Si limitava a fare l’accompagnatrice, non aveva mai concesso extra per mance in più e questo lo metteva sempre in chiaro con la persona che decideva di ingaggiarla.
[…]
“Dunque sei una ballerina, una escort… e poi cos’altro?”, le domandò incuriosito.
“Sono molte cose, Sig. Henderson, ma non credo di doverne rendere conto a lei”, rispose.
Devon sorrise constatando la personalità forte di lei.
“Vorrei proporti un affare. Tra due giorni dovrò andare ad un incontro come questo ma molto più importante. Ci saranno politici ed esponenti con grandi cariche. Un uomo accompagnato in questi casi ha molte più probabilità di concludere un affare. Si tratta di fiducia…ed un uomo impegnato ne trasmette di più che uno scapolo”
“E ha bisogno di noleggiare una escort, sig. Henderson? Non credo che lei sia sprovveduto di giovani donne che desidererebbero enormemente prendere il mio posto…”, gli rispose, mettendo in risalto il fatto che lui non fosse un uomo che passasse inosservato.
“Diciamo che per quest’occasione vorrei che mi accompagnassi tu, sempre che non abbia altri impegni”
“No, dovrei essere libera. Accetto.”
[…]
“Ti andrebbe di ballare?”
La ragazza senza rispondere, si limitò solo a sorridergli, seguendolo verso la pista che si apriva accanto all’artista che suonava.
I due si avvicinarono.
Mery Anne non era molto più bassa di lui, grazie all’ausilio dei tacchi era alla sua medesima altezza.
Devon allungò una mano verso la fanciulla per cingerle la vita ma, non appena quel piccolo contatto avvenne, un flash più intenso del primo lo colpì, facendolo allontanare improvvisamente.
Si toccò gli occhi, come per schiarirsi le idee, poi guardò Mery Anne, completamente confuso e si scusò nuovamente.
[…]
“…com’è possibile che un uomo come te, non abbia già una donna da portare ad eventi come questi?”
[…]
“Beh, io ce l’avevo, ma il destino ha deciso di togliermela”, esclamò picchiettando il bracciolo della poltrona con il suo pugno.
“Il motivo del perché stasera mi sono allontanato da te più volte è perché nel solo sfiorarti ho rivisto mia moglie”
[…]
“Toccandoti ho rivisto Elizabeth e tutte le volte è uno choc. Scusa, non è colpa tua…”
Ma Mery Anne lo interruppe.
“Invece credo proprio che sia per causa mia…”, disse accarezzandosi un braccio, tenendo il viso basso.
Le mille sfumature della mia vita
Buongiorno a tutti, mi chiamo Edith Guerrera, ho 28 anni e oggi vorrei raccontarvi la mia storia.
[…]
Potrei iniziare dicendovi che sono nata in un piccolo paesino del Messico, da madre italiana e padre, appunto, messicano.
Ho avuto un’infanzia felice, almeno da quello che mi sembra di ricordare, ma se mi dovessero chiedere come fossero i miei genitori, potrei descrivere molto meglio la parte materna essendo che di quella paterna non ne ho memoria.
Ho vissuto in Messico solo un anno poiché mia madre, per stare vicino ai miei nonni, aveva deciso di ritornare in Italia a vivere e mio padre era d’accordo.
Per alcune ragioni le prime a partire fummo noi, lui ci avrebbe raggiunto in un secondo momento.
[…]
Peccato però che lui non arrivò mai.
La spiegazione di mia madre fu che non riuscì a raggiungerci perché aveva avuto problemi con la frontiera.
Ai tempi mi bevvi questa versione e non ci diedi troppo peso.
La convivenza con i miei nonni credo sia stata la più bella esperienza della mia vita.
Talvolta, quando mi alzavo per andare a prendere un bicchiere d’acqua, mi capitava di vederli abbracciati sul divano, con in mano una tazza di latte, intenti a guardare i programmi dei loro tempi.
Mi trasmettevano un’infinita tenerezza.
[…]
Mia madre teneva tanto a trovare una casetta solo per noi due, anche per non essere troppo di peso ai miei nonni, nonostante le dicessero sempre che potevamo stare da loro senza problemi, ma credo che per lei fosse diventata un’ossessione dopo aver accettato che mio padre non sarebbe mai più tornato da noi.
Voleva dimostrare a sé stessa di potercela fare da sola.
Grazie alla mia innocenza di bambina, non mi sono mai preoccupata di queste dinamiche e nessuno le ha mai fatte pesare sulle mie piccole spalline.
Certo, all’asilo e alla scuola elementare mi chiedevano dove fosse il mio papà e perché non fosse qui ma io avevo una risposta per ogni domanda, che lasciava senza parole chiunque me lo avesse chiesto, ovvero: “Boh”, e cambiando discorso, andavo oltre.
Per un periodo mia madre ha voluto portarmi da uno psicologo su indicazione delle maestre perché dal loro punto di vista non era normale che io restassi così indifferente ad un argomento così importante e temessero avessi un blocco di qualche tipo.
Così per quasi un anno ho dovuto incontrare la Dr.ssa Signori ogni giovedì pomeriggio, ma ciò che uscì chiaramente da quelle sedute era che ero talmente serena nel mio ambiente, da non necessitare di nessun altra figura.
Io stavo bene e forse questo era un problema per la comunità circostante, ma non lo era per me.
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Eravamo all’ultimo anno delle scuole elementari ed il periodo natalizio era vicino.
Come di consuetudine le maestre ci avevano affidato lavoretti che poi avremmo portato a casa e quell’anno dovevamo disegnare la nostra famiglia.
[…]
Io adoravo fare tutto ciò che potesse stimolare la mia creatività e mi impegnavo anche parecchio ma quel giorno, una mia compagna di classe, oserei dire la più acida di tutte, si avvicinò a me e ad alta voce esclamò: “Nel tuo quadretto ci sarà un buco visto che il papà tu non ce l’hai!”, e poi scoppiò a ridere insieme alle sue amiche oche dietro di lei.
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Io non so cosa mi successe ma, con estrema calma, mi alzai, guardai Eleonora negli occhi e dissi semplicemente: “Mi hai rotto!”, il tutto fu completato da un pugno sulla sua faccia.
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Non giudico mia madre e non la biasimo ma credo sia per tutti questi motivi che da lì a qualche mese, lei presentò a me e ai miei nonni, un uomo e… ci trasferimmo da lui.
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Dovetti abbandonare la mia casa, i miei nonni, il mio mondo, per andare a vivere sì con mia madre ma anche con un uomo che non conoscevo.
Mi sentivo terribilmente persa.
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“Avrai una camera tutta per te!”, mi aveva detto mia madre, cercando di farmi apprezzare la nuova sistemazione, non considerando che io ero più che contenta di condividere il lettone insieme a lei, sapendo che a distanza di pochi passi avrei trovato anche quella delle altre due persone più importanti della mia vita.
[…]
Onestamente non sapevo nemmeno bene come comportarmi e ancora non avevo capito il perché di una tale decisione.
Una sera a cena Gianpaolo tentò un approccio con me.
[…]
Mi chiese come fosse andata a scuola, il tutto mentre stavo infilzando un pezzo di cotoletta dal piatto.
Sentirmi chiamare direttamente da lui mi fece paralizzare.
[…]
Solitamente i bambini non hanno pregiudizi e non etichettano una persona così a prescindere ma in quel momento, davvero non sapevo come comportarmi e l’unica cosa che mi veniva automatica era mantenermi a distanza da lui.
In realtà Gianpaolo era una persona molto cordiale e disponibile, dolce e amabile con mia madre.
[…]
Rispetto alle elementari, alle medie avevo notato che si dava meno importanza al tipo di famiglia che ognuno avesse.
Molti dei miei compagni avevano i genitori separati ma nessuno puntava loro il dito o li sminuiva e devo sinceramente riconoscere che questo mi piaceva molto.
[…]
Una mia compagna di classe venne da me e mi chiese se lui fosse mio padre.
Risposi prontamente di no e, senza allungare il discorso, mi misi a guardare il mio libro in cerca della pagina del brano.
Tina, la mia migliore amica, è sempre stata una persona molto razionale e molte volte dispensava consigli molto utili.
Quasi fosse stato il destino una cosa ci accomunava, ovvero la nostra situazione famigliare, con due particolari differenze.
Lei viveva con il padre.
Questa decisione era stata presa dal tribunale poiché la madre era diventata una tossico dipendente e non si stava prendendo cura adeguatamente della figlia.
Il padre poi si era fidanzato con un’altra donna quando lei aveva 6 anni, la quale si era poi trasferita da loro, iniziando a dare nuove regole e abitudini.
[…]
Secondo Tina, ciò che stavo vivendo io era una fortuna e avrei dovuto apprezzare di più, ma io non riuscivo a vederlo, nonostante le fossi grata per ogni suo consiglio.
L’emozione del sentire
[…]
“Dunque…cos’è successo?”, domandò Anna, accomodandosi sul divano con una bottiglia di vino tra le mani.
“Guarda, sembra davvero che capitino tutte a me. Stavo ritornando a casa dopo aver fatto la spesa ed improvvisamente quest’uomo mi taglia la strada. Era decisamente di fretta, tant’è che gli è caduta una tessera dalla tasca dei pantaloni. Io mi sono affrettata a raccoglierla, essendo piuttosto vicina, ma il suo passo era talmente celere che, quando mi sono rialzata per restituirgliela, lui era già lontano.”
“Che tipo di tessera? Probabilmente non era nulla di importante”, replicò l’amica.
“In realtà è la chiave di un hotel piuttosto lussuoso. Sicuramente restituirò la carta alla struttura, ma… non ti nego che la curiosità di vedere com’è quel posto è notevole. Ho fatto delle ricerche e l’hotel in questione ha 5 stelle!”, esordì guardando Anna, agitando la mano aperta, ponendo più enfasi alla notizia.
“Non per fare la guasta feste ma… non pensi che potresti metterti nei guai se entrassi senza permesso?!”
“So bene che non dovrei farlo, ma quando mi ricapiterebbe di poter entrare in un hotel del genere?! Non rispondere, te lo dico io: MAI! Darei solo un’occhiata e poi me ne andrei…anzi…che ne diresti di venire con me?”, chiese Jesse, guardando l’amica con occhi imploranti.
“Per quanto la cosa sia strana, va bene verrò con te! Sai bene che se ci sono follie da fare, non mi tiro indietro”, le disse, facendole l’occhiolino.
[…]
“E voi chi sareste?”
[…]
Quell’uomo così imponente sembrò improvvisamente vulnerabile. Sentendosi osservato, alzò il capo e le guardò, tenendo il viso piegato verso destra, facendo ricadere alcuni capelli vicino ai suoi occhi color nocciola.
“Potrei chiedere i nomi delle ragazze che si sono intrufolate in camera mia?”, chiese con giustificata curiosità.
“Io sono Jesse e lei è la mia amica Anna”, rispose, facendo le presentazioni.
Si alzò dunque dal divano e si avvicinò loro, porgendo la mano: “Io sono Jeremy, molto piacere.”
La situazione aveva un chè di folle: Jeremy avrebbe potuto fare una scenata, chiamare la sicurezza, denunciarle ed invece stava cercando di capire chi avesse di fronte e le ragazze stavano appurando l’eleganza e la finezza proprie di quest’uomo che, nonostante la violazione subita, stava andando oltre.
“Allora grazie per la comprensione, noi ora ce ne andiamo. La chiave è accanto alla porta. Ci scusi ancora”, disse Jesse accingendosi ad andare.
Proprio in quell’istante, la porta della stanza si aprì nuovamente ed ecco che fece il suo ingresso un altro ragazzo: Tony.
[…]
“Mmm…ragazze, so che potrebbe sembrarvi assurdo, ma d’altronde nulla di quello che è successo oggi ha un minimo di senso, mi risulta… Perché non vi unite a noi per una pizza?”, propose Tony, lasciando tutti meravigliati.
Il destino ha sempre un piano B
[…]
Da quel giorno in poi Angelo e Lisa incominciarono la loro vera frequentazione.
Indubbiamente la sua personalità singolare permase ma al tempo stesso, le dimostrò di essere presente, mostrandole anche spesso il suo lato tenero e romantico, ricoprendola di attenzioni e, talvolta, piccoli regali.
Un pomeriggio decise di portarla ad una spiaggetta in riva al lago, dove la calma e la quiete regnavano sovrane.
[…]
“Che ne pensi?”, le chiese Angelo, sicuro di averla colpita.
“E’ stupendo! E’ veramente meraviglioso!”, esclamò voltandosi verso Angelo con un piccolo saltello.
“Adoro vederti sorridere!”, le disse mentre le accarezzava i capelli, amorevolmente.
Lisa lo ringraziò mantenendo quell’espressione che tanto adorava e lo abbracciò forte.
“Oh aspetta…ho una cosa per te”, le disse mentre si avvicinava al sellino della moto.
Da sotto la sella del motorino, recuperò un piccolo sacchetto che le porse.
“Aprila. So che non stiamo insieme da molto, ma ci tenevo a regalarti un qualcosa di speciale”, introdusse Angelo.
Lisa cominciò ad aprire il pacchetto con una certa impazienza fino a che si trovò tra le mani un piccolo cofanetto.
Angelo continuò: “E’ un pensiero per dirti che… ti amo”.
[…]
Lisa aveva terminato la scuola ed era determinata a trovare al più presto un lavoro per poter concretizzare il suo sogno, andando a convivere con Angelo.
[…]
Improvvisamente, senza un apparente motivo, Angelo cambiò.
Iniziò ad essere scontante, poco attento, poco presente.
[…]
“Non sono un’ingenua, Angelo. Che c’è? Hai un’altra per caso?”
“Ma no!”, disse con decisione lui, guardandola dritta negli occhi, prima di continuare: “Assolutamente no, Lisa. Ho solo molti pensieri in testa. Non sono sereno perché non mi sembra di star combinando nulla di concreto nella mia vita. Mi sembra di vagare senza meta”
“Cosa intendi?”, chiese, tentando di comprendere come poterlo aiutare.
“Non sono soddisfatto di quello che sto facendo, di dove vivo…di ciò che sono. Mi sento irrealizzato”, disse chinando il capo.
“Ma hai un lavoro, tra poco potremmo pensare di andare a vivere insieme. Cosa ti manca?”
“Credevo che con un lavoro e la mia donna accanto, sarei stato un uomo realizzato, ma…sento di volere di più”, disse cercando di essere il più chiaro possibile.
[…]
“Mio padre se n’è andato a lavorare in un’altra nazione e lo pagano molto bene. Mia madre non era d’accordo ma così ha la possibilità di aiutare meglio la sua famiglia.”
“Infatti questi sono i suoi ragionamenti, non i tuoi”, affermò, sperando che la conversazione non finisse come lei già temeva.
“Vedrai che una soluzione la troveremo…” disse Lisa, poco prima di venire interrotta.
“Ho intenzione di raggiungerlo”
[…]
“Devi essere consapevole che se deciderai di partire, starai anche mettendo la parola fine a noi due”, gli palesò con occhi pieni di lacrime ma con la fermezza di una donna consapevole di non voler vivere così.
Angelo le si avvicinò, le accarezzò una guancia e la baciò.
“Mi dispiace”, le disse prima di andarsene, lasciando in Lisa un vuoto che niente pareva poter colmare.
Da quell’addio, Lisa prese in mano la sua vita, decidendo che nessuno l’avrebbe mai più ferita a quel modo.
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