“Anche tu parli, ma come vedi io non reagisco mica in quel modo”.
Allorché il bambino rimase incapace di rispondere e per qualche istante riuscì solo a balbettare cose come:
“Maaa, e, hemm, io, io, io, no go come?”.
“Okay, okay”, rispose l’asinello, “ora fai un bel respiro, inspira e lascia andare via lo stupore e la paura. Bene, ora che hai ripreso un po’ i colori, possiamo pure spiegarci meglio. Tu hai appena avuto uno choc che ha prodotto un attacco di panico.”
“Ferma, ferma tutto; qui c’è qualcosa che non va. Tu non solo parli ma parli meglio di me e della maggior parte delle persone che conosco, e sembri pure un dottore. Ma com’è possibile? I grandi mi hanno sempre detto che gli asini sono sciocchi e vanno molto male a scuola ed è per questo che avete quelle lunghe orecchie da somaro.”
“Ah, ah, ah! Questo è quello che pensano molti umani ma in realtà non è così; devi sapere che la mia è una razza antichissima ed è nata proprio per aiutare voi esseri umani.”
“Eh sì, questo lo so” intervenne il ragazzetto.
“Gli asinelli aiutano gli umani portando pesi e lavorando per noi e poi i bambini possono guardarvi, darvi qualcosa da mangiare e farsi delle foto con voi.”
“Beh, veramente non è questo quello a cui mi riferivo.” Aggiunse l’asinello.
“Ma se vuoi, domani ti racconterò la storia della mia stirpe.”
Il giorno seguente, il bambino si diresse verso il luogo in cui aveva incontrato l’asinello parlante e ad un certo punto, lo vide. Ma che strano, si avvicinava in un modo che… che sembrava sospeso in aria come trotterellando a mezza altezza. Eh sì, era proprio lui, e stava realmente volteggiando a mezzaria. Caspita, pensò, l’asinello parlante è anche un asinello volante. Nel frattempo l’asinello si avvicinò sempre di più al suo giovane amico che era rimasto letteralmente basito.
“Ma non ci posso credere, tu stai…”
“Volando” concluse l’asinello.
“Sì, fa parte delle mie capacità.”
“Ma tu non hai le ali.”
“No, no, certo che no, ma quello è solo un modo per poter volare. Sai ce ne sono molti altri e uno di questi è quello che uso io.”
“Molti modi? Ma io pensavo che non si potesse volare senza ali.”
“No, non è così, comunque un tempo avevamo le ali.”
“Davvero?”
“Sì, la nostra razza intendo.”
E così dicendo, l’asinello cominciò a raccontare la sua storia al bambino:
“Tanto, tanto tempo fa, prima che l’uomo divenisse un essere civilizzato, a noi asinelli venne assegnata una missione importante e cioè quella di sostenerlo nelle avversità per farlo progredire nel pieno rispetto della natura e dell’intero creato.
A quei tempi noi avevamo le ali e svolgevamo il nostro compito tenendoci a debita distanza dai tuoi antenati e li aiutavamo inviando loro il nostro affetto, la nostra forza interiore e la pace che albergava nei nostri cuori.
Quando vedevamo che gli uomini erano particolarmente stanchi e sconfortati, noi ci mostravamo, così che le nostre emanazioni potessero ritemprarli. Raramente ci facevamo avvicinare o toccare, e solo ai più piccoli, perché potevano comprenderci meglio degli adulti, proprio come sai fare tu.
Un bel giorno però gli uomini, cominciarono a battersi fra di loro per avidità ed egoismo.
Nella nostra comunità ci furono grandi dibattiti e ci spaccammo in due schieramenti. Uno desiderava allontanarsi dagli uomini e rinunciare alla nostra sacra missione, l’altro voleva fermarli; parlare con loro per convincerli a fare la pace.
Non trovammo una soluzione così ci spezzammo in due tronconi come un fortissimo vento che spacca in due un povero ramo.
Perdendo la nostra unità, perdemmo anche la nostra bellezza interiore. Coloro che scelsero di parlare agli umani furono attaccati e sottomessi poiché non è nella nostra natura rispondere con la violenza. A questo punto i nostri leader più rappresentativi scesero in aiuto dei nostri fratelli e volontariamente proposero agli uomini di lavorare per loro, così, si strapparono le ali e cominciarono a portare pesi per loro. In seguito a questo, gli esseri umani, smisero di combattere, dato che ora avevano gli asini che lavoravano per loro, ma a causa della loro crudeltà persero il dono di parlare con la natura e si allontanarono da essa. Quelli di noi che sono rimasti in disparte visitano i nostri fratelli per confortarli e ringraziarli per il loro sacrificio e attendiamo il giorno in cui gli uomini possano accorgersi dei loro fratelli celesti e tornare nella natura dalla quale provengono.
“Ma è incredibile!” Esclamò il bambino, “non solo ho conosciuto un asino che parla, e vola per giunta e Dio solo sa quanto è difficile credere all’esistenza di un asino che vola, ma mi ha raccontato anche una storia fantastica che cambia completamente la mia visione del mondo.”
“Ehi, ehi, frena, giovanotto, questa non è fantasia. È tutto vero e tu stai imparando che l’apparenza inganna e soprattutto che la vostra specie è solo una delle tante che popolano l’universo.”
Passarono alcuni giorni; giorni in cui il bambino ebbe modo di riflettere su quanto accaduto e poi, un bel giorno, mentre faceva una passeggiata ammirando la natura, gli si fece incontro il suo amico a quattro zampe:
“Ciao” lo salutò il bambino timidamente.
“Ciao” rispose l’asinello. “Mi sembri un po’ triste, c’è forse qualcosa che non va?”
“Ehm, è solo che, la storia che mi hai raccontato è tanto triste, gli umani sono stati cattivi con voi asinelli e a me, questo, dispiace tanto.”
“Non devi affliggerti per questo, ognuno di noi è qui per imparare, e ognuno lo fa a modo suo.”
“Ma a me hanno insegnato che alcuni errori sono gravissimi e quando accadono non si può tornare indietro.”
“No, non si può tornare indietro ma si può andare avanti facendo tesoro dei propri errori per evolvere in qualcosa di migliore e più giusto.”
“Quindi tu mi stai dicendo che c’è sempre una speranza e non è mai troppo tardi?”
“Solo in un caso può essere troppo tardi.”
“In quale caso? Dimmelo, ti prego.”
“Quando rinunciamo alla speranza.”
Il piccolo era assorto in sé stesso mentre rimuginava sulle ultime parole dell’asinello.
L’asinello perciò aggiunse:
“Mi sai dire qual è quella cosa che alimenta la speranza nei nostri cuori?”
Il bambino guardava l’asinello e vedendo che non sapeva rispondere, quest’ultimo disse:
“È la speranza stessa.”
Allora il bambino, un po’ confuso, chiese:
“Cos’è allora la speranza?”
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