La Freccia d’Ombra rallentò la remata e gli lanciò un’occhiataccia; la Harvest era verniciata di giallo e, anche se scolorito dal tempo, era un piccolo faro nell’ombra della notte. Rispose comunque con tutta calma.
«Non preoccuparti, Pescatore. Una volta avvistati i primi moli mi getterò in acqua e raggiungerò la riva a nuoto. Ti coprirò dall’alto».
Non gli andava molto a genio che gli organizzatori dei colpi tenessero alcune informazioni per loro, ma fintanto che il piano non subiva intoppi non poteva lamentarsi.
Così si sedette davanti al compare e intavolò un’interessante conversazione, almeno dal suo punto di vista.
«Posso farti una domanda?» chiese incuriosito da un dettaglio che lo aveva colpito durante lo scontro con la milizia. La risposta fu un semplice cenno del capo e un mugugno.
«Come mai non hai ucciso le guardie? Pensavo fossero colpi casuali, alla rinfusa, ma dopo la battaglia ho notato che le frecce avevano sempre colpito le ginocchia o i gomiti, senza mai fallire una volta».
Dapprima il giovane parve colto sul vivo. Fermò del tutto l’avanzata della Harvest e gettò gli occhi a ovest, disperdendo lo sguardo sulle nere acque del Fossato Bianco. Dall’intensità del suo sguardo sembrava intento a penetrare gli oscuri segreti celati dalla caratteristica nebbia di Mistsword.
Eppure, dopo pochi istanti, si decise a parlare.
«La Gilda dei Ladri non deve uccidere. La Gilda è una famiglia che mira solamente alla propria sopravvivenza, senza ferire gli innocenti».
Reed non concordava appieno con le parole del suo compagno di viaggio, ma non si oppose. Posò la mano sul tomo ricoperto e tastò le bende; percepì il fremito del libro, il suo antico respiro… e potere.
Notò lo sguardo confuso dell’interlocutore e ritrasse la mano con calma, come se il gesto appena compiuto non avesse avuto alcuna importanza.
«Lascia stare» finse un sorriso a labbra strette «ci penso io» afferrò i remi della Harvest e procedette all’indietro. Dava infatti le spalle alle prime torce visibili della città, ma conosceva bene quelle acque e sapeva che si stavano avvicinando.
“Uccidilo!”.
«Sei di Zelasia? Non è così?» chiese la Freccia per mera cortesia, intento a continuare la conversazione che Reed stesso aveva iniziato.
“Ci ha scoperti! Ha scoperto del libro! Uccidilo!”
«Esatto!» finse un altro sorriso, questa volta contornato da alcune lacrime di sudore sulla fronte. «Mi guadagnavo da vivere come pescatore e pescivendolo, tra Mistport e il Piccolo Bosco Orientale».
Qualcosa, di nuovo, scattò nell’animo del ladro. Si rizzò repentino e una mano scivolò dietro la schiena, ma lentamente. Reed era bravo a intuire i pensieri delle persone: non si sentiva minacciato. Il movimento della mano sembrava essere rallentato non per nasconderlo, ma per un dubbio, un’esitazione.
“Fa parte della Gilda, avrà dell’ORO addosso. Ne sento l’odore, ne percepisco… l’esssssenza!” il sibilo finale fece deglutire il povero Pescatore; un tic che si era portato appresso da quando era piccino.
«Tu da dove vieni, invece?».
La Freccia d’Ombra rispose in tono freddo e calcolato.
«Sono del Nord, di Blue Dragon». Reed capì la reazione.
«Non temere, non ho nulla a che vedere con i Nobili di Zelasia, anzi… Se potessi gli farei pagare alcuni torti che mi han fatto» “Quelli sì che li ucciderei volentieri”.
“Anche loro hanno l’ORO. Andiamo a prendercelo!” la voce nella sua testa non la smetteva di tentarlo e si vide costretto a toccare il borsello di monete che portava alla cinta.
Con due o tre respiri profondi si calmò, così come la voce dell’essere che dimorava nel tomo. Riaprì gli occhi, non si era neppure accorto di averli chiuso, e la Freccia d’Ombra era sparita, volatilizzata nel buio della notte.
Reed si guardò attorno e ne capì presto la ragione.
Le torce di Mistsword si erano fatte più vicine, molto vicine, tanto da intravedere anche gli uomini che le brandivano. Era una coppia di guardie con tanto di elmo e mantella, ma assieme a loro, sul pontile in pietra che dava al canale, vi era un uomo ben piazzato, più alto e robusto.
“Ha l’aria di essere qualcuno d’importante… o almeno si atteggia a tale”.
Il Pescatore continuò a remare con calma. Jake aveva scelto lui per quella parte del colpo perché sapeva che era abituato: non era infatti la prima volta che Reed contrabbandava della merce trafugata.
«Altolà!» una delle guardie si fece sentire. «Chi siete? Cosa ci fate qui a quest’ora?».
«Il mio nome è Mathias Benlore» esibì un simpatico e gentile sorriso sistemandosi il gilè in modo più presentabile. «Per fortuna che ci siete voi ora! Sono un mercante di Lakeblade e ho tardato a causa di un cavallo zoppo durante il viaggio». Aggiungere troppi dettagli avrebbe destato sospetto, ma ne aveva già alcuni in mente se avessero chiesto.
«Ha i documenti previsti? Tutto in regola?» fu il secondo ragazzo a intervenire, avvicinandosi all’acqua e tendendo una mano guantata.
Reed si tastò un po’ sulla camicia e sul gilè; anche se aveva smesso di remare, ogni secondo avvicinava l’imbarcazione alla meta. «Certamente» rispose affabile tirando fuori dei fogli ordinati da un taschino laterale.
«Ecco a voi» porse l’oggetto del desiderio alle guardie, ma questo fu arraffato bruscamente dal terzo incomodo. Era un ragazzo alto, dai capelli lunghi e rossicci. Anche lui portava un mantello, bordeaux a differenza del grigio delle guardie cittadine, e aveva una spilla singolare a tenerne i capi.
“Un faro argentato che punta sulla terraferma” Reed deglutì un’altra volta: si trattava di un Templare, o perlomeno una recluta.
L’Osservatorio dei Templari e la Gilda dei Ladri erano organizzazioni rivali: mentre una derubava l’onesta gente di Mistsword in modo losco, l’altra era finanziata dal governo delle Terre Nebbiose per smascherare i ladri stessi.
Sebbene si mormorasse che Jake avesse stipulato un patto di qualche tipo con l’Osservatorio, la presenza di un e metteva Reed a disagio.
Il ragazzo scrutò i documenti con la dovuta calma, prestando attenzione a ogni minimo segno di falsificazione, a qualche errore nella dicitura… ma niente. Non trovò nulla.
Alzò la testa di scatto e furibondo, come se sentisse nel sangue che l’uomo davanti a lui non era Mathias Benlore, ma un semplice scagnozzo della Gilda dei Ladri.
I due soldati si guardarono ammutoliti, ma dopo un minuto buono il più anziano prese i documenti e li ritornò a Reed.
«Può andare, signore». Li rimise a posto e si sedette, ma la barca si agitò di colpo e Reed si voltò. Il Templare era letteralmente saltato sulla chiatta senza dire nulla.
«Non le dispiace, signor Benlore» mise così tanta enfasi sul cognome che sembrò accusarlo ufficialmente «se do un’occhiata alla sua merce?».
«Ma certo, faccia con comodo» indicò una delle tre casse che aveva trasportato dalla battaglia e, come a fargli un dispetto, il ragazzo dai capelli rossi ne aprì un’altra.
Poco importava, il contenuto nelle casse era stato coperto di sete pregiate e vestiti fatti a mano, a una prima occhiata sarebbe risultato tutto nella norma, ma se avesse scavato o perquisito sino infondo…
Le paure di Reed sembrarono materializzarsi; il Templare analizzava gli abiti, dapprima senza toccarli, poi prendendone uno in mano e, infine, si mosse per infilare l’intero braccio nella cassa.
A un certo punto vide il riflesso della torcia su un medaglione a forma di mezzaluna, un oggetto che poteva benissimo trovarsi lì per caso tra i vestiti, ma che lo avrebbe insospettito ancor di più.
Fiiii.
Un fischio, o forse un sibilo, risuonò nelle tenebre, sopra le loro teste, seguito da un tonfo secco e il rumore di qualcosa che cadeva in acqua.
«Cosa è stato? Chi va là?» tipiche domande delle guardie, che si precipitarono subito a verificare gli accaduti. Il Templare si fermò un istante, guardò il Pescatore dritto negli occhi e, senza fiatare né chiudere le casse che aveva controllato, saltò sul pontile e seguì i soldati.
Reed non aspettò un solo secondo e si mise a remare più rapidamente che poté. I Nove Venti lo avevano benedetto? O era stato qualcos’altro? Qualcun altro?
Vide un’ombra indistinta muoversi accanto a lui, sull’umido selciato che accompagnava le vie del canale.
«Come hai fatto?» la Freccia d’Ombra, nonostante fosse ancora visibilmente bagnato, non emetteva alcun rumore nel muoversi, facendo attenzione a rimanere nell’oscurità.
«Ho usato una freccia apposita, fatta in casa. È andato tutto bene?».
«Sì, solo una recluta dei Templari, un rischio imprevisto».
«È a questo che servono i nottambuli» rispose senza troppa umiltà l’arciere che aveva salvato la situazione.
A Reed non piacevano i gradassi, gli ricordavano casa e sua moglie, ma la Freccia d’Ombra non sembrava uno di “loro”.
“Loro” avrebbero ucciso i soldati del convoglio, proprio come avevano lasciato morire la moglie del contrabbandiere.
«Ti ringrazio» il Pescatore si guardò attorno, assicurandosi di non essere ascoltato da orecchie indiscrete, poi volle prendersi un altro “rischio imprevisto”.
«Mi chiamo Reed» l’istinto lo spinse a fidarsi.
La Freccia d’Ombra si arrestò per un secondo, dopodiché sussurrò una risposta e svanì in un vicolo: il Pescatore aveva raggiunto l’entrata della Gilda e presto si sarebbe gustato un meritato riposo. Cercò tra le ombre la figura del suo compagno di viaggio e bisbigliò.
«Piacere di conoscerti, Ascal».
Claudio Macri
Ho letto il primo libro di questo ragazzo ed è stata una piacevole sorpresa !! Non vedo l’ora di leggere anche questo secondo volume!