Non gli importava: sapeva di avere grandi doti e, per lui, l’altezza non significava assolutamente nulla.
Era arrivato verso il tramonto: i bagliori di luce aranciata si mescolavano splendidamente con il color ambra dei suoi giovani occhi; in essi, intrappolati come nella resina, i desideri di diventare grande, di sfruttare al meglio l’intelligenza di cui madre natura lo aveva dotato con più generosità rispetto ad altri.
Anche in questo, aveva fallito.
Gli vennero in mente gli occhi di Ines. Così diversi dai suoi, nonostante fossero gemelli; brillavano di un azzurro ghiaccio che faceva il paio con il fiume gelido che attraversava la vallata in cui sorgeva la scuola.
Come apparivano diversi, ora!
Splendenti all’epoca, opachi e spenti ora mentre, allontanandola per sempre da chi l’aveva uccisa, la riportava a casa per ricevere la degna sepoltura che meritava.
“Ci spiace tanto ragazzo, abbiamo fatto tutto il possibile, ma purtroppo la cura era sufficiente solo per una persona”.
Ovviamente, quella persona non era Ines.
Avevano preferito salvare un adulto, qualcuno che serviva ai potenti del castello più della sua amata sorella.
Tradita dalle stesse persone che avrebbero dovuto proteggerla.
Voleva vendetta; nient’altro che vendetta.
Ma non era questo il momento di pensarci.
Ora era il momento del cordoglio e del ricordo.
Il momento di darle l’eterno riposo.
O forse no.
Capitolo 2 – Occhi viola
Quando il gallo cantò, Sara era già sveglia.
“L’ho battuto di nuovo”, pensò, sorridendo a denti stretti dopo un’altra notte quasi insonne.
Non era la prima, e sapeva che non sarebbe stata l’ultima.
Se la campana della chiesa parrocchiale avesse potuto suonare a quell’ora, si sarebbero sentiti da poco cinque rintocchi.
“Che palle”.
Ci mise dieci secondi circa ad essere operativa; spalancò gli occhi, accese la luce da lettura, attivò la connessione dati del cellulare e sbirciò WhatsApp.
Nessun messaggio.
“Beh, ci sta”.
Del resto, a quell’ora dormono quasi tutti.
I suoi coetanei, tutti.
Si stropicciò lentamente, infastidita dal risveglio così precoce. Si tirò su a sedere sul letto con i cuscini a mo’ di schienale, prese gli auricolari dal comodino e attivò YouTube. Inutile piangere sul sonno perduto: ne avrebbe approfittato per migliorare l’inglese con una videolezione. Grazie a queste, e a Laura, iniziava a comprendere così bene la lingua che a volte si scopriva a pensare tra sé e sé in inglese, in uno di quei dialoghi interni che da sempre, comunque, teneva anche in italiano.
Terminò il video poco prima delle sei e mezza, giusto in tempo per rimettere tutto a posto e fingere di dormire ancora. Un sonno popolato di principesse e castelli, come sua madre avrebbe voluto. Guai se avesse scoperto che soffriva ancora di insonnia così frequentemente; le avrebbe dato il tormento.
“Che palle”, bis.
Quando alle sei e trenta in punto sua madre bussò alla sua porta, la recita era pronta.
«Tota, piccolina, è ora di svegliarsi, devi andare a scuola», disse ad un volume di voce poco più alto di un sussurro.
Silenzio.
«Certo che sei proprio una dormigliona» cinguettò entrando.
Silenzio, ancora.
«Forza Sara, so che vorresti dormire un altro po’, ma è davvero ora di alzarsi. Altrimenti tu farai tardi a scuola ed io a lavoro».
Piano e lentamente come l’inizio di un Bolero, la voce di Sara lasciò il letto: «Mhmm, mamma… Uffa, stavo dormendo così bene…». Biascicò le parole e si stropicciò fortemente gli occhi. Si alzò, poggiando la schiena alla testiera del letto e sorrise alla madre.
La donna, più giovanile della sua età anagrafica, le restituì il saluto, gli occhi brillanti d’amore. Si mosse rapida verso il letto, tentando di anticipare la prevedibile difesa di Sara, ma non fu abbastanza svelta: il bacio destinato alla guancia destra atterrò sul braccio della ragazza, che aveva prontamente chiuso la guardia come un pugile alle corde.
«Mamma, ti prego! Non ho più sei anni!», piagnucolò Sara, infastidita dalle smancerie materne.
«E dove sta scritto che io potessi sbaciucchiarti solo fino a quell’età?» replicò la madre, sollevandosi dal letto, tanto consapevole di aver perso questo match quanto certa che ci avrebbe riprovato il giorno successivo. «Dai forza, la colazione è pronta. Muoviti, che alle sette e venticinque si parte e se c’è traffico arriviamo giusti giusti».
Non appena la donna lasciò la stanza, diretta in cucina, Sara riprese in mano lo smartphone.
Anche il suo mondo si stava pian piano svegliando. I ventidue messaggi non letti nella chat WhatsApp della sua classe ne erano una conferma abbastanza esplicita.
Tra vomitevoli “buongiorno” e “buongiornissimo”, diabetici baci e cuoricini, alcuni commenti di certi compagni di classe spiccavano per idiozia e cafonaggine.
“Sempre lo stesso schifo ogni giorno… Se solo potessimo riprodurci senza di voi…”.
Sbuffò, disattivando lo schermo. Almeno per un po’ era salva. Tuttavia, sapeva bene che tra poco più di un’ora non avrebbe avuto nulla da disattivare per evitare il branco di imbecilli con cui lei e le sue compagne dovevano condividere la classe, ed in generale il mondo.
[… omissis …]
Capitolo 3 – Il gigante
Aprì gli occhi, ma non vide nulla a parte i contorni sfocati delle cose che riempivano la stanza.
La pendola piazzata sul muro opposto al letto, se solo avesse potuto vederla, gli avrebbe segnalato che erano le sei e ventisette del mattino.
Gli occhi del ragazzo, schiusi solo un filo più di uno spiraglio, si mossero verso la finestra rivolta ad est, priva di tende e con le persiane sempre aperte. Intravedeva il parco di San Marco, appoggiato ai piedi dell’omonimo nuraghe. Più in là, la giara di Gesturi, i cui contorni iniziavano a delinearsi a poco a poco, abbozzati come in un quadro impressionista di cui l’ora blu del mattino era pittrice.
Rimase qualche minuto così, ad osservare.
Il sole stava iniziando una nuova battaglia della sua eterna guerra contro l’oscurità.
Luce e buio, bene e male, giusto e sbagliato.
Si chiese se la luce sconfiggesse sempre il buio, ovunque nell’universo. Forse no, in effetti. Ma lì, in quel punto dello spaziotempo in cui si trovava, si: e lo stava di nuovo facendo.
Vide la giara farsi ametista, poi rosa, ed infine splendere del proprio colore illuminata dai primi raggi del sole.
“Mi stuferò mai di questa vista?”, si chiese, emozionato dalla bellezza che gli riempiva gli occhi. Scrollò le spalle: forse, un giorno, ma sicuramente non oggi.
Oggi era giornata di giara.
Questa consapevolezza lo svegliò e caricò di energie molto più di una tinozza di caffè.
Attraversò la stanza, dirigendosi verso il bagno. Quando passò vicino all’orchidea, una phalaenopsis dai fiori rosacei puntinati di rosso, ne accarezzò delicatamente lo stelo. Era una pianta meravigliosa, che aveva trovato nel davanzale di una delle finestre a nord il suo posto nel mondo. Fioriva e rifioriva continuamente da oltre quattro anni.
Si buttò sotto la doccia, sempre un filo più fredda di quanto il corpo avrebbe considerato confortevole. Sbatté un paio di volte contro le pareti del box: ormai faticavano a contenere il suo corpo che, da sempre alto, era ora diventato anche più muscoloso della media.
Si guardò velocemente allo specchio: con gli anni il colore dei capelli, prima brillante, stava virando verso il biondo cenere, soprattutto sulle punte. Uno scanzonato “chi se ne importa” fu l’unica reazione a quella constatazione.
Si asciugò così in fretta che era ancora leggermente bagnato quando indossò i vestiti da campagna. Stava morendo di fame. Si concesse solo di accendere la radio, prima di precipitarsi ad aprire il frigorifero.
Quella era la sua armeria, e le padelle le sue spade.
Mentre canticchiava la canzone che passava in quel momento, sbatté rapidamente quattro uova, le condì a dovere e le strapazzò in padella mantecandole con un fiocco di burro fuori dal fuoco.
Il piatto principale della sua colazione era pronto!
Poi, passò ai contorni.
Fiore sardo, marmellata di mirto, mezza dozzina di culingioneddus de melairanni velocemente passati in padella perché non fossero troppo freddi, un bicchierone di latte di capra, caffè.
Complètu.
Il profumo della marmellata lo catapultò in avanti, nel cuore della giornata che stava per vivere.
Amava la giara.
E la amava ancor di più quando poteva andarci per pascolare le capre insieme ad Antonio.
[… omissis …]
Capitolo 7 – Tombe aperte
La carrozza funeraria era giunta al cimitero poco dopo mezzogiorno.
Il corpo di Ines, disteso su uno dei sedili, sembrava semplicemente addormentato.
Suo fratello non riusciva a smettere di guardarla.
Il corteo proseguì, in religioso silenzio, fino alla cripta di famiglia. Lì, alcuni professionisti deposero la bara bianca nella tomba che le era stata assegnata in fretta e furia; nessuno si sarebbe aspettato di dovergliela riservare in così poco tempo.
Quando tornò da solo, nel cuore della notte, gli parve di sentire ancora il profumo che era stato spruzzato sui suoi ultimi vestiti.
Aprì la tomba, scoperchiò la bara e diede una carezza a sua sorella.
«Non temere: presto saremo di nuovo insieme», le sussurrò all’orecchio, gli occhi rigati di lacrime, i singhiozzi trattenuti a stento per non fare rumore.
Alla fine, aveva trovato il coraggio di farlo.
O, quantomeno, di provarci.
Iniziò le procedure, seguendo alla lettera le indicazioni che aveva trovato sul libro.
Il tutto durò pochi minuti, che però nella sua percezione del tempo scorsero via come ore.
Quando terminò, fu certo di non aver sbagliato nulla.
Se fosse anche riuscito nel suo intento, sarebbe dipeso dalla validità della formula seguita.
Tuttavia, anche se non sarebbe riuscito a spiegarlo in modo razionale, l’energia che percepiva, che annusava, lo convinse di avercela fatta davvero!
Il primo passo era andato, la prima missione compiuta.
Non gli piacque profanare la tomba di Ines.
Ma in fondo non aveva profanato nessuna tomba.
Sua sorella era viva.
Forse, non era mai morta.
Presto, sarebbero tornati nuovamente insieme.
Si commosse ripensando ai bei momenti passati insieme, alla complicità, ai pezzi di vita passata che avevano senso solo se visti dalla loro comune prospettiva.
Ma non era il caso di commuoversi: quei momenti sarebbero presto tornati.
Asciugò con una manica del vestito gli occhi color ambra e si mise immediatamente in cammino; un lungo viaggio lo attendeva, prima di giungere ad Aldebran.
Manuela Tigano (proprietario verificato)
Complimenti Alberto per aver raggiunto il primo obiettivo!!!
Non vedo l’ora di ricevere la copia cartacea del libro!
Francesca D’AGOSTINO (proprietario verificato)
Che dire? Spargo la voce e so già cosa regalare a Natale ai miei amici. Molti me l’hanno già chiesto. Ne ho letti tanti , ma come questo… unico
Federico Ingenito (proprietario verificato)
Anche io conosco l’autore, purtroppo… 🙂
A me sono piaciute soprattutto le scene di azione e combattimento!
Ben descritte e coinvolgenti!
Lo consiglio!
Manuela Tigano (proprietario verificato)
E rieccomi qui! Volevo ringraziare Alberto per aver messo a disposizione la bozza in pdf e per i continui aggiornamenti!
Avevo già comprato “al buio” ma leggere le prime pagine della bozza, un po’ come fossi in libreria a sfogliare libri, ha confermato la bontà dell’acquisto.
Adesso scusate ma devo andare, ho un appuntamento su Stibia! 🙂
valentina.riggi (proprietario verificato)
Il libro mi è molto piaciuto!
Innanzitutto per lo stile: sono una mamma con due bimbi, non ho mai molto tempo per leggere libri che non siano per bambini e se fosse stato pesante non lo avrei mai finito! 😊
Ho adorato il fantasy fin da bambina, e l’idea di collegare la magia ad un elemento chimico come l’antimonio l’ho trovata originale!
Certo, la magia non va spiegata, ma descritta in questo modo mi fa venire voglia di esplorare miniere alla ricerca di antimonio (magari scopro di essere una predestinata!!)
Nel suo essere fantasy, di formazione ed anche in alcuni passaggi quasi investigativo, è comunque anche divertente: alcuni passaggi mi hanno fatto davvero sorridere!
Lo consiglio!
Marta Pregnolato
Ho letto il romanzo perché un’amica mi ha convinto a farlo; onestamente il fantasy non è il mio genere.
Però devo dire che mi è piaciuto!
Ho sempre pensato che “fantasy” fossero solo fate e folletti, ma in effetti ho capito che non deve essere necessariamente così. Ed in Stibia, in effetti, non è così!
Forse anche per via della mia età mi sono rivista molto in Sara e nella sua ricerca di “un posto nel mondo”.
Scritto in modo fresco e leggero: lo consiglio!
Carmen Mastricci
Sono un’amante dei libri cartacei da sfogliare ma ho letto l’anteprima perché conosco Alberto e volevo dargli subito un mio parere.
Non vedo l’ora che raggiunga le 200 copie per ricevere la copia cartacea e divorarla tutta!!
Lo consiglio non (solo) perché conosco l’autore ma perché mi è piaciuto davvero tanto.
Uno spettacolo che vale sicuramente “il prezzo del biglietto”!
Manuela Tigano (proprietario verificato)
Beh, dopo aver letto sinossi e anteprima muoio dalla curiosità di sapere cosa ha in serbo il destino per Sara e Samuele!
Come e perché le loro vite si incroceranno?
Cos’è Stibia?
Quale talento magico possiedono?
Insomma, novembre è lontano…possiamo saperne di più?