazioni tra parole grosse ed insulti da bettola la conduttrice guarda divertita proclamando sagge sentenze. Il liberto non resiste e nervosamente cambia canale. Uomini in cravatta e uomini in maglioni discutono animatamente sul futuro della nazione, tutti gridano verso lo scandalo altrui proponendo soluzioni dall’aspetto demagogico; nessuno racconta cosa farebbe. Il liberto digrigna i denti producendo un rumore stridulo e fastidioso, non lo sopporto e cambio io canale. Parole parole e parole su basi elettroniche: ma nessuno suona più strumenti veri? Il primo brano che ascolto parla di “rivoluzione”, gorgheggia di banale condito da un proliferare di luoghi comuni, contenuto assente; disgusto. Altro brano, stesso arrangiamento, parole vuote, ritornello orecchiabile, strofa, ritornello; disgusto. Il liberto ride ed un poco forse si eccita, ma non importa, con mano veloce cambia canale. Un imbonitore decanta le magnifiche proprietà di un qualunque prodotto, è deciso e suadente, crea a parole problemi o fastidi comuni nella vita di tutti quanti… la soluzione è nelle sue mani; seguitelo gente e ogni piccolo vostro dramma scomparirà; lui sa che fare, basta ascoltarlo ed acquistare. Frugo nei pantaloni per vedere se ho qualche spicciolo da poter spendere; purtroppo le mie tasche sono vuote. Caro imbonitore per oggi dovrò tenermi i problemi, sarà una dura giornata senza i tuoi prodotti, lo so.
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