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Chi ha rubato l’aria al kite

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Lago di Garda, estate. Il commissario Francesca Rocchi, donna forte e tenace, desidera soltanto godersi il periodo estivo all’aria aperta, obbligatoriamente con una tavola da kitesurf sotto i piedi. Lei sa bene quanto l’acqua e il vento sciolgano le tensioni nella ricerca del movimento perfetto…
Anche Zeno conosce il potere del lago: chiamato da tutti il Capitano, è il punto di riferimento della sua scuola di kitesurf, dove è tornato per fuggire da un passato straziante.
Ma il sogno di un’estate perfetta e liberatrice è improvvisamente interrotto da un inquietante ritrovamento, del quale solo le acque del lago sono le silenziose testimoni.

CAPITOLO UNO
La luce del tramonto è strana, sembra debole, ma a guardarla nel suo centro fa male agli occhi. La serenità di questo momento è unica, sarà per la consapevolezza che durerà poco.
Assorto, aspetto il buio. Lo sguardo cade a valle, in lontananza, sullo specchio d’acqua del grande lago: un puntino bianco si muove lento, credo sia una barca, è così lontana che un senso di isolamento mi corre lungo la schiena, direi un brivido. Mi fa capire quanto io sia solo, lontano da qualunque contatto, in particolar modo umano, di come un paradiso simile mi avvicini alla natura primordiale. Ora che sono solo non riesco a spiegare la sensazione che provo, è come se stessi galleggiando in una bolla d’aria, forse semplicemente mi sento più vulnerabile. È strano, perché sono consapevole di essere il più forte in famiglia, tuttavia essere solo mi rende un po’ meno sicuro di me.
Rita è andata in paese da diverse ore con Nia. I ragazzi sono dai nonni. Il sole, ormai basso, rende la vista meno acuta, le ombre cominciano a prendere il sopravvento. Non si muove un filo d’aria e il caldo si fa sentire. Mi siedo sull’erba asciutta e non distolgo lo sguardo dal lago: il puntino bianco si è perso nella striscia di lava che taglia in due l’acqua, non lo vedo più. L’erba, più che asciutta, è talmente secca che punge, mi prude; sposto le natiche sul terreno per cercare sollievo.
Un rumore sordo, accompagnato dal fragore di un ramo che si spacca, mi fa saltare in piedi. Cos’è stato? Giro solo la testa verso il bosco, ormai regno delle grandi ombre. Non vedo nulla.

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La casa, distante quaranta passi, è silenziosa, tutto è spento, senza vita. Le finestre, diventate specchi, mostrano scorci del panorama esterno. Il bosco le arriva addosso sul lato corto, verso sud.
Mi giro del tutto, lo faccio lentamente, teso come la corda di un arco. Porto le orecchie in direzione degli alberi, come antenne di radar. Penso per un attimo di correre in casa, ma non è così vicina, meglio capire. Respiro silenziosamente, non voglio confondere eventuali suoni. Sussulto, percepisco un rumore di sfregamento vicino alla casa. Sforzo gli occhi e vedo un pino muoversi, coordinato al rumore. Non è un albero basso, ma ha il tronco ancora abbastanza sottile, comunque non può certo essere uno scoiattolo a muovere un pino come un legnetto! A questo punto vorrei rifugiarmi in casa, ma quel maledetto albero è decisamente più vicino di me alla porta, come un guardiano all’ingresso.
Ora che la sua luce mi servirebbe più che mai, il sole mi sta abbandonando e, come se non bastasse, al crepuscolo vedo davvero male.
L’unica informazione che ho è che c’è qualcosa o qualcuno di grosso a pochi metri da me, così grosso che riesce a spostare un albero, ma io non lo vedo. La cosa non mi lascia tranquillo. Gran parte del terreno che ho alle spalle finisce su pareti rocciose a picco per diversi metri, non è una scelta sensata andare in quella direzione.
Penso non mi abbia visto.
Mi sposto lentamente e subito ho la netta sensazione che ora mi stia fissando. Mi ha individuato. Intravedo qualcosa di lucido, di grosso, che sporge dal cespuglio di mirtilli vicino al pino, sembra una palla con due fori: è un naso, ed è avvitato a un cranio enorme.
Un orso.
Avanza, rende impossibile la ritirata in casa, neanche se mi lanciassi a tutta velocità attraverso la porticina bassa, la basculante per cani, riuscirei nell’impresa. So che è aperta, ma non è una grande idea sfrecciare davanti al muso di un orso, e men che meno a quello di un’orsa nel periodo in cui ha dei cuccioli con sé – li ho intravisti per un attimo, poco fa.
La testa gigantesca mi fissa e balla da destra a sinistra come un pendolo, non penso sia un buon segno. Avanza di qualche passo ed è una certezza: mi ha visto e mi sta puntando.
Non ho alternative, mi muovo cauto verso la mia sinistra, le mostro il fianco, non distolgo lo sguardo, ho abbassato il mento, incurvato il collo. I quadricipiti si sono caricati a molla, pronti, l’adrenalina ha chiuso ogni vaso superfluo e il sangue potente arriva ai muscoli più grossi.
Devo affrontare un gigante e non ho altro che me stesso.
L’unico vantaggio che ho è di conoscere ogni cespuglio, albero e anfratto dei dintorni, sono a casa.
Scatto in avanti, mi allontano tracciando un semicerchio e rientro più veloce che posso all’altezza delle zampe posteriori della bestiona; azzanno con timore, mollo e salto dalla parte opposta. Ha funzionato, lei urla di rabbia e dolore, bramisce, i suoi colpi sono andati a vuoto.
Ha funzionato, ripeto, mi sento fiero del mio pelo alto sulla schiena. Ho perso il controllo, è battaglia, la aggredisco, mordo e scappo.
Funziona.
Il sapore di sangue mi rinvigorisce, esagero e affondo un morso, un morso potente, come un lupo, spingo duecento chilogrammi per ogni centimetro di dente. Le ho concesso due secondi di troppo e vengo travolto dalle unghie lunghe e affilate, rotolo a terra uggiolando, l’odore del mio sangue si mischia al suo.
Lei si alza sulle zampe mostrando la potenza del suo genere, unica, spaventosa.
Mi rialzo con grande affanno, dolorante. Il pelo folto e grigio imbrattato di sangue, terra e foglie mi conferisce un aspetto poco elegante. Qualcosa distrae la mia avversaria: ancora alta su due zampe emette un bramito diverso, acuto; sta chiamando i suoi cuccioli, che rispondono, sono vicini. Si gira e lenta se ne va, ha vinto.
Non potevo sperare in meglio.
Annuso l’aria e velocemente infilo la porticina, mi rifugio in casa, vado in cuccia e cerco di leccarmi le ferite. La fuoriuscita del sangue è rallentata dall’impasto, dallo sporco. Non riesco a calmare il respiro, mi pare di essere in un forno, boccheggio in cerca di ossigeno.

31 luglio 2019

La Lomellina

Parlano di Chi ha rubato l'aria al kite nella sezione cultura di "La Lomellina". Chi ha rubato l'aria al kite la lomellina
29 luglio 2019

Aggiornamento

25 luglio 2019

Aggiornamento

Le storie di Zeno nel nuovo libro di Paolo Morabito La scrittura come unica forma di evasione dai ritmi frenetici del lavoro. Paolo Morabito (nella foto), 50enne vigevanese, da più di 20 anni neurochirurgo e ortopedico per cani e gatti, ha già pronto il suo nuovo romanzo. S’intitola “Chi ha rubato l’aria al kite”. Ma di questi tempi per stamparlo ci vogliono i crowdfunding, le raccolte di denaro su internet. «L’editore, Bookabook - spiega Morabito - propone una nuova forma di talent scout, basata sulla capacità di trovare dei sostenitori che acquistino il libro o l’ebook in anticipo. Il primo obiettivo è arrivare a 200 copie affinché l’editore proceda alla realizzazione della copertina e alla stampa del manoscritto, oltre alla promozione. Al momento sono passati 25 giorni su 120 disponibili e ho avuto 100 pre iscrizioni, a quanto pare un bel numero». Il protagonista della storia è sempre lui, Zeno.... le storie di zeno paolo morabito

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    letto tutto di un fiato, coinvolgente, diretto e veramente descrittivo nei particolari dei principali attori, delle loro paure ed emozioni. Una linea di noir ben tracciata dal primo capitolo che conduce tutto il libro con un piacevole intreccio dedicato ai 4 zampe tanto amati dal veterinario / scrittore Paolo. Complimenti Paolo, mi hai stupito ancora – libro sicuramente consigliato per una lettura estiva e rilassante

  2. (proprietario verificato)

    La storia conquista da subito e ti costringe a voler leggere il libro tutto d’un fiato. Gli ambienti e i personaggi sono vivi e te li ritrovi a muoversi e ad agire davanti al tuo sguardo, mentre gli occhi corrono tra le pagine grazie a uno stile fluido e vivace, che non solo rende vivo quel che accade ma che si fa fatica ad abbandonare quando le esigenze di tempo ti costringono a sospendere la lettura.
    Gli avvenimenti si sviluppano su piani apparentemente paralleli, attraverso la voce di più personaggi, per poi legarsi e intrecciarsi fino ad arrivare alla risoluzione della vicenda. La base dell’intreccio è tinteggiata di “giallo” e quindi non si può rivelare più di tanto, semplicemente va letta.
    Ho conosciuto il Paolo Morabito scrittore da poco tempo ed è stata una vera scoperta. Non sono parole dette tanto per dire o per compiacere l’autore, provate a immergervi nella storia e lo giudicherete da voi stessi. Io ve lo consiglio.

  3. (proprietario verificato)

    La narrazione è fluida e coinvolgente. Si ha l’impressione che una videocamera si sposti nei luoghi dove la storia si svolge. La piattaforma “noir” si sostiene grazie ad una elegante e profonda definizione dei personaggi (anche di quelli a quattro zampe!). Abbiamo letto opere peggiori firmate da autori blasonati.

  4. (proprietario verificato)

    Piacevole commistione di elementi narrativi ritornano in questo scritto come nel primo, fornendo una genuina e personale impronta dell’autore. Abile e sentita la descrizione degli spazi, dei luoghi: facile esserne trasportati.buona lettura, dunque…

  5. (proprietario verificato)

    Leggendo il libro, il lettore crea una scenografia di luoghi e fatti tutta sua. I personaggi sono ben strutturati, e la storia intriga da subito. Leggiamo della “comunità” dei kiters dove tutti centrano con tutto… Non manca un pizzico di amore travagliato, e la saggezza di un pelosotto. Romanzo completo di tutto il necessario per appassionare.

  6. (proprietario verificato)

    Il primissimo è stato Il volo di Anna, poi ritirato.Attualmente L’aria di sonia è in finale al torneo letterario “Ioscrittore”….. e in tutti il protagonista è Zeno, ovviamente anche in quest’ultimo…. buona lettura

  7. attenzione, il primo lavoro di Paolo si intitola “il volo di Anna” non l’aria di Sonia

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Paolo Morabito
nato a Milano il 3 settembre ’68, ortopedico e neurochirurgo veterinario, vive a Vigevano con la famiglia con la quale condivide le passioni sportive: kitesurf, arrampicata, mountain bike. Chi ha rubato l’aria al kite è il suo secondo romanzo, dopo L’aria di Sonia (2019).
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