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Stibia – Volume II – Sangue Viola

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Consegna prevista Febbraio 2025
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Sara e Samuele sono destinati a rivoluzionare Stibia. Peccato che nessuno sappia come.
Lui, timido e schivo, non vede l’ora di tornare alla sua docile vita in Sardegna.
Lei, impulsiva e testarda, vuole padroneggiare la magia per usarla a suo piacimento.
Per raggiungere i propri obiettivi dovranno lasciare Freorland alla ricerca di nuove conoscenze.
Trovare ciò che vogliono sembra impossibile, ma i ragazzi sapranno indagare dove altri non osano neanche guardare, scoprendo magie rinnegate, libri proibiti, poteri sopiti, sortilegi collettivi, civiltà che si credevano estinte e luoghi inesplorati.
Per farlo, infrangeranno regole e tradizioni, metteranno in dubbio etica e morale, disobbediranno ai loro stessi mentori.
Perché il sangue viola nasconde segreti e insidie che vanno ben oltre le convinzioni comuni.
All’ombra delle loro missioni, Paola (la loro migliore amica) e Grim (il loro più acerrimo nemico) tracceranno sentieri che porteranno entrambi dove non avrebbero mai immaginato.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto questo libro per esplorare il tema della verità.
È giusto infrangere le regole pur di ottenerla? Si, no, fino a che punto?
Attraverso i personaggi ho cercato di esplorare diversi punti di vista sull’argomento, sapendo che di fronte a certe materie non può esserci una risposta giusta e altre sbagliate.
Anche l’aspetto “ragazzi” mi sta molto a cuore: pure sulla Terra sanno reagire da protagonisti, se gli si permette di esserlo!

ANTEPRIMA NON EDITATA

La fine di Sara

Il grande cortile era stato addobbato a festa su ogni lato e l’intero lastricato era ricoperto da sedie, tavoli e palchi.

L’estate imperversava, calda e asciutta: non si temevano piogge guastafeste, ma se anche fossero arrivate un gruppo di manipolatori sarebbe stato pronto a proteggere l’apertura del chiostro con coperture magiche che facessero defluire l’acqua verso l’esterno.

I preparativi fervevano: mancavano più minuti che ore all’inizio e molte cose, soprattutto culinarie, dovevano ancora essere sistemate. L’intero corpo di lavoratori della cucina, rinforzato da aiuti esterni provenienti da tutta Stibia, molti dei quali ex-allievi della scuola, correva avanti e indietro per apparecchiare le tavole, portare le bevande e terminare di cucinare il menù per la cena.

La maggior parte dei ragazzi era ancora fuori, tra i monti, raccolti e uniti sotto le cascate di antimonio che per questa volta venivano utilizzate più per divertimento che per rigenerazione.

Una minoranza, composta soprattutto da ragazze, era negli alloggiamenti, intenta a preparare trucco e parrucco per la serata.

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E poi, c’era Sara.

Aveva concluso quella giornata come se non fosse il giorno 249 dell’anno: andando in biblioteca per un’oretta, alla sempiterna ricerca di informazioni sull’antimagia, stupendosi tanto di non trovare novità, quanto di essere l’unica presente in tutto l’edificio.

A parte Stoella, chiaramente. Chissà se è vittima di un incantesimo che le impedisce di lasciare questo luogo, si chiese la ragazza in una pausa tra un capitolo e un altro.

Quando aveva finito di studiare, si era recata in stanza dove, sempre con stupore, non aveva trovato né Paola, né Ferla. Dopo essersi preparata, indossando un paio di pantaloni comodi e una maglietta nera decorata con un motivo floreale rosato, era scesa nel cortile, giusto in tempo per incrociare le sue amiche di ritorno.

«Ci vediamo qui tra poco», le avevano detto. Sara sapeva che avevano due idee diverse di “poco”, quindi, senza fretta, si era seduta su una panchina sotto il porticato sud e aveva iniziato a osservare i lavori di preparazione mentre leggeva un libro di storia su Leftend: domani sarebbero stati in vacanza e, come agognato da centinaia di giorni, sarebbero partiti tutti verso la patria di Ferla.

Era ancora lì quando, circa un’ora dopo, le sue compagne di stanza la raggiunsero.

«Mamma mia Sarella, ma anche oggi ti sei vestita a cazzo», la apostrofò Paola che indossava un tubino rosa cipria con delle scarpe molto simili a delle Louboutin nere tacco otto ed emanava profumo di J’Adore già a tre metri di distanza.

«Veramente!», rincarò la dose Ferla, che per l’occasione aveva tirato fuori dall’armadio una felpa che riproduceva la classica mistura leftiana di pietre e petali di fiori cristallizzati con cui, a casa sua, lastricavano le strade. In abbinamento, pantaloni gialli a pois rosa e scarpe bianche.

Sara buttò un occhio al suo abbigliamento, più che degno per l’occasione. «Tutto pronto per domani?»

«No, ma lo sarà per l’orario di partenza», replicò Paola.

«Al massimo qualche istante dopo», precisò Ferla.

«Sulla puntualità ho preso da mia mamma, stai tranquilla!»

«E tua mamma è puntuale per i miei standard, o per i tuoi?»

«Beh, non si può essere più puntuali di te, che sei sempre in anticipo. Comunque sì, nella nostra famiglia è la persona più precisa mai esistita, dicono.»

«E tu quindi da chi hai preso?»

«Da tutti gli altri», fu l’ultima replica di Ferla che, con una bella risata, pose fine alla discussione.

Sara si voltò a osservare il cortile, quello stesso cortile in cui, poco meno di un anno stibiano fa, aveva quasi ucciso un suo compagno di scuola.

Sembra una vita fa…

La sua percezione andava molto oltre il semplice trascorrere dei giorni. Si sentiva molto più padrona di se stessa e della propria magia: si era impegnata moltissimo a controllare i propri poteri, con buon successo per quanto riguarda il mentalismo, un po’ meno dal lato rigenerazione. Anche nei momenti di sconforto, non aveva mai perso la testa, o dato in escandescenza: era molto fiera dei suoi risultati, ma sapeva che la vera prova del nove sarebbe arrivata nel momento in cui avesse dovuto controllarsi in condizioni di emotività alterata, come quando aveva aperto lo stomaco del povero Wilkas come se fosse un sacchetto di patatine.

In quel momento, la luce cambiò. Tutte le lanterne vennero accese in contemporanea e poco dopo, come se fosse un segnale convenzionale, Pankas e Adokul, professore e assistente del più alto livello dei corsi per mentalisti, fecero il loro ingresso in cortile.

Il cerimoniale, non scritto, ma tramandato oralmente di generazione in generazione, prevedeva che a entrare fossero per primi i mentalisti, a loro volta ordinati per anzianità: prima gli appartenenti ai livelli da sette a nove, poi da quattro a sei e infine i più inesperti, quelli da uno a tre. Dopo, in sequenza, era la volta dei manipolatori, dei rigeneratori e dei naturisti.

«Chissà perché in quest’ordine?!», chiese Paola.

«Per la loro propensione naturale alla puntualità», replicò Sara.

Le sue amiche si misero a ridere.

«Non sto scherzando: l’ho letto in un libro, in biblioteca.»

«Dovrebbero fare un ingresso apposito per i leftiani, allora», ribatté Paola, per poi sorridere verso Ferla, «più o meno per dopo cena.»

Ferla si limitò a farle una linguaccia più accentuata del normale, ma si trattenne dal replicare perché non voleva perdersi l’ingresso degli altri compagni.

I tavoli erano suddivisi per livello, a prescindere dalla categoria magica di appartenenza. Più grandi quelli che dovevano accogliere gli studenti del primo, via via più piccoli gli altri, visto che il passaggio a quelli successivi non era affatto obbligatorio, né certo.

Una sola bocciatura, un solo anno, e si è fuori: Sara ricordava ancora alla perfezione cosa, e come, le aveva detto Orece Wolfelven, la Mastra responsabile della formazione dei discenti, la prima volta in cui si erano incontrate.

In totale, in quell’anno, gli iscritti erano circa duecento: il cortile riusciva ad accogliere tutti comodamente. In aggiunta, come di consueto, vi erano poi due tavolate: una che accoglieva professori e assistenti, un’altra destinata a ex-allievi e invitati speciali.

«Hey, ma perché tu non sei entrata con loro?», chiese Paola a Sara.

«In culo i cerimoniali. Mi siederò alla fine.»

«Severa ma giusta. Non è che rischi di essere espulsa, però?».

La ragazza scosse la testa in modo sicuro, rialzando lo sguardo giusto in tempo per vedere la professoressa Dartha e il suo assistente Buldub scortare il secondo gruppo, quello dei manipolatori, fino al centro del cortile.

«Hey! Ma tu non dovresti andare?», gridò Paola a Ferla quando Masig e Mijeff fecero il loro ingresso con il penultimo gruppo di studenti, quello dei rigeneratori.

Ferla si picchiò la fronte, poi partì sfrecciando verso l’ingresso, arrivando giusto un istante prima che Vargal e Kurhal, in alta uniforme naturista (cioè completamente nudi), si muovessero a capo di un gruppetto di studenti che, per numero, era inferiore a tutti gli altri.

«Ora devo andare anche io», disse Sara indicando il tavolo degli studenti del quinto livello. «Tu che farai?»

«Tra un po’ vado anche io. Ma, tra ex-allievi e invitati speciali, è giusto che io, l’invitata specialissima, mi faccia attendere un po’», rispose strizzando l’occhio a Sara.

«A dopo, allora!»

Sara ci mise meno di un minuto ad arrivare. Prese posto alla prima sedia che trovò libera, poi tornò a guardare verso Paola.

L’amica era ancora lì, che scrutava con attenzione l’ultimo gruppo di naturisti che stava entrando.

Perché è così agitata?

Quando si voltò verso di loro, osservandoli sfilare senza veli, Sara capì: manca il fidanzato della specialissima…

Coltelli

Samuele ci sapeva fare con i coltelli. Aveva sempre avuto una propensione naturale per le lame, che nell’ultimo anno aveva affinato anche grazie alle sue doti di manipolatore.

Si guardò intorno, cercando la prossima da fare a fette. La vide, qualche metro più in là, nella zona nord della stanza. Non sarebbe stato facile prenderla, con tutto quel putiferio, ma era convinto di farcela.

Si mosse rapido, rendendosi conto del disastro che lo circondava. Quando la raggiunse, la infilzò senza indugio, un solo colpo secco che la trapassò da parte a parte, facendo schizzare i suoi liquidi tutto intorno. Poi, per segnalare di esserci riuscito, brandì in alto il coltello, agitando la noce di cocco.

La cucina sembrava un campo di battaglia. In condizioni normali ospitava circa quindici persone, più che sufficienti per preparare il menù fisso destinato ai quasi trecento abitanti del Castello.

Ma la festa di fine anno era speciale anche in questo. Erano quasi in cinquanta ad armeggiare tra tavoli di lavoro, bracieri e piastre: in alcuni momenti dovevano coordinarsi anche solo per riuscire a spostarsi.

Mai vista una cosa del genere, pensò Samuele tornando alla sua postazione. Maledetti menù speciali!

A ogni specializzazione magica erano destinati piatti specifici, studiati per massimizzare le capacità di ciascuna disciplina.

Per i manipolatori abbondavano le proteine e i carboidrati, declinate in grigliate di carne, pasticci e pasta con i fagioli.

Ai mentalisti erano destinati i cibi che amplificavano i loro poteri, quali mirtilli, frutta secca e salmone, serviti in piatti unici che ricordavano molto la cucina nord-europea terrestre.

Rimarginare le ferite, così come operare i malati, era una questione di pazienza e resistenza: ecco perché ai rigeneratori venivano servite pietanze che aumentassero la capacità del corpo di lavorare senza stancarsi. Il piatto che andava per la maggiore era una succulenta torta salata a base di lenticchie e peperoni, accompagnata da un succo di barbabietola e miele.

Samuele riuscì nell’intento di recuperare un’altra noce di cocco dalla dispensa.

«Mamma mia, che delirio», disse a Laura, che per l’occasione lo affiancava alla partita dei naturisti.

«Ho visto di peggio», replicò lei mentre scolava dall’acqua di cottura l’ennesima razione di fave e soia gialla. «Un anno siamo arrivati quasi a ottocento partecipanti: ero così stanca che dopo non sono nemmeno riuscita a mangiare. Per non parlare delle volte in cui la scuola finisce qualche giorno più tardi, come lo scorso anno ad esempio: lì cuciniamo con un caldo ancora più insopportabile di questo!»

Entrambi volontari, avevano unito l’utile al dilettevole: cucinare insieme e fare due chiacchiere era un grande piacere per entrambi. Il ragazzo aveva scelto di preparare da mangiare per il suo stesso gruppo. Uno dei due, a essere precisi, visto che era anche manipolatore. Gli avevano fatto notare che avrebbe dovuto essere tra i festeggiati, entrare insieme agli altri, essere parte della festa, ma non c’era stato verso di convincerlo: «La mia festa è cucinare», aveva risposto.

Ora non se n’era del tutto pentito, ma cucinare per i naturisti era davvero complesso e faticoso: se durante l’anno, obtorto collo, mangiavano ciò che c’era, almeno in questa occasione evitavano qualsiasi cosa comunicasse con loro in qualche modo. Banditi quindi gli animali di qualsiasi genere, ma anche le piante, visto che alcuni di loro, come Flip, erano in grado di comprenderne le emozioni primitive. Solo i frutti, e solo se già staccatisi in modo naturale dalle piante, potevano essere utilizzati.

«Pensa fare questa vita tutti i giorni… mi sta passando la voglia di aprire un ristorante.»

«Me te l’ho già detto mille volte: lascia perdere i ristoranti! Apriamo una bella pizzeria su Stibia! Facile, veloce, innovativa! Ti ho anche già trovato il socio operativo: Linus scalpita quanto me per farlo!», disse Laura.

Samuele ridacchiò. «Guarda, sono centinaia di giorni che ci provi, e oggi per la prima volta ci sto davvero pensando…»

«Come mai? Per la fatica?»

«Per quello e perché ho appena saputo che, combinazione», scandì  sillaba per sillaba l’ultima parola, «sono stato ammesso al sesto livello.»

«Ma come combinazione?! Bravo! Complimenti!»

«Complimenti un cazzo!» replicò lui. «Ho fatto di tutto per farmi bocciare. Non ci ho messo impegno, ho fallito decine, se non centinaia di prove. Ci sono studenti migliori di me a cui hanno comunicato che il loro percorso finisce qui, perché non hanno ulteriore margine di miglioramento. Io invece, combinazione», di nuovo ben scandita, «passo al livello successivo.»

«Cosa intendi dire?», chiese Laura con un tono innocente che non avrebbe convinto nemmeno un sordo.

«Beh, mi pare evidente: sono il gemello di Sara, forse quello della profezia, sai bene che l’Ordine non correrebbe mai il rischio di venire deriso, a posteriori, per aver bloccato il mio livello al quinto.»

«Forse ti sottovaluti. Magari sei davvero meritevole di andare avanti nonostante le prove fallite. Non sta a te giudicare te stesso, lo sai. E, soprattutto, non è giusto boicottarsi: è un insulto ai tuoi talenti, che hai e meritano di sbocciare e dare frutti.»

Samuele sollevò le sopracciglia e senza aggiungere altro andò a prendere altro cocco. Si mise nei panni di Laura e non poté fare altro che ammettere che la donna, dal suo punto di vista, aveva ragione: ragionando con principi e valori dell’Ordine, il suo discorso filava senza intoppi. A loro non importava più di tanto cosa volesse, cosa desiderasse nel profondo un individuo: se era portato per una cosa, se aveva un dono in una specialità, doveva perseguirla. Sarebbe stato peccato mortale non farlo.

Peccato che Samuele non avesse quei principi e quei valori.

Il ragazzo era così infastidito che dovette salvare con un trucchetto da manipolatore una delle quattro noci di cocco che stava portando in postazione, sfuggitagli di mano per il nervoso.

«Hai visto? Non sei poi così male!», lo dileggiò Laura.

«Oh lo so!», replicò lui, sorridente. «Infatti, il punto non è se sono bravo o meno per accedere al sesto livello: il punto è capire se sia giusto farmici arrivare contro la mia volontà. Se sia giusto decidere della mia vita al posto mio. Non credi?»

Laura aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse senza emettere suoni. Lo sguardo si fece assente, quasi confuso.

«Quindi?», la incalzò Samuele, che si aspettava la solita filippica sull’importanza di fare ciò per cui si è portati. «Nulla da dire?»

Uno stuolo di camerieri arrivati in forze per dare inizio al servizio troncò lì quel ragionamento.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Alberto Cantarello
Nasce nel 1982 a Torino, città in cui ancora vive e ama moltissimo.
Laurea in Economia, Esperto Contabile, Revisore dei Conti, è socio fondatore di Athena, società di avvocati, commercialisti e professionisti del settore.
La scrittura è una passione a cui dedica moltissimo tempo e impegno, anche in termini teorici.
“Stibia”, il suo romanzo d’esordio, il primo volume di una trilogia, viene pubblicato da Bookabook nel 2022.
Scrive in ambito fantasy, la sua passione da sempre: sia come lettore, sia come grande appassionato di giochi di ruolo.
Sportivo, tifoso del Toro, ama guardare diversi sport: basket, tennis, pallavolo, ciclismo, rugby e molti altri.
Lettore seriale: dalle scatole di cereali al mattino, ai romanzi da mille pagine, legge di tutto.
Assaggiatore di vini con un paio di certificazioni (una italiana, una internazionale), è anche appassionato di cucina.
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