Adam invece non si era proprio accorto di nulla: per lui quel breve tratto, prima della strada poco trafficata, era l’occasione per palleggiare di testa, infrangendo i suoi precedenti record. Tanto ci pensava la sorella ad avvisarlo quando doveva smettere, o ad avvertirlo delle auto o delle persone nei paraggi.
«Anche oggi ho perso un po’ del mio talento, con te come avversaria!», piagnucolò il bambino, un po’ scherzando e un po’ facendo sul serio, mentre superavano la piccola cappella affrescata che si trovava lungo la stradina sterrata.
«Aah, non ricominciare! Fa’ piuttosto del tuo meglio per allenarti ugualmente!”.
«Ma… che si mangia stasera, sorellona?»
«Tu niente, probabilmente!» le rispose Khaola ridendo, spettinandogli i capelli neri già arruffati.
La mattina dopo, come preannunciato dalle previsioni del tempo, l’aria era invece decisamente più fredda: un vento gelido arrivato nella notte aveva scalzato quello tiepido spirato per tutto il giorno, abbassando le temperature di quasi 15 gradi.
Da non credere! Del resto, però, siamo solo a gennaio… Khaola guardava fuori dalla finestra mentre faceva colazione in cucina: si poteva persino scorgere qualche minuscolo fiocco di neve che svolazzava qua e là. Forse era stato solo un sogno, il giorno prima…
Anche quel lunedì, aveva dovuto svegliarsi di buon’ora, ben prima di quanto le fosse necessario: come la sorella maggiore Amane, infatti, lei faceva scuola da casa, dato che frequentava la prima superiore.
Le scuole “secondarie di II grado” (aveva imparato da poco a chiamarle nella maniera corretta) avevano chiuso circa tre mesi prima, e ancora non si sapeva se avrebbero mai riaperto, prima della fine dell’anno.
Uno dei pochi vantaggi della situazione sarebbe stato proprio quello di potersi alzare anche all’ultimo minuto, non dovendo uscire a prendere il treno o l’autobus. I suoi fratelli più piccoli, Adam e Aya, facevano però le elementari, e dovevano scendere presto dal letto per andare a scuola “in presenza”.
Bella cosa, avere solo una camera per tutti e quattro!, era il pensiero che le veniva spontaneo tutte le volte, ma non diceva nulla, per non farlo pesare ai suoi genitori.
La famiglia abitava in un appartamento piccolo, ma confortevole e sempre allegramente chiassoso, all’ultimo piano di una palazzina dai mattoncini marroni e le tapparelle bianche. Il paese era altrettanto piccolo, però non mancava nulla, anche se Khaola preferiva spostarsi in quello accanto, almeno un paio di volte a settimana, per fare una passeggiata e giocare a calcio con Adam.
Il calcio non le piaceva molto, ma si sforzava di giocarci per tenere compagnia ad Adam, 9 anni, 25 kg di peso e una palla sempre sottobraccio.
Amava invece camminare. Ogni tanto, la domenica, riusciva a convincere anche la madre o il padre, e a portare anche loro, e naturalmente anche Aya, la piccola di casa. Amane invece, che ormai di anni ne aveva 16, restava a casa con la scusa dei compiti, anche se poi ne approfittava per videochiamare le amiche e il suo ragazzo “segreto”.
Vivevano lì, in Italia, da quando se ne ricordava: aveva solo due anni quando lasciarono il Marocco, lei, mamma, papà, i nonni e la bisnonna materna e Amane. Il suo paese d’origine Khaola lo conosceva molto poco, essendoci andata qualche volta durante l’estate, quando era ancora all’asilo o alla scuola primaria: poi il viaggio aveva cominciato ad essere troppo faticoso, per i nonni, nonché costoso, per tutti quanti.
«Quanto ti senti italiana, da 1 a 10?» le aveva chiesto una volta una compagna di classe delle elementari.
«7, credo», le aveva risposto la bimba dagli occhi saggi e profondi. Era piuttosto convinta di quel numero, che le sembrava ragionevole.
«Mmh… mio padre direbbe 0!» aveva ridacchiato la bambina.
«E perchè? Sono qui da quando sono piccolissima, e parlo l’italiano anche meglio di te!» le aveva ribattuto Khaola, che davvero non pensava di meritarsi uno “zero”. Sapeva che molte altre persone avrebbero detto lo stesso, ma non si capacitava di come potessero pensarla così, dato che neanche la conoscevano: davvero era una questione così importante, poi?
«Dai, non te la prendere, a me comunque non importerebbe… 10 o 0 fa lo stesso!» era stata la risposta della compagna, a cui Khaola aveva deciso di voler credere.
Due ore di italiano, arte e poi diritto.
La ragazzina scorse l’orario del lunedì sul suo diario nero, su cui aveva appiccicato qualche adesivo e che aveva decorato di suo pugno con delle penne fosforescenti e dei glitter colorati. Lo conosceva a memoria, ormai, ma sempre meglio controllare…
Era l’oggetto che più la faceva sentire “a scuola”, il diario, anche se a fare lezione era da sola, seduta al tavolo della cucina, che aveva sparecchiato in fretta perchè ormai le 8:30 si stavano avvicinando di gran lena.
I fratelli erano già usciti da un pezzo, accompagnati a piedi dalla mamma, che poi si sarebbe fermata al mercato; il padre era partito con l’auto ancora prima, verso le 7:00, per recarsi al lavoro in fabbrica. Come sempre l’aveva solo intravisto, ancora mezza addormentata, nel corridoio semibuio, mentre usciva silenzioso dal bagno, e non lo avrebbe incontrato fino al tardo pomeriggio.
Quel giorno a lei toccava la cucina, e pure il cellulare: Amane avrebbe invece usato l’unico computer disponibile, sedendo alla scrivania in salotto, che era decisamente più comoda.
Da quando erano in “DAD-Didattica A Distanza”, era iniziata la lotta con la sorella per il PC e la connessione: non avevano il WI-FI, a casa, e dovevano accontentarsi dei giga sul cellulare, che però finivano sempre troppo presto. La biblioteca, in cui le due, fino a un anno prima, ogni tanto studiavano, anche per avere la connessione wireless, era chiusa; o meglio: non ci si poteva stare a leggere o studiare, ma per fortuna il prestito dei libri era ancora disponibile.
La scuola era ricominciata dopo le vacanze natalizie solo da una settimana; Khaola si era illusa che sarebbe tornata sui banchi subito dopo la pausa durata 15 giorni, ma così non era stato. «Forse si tornerà un po’ in presenza e un po’ a distanza da fine gennaio», aveva letto nel gruppo Whatsapp della classe, ma non sapeva proprio se fidarsi di quella notizia.
La prof di italiano era in gamba: per questo Khaola era contenta di averla proprio il lunedì alle prime due ore, per iniziare la settimana col sorriso: anche proseguire con arte – o meglio disegno – non era male!
Disegno era anzi la sua materia preferita: questo solo in teoria, però, dato che l’insegnante che aveva trovato al professionale non era minimamente “paragonabile” a quelle avute in passato. Ma in ogni caso contava poco, ormai…
sarto.emanuele (proprietario verificato)
Sempre a pagina 19 ho sottolineato: «La scuola dà a tutti le stesse possibilità; qui tutti sono uguali, prescindere da dove arrivino».
Il pensiero è andato diretto alla prima replica che la Presidente del Consiglio ha dato alla Camera: «Si è detto che il merito nell’istruzione sarebbe nemico dell’uguaglianza. Non sono d’accordo. È esattamente questo che cerchiamo di, su questo che cerchiamo di invertire la rotta rispetto quello che abbiamo visto negli ultimi anni sulla impronta progressista che è stata data anche alla scuola italiana che si dava come obiettivo quello di livellare nel punto di arrivo per avere la certezza che ci fosse uguaglianza. Ma quella non è uguaglianza. Uguaglianza e merito non sono uno avversario dell’altro. Uguaglianza e merito sono uno fratello dell’altro. L’uguaglianza va garantita nel punto di partenza cioè tutti devono avere… Questo ovviamente lo deve (il condizionale sarebbe preferibile ndr) garantire la scuola pubblica, come lo deve garantire in altri versanti in altri ambiti la sanità pubblica ma nella scuola pubblica tutti devono avere le stesse possibilità indipendentemente dalla famiglia nella quale nascono, dalla città nella quale nascono, indipendentemente da… Le loro condizioni di partenza, tutti sulla stessa linea di partenza ma non tutti sulla stessa linea d’arrivo»
sarto.emanuele (proprietario verificato)
A pagina 19 ho sottolineato:
“Anche Khaola pensava ormai (o “sapeva”?) che certe cose si possono cambiare molto difficilmente”
ho pensato che fosse un’intuizione molto saggia. Forse può far demordere o al contrario esaltare la propria determinazione. E subito penso: qual’è la differenza tra determinazione e ostinazione?
sarto.emanuele (proprietario verificato)
Letto e riletto. Anche a me sembra una storia che tocca molti temi e offra spunti e riflessioni a non finire.
Elena Bertolotti (proprietario verificato)
Finito ora di leggere! Penso che sia una storia che tocca tantissimi temi fondamentali sollevando il coperchio del cosiddetto “vaso di Pandora” dei problemi della scuola tradizionale, dando però anche molti spunti e delle soluzioni. Questa prof. Milani ha le idee chiare su ciò che andrebbe fatto per migliorare l’esperienza scolastica italiana dei tantissimi ragazzi e l’autrice ha permesso con questo libro di darle voce e di diffonderla. Un punto di vista interno alla scuola, un tuffo indietro a quei sentimenti che la maggior parte degli alunni ha vissuto in passato. E soprattutto un dietro le quinte che fa riflettere molto riguardo al periodo della pandemia e della DAD che ha colpito tutti noi, ma ha leso in un modo indelebile i ragazzi e i bambini. Grazie Federica
Elena