Fare il proprio lavoro nonostante la stanchezza che un pessimo sonno non riesce a scacciare, vivere la propria vita in uno stato di perenne insoddisfazione, o rincorrere una donna solo sognata.
Oppure vegliare senza sosta sui propri cari, o cercare di tessere il proprio e l’altrui destino, o nascondere accuratamente la propria natura perfino a chi amiamo.
Magari compiere studi appassionati che portano solo ad amare conclusioni, lanciarsi in festeggiamenti dalla tragica conclusione.
Ma anche ritirarsi a vita privata mantenendo i contatti con il mondo solo per giocare a scacchi.
Tutti modi per difendersi, per trovare il modo e la forza per affrontare la realtà quotidiana.
O l’irrealtà di tutti i giorni.
Perché ho scritto questo libro?
Ho sempre scritto sulla spinta di impressioni di un momento, di quello che viene chiamato “pensiero laterale”, dando vita alle mie visioni.
Come un pittore fa con i colori, volevo dipingere quadri con le parole, affreschi con le frasi. Poi ho pensato che forse potevo uscire allo scoperto e, dopo la generalmente buona accoglienza dei miei lavori all’interno di premi di varia natura, ho deciso di spingermi oltre, di affrontare una prova più impegnativa… e sono finito qui.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Ogni anno, nel periodo che precede la Quaresima, ai consueti ingredienti che contribuiscono a formare la foschia della laguna se ne aggiungono altri, di composizione più incerta, meno scientificamente indagabile, evanescenti e mutevoli. Ricordi e desideri vanno ad unirsi agli scarichi dei vaporetti e dei motoscafi, alle emissioni delle turbine e dei diesel veloci dei traghetti e degli yacht, ai gas derivanti dalla decomposizione di alghe e pesci, ai vapori delle cucine delle case e dei ristoranti, all’odore del caffè dei bar, al calore delle fornaci, allo smog di Porto Marghera, al fiato dei turisti, alle liti degli ubriachi, ai baci degli amanti, al pianto e al riso dei bambini.
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Spiriti irrequieti e burloni, ectoplasmi lievi come anelli di fumo, volontà ridanciane, vibrazioni di antiche malinconie e presenze in cerca di pace, fremiti di antiche passioni insoddisfatte, di malevolenze striscianti, di carnalità perdute e di altre mille cose ancora strisciano a fior d’acqua, si insinuano nelle calli, invadono i campi, ristagnano nei sotoporteghi e nei rami senza sfondo, filtrano nelle cantine, risalgono lungo i muri umidi, sfiorano case e passanti, alberi e cose, carezzano, toccano, blandiscono, inquietano. Si ha talvolta l’impressione di un movimento alle proprie spalle nella stanza deserta, di una figura quasi intravista con la coda dell’occhio mentre un refolo di vento entra da uno spiraglio inesistente a sfiorare le ciglia di quella donna quasi addormentata davanti alla televisione. In quelle brevi giornate dalle notti sfolgoranti di suoni e di colori il cimitero si svuota, dal canale interrato che separava l’isola del carcere da quella vicina, ora unite e irte di lapidi e fitte di feretri, filtrano vapori cavalcati da ciò che rimane dei condannati chiusi per l’eternità nella fortezza che adesso ha fatto spazio a tombe e a templi. Dalla terra impregnata del nulla che rimane dei sepolti fuggono per quel breve tempo essenze antiche, decise ad assaporare di nuovo qualche piccola, futile gioia terrena.
Avvocati e dottori, giudici e nobildonne, facchini, vetrai, gondolieri, meretrici, straccioni d’ogni risma e ladri, borsaioli, tagliagole, gran signori e miserabili, mercanti di schiavi, preti, frati, suore, eunuchi, concubine, giudei e cristiani, atei e musulmani aleggiano seguendo la foschia, insinuandosi nelle stoffe dei costumi carnevaleschi e da quelli nelle menti di coloro che li indossano, che un po’ per volta ne assorbono suggerimenti e consigli, cedono una piccola parte del loro essere al piacere di quei cauti ospiti dei quali nemmeno sospettano la presenza; e siccome secoli di storia hanno riempito le fosse ben più di quanto decenni di benessere abbiano riempito le case, ciascuno di quegli spiriti festaioli fa del suo meglio per attirare frotte di turisti, miriadi di corpi pronti ad accogliere tali ineffabili presenze. Ricambiano l’involontaria cortesia infondendo euforia, o allegria, o comunque un divertito senso di estraneità, di stupita incredulità, limitandosi ad occupare un piccolissimo spazio nella vita dei loro ignari anfitrioni, senza mai interferire nelle loro scelte.
Quasi, mai.
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