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Quis ut Deus

Quis ut Deus
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Consegna prevista Giugno 2024
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In piedi nel corridoio di un treno come tanti, Michael guarda affascinato il paesaggio scorrere oltre il finestrino.
Ma, talvolta, la realtà intorno a noi va ben oltre quello che ci viene concesso di vedere.
Il suo vero viaggio sta per cominciare: un mondo incredibile è in attesa negli scompartimenti accanto a lui, celato da semplici porte scorrevoli pronte a svelarlo a chi deciderà di avventurarsi in esso. È così che la realtà abbandonerà la sua confortante dimensione materiale per assumerne una intangibile, onirica, nella quale tutto sembrerà possibile.
Un viaggio oltre i limiti dell’incredibile, dove il dolore e la speranza sferzeranno la scena fino a spaccare in due la realtà, portando l’opera a correre su binari paralleli proprio come due diversi treni.
In un mondo impossibile da spiegare, ma inaspettatamente familiare, il protagonista affronterà sé stesso, in un viaggio senza principio e senza fine la cui destinazione finale, forse, non sarà mai raggiunta.

Perché ho scritto questo libro?

Sono tante le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere questo libro. Tra le principali, certamente la voglia di comporre un’opera in grado di catturare il lettore, catapultandolo irrimediabilmente tra le righe per assaporare un’altra delle famose mille vite che vive chi legge; ed è proprio qui che scoprirà il messaggio più profondo del romanzo.
Ma c’è anche il desiderio di trovare la mia voce in un mondo dove il rumore è assordante, per riuscire a comunicare davvero con le altre persone.

ANTEPRIMA NON EDITATA

VII

Com'era già capitato, mi risvegliai su una panchina nel parco della mia città. Questa volta, però, la vista di ciò che avevo intorno era ben diversa: tutt'altro che verde o rigoglioso, il prato che mi circondava tendeva a una strana tonalità di grigio, risultando complessivamente molto spento. In un primo momento, pensai che quel colore potesse derivare da quello del cielo, di un grigio insondabile. Tuttavia, ben presto dovetti arrendermi all'evidenza e accettare che il verde che aveva colorato quel magnifico posto era soltanto un lontano ricordo.

Smisi di rimbalzare tra cielo e terra con lo sguardo e cominciai a osservare ciò che mi circondava. Ancora una volta, non potei fare a meno di notare come tutto fosse diverso da come lo avevo visto l'ultima volta che c'ero stato. E ben presto mi resi conto che non era soltanto una questione di tonalità di colore.

Intorno a me la natura sembrava pietrificata, come immobile, con il fiato sospeso. Avevo l'impressione che fosse in attesa di qualcosa. L'erba era praticamente ferma, rigida contro il debole vento che spirava e gli alberi sembravano sul punto di sgretolarsi, mentre non era rimasta alcuna traccia degli splendidi fiori che avevano colorato quei prati. Mi domandai che cosa avesse potuto ridurre quel luogo in tali condizioni.

Tuttavia, ebbi poco tempo per indugiare sui miei pensieri: improvvisamente, una forte raffica di vento scosse tutto con vigore, quasi riportando un soffio di vita su quelle piante. Ne seguì subito un'altra e, poi, un'altra ancora. Che cosa stava succedendo?

Il parco nel quale mi trovavo era deserto; ma questa non era una novità per me, giacché non avevo praticamente mai incontrato nessuno le altre volte che ero stato lì. Tuttavia, quell'assenza sembrava amplificare ancor di più la sensazione di vuoto che si poteva avvertire in quel posto.

Qualcosa incombeva su quelle terre. Ero certo che fosse così, lo avvertivo chiaramente. E doveva trattarsi di qualcosa di anomalo, di negativo, che sarebbe arrivato di lì a poco con tutta la sua potenza.

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Inconsciamente, continuavo a pensare a qualche forte evento atmosferico come una tempesta, addirittura un uragano. Poi, lentamente, nella mia testa cominciò a fare breccia il dubbio che, invece, si trattasse di qualcosa a cui la natura era completamente estranea. Immediatamente, pensai alla diga e al fatto che sarebbe crollata.

Le raffiche di vento ripresero e la vegetazione ne soffrì in modo evidente. Tuttavia, accadde una cosa molto strana: infatti, mentre potevo osservare le piante frustate da quello spirare impetuoso, non avvertivo neanche il più lieve dei soffi su di me; in pratica, era come osservare dalla finestra quello che stava succedendo. Naturalmente, non riuscii a spiegarmi il perché di quello strano fenomeno.

Guardandomi intorno, mi resi conto che le cose non stavano migliorando. Improvvisamente, la bufera che già imperversava parve diventare ancor più violenta, mettendo così a dura prova tutta quella vegetazione; qualcosa cominciò a cedere e vidi alcuni rami trascinati via dalla forza del vento. Mi resi conto che altri detriti erano già in volo, trasportati da quella furia.

Poi, qualcosa attirò la mia attenzione: accanto alla panchina su cui ero seduto, nel mezzo di quella bufera ma, allo stesso tempo, da essa irraggiungibile, vidi arrivare dell'acqua. Inizialmente, un timido rivolo poco distante dai miei piedi; nel volgere di poco, uno strato che ricopriva uniformemente tutto il terreno circostante.

Alzai lo sguardo e la scena che vidi parve svolgersi al rallentatore: un muro di acqua e fango stava avanzando travolgendo tutto.

-12

Tutto era accaduto molto velocemente, così tanto da non lasciare scampo. Del resto, anche se ce ne fossimo accorti prima, ci sarebbe stato ben poco da fare. L’unico modo per sfuggire sarebbe stato non esserci, proprio com’era accaduto a me. Questo pensiero non mi darà mai pace.

Hanno provato a non darci tutti i dettagli, ma se ne sono occupati i giornali e la televisione, non risparmiandoci niente. Ma, forse, è giusto così perché è necessario sapere.

Pare che lo spostamento d’aria sia arrivato prima dell’acqua e del fango e che abbia fatto tutto il lavoro: chi è stato investito direttamente non verrà mai più ritrovato, mentre altri sono stati completamente denudati o smembrati solo in parte. L’onda di detriti che si è abbattuta su quelle graziose case è servita per demolirle e per finire l’opera di sterminio già iniziata. Probabilmente, soltanto in pochi hanno avuto modo di capire quale fosse l’origine del boato che avevano sentito: la distruzione è arrivata subito dopo, come un tuono assordante che segue il suo fulmine.

Nelle città vicine hanno avvertito un trambusto infernale, ma, per loro fortuna, non hanno sperimentato altro o quasi. La mia città, invece, è stata quella colpita in modo più grave ed è stata praticamente spazzata via. Inizialmente, la zona più alta dell’abitato era stata raggiunta soltanto in parte, ma l’onda anomala generata dal secondo crollo non l’ha risparmiata, aggredendola con ferocia.

Di tutto l’abitato non rimangono che rovine spettrali, forse lasciate lì a ricordarci di quanto piccole siano le nostre opere al cospetto di ciò che pretendono di sfidare. E di quale malvagità sia capace l’uomo contro i suoi simili: hanno detto che il crollo è stato originato da una costruzione anomala, dovuta a progetti errati e a investimenti che non potevano essere fermati, nonostante tutti sapessero. Il dio denaro pretendeva un sacrificio umano che i suoi seguaci non hanno esitato a offrirgli.

Quando ho saputo, ero in viaggio, sulla via del ritorno a casa dopo essere stato via per lavoro. Il treno su cui mi trovavo venne bloccato senza fornire alcuna spiegazione plausibile, con la speranza di evitare il panico che, altrimenti, si sarebbe diffuso in pochi istanti tra noi passeggeri, per la maggior parte diretti verso le nostre case. Anche se il tentativo fu probabilmente dettato dalla buona volontà e da un sentimento di compassione, i suoi risultati furono ben miseri e il suo significato travisato completamente, divenendo esso stesso oggetto di recriminazioni feroci nei giorni seguenti; personalmente, sono rimasto convinto del sentimento di bontà che ci fu dietro questo gesto e ciò mi è sempre stato di conforto, ricordandomi che le persone buone sono dappertutto, nonostante tutto.

A ogni modo, lo sconforto e il dolore arrivarono con l’impeto di una frana e, nel volgere di pochi minuti, divennero i padroni assoluti della scena. In molti cercarono di convincere il personale del treno a far ripartire il convoglio, con l’obiettivo di avvicinarsi alla zona della sciagura, ai propri cari. Naturalmente, ogni tentativo fu vano, anche per effetto degli ordini impartiti dalle autorità. Ragionando a distanza di tempo, non posso che essere lieto che il treno non si sia mosso, evitando così molte altre complicazioni se non, forse, addirittura altre vittime. Al tempo, invece, ero tra quelli che premevano per raggiungere il luogo del disastro: intendevo cercare la mia famiglia, con o senza il benestare delle autorità.

Compresa l’inutilità dei nostri sforzi, decisi di abbandonare il convoglio e di provare a raggiungere la zona con qualche mezzo alternativo. I soldi non sarebbero stati un problema, così mi dileguai senza dare troppo nell’occhio e mi incamminai verso la stazione che avevamo superato da poco. Impiegai meno di mezz’ora per raggiungerla. Tuttavia, appena arrivato, mi resi subito conto che non sarei riuscito nel mio intento neanche lì: molte persone affollavano già l’atrio e le banchine di partenza di bus e taxi, mentre non c’era alcuna traccia di questi mezzi; ebbi la netta impressione che quella calca fosse stata prevista e che, di conseguenza, fosse già stato predisposto un piano per neutralizzarne le intenzioni. A quel punto, non rimaneva che un’opzione: andare a piedi. Valutai che la distanza che mi separava dalla meta non poteva essere superiore ai 20 km e, così, decisi di incamminarmi.

Non furono molte le persone che fecero la mia stessa scelta: anche se la possibilità di raggiungere a piedi le nostre case doveva essere chiara a tutti, probabilmente, molti vennero scoraggiati dai continui ammonimenti rivolti loro dal personale di sicurezza della stazione. Inoltre, non tutti avrebbero avuto la possibilità di percorrere quella distanza in tempi ragionevoli, per poi raggiungere un posto dove probabilmente non ci sarebbe stata alcuna possibilità di rifocillarsi o riposare. Io stesso, prima di avviarmi, mi procurai un po’ di provviste per i giorni successivi, senza tuttavia appesantirmi troppo per il viaggio.

Mancava poco a mezzogiorno quando mi avviai. Contavo di impiegare non più di cinque ore per raggiungere la mia casa, la mia famiglia.

Di per sé, il tragitto non risultò particolarmente faticoso e, volendo, la compagnia non sarebbe certo mancata. Tuttavia, preferii camminare da solo, assorto nei miei pensieri, badando bene a tenere lontani da me quelli troppo terrificanti e concentrandomi su quelli che, nonostante la stanchezza, continuavano a darmi l’energia necessaria per proseguire. In certi momenti, camminavo con la testa nel nulla, luogo inesplicabile che lentamente prendeva forma dentro di me.

La stima del tempo di percorrenza si rivelò abbastanza corretta e, così, nel pomeriggio, giunsi nei pressi della mia città. Me ne resi facilmente conto dallo spiegamento di mezzi di soccorso che incontrai: gli uni a ridosso degli altri, sembrava si accalcassero fin quasi a ostacolarsi, tutti guidati dall’impellente volontà di prestare soccorso ai bisognosi. Era chiaro che arrivavano da tutti i posti limitrofi. Fui commosso da quella scena.

La confusione apparente che, inevitabilmente, regnava in quei momenti mi inghiottì senza che me ne accorgessi e, così, mi bastò lasciarmi trasportare da quella marea umana per avvicinarmi sempre di più alla zona del disastro e per addentrarmi irrimediabilmente in un dramma che, attimo dopo attimo, mi rendevo conto essere più mio che del personale di soccorso che mi circondava.

All’improvviso, una breccia sembrò aprirsi in quella muraglia che si muoveva, permettendomi di vedere parte della città. Rimasi immobile a guardare, mentre un freddo intenso si diffondeva dentro di me partendo dalla mia stessa anima. Pochi istanti dopo, cominciai a tremare davanti a quella scena sconvolgente.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Claudio Mazzei
Mi chiamo Claudio Mazzei e sono nato in Calabria, nel (non troppo) lontano 1974. Subito dopo il diploma, mi sono trasferito in Toscana, dove vivo con la mia meravigliosa famiglia.
Gli impegni sono tanti, ma gli interessi non mancano (diversamente dal tempo disponibile…): mi appassiona l’arte nelle sue molteplici forme, dalla letteratura alla musica, al teatro; dalla pittura alla fotografia, alla scultura. Potrei rimanere per delle ore ad ammirare il Busto di Nefertiti esposto a Berlino...
Naturalmente, amo scrivere.
Non sono certo indifferente alla tecnologia e alle sue entusiasmanti applicazioni, siano esse relative alla medicina o all’astronomia.
Non posso fare a meno di rimanere aggiornato su quanto riguarda il mio lavoro, mentre la naturale propensione al buon vivere mi porta a non trascurare il cibo e il vino, che ritengo eccellenti in ogni angolo del nostro Paese e non solo.
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