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Rette parallele

Rette parallele
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Consegna prevista Ottobre 2023
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Esistono amori impossibili, amori che valgono il rischio di essere vissuti e alcuni che hanno bisogno di una spinta per ritrovarsi. Fosse stato per Sofia e Daniele non si sarebbero mai rincontrati ma le persone vicino a loro hanno un’opinione diversa e loro due si ritrovano di nuovo insieme a fare i conti con il loro passato ma con una differenza Daniele stavolta ha le idee chiare e lotta mentre Sofia scappa e si nasconde. I due si rincorrono e si scontrano con parole e fatti, fanno i conti con il loro passato e con segreti che rischiano di distruggere tutto ma che trovano pace l’uno nelle braccia dell’altro. È dal passato di Daniele che arriva la notizia che li farà dividere per sempre: un bambino. Sofia lascia il campo di battaglia ma le bugie hanno le gambe corte e il destino non ha finito con loro due. Riuscirà la verità scoperta dai suoi amici, il suo stato di salute e la tenacia di Daniele a far cadere i muri che Sofia ha eretto? Basterà l’amore a far congiungere due rette?

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto questo libro per ricordare a tutti che alcuni amori vale la pena di viverli per intero, vale la pena di buttarsi di amare al meglio delle nostre possibilità, di amare senza riserve di vivere quell’amore e che quando non siamo in grado di farcela da soli abbiamo bisogno di qualcuno che ci creda al nostro posto, che ci spinga nella giusta direzione, che ci faccia capire che le cose impossibili restano tali solo e unicamente se noi non abbiamo la forza di inseguirle.

ANTEPRIMA NON EDITATA

1

Sofia

The script

For the first time

«Lei lo sa?»

«Ma sei matta??»

Lavinia sbuffa dall’latro lato del telefono. Me la immagino seduta sul letto con i capelli biondi raccolti in una crocchia sopra la testa che fuma una sigaretta. Una di quelle nuove che puzzano di cacca e che ogni volta che ne sento una mi sale la nausea e, puntuale, come un orologio un mal di testa immenso ed ho per ore quell’odore nel naso. Ho questa immagine vivida di lei perché lo ha sempre fatto.

Io e lei ci conosciamo da talmente tanto anni che potrei anche prevedere le sue mosse, come quella di legarsi i capelli quando sta affrontando un discorso impegnativo come adesso.

Immagino che siamo io e lei nella sua cameretta, sedute sul letto con le lenzuola viola, bruciate in alcuni punti dove magari è caduta la cenere di qualche sigaretta, e lei che mi guarda con quei suoi occhi azzurri che alla fine vedono sempre quello che io non voglio ammettere neanche a me stessa.

Appoggio la fronte al vetro della finestra che mi rimanda lo stesso paesaggio di case popolari che ormai conosco anche troppo bene e che fa un male cane.

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Non dovrei essere qui. Non dovrei.

«Non sono matta credo solo che glielo dovresti dire»

«E cosa dovrei dirgli di preciso?»

«Che tipo sai chi è???»

«Oh si, ci stavo giusto pensando sai. Me la immagino già la conversazione…»

Abbasso la voce ancora di più.

«Ah sai Michela giusto per dirtelo, ricordi il tizio stronzo che mi ha spezzato il cuore? Bhe sai è tuo fratello».

«Non usare il sarcasmo con me signorina».

Sospiro e una patina copre una porzione di vetro. La guardo scomparire piano piano.

«Cosa cambierebbe ormai sono qui».

«Sei nella tana del lupo».

Sospiro ancora.

Per lei è semplice ma per me non lo è. Non si possono dire certe cose. E se pensasse che sono qua solo per vedere il fratello? cosa che non è assolutamente vera tra l’altro.

«Lavi fino a una settimana fa non avevo collegato».

«La conosci da sei mesi come fai a non aver collegato?»

«La conoscevo per vie traverse ci siamo avvicinate solo nell’ultimo mese»

«E non lo avevi capito?»

«No».

È un discorso che abbiamo già fatto almeno un milione di volte negli ultimi giorni, lei non mi crede quando le dico che non avevo collegato, in fondo io la sorella non l’avevo mai vista ed era passato troppo tempo e poi imponevo al mio cuore e alla mia mente di non pensare a lui in nessun modo.

Dire o non dire.

Non dirlo era, ed è, ancora a mio parere, la soluzione più semplice del mondo anche perché mai mi sarei aspettata che sarei finita a casa sua per un progetto e che la macchina mi mollasse proprio sul punto di andare via costringendomi a rimanere a dormire da lei.

Il destino è un gran bastardo alle volte.

«Devi dirglielo».

«Lavi sono le 3 del mattino che cosa le vado a dire?»

Come se io potessi buttare giù la gente dal letto per una questione delicata come questa.

Michela sta beatamente dormendo nella sua stanza ed è giusto che almeno una delle due riposi.

«Lui?»

Eccola la domanda da un milione di euro, quando sono arrivata non c’era e da quello che aveva detto lei il fratello non sarebbe rientrato quel fine settimana. Lui con il resto della famiglia al seguito sarebbe rientrato all’inizio della settimana. E io prima di quella data sarei scappata via veloce come il vento e nessuno, neanche lui, sarebbe venuto a conoscenza della mia presenza in questa casa.

Ero al sicuro.

Metaforicamente parlando si intende perché in quella casa ho troppi ricordi e il suo profumo aleggia ancora come uno spettro nella mia mente.

«Lui non torna».

«Sei sicura?»

Chiede Lavinia scettica.

«Con lui? No certo che no! Quando mai sono stata sicura di qualcosa con lui?»

«Mai direi!»

Ridiamo entrambe.

«Appunto. Chissà magari stavolta avrò fortuna».

Una speranza vana e lo so anche io che la fortuna con lui di mezzo non è mai stata dalla mia parte.

«Certo come no».

Esatto certo come no ma almeno il destino me lo deve. Mi deve questo attimo di tranquillità.

Mi deve questa notte serena senza che lui arrivi, senza che rincontri ancora i suoi occhi che mi fanno sciogliere. Me lo deve il destino un minimo di pace, il mio cuore non potrebbe reggere lo so bene.

«Dove dormi?»

«In salotto».

Dove volava che dormissi? In camera dei genitori non ci voglio più mettere piede, la camera della mia amica è un buco e il letto è singolo e in due saremmo state strette e in camera di lui manco morta.

Quindi restava solo il divano come opzione ragionevole.

«Cazzo»

Cazzo è dire poco. Cazzo perché se lui varcasse quella soglia sarei io la prima cosa che vedrebbe e non so ad essere onesta se la cosa potrebbe fargli piacere o meno.

Ma chi prendo in giro? La cosa sicuramente non gli farebbe piacere e mi accuserebbe di essere qui solo per lui ecc ecc..

«Ho paura».

Ammeto a cuore aperto e senza esitazione di sorta.

«Lo so Sofi».

Lo sa, certo che lo sa, come fa a non saperlo? È una delle mie migliori amiche.

«Le altre che cosa hanno detto riguardo a questa sera?»

Chiede Lavi pensierosa.

A me viene quasi da ridere a pensare alle altre.

«Vuoi che ti dica quanto sono incazzati Nata e Davide per il solo fatto che sia qui o preferisci Martina che si è presentata qua sotto e voleva portami via di forza?»

«Diciamo che non hanno tutti i torti, anche io avrei preferito che non rimanessi li a dormire».

Tutti avremmo preferito che non fossi qui ma forse avrei dovuto farmi portare via solo che non volevo e forse sono anche incoerente con me stessa e masochista però in un certo senso è un bene che io sia qua, almeno posso lasciarmi tutto alle spalle una volta per tutte.

«Io ti devo lasciare Sofi, mi sta morendo il cell».

«Tranquilla adesso andò anche io a riposare. Grazie per avermi risposto».

Riposare è un parolone per me ultimamente.

«Chiamami se serve».

Annuisco anche se lei non può vedermi.

«Ti voglio bene».

«Anche io Sofi».

Attacco. Forse è il caso che mi fumi una bella sigaretta e mi dia una calmata.

Prendo il tabacco dalla borsa, apro la porta finestra ed esco all’aria della notte che sa di principio d’estate.

Giro la sigaretta, l’accendo e il mio pensiero va a lui, mi viene da pensare a dove sia e cosa stia facendo, a cosa succederebbe se varcasse quella soglia stanotte, a cosa penserebbe nel vedermi.

Mi chiedo se anche lui rimarrebbe inorridito da cosa ho fatto, non sono certo la ragazza insicura e sognatrice che ero prima, quella persona che anche io faccio fatica a scorgere allo specchio da qualche mese a questa parte.

Faccio un altro tiro di sigaretta e la spengo, il cellulare vibra tra le mie mani ma, amiche mie, stanotte basta, sia quel che sia e domani lo giurò andrò via.

«Ovunque tu sia un pezzo di cuore è ancora con te».

E lo dico al vento, che spero porti lontano queste parole e le faccia arrivare a destinazione. 

Rientro. Butto il cellulare sul divano adibito a letto improvvisato e vado a lavarmi la faccia.

La luce del bagno mi acceca, mi guardo allo specchio e l’immagine di me che ne riflette è poco lusinghiera.

I capelli, ancora con l’accenno di qualche onda, sono in ordine e alla luce delle lampadine i nuovi colpi di sole appaiono più spenti di quello che in realtà appaiono alla luce del giorno, ho gli occhi stanchi, il solito color caramello adesso è un cioccolato molto scuro, due occhiaie nere circondano gli occhi e le labbra rosa messe in evidenza da un rossetto che di andarsene non ne ha proprio intenzione.

Sono sveglia dalle 5 di questa mattina e ancora non sono crollata anzi mi tiene in forze l’adrenalina e la speranza che il nuovo giorno arrivi senza fare troppo male.

Indosso una delle magliette che mi ha prestato Michela a maniche corte, fa caldo anche per essere metà giugno, ho le gambe scoperte e si vedono alcuni lividi che mi sono fatta di recente a pole dance.

Per fortuna ho fatto la ceretta da poco e le mie gambe non sembrano più quelle di un orso bruno.

Apro l’acqua, la faccio scorrere, la prendo con le mani e mi lavo il viso. Ho ancora qualche residuo di trucco che prontamente pulisco con un pò di carta igenica. Faccio pipì ed esco.

Non accendo le luci so bene dove ogni cosa è posizionata, dove sta ogni mobile e soprammobile.

Mi butto sul divano, lo stesso dove mi sono seduta con lui a guardarlo parlare per ore e ore e a discutere di cosa siamo, ad accarezzargli i capelli e stuzzicarlo maliziosa quando mi sfidava.

Era tutta una sfida tra me e lui, un gioco che è finito ancor prima di cominciare.

Pochi mesi ma vissuti come anni che hanno lasciano dentro di me un vuoto enorme che fa ancora fatica a risanarsi. Dall’ultima volta che ci siamo visti sono passati nove mesi. Quasi un anno, quasi un secolo senza di lui e io in questi mesi ho camminato, parlato e respirato come se fossi un automa, come se la vita non fosse la mia, come se camminare mi dava dolore e respirare ancora di più.

Ho smesso di mangiare per un po’, o meglio, ho spizzicato cibo senza mai ingerirlo veramente. Forse ogni tanto qualcosa è rimasto, quando il pensiero di lui non mi offuscava la mente.

Ho ricominciato a ingerire cibo solido e a tenerlo nello stomaco solo quando sono arrivata al corso di designer, i miei avevano fatto tanto per mandarmici e non volevo mandare a puttane quell’occasione, ma per affrontarla avrei dovuto avere la mente lucida e la pancia piena e così ho messo lui in un cassetto e il cibo nello stomaco.

Ho ricominciato a ridere a sorridere a pensare a vivere un po’ di più giorno dopo giorno.

Non sono felice ma non sto neanche male, solo esisto e al momento non posso chiedere di più a me stessa. Eppure il destino mi ha voluto punire di nuovo e mi sta facendo affrontare un’altra dura prova.

Ma io sono così stanca di lottare, qualcuno dica al destino che mi arrendo e che per stanotte ha vinto lui.

Gli occhi mi si fanno pesanti e vengo trascinata in un vortice di sonno fatto di sogni turbolenti dove la mente vaga alla ricerca di qualcosa che solo lui sa.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

  1. Sara Brayon

    L’anteprima del libro mi incuriosisce moltissimo, apprezzo molto la freschezza del linguaggio e la forte carica emotiva che ho sentito nei personaggi. Sono sicura che sarà una lettura interessante!

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Valeria Zega
Valeria Zega classe '92 nata e cresciuta nella periferia di Roma.
Ha frequentato il Dams a Roma tre e si è specializzata in sceneggiatura cinematografica.
Ha preso parte a corti cinematografici come segretaria di edizione e assistente.
Passa il suo tempo libero con familiari e amici oppure perdendosi nelle pagine dei libri.
Ragazza intraprendente, testarda e un pò impulsiva, scrivere le permettere di vedere il mondo a colori, di sognare e di dar sfogo alla fantasia e ai mondi che ci sono nella testa.
Questo è il suo primo romanzo. questo libro le ha fatto capire che i sogni vanno rincorsi, che nessuno può dire chi sei e come devi vivere la tua vita, che se vuoi una cosa devi andare a prenderla, che se non credi in te stesso nessuno lo farà al tuo posto e che siamo noi gli artefici del nostro destino.
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