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«Devi impostare la password» le dico, facendo il gesto di passarle il telefono.
«Mettila tu, metti 2, 0, 0, 5,» mi risponde «è l’anno di nascita di Giulia, così la ricordo.»
Sapevo anche questo, che me l’avrebbe dettata. Deve ostentare che non ha segreti con me. Lo vedremo, questo. Ora è andata in bagno a prepararsi, sono solo. Ecco, adesso è il momento. Il primo a parlarmi di questa cosa fu Gianluca qualche tempo fa, in libreria: «Se installi quest’applicazione su due dispositivi» mi disse «e li metti in contatto tra loro, dall’uno puoi vedere la posizione dell’altro.» È uno strumento utile, serve per ritrovare il tuo cellulare se lo perdi o te lo rubano. Ovvio che a me non serve mica a questo! Si intende, poi, che Silvia non ne saprà nulla. Le nascondo l’icona dell’applicazione all’interno di una cartella che ne contiene altre che si usano poco. Così nascosta, come in un gioco di scatole cinesi, non la scoprirà mai. Silvia non è certo il tipo che va a smanettare nei meandri di un cellulare.
Non è una cosa corretta? E chi se ne frega! È corretto quello che lei fa a me?
Magari, se andiamo a vedere, non è neanche legale. Be’, mi denunciasse allora, voglio proprio vedere se avrebbe il coraggio di farlo!
Io ho bisogno di sapere dov’è. Dov’è quando non è con me, quando esce da sola, con i colleghi, con le amiche; quando va fuori due o tre giorni e dice che va in trasferta per lavoro. Voglio sapere se dice la verità, perché secondo me non la dice, o non la dice sempre, o non la dice tutta. Silvia sta cambiando, non è più quella di prima, la ragazza dolce e comprensiva, sempre al mio fianco che ho conosciuto tanti anni fa. È diventata sfuggente, misteriosa e soprattutto passa troppo tempo fuori casa senza di me.
Devo metterla sotto controllo. Ho creato un file apposito sul mio cellulare: lì registrerò tutti i suoi spostamenti, il suo modo di vestire, le parole che dice, il suo umore. Solo così, raccogliendo un gran numero di dati e incrociandoli tra loro come in un’investigazione di polizia, potrò far emergere le sue menzogne e le sue contraddizioni. Perché c’è tutto un mondo che lei cerca di tenermi nascosto, ma io lo scoprirò.
Lunedì 12 gennaio 2015
Stamattina c’è un casino in libreria, le nuove consegne e tutta la roba di Natale ancora da mettere via. Non ho tempo per controllarla. E poi qui dentro la connessione non è buona, specialmente al piano di sotto, al reparto arte e musica dove lavoro io. Sono le 14:18 quando riesco finalmente a localizzarla. Dovrebbe essere in ufficio a quest’ora. C’è subito qualcosa di strano, il segnale GPS compare sulla mappa un po’ più in alto rispetto al solito. Restringo il campo e vedo che è posizionato esattamente all’incrocio tra via Luigi Bellotti Bon e via Eleonora Duse, ai Parioli. Lei lavora a viale Regina Margherita, all’angolo con via Nizza. Che cazzo sta facendo lì?
Comincio ad agitarmi. La chiamo sul numero dell’ufficio. Ovviamente non risponde. La chiamo sul cellulare. Mi fermo. No, meglio di no, mi deve chiamare lei. Quando tornerà in ufficio vedrà la mia chiamata e mi telefonerà, lo fa sempre. Così potrò sapere quando rientra.
Infatti, mi telefona lei dal numero dell’ufficio alle 15:57, più di un’ora e mezzo dopo.
«Fabio, mi hai chiamata?»
«Sì, prima, come mai non hai risposto?»
«Ero… ero giù… al bar sotto l’ufficio, a mangiare qualcosa. Che ti serviva?»
«No… è che… volevo sapere se avevi pagato tu l’ultima rata del condominio, perché risulta non pagata. Senti, dopo aver preso Giulia a scuola devo fare un po’ di spesa? Ho visto che il pane è finito, e anche il latte.»
«No, il condominio non l’ho pagato. Quanto alla spesa, non ti preoccupare, ci penso io quando esco, non faccio tardi.»
Ha la voce incerta, tremolante. La voce di una che sta mentendo! Eh sì, ha la voce di una che sta mentendo perché effettivamente sta mentendo! Perché non era al bar sotto l’ufficio, era da un’altra parte!
Vado a prendere Giulia a scuola. Quando faccio il turno di mattina esco alle tre e mezzo e riesco ad andare io. Quando lavoro il pomeriggio va Adelina. Silvia non va mai a prenderla, è troppo impegnata. Si limita ad accompagnarla quando io lavoro la mattina.
Dopo scuola accompagno Giulia a danza. Continuo a guardare il cellulare. Silvia è in ufficio adesso. Poi esce, sono le 18:02. Posso seguirla lungo il percorso verso casa: va a piedi, come gli altri giorni. Segue viale Regina Margherita fino a piazza Sassari, si ferma qualche minuto al supermercato di via Treviso, infine scende verso via Pavia, dove abitiamo. Venti minuti di passeggiata più dieci minuti per fare la spesa. Arriva a casa alle sei e mezzo, io e Giulia poco dopo.
Non so se dirle qualcosa, mi sento nervoso e lei se ne accorge, ma riesco a trattenermi e non parlo. Dopo cena Silvia e Giulia guardano un film, io leggo le notizie sul tablet in soggiorno con loro. Osservo Silvia, mi accorgo che segue poco la TV. Guarda ripetutamente il cellulare, scambia messaggi con qualcuno. A volte sorride in silenzio.
Mettiamo a letto Giulia e mi faccio la doccia. Mentre mi infilo il pigiama vedo Silvia che cammina con il cellulare in mano lungo il corridoio, manda un ultimo messaggio, poi spegne il telefono e lo mette in carica in cucina. Andiamo a letto insieme e ho un forte impulso di farle delle domande, ma ancora una volta riesco a trattenermi. Non devo fare passi falsi, voglio andare in fondo a questa storia.
Tardo ad addormentarmi però, e penso. L’incrocio tra via Eleonora Duse e via Luigi Bellotti Bon si trova a oltre due chilometri di distanza dal suo ufficio. Secondo Google Maps sono ventisei minuti a piedi e undici in macchina. È un incrocio dove non c’è niente, solo palazzine residenziali, forse qualche studio professionale. Niente negozi, bar o ristoranti. Perché è andata lì? Da quanto tempo ci stava? Ma soprattutto: perché ha mentito? Se non ci fosse stato nulla da nascondere mi avrebbe detto qualcosa come: “Sai, stavo ai Parioli, lì c’è lo studio di un avvocato che ci sta curando una causa con un cliente”; oppure: “Sono andata a fare la visita dal dermatologo, per quel neo sulla schiena, ti ricordi? Ah, non te l’avevo detto? Mi sono dimenticata, comunque è tutto a posto”. Ma non ha detto questo, ha detto: “Ero giù al bar sotto l’ufficio”. E invece non era lì.
Martedì 13 gennaio 2015
Questa mattina esco di casa prima io. Accompagno Giulia a scuola. Controllo il cellulare in modo compulsivo. Silvia è fuori casa alle 8:35 e la seguo lungo il percorso verso l’ufficio. Poi perdo il contatto fino alle dieci. Quando riesco a ristabilirlo, lei è al suo posto di lavoro. Controllo anche all’ora di pranzo, il segnale non si è spostato. Anche il pomeriggio non riserva sorprese.
La sera, a casa davanti alla TV, Silvia è sempre con il cellulare in mano. Dice che deve capire bene come funziona, che non è molto pratica. Non riesce a staccarsi. Meno male che i cellulari non le piacevano… Ogni tanto mi chiede qualcosa e me lo passa, in standby, e quando glielo ripasso per dirle di digitare la password mi risponde, sorpresa, che è quella che ho impostato io sabato scorso. Ha diversi messaggi non letti su WhatsApp; sarei tentato di aprirli ma ovviamente non posso. Non ora, almeno.
Poi avviene un fatto significativo. Mi alzo dal divano per andare in camera e le passo davanti. Forse non si è accorta subito che mi sono alzato e fa un piccolo scatto che noto immediatamente. Cerco con gli occhi il display del suo cellulare, è su WhatsApp, sulla schermata in cui compaiono tutte le chat attive, e vedo chiaramente che fa un gesto, sebbene per un istante infinitesimale: fa scorrere il pollice della mano destra verso sinistra, facendo comparire un quadrato rosso. Sta cancellando una chat! Non riesco a vedere a quale contatto appartiene ma vedo chiaramente questo gesto: sta cancellando una chat. Lei sa che io conosco il codice di sblocco e sa che in teoria potrei curiosare tra i suoi messaggi, anche se non l’ho mai fatto. Perché lo ha fatto, dunque? Forse perché su quella chat ci sono messaggi che io non devo leggere? Per quale altro motivo dovrebbe farlo?
Ecco, è bastato aprire gli occhi per una settimana per scoprire già diverse cose inquietanti su di lei. Possibile che io non mi sia mai accorto di nulla, in sedici anni? Mi nasconde qualcosa, dice bugie. Io non sono mai stato geloso ma qui è evidente che c’è qualcosa. La palestra, le amiche, il corso di inglese, i viaggi di lavoro che prima non faceva mai, l’abitudine di trattenersi sempre di più in ufficio. Troppi impegni che prima non c’erano.
Silvia ha trentasette anni ed è sempre più bella, più di quando aveva vent’anni. Era ingrassata un po’ dopo la nascita di Giulia, ma da quando va in palestra è tornata in una forma splendida. Lo dicono tutti che uno dei primi segnali del tradimento di una donna si ha quando comincia a prendersi più cura di se stessa.
Giovedì 15 gennaio 2015
SILVIA
Domani sera esco con Francesca, Barbara e Alessandra. Per la cena hai tutto nel frigo (17:16)
Ecco, a me dà fastidio pure questo! Non è che non possa uscire da sola, in fondo sono madri di compagne di scuola di Giulia, le conosco anch’io. È il modo in cui me lo dice che mi urta, così, con un messaggio sul telefono. E poi anche a me andava di uscire, in famiglia magari, o con altri amici. Invece così devo restare a casa da solo con Giulia. Vabbè, magari la porto a mangiare il sushi, a lei piace. Però non mi va di fare il padre divorziato e sfigato che esce da solo con la figlia. E poi non sono dell’umore giusto.
Il punto è che, ammesso che esca davvero con loro – perché ormai c’è da dubitare di tutto –, quelle tre non mi piacciono. Francesca forse no, lei sembra una persona seria, ci frequentiamo anche in quattro con Roberto. Sono le altre due che sono pessime, Barbara soprattutto. Alessandra è solo una mezza scema che si fa influenzare da Barbara, le va dietro perché è divorziata anche lei. Barbara è arrogante, non saluta nemmeno quando ci incontriamo davanti alla scuola. Pensa di essere una strafiga ma è solo una quarantenne fallita, con tette e labbra rifatte. È una che va sempre in discoteca, con Alessandra e altre che non conosco, si fa rimorchiare da tipi improbabili, molto più giovani o molto più vecchi di lei. Dai primi cerca sesso, ai secondi succhia quanti più soldi riesce. Io non capisco come fa Silvia a frequentare una così.
Intendiamoci, quando escono insieme vanno solo a cena, Silvia è una che alle undici di sera ha sonno. Lei e Francesca non seguono le altre due nelle loro notti brave, Silvia non fa tardi quando esce con loro. Però queste uscite si stanno intensificando, e se le sommi alle cene di lavoro e a quelle con i colleghi dell’ufficio, fanno un bel numero. Diciamo che almeno tre o quattro volte al mese lei esce da sola. Esce molto più lei senza di me che non il contrario. Anzi, diciamo proprio che io ormai esco pochissimo, neanche ricordo più l’ultima volta che sono uscito con degli amici senza di lei. Sarà stata qualche cena con i colleghi della libreria, ma ormai anche quelle non si fanno quasi più. Una volta era diverso, però, uscivo molto più spesso io.
Venerdì 16 gennaio 2015
Sono nervoso stamattina, evito di sentire Silvia e di mandarle messaggi. La controllo, questo è ovvio, ma non noto nulla di strano. Ha accompagnato Giulia a scuola, poi ha percorso il consueto tragitto a piedi fino al lavoro. Riesco a ristabilire un contatto alle 16:32: è in ufficio; poi alle 18:12: è già a casa. È arrivata presto oggi, prima del solito. Mi sono perso il percorso dal lavoro a casa, però ci sono state quasi due ore di vuoto. Maledizione! Alle 18:41 mi manda un messaggio, mi chiede se ricordo che stasera esce. Poi mi telefona.
«Ma ti dispiace se esco?»
«No, perché dovrebbe dispiacermi?»
Cosa le rispondo? Che mi dispiace? Le dovrei dire “No, non esci senza di me, stasera stai a casa”? Mi rendo conto che percepisce un po’ di malumore da parte mia, non riesco a mascherare le emozioni. Questo non va bene, devo imparare a controllarmi.
Arrivo a casa alle otto, Silvia è in bagno e si sta truccando. È vestita bene. Mi saluta distrattamente, dice che si deve sbrigare perché alle otto e mezzo la viene a prendere Francesca. Quando esce mi avvicino alla finestra, riconosco la Yaris grigia di Francesca ferma sotto casa. Poi vedo Silvia che entra in macchina e partono.
Io e Giulia mangiamo rapidamente. Le chiedo come va la scuola, tanto per mostrare interesse.
«Bene» mi risponde.
Ci mettiamo a vedere un film, ma io non ho voglia. Potrei godermi una serata da solo con mia figlia ma non ce la faccio. Ho il cellulare in mano, controllo in continuazione la posizione di Silvia. Vedo che si dirige verso piazza Bologna e lì si ferma all’angolo del palazzo delle poste. Rimane ferma per un po’, evidentemente hanno un appuntamento lì con le altre due. Barbara e Alessandra abitano da quelle parti. Francesca invece vive a via Trapani, vicino a noi. Secondo me, però, non sono solo loro quattro.
Sono le 20:52 quando il segnale comincia a spostarsi verso sud. Si dirigono verso San Lorenzo, fanno un po’ di giri con la macchina, probabilmente cercano parcheggio, poi si muovono più lentamente, stanno camminando. Infine, si fermano a via dei Latini, più o meno a metà. Controllo con la Street View di Google: in quel punto c’è un ristorante messicano, è lì che vanno a mangiare. Sono le 21:19.
Metto a letto Giulia. Prima di addormentarsi mi chiede quando torna la mamma, le dico di dormire che è tardi. Mi metto a letto anche io. Controllo ancora l’ora: 22:51. Silvia è ancora a via dei Latini. La seguirò fino al suo ritorno a casa. Il segnale comincia a muoversi alle 0:14, stanno uscendo. Poi perdo il contatto, il simbolo del cellulare di Silvia è nero e sulla schermata compare la dicitura “posizione precedente”. Era già successo qualche volta, perde il segnale. A quest’ora però ci vorranno al massimo venti minuti per arrivare a casa. Passa del tempo, Silvia non arriva e continua a non esserci segnale.
La rivedo alle 0:46 localizzata in via di Portonaccio, è ferma. Riconosco il punto, c’è un famoso locale lì di fronte, una discoteca. Qualche volta, anni fa, ci siamo stati insieme a vedere dei concerti. Vanno in discoteca? Ho un attimo di panico, Silvia si è fatta trascinare da quella puttana di Barbara. Mi alzo, vado sul balcone a fumare. Avevo quasi smesso l’anno scorso, poi ho ricominciato.
Il segnale ora si sposta, però. Sono le 0:52 e si trova all’altezza della Stazione Tiburtina. Ho capito: Silvia e Francesca hanno accompagnato Barbara e Alessandra in discoteca e ora tornano a casa. Ma non è esattamente così, la macchina torna a piazza Bologna, si ferma qualche minuto e poi, finalmente, si dirige verso casa.
Mi rimetto a letto ma c’è qualcosa che non quadra. Se hanno accompagnato Barbara e Alessandra davanti a quel locale, perché poi la macchina è tornata a piazza Bologna? Forse in discoteca è andata solo Barbara e hanno accompagnato Alessandra? Forse. Però, da quel che dice Silvia, quelle due vanno sempre insieme. Non sono sicuro, ma ho la sensazione che stasera abbiano incontrato altre persone. Uomini, intendo. Perché era vestita così bene? Che senso aveva mettersi così in tiro solo per uscire con delle amiche?
Sabato 17 gennaio 2015
È una giornata piovosa, fa anche freddo. Silvia esce la mattina e va al mercato con Francesca e un’altra amica che non conosco. Controllo la sua posizione, non si sa mai. Effettivamente è al mercato di via Catania e torna con le buste della spesa.
Dopo pranzo preparo il caffè, rimaniamo insieme a parlare mentre Giulia gioca. Prendo coraggio e le chiedo: «Com’è andata ieri sera?».
«Bene,» mi dice «siamo andate in un ristorante messicano a San Lorenzo, ma non mi è piaciuto molto. Poi abbiamo accompagnato Barbara in discoteca, in quel posto a Portonaccio dove siamo stati anche assieme qualche anno fa, ti ricordi? Lei si è vista con dei suoi amici. È tutta svitata, non so come fa a fare quella vita, con una figlia poi.»
«È andata con Alessandra?»
«No, Alessandra è tornata con noi, era stanca ieri sera.»
Va bene, mi ha convinto. Forse è andata davvero così e mi rassereno. Per il pomeriggio propongo di andare al cinema ma Giulia è raffreddata, così rimaniamo a casa.
Dopo cena Silvia si stende sul letto, ha il PC portatile con sé, dice che deve controllare delle e-mail. Ormai si porta il lavoro anche a casa. Io guardo la partita della Roma e ogni tanto, dal mio cellulare, controllo il suo contatto WhatsApp. È quasi sempre online. Non è ancora finita la partita quando Silvia torna in soggiorno, dice che va a dormire perché è stanca e ha sonno. Sembra serena, affettuosa. Le ricordo che ieri aveva detto che saremmo stati insieme.
«Domani,» mi rassicura «promesso.»
Finisco di vedere la partita e vado in cucina, il suo cellulare è in carica vicino al frigo. La tentazione è forte. Mi avvicino alla nostra camera da letto, la luce è spenta, Silvia dorme. Torno in cucina e senza far rumore accendo il cellulare, digito il codice di sblocco e apro WhatsApp. Nella lista delle chat aperte al primo posto c’è Le moschettiere. Si chiama proprio così, è una chat che ha con Francesca, Barbara e Alessandra. Ci sono messaggi risalenti a un’ora prima. È con loro che chattava. O almeno, anche con loro. Ci sono messaggi sulla scuola delle figlie, ricette di cucina, persino un commento di politica. Stranamente non ci sono allusioni all’uscita di ieri sera. Scorro indietro di qualche giorno, però, e trovo una piccola conversazione:
BARBARA
Ultimamente non mi sto tenendo più, è il quarto nel giro di due mesi! (10:37)
FRANCESCA
😱 (10:40)
SILVIA
Beata te… (10:42)
BARBARA
😏 (10:45)
Cosa vuol dire questa faccina: 😏? Scorro ancora più indietro ma non trovo niente di interessante. Di seguito c’è la chat con Francesca. Qui compaiono dei riferimenti all’uscita di ieri, ma sono solo messaggi come: “Ti vengo a prendere alle otto e mezzo”, “Sono pronta”, “Arrivo”. Poi altre cose irrilevanti.
Tralascio la chat con sua madre e quella con Laura, sua sorella. Non credo di trovare informazioni importanti lì dentro. A seguire c’è Dream team, la chat dei suoi colleghi d’ufficio. È composta da nove persone, lei compresa. C’è anche Carlo Rovatti, il suo dirigente. È un uomo sui settanta, questo Rovatti, ancora in ottima forma e di un certo fascino. Mi ricordo di averlo conosciuto a un evento organizzato dalla sua società al quale andai anch’io. Poi c’è Stefano Marti, non l’ho mai visto, ma Silvia me ne parla spesso. Ha la nostra età, sui quaranta, non è sposato. Dalla foto sul profilo sembra avere un bell’aspetto. Silvia dice che è molto intelligente e simpatico, pratica molti sport. Sospetto soprattutto di lui e Silvia se n’è accorta. Scorro la lista dei messaggi ma trovo solo informazioni di lavoro e qualche battuta, nulla che faccia direttamente riferimento a Silvia.
Sento dei rumori, è lei che si è alzata per andare in bagno. Chiudo tutto ma faccio in tempo a vedere che ha anche una chat individuale aperta con Stefano Marti. Cazzo! Dovevo vederla prima, ora non ho più tempo. Silvia esce dal bagno e sento che viene verso il corridoio. Le vado incontro, mi dice dolcemente di andare a letto. Mi infilo sotto le coperte con lei e la abbraccio. Non dormo, però, ci sono cose che non quadrano. La chat con Stefano Marti mi dà fastidio a prescindere, però bisognerebbe aprirla e vedere cosa c’è dentro, magari ci sono solo comunicazioni di lavoro. Sarà, ma con gli altri colleghi non ha chat individuali aperte. La cosa più strana però è nella prima conversazione che ho aperto: cosa vuol dire quella faccina? Lasciamo stare la risposta di Silvia, “Beata te”. Barbara parlava di uomini che si era portata a letto, mi sembra chiaro. Quella di Silvia può essere una battuta, anche io ne faccio. Ma quella faccina che vuol dire? A me sembra una faccia che dice: “Sì, sì, lascia perdere che anche tu…”. Insomma, una faccia che allude al fatto che se Barbara è una che si dà da fare con gli uomini, Silvia non è da meno.
Mi alzo e vado a prendere il tablet. Faccio una piccola ricerca sul significato delle emoticon. Su un sito trovo che quella faccina è etichettata come “sorriso malizioso”. Non è che sia particolarmente illuminante questa definizione, però rafforza la mia ipotesi che sia qualcosa che allude alla furbizia, al sotterfugio.
Domenica 18 gennaio 2015
Questa mattina siamo al MAXXI. Giulia sta meglio. Le piace l’arte contemporanea, gira intorno a sculture e installazioni coloratissime e incomprensibili, le osserva, le tocca ignorando i divieti della madre. Coglie di queste opere l’aspetto ludico, vive il museo come una sorta di parco giochi e forse è l’interpretazione più giusta, soprattutto alla sua età. Giulia è una bambina brillante, va bene a scuola, diventerà come la madre. Il clima tra di noi è sereno, Silvia mi abbraccia, mi accarezza, mi cerca. Anni fa, quando Giulia era piccola, non era così.
Andiamo a pranzo dai miei, c’è anche mio fratello. Sembra proprio una tranquilla domenica invernale, con tanto di pastarelle. Silvia ride e scherza con mio fratello. Giulia gioca con il cuginetto di due anni e nel pomeriggio andiamo al cinema.
È sera e sono a letto, ripenso a tutte le cose che non mi tornano. Perché lunedì Silvia era a quell’incrocio ai Parioli e ha mentito dicendo di essere al bar? Perché quella faccina nel messaggio di Barbara? La sento che fa la doccia e poi esce dal bagno, nuda. Mi passeggia lentamente davanti e si infila nel letto. È di una bellezza maestosa, Silvia: mora, di carnagione scura, con un portamento elegante e quel leggerissimo eccesso nelle rotondità che le conferisce un’opulenza e una sensualità irresistibili. Il viso dai lineamenti sottili, i profondi occhi neri e lo sguardo, vagamente lascivo ma mai volgare, completano un corpo che, a trentasette anni, ha raggiunto la sua piena maturità estetica ed erotica. Dovrebbe andare in giro sempre nuda, ogni vestito è un’offesa alla sua bellezza.
Si sdraia, mette una gamba sopra le mie, un braccio intorno al mio collo e fa scivolare il suo corpo sopra il mio. La accarezzo, le stringo i seni, la bacio con passione. Penso a quanto debba piacere agli altri uomini, a quanti l’avranno corteggiata in questi anni.
«Quante volte mi hai tradito?» le chiedo scherzando.
«Tante!» risponde spingendomi con una mano e ridendo.
Mi abbandono al sesso con passione, non voglio pensare ad altro. Lei geme, adoro quando lo fa, mi fa sentire appagato. Non credo che finga. Alla fine dell’amplesso sono esausto, Silvia è abbandonata su di me, io l’abbraccio. In questo momento sono felice, forse lo è anche lei.
Giovanni De Bari (proprietario verificato)
Il romanzo “Sotto controllo” è un viaggio in prima persona nella mente di Fabio, un uomo che si costruisce una percezione alterata della realtà per rispondere alle sue insicurezze nel rapporto con sua moglie Silvia, donna emancipata e sicura di sé.
Lo stile narrativo in forma di diario e l’uso del tempo presente, immerge il lettore direttamente nelle ossessioni claustrofobiche del protagonista.
Il tema della gelosia è un archetipo molto radicato nella psiche umana e l’autore lascia la libertà di analizzare l’argomento, facendo entrare il lettore nell’intimità di Fabio, facendogli vivere le sue stesse angosce e le sue infinite deduzioni, a suo parere logiche, senza filtri esterni.
Nel finale la narrazione è un crescendo di emozioni tra inattese speranze e angoscianti ricadute, fino all’inaspettato finale che colpisce duro allo stomaco, quando il castello di carte, creato nella mente di Fabio, crolla miseramente lasciando sul terreno la cruda realtà.
La lettura del romanzo mi ha vivamente coinvolto, portandomi a immedesimarmi fino a commuovermi per le vicende di Fabio e Silvia.
kathymorgan1 (proprietario verificato)
Ottimo libro! Veramente avvincente. Impossibile metterlo giù. Bravo Andrea!
gilda c. (proprietario verificato)
un libro avvincente, fluido, che ti catapulta nella vita di Fabio e Silvia, che te li fa amare, odiare, giudicare, che ti fa immedesimare nell’uno e nell’altra, che ti fa arrabbiare con loro e stare al loro fianco, che ti tiene su una corda di violino in attesa della fine, che arriva d’un tratto, inaspettata e che, come in tutti i più bei romanzi, ti fa star male perché il romanzo è finito e sai che dopo ne verrà un altro che altrettanto bello è proprio difficile. Un libro che ti permette di scavare nella pancia delle emozioni, di arrivare alle più incomprensibili, alle più inaccettabili, alle più inconfessabili. Una storia semplice e complessa, dove a farla da padrone è la mente di Fabio, contorta, irrazionale, passionale, maschilista, frustrata e al contempo orgogliosa, colta e barbara. Un libro che ha da dire molto alle donne e moltissimo agli uomini. un libro che non si può non leggere, se si amano i libri. Parola di lettrice.
francesco.evangelisti (proprietario verificato)
Il tema trattato da Sotto Controllo è più che mai attuale e con il suo ritmo serrato mi ha incollato alle sue pagine. Questo romanzo pone una serie di spunti di riflessione sulle contraddizioni della vita moderna e su quanto le nuove tecnologie incidano sui rapporti personali. Assolutamente da non perdere.
nazareno.delsordo (proprietario verificato)
Bellissimo!!!
Chapeau Andrea!
Che dire, potrei dilungarmi con un commento ed elogiare l’autore di questo romanzo per la trama avvincente ed incalzante, per la superba analisi del drammatico delirio interiore del protagonista, per la capacità nell’affrontare e sviluppare temi e problematiche attuali sul rapporto uomo-donna…preferisco invece un semplice consiglio: comprate questo libro e sono certo che lo leggerete tutto d’un fiato come ho fatto io!!!
mario_spiridigliozzi (proprietario verificato)
Storia, molto bella e toccante di come un’ossessione possa portare fuori strada un uomo e fargli perdere di vista la realtà. Non sono riuscito a smetterlo di leggere per 2 giorni, tanto era appassionante il modo in cui vengono riportate le diverse fasi della vita del protagonista. Bravo l’autore a non demonizzare il protagonista ed a mostrarlo per quello che è: un uomo con le sue fragilità, i suoi momenti di gioia e rabbia, la sua profonda crisi esistenziale. Ho pianto e riso leggendo della vita di questo maschio dei nostri tempi.