Parte 1° – ACQUA
«Mi sembra molto stanca, oggi, signora Zanin.»
«Lo sono, dottoressa.» ammise Ada.
«Stiamo facendo un lavoro molto impegnativo, è normale che si senta spossata, oggi sento che abbiamo davvero smosso qualcosa.» puntualizzò la voce pacata della psicoterapeuta.
«Sono talmente spossata e senza forze, che in questo momento non provo nemmeno più rabbia.»
«Molto bene. La sua rabbia finalmente le sta concedendo una tregua.»
«Sì, è vero. E questo è importante, è solo che…» si interruppe.
«Continui, la prego. »
«… è solo che mi attraversa sempre la mente questo pensiero, anzi, per la verità non mi abbandona mai, mi tormenta e non mi lascia pace, nemmeno quando la rabbia sembra voglia concedermela.»
La dottoressa Luvison la guardò negli occhi con la sua solita calma rassicurante, ma non accennò a parlare e nella stanza calò il silenzio fino a quando Ada non si decise a proseguire.
«Il pensiero che io ho avuto la mia felicità nella vita, sono stata felice per diversi anni, ma mia figlia non lo è mai stata, e ora non lo sarà mai più.»
«Lei parla di se stessa come se anche per lei fosse finito il tempo di essere felice.» disse la dottoressa portando come sempre il discorso dove lei voleva condurlo.
«Ma è così.»
«Ada, anche se quello che è accaduto a sua figlia è una tragedia…»
«Quello che le hanno fatto!» la fermò Ada «L’hanno uccisa in pratica, visto che tra poco morirà.»
«… anche se quello che hanno fatto a sua figlia è atroce, lei, Ada, ha solo cinquantaquattro anni, in un’epoca in cui la vita media continua ad allungarsi. Ha un marito che ama.»
«Non ne sono più così sicura.»
La dottoressa continuò come se non fosse stata interrotta «Ha un bellissimo nipote di sei anni, che ha bisogno di lei. Non pensa che la vita possa offrirle ancora molte occasioni di felicità?»
«No dottoressa, lo escludo.»
La seduta, come spesso accadeva, era terminata bruscamente. Dopo la fatica che ogni volta andava superata per iniziare il dialogo, il tempo finiva sempre quando c’erano tante cose che avrebbe voluto dire. Questa volta aveva come l’impressione di aver avuto l’ultima parola. Non era una cosa di cui essere granché contenta. Dopo la sua ultima affermazione la dottoressa Luvison aveva giudicato di non avere il tempo necessario per tentare di demolirla e l’aveva congedata con la promessa che avrebbero affrontato l’argomento la volta successiva. Era una cosa che aveva già sentito dire in passato e che non sempre era poi avvenuta. La dottoressa non prendeva appunti. Almeno non davanti a lei, ma Ada immaginava si annotasse tutto non appena lei chiudeva la porta di legno bianco alle sue spalle. Perché la dottoressa non dimenticava mai nulla e, se qualche volta aveva lasciato cadere un argomento, non subito, ma con il tempo, Ada aveva finito per capirne il motivo.
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