Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Quella granculo di Cenerentola

Svuota
Quantità

Andrea è una professoressa di lettere con una routine ben collaudata tra scuola, caffè rigorosamente “bassissimo”, chiacchiere con gli amici e momenti di riflessione con la sua bulldog Margot. Ma quando un incontro casuale al bar e una serie di eventi fuori programma sconvolgono il suo equilibrio, Andrea si trova a dover riconsiderare ciò che vuole davvero e ad affrontare nuove emozioni che mettono in discussione le sue certezze. La scoperta di un lato inesplorato di sé e l’incontro con l’amore la spingeranno a riconsiderare ogni aspetto della sua vita: dalla famiglia alle scelte fatte, dal passato alle prospettive future.

Lunedì

«Un espresso basso, mi raccomando molto basso, grazie!»

Un soffio di aria gelida le sfiorava le caviglie ogni volta che la grande porta a vetri si apriva.

«Ecco a lei l’espresso bassissimo!»

«Grazie mille.»

Il bar era l’InVito, l’enorme bancone di legno invecchiato, il tripudio di frutta fresca da un lato e le montagne di cornetti in bilico dall’altro: il profumo di caffè e l’odore della schiuma di latte rappresentavano l’unico modo possibile per cominciare una giornata di lavoro.

Mentre addentava il cornetto integrale al miele, Andrea allungò la mano per prendere lo zucchero di canna, colpì un’altra mano, buttò lo sguardo per accertarsi che lo zucchero di canna fosse sempre lì allo stesso posto e con sollievo afferrò la bustina marrone senza curarsi di vedere con chi si fosse scontrata.

Mescolò tre volte. Appoggiò il cucchiaino a destra sul piattino, deglutì la coda del cornetto ed esclamò: «Mmm… fantastico!».

Controllò se ci fossero le chiavi nella tasca destra, l’iPhone in quella sinistra e salutò: «Grazie e buona giornata!».

«A lei, dottoressa!» rispose Vito, il barista.

«Buona giornata.»

Andrea si bloccò, era una voce insolita, si voltò accigliata e vide una mano aperta che nascondeva un sorriso: «Sa, lo scontro di poco fa».

Andrea inarcò le sopracciglia e mostrò un sorriso di circostanza: «Buona giornata anche a lei» e uscì di fretta.

Il rumore assordante del traffico delle 7:50.

La lunga sequenza di semafori.

50 cent al ragazzo che pulisce i vetri.

Il solito parcheggio nella parallela.

Attraversò il parco, saltellando per schivare le pozzanghere e prima di sbucare dai cespugli rassettò cappotto e sciarpa.

«Buongiorno, professoressa!»

«Ah, buongiorno Diego.»

Diego era un ragazzo alto, moro, capello corto con ciuffo a schiaffo, sembrava un ragazzo francese del quartiere Marais, un po’ bohemien, un alunno sveglio.

Raggiunsero rapidamente l’atrio, infreddoliti; Diego continuò la corsa su per lo scalone mentre Andrea si incamminò verso l’aula professori. Cesare era appena entrato e si stava togliendo la grossa sciarpa di lana.

«Ciao Andrea, mamma mia, il lunedì mattina è sempre un casino, con questo freddo poi tutti prendono la macchina, hai subito lezione?»

«Sì, le prime due ore, tema in classe, tu?»

«Ho l’ora di ricevimento genitori, poi lezione tutta la mattina, ti va un caffè?»

«L’ho appena preso, magari se hai una pausa alle 10.»

«Ok allora a dopo» disse, e si incamminò verso l’aula ricordando la loro storia.

Erano stati compagni di classe, entrambi avevano realizzato il sogno di insegnare nel loro stesso liceo, Cesare era il professore di matematica; si erano persi di vista durante l’università e si erano ritrovati docenti. Lui era sempre stato il classico bravo ragazzo, gentile, carino, simpatico, ma tra loro non era mai scoccata la scintilla. Sorrise malinconicamente ripensando a quegli anni e concluse con un: Si sa, al liceo piacciono quelli maledetti.

«Buongiorno, ragazzi!»

Nessuno si mosse, un gesto, un mugugno, niente.

«Ragazzi, è entrata la professoressa, almeno fate finta.»

I vari gruppetti iniziarono a sciogliersi, c’era chi si trascinava ai primi posti a testa bassa, chi girava la sedia strisciandola fastidiosamente e chi saltava giù dal banco con un balzo – «Buongiorno, prof!» – che nemmeno il coro dell’Antoniano.

«Grazie…» rispose Andrea soddisfatta.

Appoggiò la borsa sulla sedia, prese l’astuccio che aveva comprato in un mercatino a Venezia, era in velluto a righe bordeaux e blu, adorava comprare oggetti di design, magari fatti a mano da artisti emergenti. Seguirono il libro degli appunti, l’agenda e i titoli per il compito, poi alzò lo sguardo incalzandoli: «Allora siete pronti?».

Quanto entusiasmo… Adorava vedere i loro volti il giorno del tema. C’erano quelli annoiati, tanto per loro era una passeggiata, c’erano le facce da voltastomaco di quelli che proprio non riuscivano a buttare sul foglio i loro pensieri e poi c’erano i secchioni dall’aria compiaciuta pronti alla sfida.

«Dai, ragazzi, ho trovato dei bei titoli, non potete dire che non sapete cosa scrivere, forza, esprimetevi, quest’anno avete l’esame!»

Scrisse le tracce alla lavagna in stampatello minuscolo, aveva abbandonato il corsivo alle medie quando la professoressa di tecnica li aveva obbligati a passare al ben più ordinato stampatello per descrivere le tavole.

Le due ore filarono lisce: controllò le e-mail, sbirciò le novità letterarie sul sito di Feltrinelli e preparò le lezioni dei giorni seguenti; era meticolosa, lasciava poco spazio all’improvvisazione.

Cesare la stava aspettando nella sala professori, una decina di cattedre in formica blu poste a ferro di cavallo, sedie in legno con braccioli e file di piccoli armadietti luccicanti al muro.

«Eccoti!»

«Scusa, ho fatto tardi, dovevo raccogliere i temi.»

«Ma figurati, cosa ti offro?»

Continua a leggere

Continua a leggere

«Prendo quello con il cioccolato.»

«Carenza di affetto?»

Andrea accennò un sorriso e rispose: «Direi proprio di no, forse fase premestruale».

Cesare arricciò il naso e tentò con un altro argomento: «Che hai fatto nel week-end?».

«Nulla di che, pulito casa, letto un po’…» Si bloccò e spalancò la bocca senza emettere suoni quando Cesare le passò il bicchierino bollente, poi riprese: «Sabato un aperitivo con un’amica, insomma week-end tranquillo, solite cose, e tu?».

«Io sono stato a un matrimonio, e detesto andare ai matrimoni.»

«Ah, è vero, be’, come è andata? Io li adoro» disse Andrea mentre soffiava delicatamente sul caffè ricordandosi che gli aveva detto del matrimonio il venerdì precedente, la solita smemorata.

«Alla fine meglio di quello che pensavo, tutto molto semplice e carino, ma comunque troppo tempo con la cravatta.»

Andrea s’impettì rischiando di rovesciare il bicchierino: «Madonna ’sta cravatta, avete solo quella ma riuscite a rompere le palle all’infinito! Volete fare a cambio con tacchi, collant, borsetta e assorbente magari?».

«Calmati! Hai ragione» disse Cesare stringendo gli occhi in segno di resa.

«Lo so!» disse Andrea soddisfatta.

«Dai, pazza, devo andare, ci vediamo domani» la salutò Cesare.

«Ciao, grazie del caffè.»

Si voltò a cavallo della porta: «Figurati! Ehi, magari potremmo prendere un aperitivo una sera».

«Perché no» rispose Andrea sorridendo.

Dopo aver scambiato due chiacchiere con alcune colleghe ritornò alla macchina; nel tragitto ripeteva mentalmente quello che avrebbe fatto fino a sera, con tempi e metodi, prima tappa la spesa.

Frutta, verdure, fette biscottate, marmellate, Nocciolata, qualcosa per un aperitivo improvvisato, birra, spaghetti, olio, cosa manca… ah, pane da toast!

Pensava sempre di dover prendere due cosine, poi usciva con due sporte enormi, la borsa a tracolla, le chiavi della macchina tra i denti e immancabilmente la suoneria squillante, che nemmeno gli equilibristi.

Entrò in macchina, orecchio appoggiato alla spalla per sostenere il telefono.

«Ciao, mamma.»

«Ciao tesorino, che fai?»

«Niente, ho fatto un po’ di spesa, in casa c’era l’eco!»

«Ho fatto il ragù se ne vuoi un po’.»

«Grazie, mamma, però oggi non riesco a passare, vado subito a casa a correggere dei compiti e a farmi una doccia bollente.»

«Ma mangi?» le chiese la madre con tono preoccupato.

«Sì, mamma, mangio!» rispose Andrea chiudendo gli occhi in segno di sconforto.

«Ti vedo un po’ patita, sempre un po’ triste…»

«No, mamma, sono solo un po’ stanca, poi sai che detesto il freddo.»

«Sei sempre da sola…»

«Mamma, sto bene, stai tranquilla, è tutto ok.»

«Va bene, domani sera ti va di venire a cena?»

«Può essere, te lo dico domani pomeriggio, ma direi che non ho programmi.»

«Ok, a domani allora.»

«Ciao mami.»

Nel frattempo era arrivata a casa; aprì la porta, Margot la guardò sbadigliando con quel muso da prendere a morsi.

«Ciao, amore! Visto che sono già qui? Ora ti mangio!»

L’accarezzò energicamente per un po’.

«Ora mi aiuti a mettere a posto la spesa? Sì?»

Erano sole da tempo e Andrea parlava spesso con lei ad alta voce, l’amava smisuratamente, ne avevano passate tante insieme.

Margot era una bulldog francese, bianca con macchie sparse caramello e nere. Le tipiche problematiche della sua razza l’avevano costretta ad alcune operazioni: le corse sfrenate nel bel mezzo della notte per raggiungere la clinica, i ricoveri, le notti insonni, avevano cementato il loro legame.

Con la consueta meticolosità svuotò le sporte, riempì frigo e dispense. Poi preparò un toast, il pentolino per far bollire l’acqua e scelse tazza e tisana adatte per il momento.

Sbuffando andò in camera, si mise comoda – felpa extralarge, pantaloni della tuta, calzettoni grossi di lana – entrò in bagno per sciacquarsi il viso e si lasciò cadere sul wc.

«Madonna, è solo lunedì e sono già uno straccio.»

Con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, si guardò le unghie a pugno chiuso e per un istante ripensò allo scontro mattutino al bar.

Tin!

«Margot, prendi il toast e mettilo su un piattino, arrivo subito!» urlò divertita.

Penna rossa, temi, cibo, affondò tra i cuscini sul divano di pelle slavato, copertina di lana a quadri bianchi e bordeaux di quando era nella culla, candela accesa, Margot tra le gambe: tutto perfetto.

2024-08-07

Aggiornamento

Il primo obiettivo è stato raggiunto. Avete preordinato 200 copie e il libro sarà pubblicato da Bookabook. Vorrei ringraziare tutti, chi mi ha spinta a non mollare, chi ci ha creduto più di me e chi "semplicemente" mi vuole bene. Ringrazio gli insospettabili, siete stati davvero una bella sorpresa! L'obiettivo è stato raggiunto oggi, il giorno del mio compleanno...che regalo! Vi ringrazia anche Olivia (Margot)! Abbiamo ancora altri obiettivi...

Commenti

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Quella granculo di Cenerentola”

Condividi
Tweet
WhatsApp
Veronica Minoccheri
Veronica Minoccheri, originaria di Imola, si laurea in Scienze biologiche e, successivamente, prende il diploma in Design di interni. Appassionata di cinema, scrive per esprimere i suoi pensieri. Nel 2024 ha creato l’account Instagram “Sonomia21”, uno spazio contro la violenza, e “Piccole donne, arrabbiate”, un club del libro. Nel tempo libero ama leggere e passeggiare con Olivia, la sua bulldog francese. “Quella granc**o di Cenerentola” è il suo primo romanzo pubblicato.
Veronica Minoccheri on FacebookVeronica Minoccheri on Instagram
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors