Il luogo è indefinito, sono all’incirca gli anni ’90 del secolo scorso, in una città delle nostre, nell’oscurità della notte. Basta attendere e spunterà l’alba. Il luogo è svettante e freddo come il tetto di un palazzo scalcinato. Giù verso ovest, tra i tetti appena visibili, si allontana la sagoma grigia e già informe di una strana infanzia, di un intrico di fili spezzati, di un amore dorato e perduto. Sul versante est dovrebbe manifestarsi il futuro di uno che chiamano Trist. Il ragazzo ha provveduto ad armarsi, attende con la pistola in pugno mentre l’altra mano trattiene i pantaloni senza cintura. Non solo la cintura ha perso, anche la sua casa per quello che vale, anche certi quaderni scritti sulla nebbia. Potrebbe tuttavia fare previsioni ottimiste, pensare di sfangarla con gli sbirri, se non ci fosse, rannicchiata in terra, quella stupida ragazza brufolosa e grassoccia che non smette di piagnucolare: Mam’selle Lolò, il suo bottino, una preziosa merce di scambio per andarsene libero…
Perché ho scritto questo libro?
Perché fornisce ricette utili per sopravvivere in condizioni estreme. Cosa fare se all’ostaggio scappa la pipì? Come reagire se vomita dall’alto, nell’aria, nei primi raggi dell’alba? Come districarsi tra le magiche trasmutazioni che l’ostaggio ha (involontariamente) causato?
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