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Risposte relative di un giovane solipsista

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Consegna prevista Luglio 2025

Ezio vive in un piccolo paese di campagna, circondato da una routine che lo isola dal mondo. Le sue giornate scorrono lente, dominate da un’inquietudine che lo porta a rifugiarsi nei flussi di coscienza, tra sogni e deliri. Convinto del relativismo radicale e del solipsismo, Ezio si perde nei meandri della propria mente, interrogandosi costantemente sulla realtà. Esiste qualcosa al di là della sua coscienza? Il suo viaggio diventa una profonda odissea interiore, dove ogni incontro e ogni riflessione sfidano la sua percezione del mondo. In un susseguirsi di pensieri e dubbi, Ezio cerca risposte, ma scopre che forse il vero significato non risiede nella certezza, bensì nella bellezza dell’incertezza stessa. Questo romanzo esplora i confini tra realtà e illusione, portando il lettore a interrogarsi sul senso dell’esistenza e sulla natura della propria coscienza.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto questo libro per dare forma ai miei pensieri più profondi: cosa c’è oltre la nostra percezione? L’idea è nata durante una conversazione con un amico su relativismo e solipsismo, temi che hanno acceso in me una riflessione profonda sulla natura dell’esistenza. Volevo creare un racconto che desse voce ai miei dubbi, trasformando i pensieri più astratti in un viaggio interiore, dove ogni domanda è una tappa verso l’incertezza.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Anteprima

Risposte relative di un giovane solipsista

Chi sono?

Nel mio angolo remoto, in questo mondo, un luogo dove i confini tra cielo e terra si sfumano e la natura selvaggia si estende fino all’orizzonte, qui, tra i campi che ondulano al vento e i boschi che cingono la mia solitudine, che mi trovo immerso in un viaggio senza fine alla scoperta della verità. Fin dall’infanzia, ho avvertito una strana sensazione di distanza dalla realtà circostante. Crescendo, questa sensazione si è trasformata in una sete insaziabile di comprendere la natura della mia esistenza e del mondo che mi circonda, insomma chi sono e che ci faccio qui. Ogni alba mi trova immerso nei labirinti dei miei pensieri, interrogandomi su un enigma che mi ossessiona: “Come posso essere sicuro che tutto ciò che vedo, sento e percepisco esista veramente, al di là della mia coscienza?”. Questo dubbio, intimo e pervasivo, mi ha accompagnato lungo ogni fase della mia vita. Le giornate scivolano via come sabbia tra le dita, mentre io cerco risposte che sembrano sempre sfuggirmi. Nel corso degli anni, ho incontrato molti altri viaggiatori della mente, anime inquiete che come me si interrogano sul significato e sulla sostanza della realtà. Abbiamo conversato lungamente, scambiando teorie e dubbi, ma ogni nuova risposta solleva nuove domande, alimentando il fuoco della mia ricerca interiore.

Continua a leggere

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Le notti sono il mio rifugio, il momento in cui il velo tra ciò che è vero e ciò che è percezione si dissolve. In quegli istanti di quiete, quando la luna dipinge di argento le ombre dei boschi e il silenzio avvolge tutto, mi ritrovo immerso in sogni che sembrano più reali della realtà stessa. Mi domando se il mondo esterno sia solo un palcoscenico delle mie percezioni, una rappresentazione fugace nella mia mente inquieta. Ma la mia sete di conoscenza non conosce tregua. Continuo a scrutare il mondo intorno a me, cercando indizi e tracce di una verità più grande e più profonda. E in questo viaggio, ogni incontro, ogni esperienza è una pietra preziosa aggiunta alla mia collana di conoscenza. Ogni volta che parlo con un altro essere umano, osservo il mondo attraverso i loro occhi, mi chiedo se la loro realtà sia tanto valida quanto la mia, o se si tratti semplicemente di un’illusione collettiva. Il mio destino è intrecciato con la scoperta di una verità che potrebbe rivelarsi più grande e più sconvolgente di quanto avessi mai immaginato. Non è solo un’indagine intellettuale, ma un’odissea personale attraverso l’abisso della coscienza umana. Ogni passo su questo sentiero incerto mi avvicina a una comprensione che potrebbe cambiare tutto ciò che so della mia esistenza. E così, mentre il sole sorge e tramonta su questo luogo senza nome, continuo il mio cammino verso l’ignoto. Attraverso le pieghe oscure della mia mente e oltre, verso l’infinito mistero della coscienza umana, mi avventuro con la speranza di trovare una risposta o forse solo nuove domande che mi spingono sempre più in là, alla ricerca di significato in un universo che sembra sussurrarmi segreti mai rivelati.

Ogni giorno è una nuova scoperta, ogni notte un nuovo viaggio nel regno dell’incognita. Non so cosa riserverà il futuro né dove mi condurrà questa ricerca. Ma so che la mia determinazione è ferma come le radici di quelle querce secolari che mi circondano, pronte a resistere alle tempeste dell’ignoto e a trarre nutrimento dalle acque profonde della mia coscienza. E così, nel silenzio eloquente di questo angolo del mondo, continuo il mio pellegrinaggio personale attraverso il labirinto della mia esistenza. E mi chiedo se, alla fine di questo viaggio, troverò le risposte che cerco o se, piuttosto, troverò il coraggio di accettare la bellezza e l’incertezza di questa danza eterna tra realtà e percezione. Le giornate qui trascorrevano lente e immutabili, immerse nel ritmo ciclico della natura e della comunità. Ogni alba mi trovava sulle colline circostanti, scrutando l’orizzonte infinito con un senso di inquietudine interiore che cresceva giorno dopo giorno.

Le mie mattine erano un esercizio di introspezione, mentre mi perdevo nei labirinti dei miei pensieri, interrogandomi su un enigma che mi tormentava: “Come posso essere sicuro che tutto ciò che vedo, sento e percepisco esista veramente, al di là della mia coscienza?”. Non potevo più rimanere passivo nelle mie riflessioni. L’incontro con Marta, la saggezza delle sue parole e la scoperta del vecchio libro abbandonato nel mulino mi spinsero a un punto di svolta. Sentivo che dovevo fare qualcosa di concreto, qualcosa che mi avrebbe portato più vicino alla verità che cercavo così disperatamente. Una notte di pioggia torrenziale, mentre il fragore degli elementi si univa al tumulto dei miei pensieri, feci un sogno che avrebbe cambiato il corso del mio viaggio interiore. Mi trovavo su una barca alla deriva in un mare in tempesta, con il lampo intermittente di un faro lontano a guidare il mio percorso incerto. Ogni ondata che sollevava la barca mi faceva sentire più vicino alla verità, come se il faro rappresentasse la mia guida attraverso le tempeste della confusione e dell’incertezza. Al risveglio, una nuova determinazione mi bruciava dentro.

Non potevo più rimanere immobilizzato nei confini di Montecastello, mentre la mia mente vagava nei labirinti dell’esistenza. Dovevo intraprendere un viaggio fisico, oltre i limiti familiari della mia piccola comunità, verso luoghi sconosciuti che avevo solo immaginato nei miei sogni più profondi. Decisi di partire all’alba, quando la luce del sole avrebbe baciato appena le cime degli alberi e avrebbe risvegliato la campagna intorno a me. Preparai uno zaino con poche provviste e il libro che avevo trovato, sentendomi come un antico esploratore pronto a navigare verso l’ignoto. Con il cuore pieno di speranza e l’animo carico di domande, lasciai Montecastello dietro di me. Attraversai prati verdeggianti e boschi silenziosi, seguendo sentieri che portavano verso un destino incerto ma promettente. Ogni passo che mi allontanava dal paese che avevo chiamato casa per tutta la vita era un passo verso una nuova comprensione di me stesso e del mondo intorno a me. Le prime ore del viaggio furono tranquille, il sole che sorgeva dietro le colline mi accompagnava con la sua luce calda. Sentivo il fruscio delle foglie sotto i miei piedi, il canto degli uccelli che rompeva il silenzio della campagna. Ma più mi allontanavo, più il peso delle mie domande diventava schiacciante. Ogni suono, ogni odore, ogni immagine sembrava confondersi con il rumore dei miei pensieri, rendendo ogni passo un atto di coraggio e determinazione. Dopo ore di cammino, raggiunsi una radura dove il bosco si apriva su un piccolo laghetto. Il riflesso del cielo al tramonto sull’acqua mi catturò. Mi sedetti sulla riva, osservando le onde leggere che si infrangevano contro la terra.

Aprii il libro che avevo portato con me, cercando conforto nelle parole scritte da menti che avevano affrontato domande simili secoli prima. Mentre leggevo, mi persi nei concetti di solipsismo, la teoria che sostiene che solo la propria mente è certa di esistere, e che tutto il resto potrebbe essere solo un prodotto della mia immaginazione. Le pagine erano piene di dubbi, teorie e paradossi, ma c’era una frase in particolare che mi colpì: “L’unico mondo che puoi conoscere con certezza è quello che esiste dentro di te.”

Questa frase risuonava con una verità cruda e affascinante. Se tutto ciò che vedo e tocco è solo nella mia mente, allora cosa resta di tutto ciò che considero reale? Le ore passarono mentre riflettevo su queste idee, il sole ormai calato e il cielo tinto di un blu profondo. Mi alzai e mi incamminai verso una piccola capanna di legno che avevo notato poco lontano, un rifugio perfetto per la notte. Entrai e mi sistemai, cercando di organizzare i pensieri confusi e le domande che mi tormentavano. La capanna era spartana, ma accogliente. Sedetti vicino al fuoco che avevo acceso, il crepitio delle fiamme che mi tranquillizzava, e continuai a leggere. La notte avanzava lentamente, le ombre della foresta danzavano sulle pareti di legno. Mi trovai a riflettere sulla mia esistenza, sul fatto che forse tutto ciò che consideravo reale era solo una proiezione della mia mente. Se la realtà è solo un costrutto della mia coscienza, allora cosa sono gli altri? Sono davvero individui con le loro vite, le loro emozioni, o sono solo riflessi delle mie percezioni? Il sonno tardava ad arrivare, e mi alzai per camminare fuori. La luna era alta nel cielo, illuminando il laghetto con una luce argentea. Mi sedetti sulla riva, il silenzio rotto solo dal lieve mormorio dell’acqua. Riflettevo su Marta, le sue parole che avevano cercato di calmare la mia mente. Forse, come aveva detto lei, la realtà non era tanto un fatto esterno quanto un’esperienza interna, qualcosa che percepivo attraverso i miei sensi e la mia mente. Ma come potevo accettare questa verità, quando tutto intorno a me sembrava così tangibile, così reale? Le ore passarono e il sonno finalmente mi prese.

Nel dormiveglia, mi ritrovai di nuovo sulla barca nel mare in tempesta. Questa volta, però, il faro era più vicino, la sua luce più intensa. Sentivo una strana pace nell’oscurità del mare, come se ogni onda che mi colpiva mi avvicinasse a una verità più grande. Mi svegliai con il cuore ancora colmo di questa sensazione di scoperta e timore. Al mattino, mi alzai con una nuova determinazione. Dovevo continuare il mio viaggio, spingermi oltre, esplorare ciò che mi aveva sempre spaventato. Continuai a camminare, attraversando boschi e vallate, sempre più lontano da Montecastello. Ogni passo era un passo verso un nuovo orizzonte, ogni sentiero un nuovo mistero da svelare. Mentre camminavo, il paesaggio cambiava. Le montagne si ergevano imponenti davanti a me, i fiumi scorrevano con una forza impetuosa, e ogni nuova vista mi lasciava senza fiato. Un giorno, mentre stavo salendo una ripida salita, incontrai un vecchio eremita che viveva in una piccola capanna di pietra. Aveva un aspetto segnato dal tempo, ma i suoi occhi brillavano di una luce intensa. Mi invitò a entrare e mi offrì un tè caldo. Durante quella conversazione, mi raccontò storie di viaggi interiori e di meditazioni profonde, parlando di come la realtà e l’illusione fossero intrinsecamente legate. Le sue parole erano piene di saggezza e mistero, e mi fecero riflettere su quanto poco conoscessi veramente del mondo e di me stesso. “Ezio,” disse con una voce calma e profonda, “la verità che cerchi è dentro di te. La realtà che esplori non è altro che il riflesso della tua mente. Quando comprenderai questo, vedrai che il mondo esterno e il mondo interiore sono un’unica cosa.”

Quelle parole mi scossero profondamente. Era come se un velo fosse stato sollevato dai miei occhi, rivelandomi un panorama più ampio e misterioso. Rimasi con lui per giorni, ascoltando le sue storie e meditando sotto le stelle. Ogni momento trascorso con lui era un passo verso una nuova comprensione, una nuova prospettiva sulla mia esistenza. Dopo quella settimana, trascorsa con l’eremita, mi sentivo cambiato. Avevo visto il mondo con occhi nuovi, capendo che la realtà non era qualcosa di esterno e fisso, ma una costruzione della mia mente. Con il cuore leggero e la mente aperta, decisi di continuare il mio viaggio, spingendomi verso le montagne che avevo sempre guardato con timore e ammirazione. La salita fu dura, ma ogni passo mi avvicinava a un panorama che mai avrei immaginato. Raggiunsi una vetta che dominava tutta la valle sottostante, un’immensità di verde e roccia che si estendeva fino all’orizzonte. Mi sedetti sulla cima, il vento che accarezzava il mio viso, e chiuse gli occhi per un istante. Quando li riaprii, mi sentii in pace con me stesso e con il mondo intorno a me. Avevo ancora molte domande senza risposta, ma ora sapevo che la ricerca della verità non era solo un cammino di conoscenza, ma anche di accettazione e comprensione di sé. Guardai il cielo che si tingeva di rosso al tramonto e sorrisi, consapevole che il mio viaggio non era ancora finito. Infatti, era appena iniziato. Capii che il viaggio non era stato il fine, ma il mezzo per comprendere. Il viaggio stesso nel bosco, l’eremita, la radura il faro, tutto questo era frutto della mia immaginazione, tutto questo non esisteva, era solo frutto della mia mente. Però mi servi per pormi altre domande. Speravo che ponendomi altre domande avrei risposto ad altri dubbi. Ma in tutta questa mia immaginazione mi ero distaccato dal mondo reale, come spesso mi capita… forse ho problemi di attenzione. In mezzo a questi pensieri ho tracciato il mio viaggio, nel mio viaggio ho scoperto che esisto solo io e quindi non ho verità. Questi pensieri mi affliggono quotidianamente, ci rifletto e mi perdo nei meandri della mente. Alla fine, sono un normalissimo ragazzo al quale non è mai stato spiegato quale è la sua finalità nel mondo e nella vita, se davvero esiste una. Afflitto quotidianamente dai miei dubbi, cerco occasioni per disrami e non pensare.

Il mondo odierno è crudele, sono giovane, ho i miei sogni però voglio capire perché ho tutto questo, perché cerco delle cose… non lo so. La mia mente è un labirinto oscuro, un susseguirsi incessante di domande senza risposta che mi tormentano nel silenzio delle notti e nell’agitazione dei giorni. Il solipsismo mi afferra come una morsa, mi costringe a scrutare la realtà con sospetto, a dubitare di ogni certezza apparente. Chi sono io, davvero, se non la somma delle mie percezioni? E se tutto ciò che considero reale fosse solo un teatro della mia mente, un palcoscenico su cui recitano marionette senza volto? Le mura di Montecastello mi circondano come un abbraccio familiare, ma anche qui, tra le vie lastricate e le case di pietra, mi sento prigioniero dei miei pensieri. Le voci degli altri mi raggiungono come echi lontani, le loro parole vibrano nel vuoto delle mie incertezze. Marta dice che la realtà è ciò che sento nel mio cuore, ma come posso fidarmi del mio cuore se la mente è il mio unico giudice? I giorni scorrono come le pagine di un libro senza fine, e io continuo a leggere e rileggere le stesse frasi, sperando che un significato nascosto possa svelarsi. Il vecchio mulino sulle colline è diventato il mio rifugio, un luogo dove posso perdere me stesso nelle pagine ingiallite dei libri antichi. Ma anche lì, tra le parole dei filosofi dimenticati, il solipsismo mi tende insidie, mi avvolge come una nebbia che confonde ogni certezza. Ogni persona che incontro è una prova della mia esistenza, una conferma fugace della realtà che ho costruito attorno a me. E se tutte queste persone fossero solo proiezioni della mia mente, marionette che danzano al ritmo dei miei pensieri? Mi guardo intorno, scrutando i volti familiari dei miei concittadini, e mi chiedo se posso davvero conoscere qualcuno al di là delle mie percezioni superficiali. La notte è il mio momento di riflessione più profonda, quando le stelle risplendono come occhi curiosi nel cielo infinito. Mi perdo nei labirinti della mia mente, alla ricerca di un centro, di un nucleo di verità che possa darmi sicurezza. Ma ogni domanda che sollevo genera altre mille domande, come un effetto domino di incertezze. Leggo di notte, quando il mondo intorno a me sprofonda nel silenzio, e lascio che le parole dei filosofi mi portino in mondi sconosciuti. Il solipsismo è un viaggio senza fine, un’odissea della mente che mi costringe a esplorare i confini estremi della mia coscienza. Forse la verità è solo un’illusione, un miraggio nel deserto della mia esistenza. Mi chiedo se qualcun altro abbia mai sentito questa sensazione di smarrimento, questa lotta contro le maree del dubbio e della certezza. Ogni mattina mi sveglio con la speranza che oggi possa essere il giorno in cui tutto avrà senso, ma la realtà sfugge alle mie mani come sabbia finissima. Sono prigioniero delle mie percezioni, incatenato alla mia stessa mente. Eppure, non posso fare a meno di cercare, di scrutare l’orizzonte alla ricerca di risposte che forse non esistono. Il solipsismo è come un buco nero nella mia esistenza, una forza gravitazionale che mi attira sempre più in profondità. Mi aggrappo a ogni certezza, a ogni sussurro di verità che possa darmi una bussola nella tempesta. Forse la chiave non è cercare la verità assoluta, ma imparare ad accettare l’incertezza come parte integrante della mia esistenza. Forse la mia ricerca non è tanto un’odissea verso la conoscenza, ma un cammino di accettazione della mia umanità, delle mie limitazioni e delle mie paure più profonde. Mi trovo a guardare dentro me stesso, scavando nei recessi più oscuri della mia anima, alla ricerca di una luce che possa illuminare il cammino. Ma la luce è sfuggente, come una stella cadente nel cielo notturno, e io continuo a tendere le mani verso l’infinito, nella speranza di afferrare un barlume di verità. E così, tra le pieghe della mia mente, continuo il mio viaggio interiore, esplorando i labirinti del solipsismo con la speranza che un giorno possa trovare un senso, una ragione di essere. La mia coscienza è un mare agitato, e io sono solo una barca alla deriva, navigando tra le onde dei miei pensieri e delle mie paure.

Posso fidarmi dei miei sensi?

Spengo la luce, poi la riaccendo. Poi di nuovo. Fisso la luce fioca della lampadina della mia stanza. Mi stendo sul letto e la fisso. Guardo fuori e c’è un sole abbagliante e penso al perché questo mi creasse un senso di instabilità. La luce mi acceca o è la mia mente che la percepisce in tal modo. Niente risposte. E se i sensi fossero anch’essi una proiezione che il cervello crea? Insomma, sono dei filtri con cui il cervello si serve per proiettare la realtà, ma quale realtà, ne esiste una? Tante? O la parola stessa non ha senso. Mi rigiro su un lato, la luce del sole svaniva e io rimanevo sveglio. La lampadina sembrava emanare più colore, il letto però mi risucchia, mi chiama e mi fa rimanere immobile, in silenzio, nel buco infinito del pensiero. Un inetto in preda alla sua mente, alle sue sensazioni. Tocco il cuscino che profuma di fresco, nel frattempo sento i rumori dei vicoli del mio bel paesino, continuando a fissare la lampadina, che ho deciso ormai di spegnere. Ma questa è la realtà? E se la luce non esistesse, il cuscino e il suo profumo non esistessero? Il mio cervello usa questi organi per comandare questo mondo. Infatti, adesso, chiuso in questa camera buia i miei sensi si limitano. Non sento più rumori, profumi. La luce è spenta e io non vedo. Una certezza ce l’ho però… il pensiero. Ecco, la mia unica certezza, IO. Tutte le sensazioni fisiche sono un mezzo di cui la mia testa si serve. Io sono un burattino della mia mente. Agisco perché me lo dice lei. Gli occhi sono il mezzo con cui mi inganna. Mi fa vedere il mondo, le persone e tutte le bellezze e bruttezze che mi circondano. Tutto questo è falso, tutta una menzogna. Così per il tatto, l’olfatto, il gusto, sono finalizzati a creare il mio mondo, quel mondo in cui vivo. Forse questo mi rincuora un po’. Vuol dire che la mia insulsa quotidianità è finta, magari effimera. Oppure, sto solo esagerando, sto solamente cercando un modo di scappare dalla realtà, una scusa per la mia inettitudine.

Ogni giorno mi sento sempre più soppresso, non sono capace a risolvere i problemi e cerco scuse. Una cosa sono certo però, che se questo è reale o che non lo sia, sono sicuro che io esisto, con o senza filtri. Nel profondo silenzio della notte continuo a rigirarmi nel letto, in cerca di una posizione che mi aiutasse a dormire. Fisso le pareti che per i miei occhi non erano altro che un colore scuro che rilascia qualche ombra multiforme nella notte. In questo momento non esiste niente, e se le cose uscendo dal mio campo visivo scomparissero?  Chi mi da la certezza che il mulino in cima alla collina adesso non esista e quindi ciò che esiste, esiste perché viene proiettato dai miei sensi.

Allora, la realtà esiste ed è limitata alle mie percezioni o non esiste affatto e sono io a crearlo. Un vuoto profondo mi affligge. Il letto continua a immobilizzarmi e io a pensare. I miei occhi vedono il mondo, ma chi mi dice che ciò che vedo è reale? La luce colpisce la retina, i segnali viaggiano nel cervello, ma tutto potrebbe essere una meravigliosa illusione. Mi chiedo, queste forme, questi colori, esistono veramente? O sono solo un gioco della mia mente, un film proiettato nel buio della mia testa? Se chiudi gli occhi, il mondo scompare. Forse esiste solo quando lo guardo. Forse io sono l’unico testimone di questa realtà effimera, fragile come un sogno. Ma se tutto ciò che vedo è solo una creazione della mia mente, allora il mondo stesso potrebbe non esistere affatto. Gli alberi che ondeggiano nel vento, le nuvole che passano nel cielo, la luce del sole che filtra attraverso le foglie: tutto potrebbe essere un inganno, un’illusione orchestrata dalla mia coscienza per darmi l’idea di non essere solo. E poi c’è l’udito. Le mie orecchie percepiscono suoni che vibrano nell’aria. Ma chi garantisce che quelle vibrazioni non siano altro che un’eco del mio pensiero? Le voci delle persone, i rumori della città, la musica che ascoltano. Tutto potrebbe essere un’invenzione della mia coscienza, un tentativo disperato di osare in un silenzio infinito. E se, invece, il silenzio fosse la vera essenza del mondo, e i suoni fossero solo un inganno? Quando ascolto una canzone, la melodia sembra riempire il mio essere, ma cosa succede realmente?

Probabilmente sto solo ascoltando un’eco di me stesso, un riflesso dei miei desideri e delle mie paure. Le risate, il pianto, il fruscio delle foglie: tutto potrebbe essere un sogno sonoro, un modo per la mia mente di crearmi una compagnia fittizia in un universo altro. Il tatto, poi. Sento il freddo, il caldo, la rugosità di una superficie. Ma cosa sento davvero? Le mie mani, le mie dita, toccano ciò che esiste o solo ciò che immagina? Il contatto con gli oggetti è reale o sono solo stimoli nervosi creati dal mio cervello per farmi credere in un mondo tangibile? La sensazione di un abbraccio, il calore di un’altra persona. Esistono davvero, o sono solo il frutto di una solitudine mascherata da sensazioni? Quando tocco qualcosa, sembra così reale. Ma se fosse solo un’illusione, una trama intricata di impulsi elettrici? La morbidezza di un cuscino, la durezza di una roccia, la carezza di un vento leggero: tutto potrebbe essere solo un racconto che la mia mente racconta a se stessa per darmi l’illusione di esistere in un mondo, che in realtà è fittizio. L’olfatto, gli odori che respiro. Il profumo dei fiori, l’aroma del caffè, l’odore della pioggia. Ma se non ci fosse nulla da annunziare? Se fossero solo impulsi inventati, ricordi di una realtà che non esiste? Può darsi chel’olfatto è solo un altro stratagemma del mio cervello per farmi credere in un mondo esterno, per farmi sentire meno solo in questo vuoto cosmico. Quando respiro profondamente, sento l’odore della terra bagnata dopo la pioggia;  e se  fosse solo un ricordo, un’immagine olfattiva senza sostanza? Il profumo di un pasto cucinato con amore, l’odore del mare, la fragranza di un bosco: tutto potrebbe essere solo un modo per la mia mente di ancorarsi a qualcosa di familiare, solo per gratificarmi. E infine, il gusto. Il sapore del cibo, la dolcezza, l’amaro. Ma chi mi dice che sto davvero gustando qualcosa? La lingua si percepisce, ma potrebbe essere solo un’altra illusione. Cosa assaggio davvero, se il mio cervello non decide di assaggiarlo? Forse non c’è cibo, non c’è bevanda. Forse sto solo masticando il nulla, ingannandomi con sapori immaginari.

Quando assaporo un frutto, il succo dolce e acido esplode sulla mia lingua, ma se fosse solo una fantasia? La mia mente potrebbe creare gusti e sapori per darmi l’illusione di nutrirmi, di vivere. Il sapore di una cioccolata calda in una giornata fredda, l’amarezza di un caffè nero, la freschezza di una mela appena colta: tutto potrebbe essere solo un’illusione gastronomica, un modo per farmi sentire parte di un mondo. In fondo, sono solo io. Io e la mia mente. E se tutto ciò che percepisco, tutto ciò che sento, vedo, tocco, annuso, gusto, fosse solo una creazione della mia coscienza? Se i miei sensi fossero solo uno scherzo, una trappola per farmi credere in un mondo che non esiste? Chissà se ne esiste uno solo. Sono il sogno e il sognatore. Forse, in questo mare di percezioni, sono solo un naufrago solitario, perso in un oceano di pensieri. Mi chiedo spesso se le persone che incontro, con cui parlo e rido, esistano veramente o siano solo proiezioni della mia mente, ologrammi fatti di idee e desideri. Ogni volta che parlo con qualcuno, una parte di me si chiede se stia parlando solo con sé stessa, se il dialogo non sia altro che un monologo travestito da conversazione. Se il mondo fosse davvero una mia creazione, se tutto fosse generato dalla mia mente, che senso avrebbe? Forse è un tentativo di dare ordine al caos, di costruire una realtà comprensibile nel vuoto dell’esistenza. Forse ogni dettaglio, ogni evento, è una manifestazione del mio subconscio, un modo per esplorare una parte di me che non riconosco. Ma allora, quale sarebbe lo scopo di questa illusione? La vita stessa, con le sue gioie e dolori, sarebbe solo un lungo sogno, una sequenza infinita di immagini e sensazioni create per darmi l’illusione. E se mi sveglierò da questo sogno, cosa troverai? Un nulla infinito? O una realtà ancora più complessa, un altro livello di illusione? La paura del vuoto, del non essere, mi attanaglia. Probabilmente, per questo la mia mente crea continuamente nuovi scenari, nuovi personaggi, nuove esperienze. Per tenermi impegnato, per distrarmi dal pensiero che potrebbe essere solo un’idea, un pensiero fluttuante in un mare di certezze. Alla fine, la realtà non è altro che un’opera d’arte, dipinta dalla mia coscienza con i colori dei sensi. Un dipinto che cambia continuamente, adattandosi ai miei stati d’animo, ai miei desideri, alle mie paure. E se così fosse, cosa conta davvero? Forse l’unica cosa che importa è l’esperienza stessa, il viaggio attraverso le illusioni, il gioco infinito della percezione. Forse, in questo gioco, posso trovare un senso, una sorta di verità, anche se costruita su fondamenta di cartone. Così continuo a vivere, a percepire, a interrogarmi. Ogni giorno una nuova esplorazione del mondo creato dai miei sensi, ogni istante una nuova possibilità di scoperta. E, forse, nel fondo di questo flusso di coscienza, c’è una verità nascosta: che l’essenza della vita non sta nel sapere cosa è reale o cosa è illusione, ma nell’esperienza stessa, nella danza infinita dei sensi che mi permette di esplorare l’universo della mia mente… e in tanto la luce del sole ritornava ad accecarmi ed io ancora fermo nel mio letto.

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Pasqualino Santoro
Pasqualino Santoro
Vivo a San Martino in Pensilis (CB) e ho sempre avuto una curiosità profonda per le dinamiche sociali. Attualmente studio Scienze Politiche presso la Luiss Guido Carli. Mi affascina analizzare come le pressioni sociali e i modelli culturali plasmino le nostre scelte quotidiane e la percezione della realtà. La mia passione per l’osservazione e la riflessione critica si traduce in una continua ricerca per comprendere le forze invisibili che regolano la società, contribuendo a una maggiore consapevolezza e autenticità nelle nostre vite.
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