Ho sempre avuto paura, finora, semplicemente perché i cocci della storia che cercavo di dimenticare facevano male. Fino all’ultima febbre, almeno… Mi sono beccato un malanno per niente, e ho rischiato grosso: festeggiavo la primavera con gli amici, l’acqua del torrente era ancora gelida e il resto è venuto di conseguenza. Passai i primi due giorni a letto fra eclissi di coscienza e lampi di incoscienza; il dottore della Riserva mi diede delle pillole che mi facevano soltanto bruciare lo stomaco, poi il vecchio uomo di medicina lo spinse fuori da casa mia, dicendo che tanto ho la pelle dura come il becco di un corvo e che avevo solo bisogno di silenzio.
Il silenzio: non lo sentivo da tanto. Ero immerso nel silenzio, ero solo, e senza saperlo stavo già percorrendo il sentiero della guarigione. Ero solo al banco del bar, quello lungo l’Interstate; in quel silenzio sentii il tocco morbido del suo sguardo sulle mie spalle. Smontai dallo sgabello e mi mossi lentamente verso di lei, e lei sorrideva, per la prima volta, dopo anni. I suoi occhi brillavano della calda luce del tramonto e rimanemmo a fissarci a lungo.
«Noi ci conoscevamo, una volta» le dissi, con la solita paura di aver sbagliato frase. «Me li ricordo bene i tuoi occhi da cane» «Occhi da cane?» «Nel senso che sono dolci.» Proprio come la prima volta in cui ci incontrammo…
La adorai nella sua bellezza per qualche istante; eravamo lontani da tutti, nel nostro angolo di mondo preferito. Finalmente ci eravamo ritrovati, nel nostro bar. Ma quel posto è chiuso ormai… «È passato tanto tempo. Giocavi ancora a fare il guerriero l’ultima volta che ci siamo visti, i tuoi capelli erano lunghi e morbidi.»
Oggi i miei capelli sono corti, a causa di tanti lutti e perdite. «Sei ancora bellissima.» Proprio come la ricordavo.
«La tua vecchia casa è ancora in piedi?» «Non riesco a mandare via le formiche dal bagno. E tu… cosa stai facendo?»
Senza accorgercene eravamo seduti l’uno accanto all’altra sulla panca contro la parete dei ritratti. Continuammo a conversare, sempre più vicini, abbassando sempre più la voce, poi le presi la mano. Lei sorrise.«Mi mancava questo posto.» Ogni volta che ci passo davanti in macchina mi si stringe il cuore nel vedere la porta sprangata… «Questa è la camicia che ti ho regalato io! Vuol dire che ci tieni ancora.» È come in quella foto che tengo nel portafoglio. Appoggiò il viso sulla mia spalla e allungò una gamba sulla panca. Come facevamo da ragazzi. Le strinsi ancora la mano e le parlai nell’orecchio: «È stato bello stare qui; credi che un giorno potremo rivederci? Non come i due ragazzi che eravamo un tempo, non con la vocedel passato…» «Nel presente io non ho voce, ma possiamo vederci qui…» Siamo di nuovo in piedi, faccia a faccia: il mio sguardo è perso nel suo. La luce dell’alba sulla terra rossa dell’altopiano è la prima cosa che vedo dopo la lunga nottata. Le reni mi fanno male, le ossa pure, ma mi porto dentro un sorriso.
Sono passate due settimane dal mio bagno nel torrente. Oggi sono salito fino alla gola per parlare col vecchio; i miei discorsi non lo hanno sorpreso minimamente.«Quanti anni ci hai messo a capire…» «Voi dite sempre che va fatto perché è tradizione.» «Non solo la tua pelle è dura come il becco di un corvo: anche la tua testa. In ogni caso sei ancora troppo debole per la capanna del sudore.» «E quando potrò allora?» «Senza fretta: ora sai che lei non ti odia. Sono sicuro che le parlerai ancora, ma non avere fretta.» «Devo credere a quello che ho visto nel sogno?» «È stata lei a cercarti.»
Claudio Cassani
Le anteprime dei due racconti stuzzicano la curiosità per il proseguo degli intrecci.
Le antepime sono ricche di odori, colori e di silenzio, cosi come sono gli spazi del nord america.
Rosaria Della Betta (proprietario verificato)
La magia di parole e silenzi ben calibrati, suggestioni penetranti, personaggi indelebili. Tutto questo in una prosa fluida che sembra essersi fatta da sola.
Rosaria Della Betta (proprietario verificato)
Atmosfere che ti penetrano, luoghi mai visti nei quali senti di aver vissuto. Una prosa avvincente, colta e raffinata, costruita su un periodare impeccabile e raro ai giorni nostri.
Sara Compagnoni (proprietario verificato)
I libri per essere veramente validi devono avere due caratteristiche, a mio avviso: permetterti di viaggiare e farti conoscere qualcosa di più dell’ “altro” (per poi conoscere meglio te stesso). I tre racconti in anteprima hanno queste caratteristiche: si è trasportati in un luogo lontano, tra deserti, polvere, sole, strade che sembrano infinite, silenzi che valgono più di qualsiasi parola. Ci avviciniamo piano piano a dei personaggi che sembrano diventare nostri vicini di casa per un attimo, di cui seguiamo le vicende seduti su una sedia a dondolo davanti casa, mentre beviamo un caffè. Entriamo dentro a un popolo lontano ma neanche troppo, che finora abbiamo forse conosciuto solo per stereotipi e rappresentazioni sfalsate dalla nostra interpretazione occidentale. Siamo altrove, percorriamo quelle miglia e quelle strade polverose nelle scarpe (o meglio, negli stivali) di altri, capendo qualcosa in più di “loro” e qualcosa in più di “noi”, capendo che in fondo non c’è “loro” e non c’è “noi”.
Non vedo l’ora di continuare a viaggiare con gli altri racconti.
Enrico (proprietario verificato)
La campagna di lancio è appena partita, ma dai brani forniti fin da ora in anteprima traspare già molto: personaggi delineati da tratti, gesti e parole in modo minuzioso, non caricature ma persone; luoghi e storie lontani che sembrano a portata di mano; un senso di leggerezza, umanità e magia che sa di autentico.
Curioso e impaziente per poter leggere il resto.