– Mm… Saranno i dottori che avranno fatto sparire certe cose dalla tua dieta, lui esegue quello che gli si dice no? E quell’anatra all’arancio? E queste polpette buonissime…
– Quella è roba per te, secondo luì.
– Come per me? In che senso?
– Nel senso che ha predisposto per te una dieta, un menù in base alla tue condizioni biomediche.
– Cosa? E come fa a sapere…
– Ormai sei entrata nel suo duro cuore quantico. Nella sua mente. Come ti dicevo è un prototipo destinato ai viaggi spaziali e considera Streamrock come la sua navicella. Chiunque entri nel suo raggio d’azione qua dentro è per lui un cosmonauta. Un membro dell’equipaggio da servire e curare. Lo fa per principio di default.
– Mah… tutti i giorni… per me sarebbe insopportabile.
– Ma ti sta anche dicendo che stai benissimo, guarda che menù che ha tirato fuori. Avrà già la tua temperatura, peso corporeo, qualità del sangue, rovistato tra le tue cartelle cliniche e chissà quant’altro. Nemmeno io posso sapere tutto quello che lui processa in continuazione.
– È diabolico William! Non ti sembra neanche un po’?
– Sinceramente non lo so. Se pensi che questo è il modello di sviluppo tecnologico al
quale aspira oggi tutta la nostra società… O anche tu sei già vecchiotta, o forse si tratta dell’avida utopia di un modello che deve dimostrare tutte le sue reali virtù.
– Cioè?
– Cioè se i vantaggi di questo modello sono effettivamente un progresso reale per tutta l’umanità. Un quesito che mi pongo sempre più spesso, stimolato proprio dai calcoli e dalle previsioni derivate da questo tipo di ricerca dell’ingegneria quantistica.
– Che roba complicata… E se gli chiedo tutto quello che sa su di me?
– Lo puoi fare! Ti potrebbe già raccontare un sacco di cose, non so però se sei nello spirito giusto per farlo.
– Cosa dici?
– A te sembra diabolico tutto questo, accettare di non avere quasi più segreti può effettivamente dare noia. Creare più ansia che tranquillità. Un paradosso che oggi è all’ordine del giorno in tutti i dibattiti sull’etica nelle nuove tecnologie. Se ne discute dappertutto in tutte le lingue.
– Ti rendi conto… siamo ormai nelle mani delle macchine! Siamo un numero. Un algoritmo…
– Ma di cosa ti meravigli? Oggi tutte le amministrazioni statali e private sono in grado di sapere tutto di te. Di chiunque. È una cosa normale.
– Appunto, questa normalità a me non piace tanto… c’è qualcosa che mi allarma…
– Figurati, se poi mister Morgan ti spiattella il tempo che ti resta da vivere… come la prenderesti.
– Come…? Ti può dire anche questo?
– Ci prova. In fondo è solo un processo di calcolo, per quanto accurato. Fa una previsione con i parametri che gli dai, o che ricava nelle istruzioni della sua programmazione. La particolarità delle sue conclusioni la fa la caratteristica quantistica del sistema.
Wensley resta in silenzio con l’attenzione rivolta ai vari contenitori con alimenti, rimugina sulle argomentazioni dell’amico e commenta con aria rassegnata:
– Mah… ora basta. Poi me la vedrò con lui, non mi voglio rovinare questa bella insalata.
– Giusto. Ma su pane e burro si è impuntato. Un capriccio cibernetico, mi tocca arrabbiarmi con Laura.
– Ha ha ha! Ma lo fanno per il tuo bene, forse esageri e qualcuno ti deve controllare.
– Ecco appunto, mi sono rotto con questi controlli, ho curiosità per i nuovi sapori e vorrei mangiare di tutto. Ma la realtà è che da molti anni mangio tante medicine, pastiche di tutti i colori. Di cibi solidi lo giusto e previsto, e mi devo accontentare. Ma in effetti ogni tanto posso esagerare come un adolescente.
– E’ incredibile Willy che tu possa mangiare di tutto. Se penso al mio povero papà ridotto com’è… a settantatré anni non può mangiare più nulla! E neanche la sua donna, erano tutta carne e salsicce, roba pesa. Si dice che alla fine uno diventa ciò che mangia eh?
– Se è così, con tutte le chimiche del demonio che mi fanno ingurgitare io sono diventato un androide. Una cavia mezza plastificata, a controllo remoto.
– Ma dai che stai benissimo, di che ti lamenti? Devi solo stare un po’ attento, è il minimo. Come tutti!
– Vero, ma è da tempo che non riesco a… Winny! È ora di scendere in pista.
– Cavolo, è volato il tempo.
– Parlare con te è prodigioso, mi dimentico del mondo. Ma ora facciamo l’ultimo brindisi e andiamo. Lasciamo tutto così, ci pensa Hull a rimettere a posto.
– Come? Ha anche delle manine per prendere i piatti?
– È anche maggiordomo, organizza il personale, sa quando e a chi rivolgersi. Ma ora scendiamo prima che John ci brontoli.
Si rimette il berretto e si alza. Wensley imbraccia la borsetta, si mette i suoi occhiali da sole e si alza anche lei prendendolo per una mano. Camminano fino all’ascensore che li porta fino al piano terra. Nel soleggiato piazzale d’ingresso imboccano una strada tra gli alberi che porta alla pista circolare con l’apparecchio. Christian da terra parla con il comandante Miller seduto alla guida e Mr. Rogers li saluta con gesti della mano. Aiuta l’amica a salire per l’ingresso laterale e prendono posto sulle poltrone. Allacciano le cinture e il tecnico chiude il portellone, i rotori aumentano velocemente di giri e l’apparecchio prende quota alzandosi docilmente sulle montagne sopra Streamrock.
Sorvolano le cime comunicando con il pilota tramite il collegamento interno, commentando la bellezza del panorama e dando nome alle località che via via sfilano sotto la loro rotta. Sopra la Contea di Douglas lasciano le montagne e scendono di quota sorvolando la pianura intorno a Denver raggiungendo il centro della città. Sulla verticale del ridotto eliporto di destinazione l’apparecchio scende lentamente accanto a un grattacielo andando a posarsi docilmente sul centro di un terrazzo al quinto piano. Il pilota saluta per l’interfono:
– Comandante Rogers siamo in perfetto orario. Buona partita!
– Grazie John, a tra poco.
Il rumore del motore cala di intensità e si avvicina un addetto alla sicurezza che spalanca il portellone. Tende una mano prima a Wensley poi a Mr. Rogers e insieme si dirigono fino all’ascensore di servizio. Nel parcheggio sotterraneo gli attende Selim in compagnia di un altro robusto addetto, entrambi abbigliati con camicia bianca, occhiali cravatta e pantaloni neri. Si salutano sommariamente e salgono tutti in una Station Wagon nera con vetri opacizzati. Si chiudono le portiere e il grosso veicolo parte attaccando con decisione la rampa verso la strada. Prendono la Glenam Place districandosi nel composto traffico cittadino proseguendo per la Colfax Avenue fino allo svincolo che porta allo stadio. Arrivando ai cancelli attraversano due ingressi con controlli e tifosi festanti. Wensley divertita si lascia andare ridendo compiaciuta osservando il mondo fuori dai finestrini. Superano i vialetti adiacenti lo stadio e scendono nel buio sotterraneo di servizio. Si fermano davanti all’ingresso numero due dove si fa largo Selim e altri uomini dello staff tutti vestiti allo stesso modo. Mr. Rogers scende e saluta con il solito cenno della mano, poi la tende a Wensley mentre dice al suo assistente:
– Dopo che hai sistemato la bestia sali su se vuoi.
– Grazie Mister Rogers aspetto qui, oggi devo rispettare il protocollo, non voglio beghe con Mister Pryus. Tanto con i ragazzi ce la vediamo qua sullo schermone.
Con gesti cortesi ma decisi lo staff conduce la comitiva fin dentro lo spazioso ascensore. Prima di chiudere le porte il responsabile del gruppo si porta una mano sull’orecchio sinistro spingendo sull’auricolare e comunicando ad alta voce:
– Okay fase bi conclusa. Ora si sale al piano come da programma.
Wensley guarda Mr. Rogers incuriosita dalle procedure e dalla pacata agitazione intorno a loro. Si chiudono le porte e commenta a bassa voce circospetta:
– Ma guarda un po’… cosa deve succedere per una partita di football, non ti sembra un po’ troppo? Tutti questi ragazzi…
– Può darsi… anzi no, hai ragione, è insopportabile.
All’improvviso si spalancano le porte in un rumoroso salone davanti ad un variopinto gruppo di uomini che si girano verso loro con curiosità. Il responsabile del team reagisce subito, si porta la mano all’orecchio e comunica ancora con la centrale:
– Joe ascolta, dovevamo sbarcare direttamente nel secondo livello. Perché siamo finiti al terzo?
Si fa avanti uno degli uomini del gruppo col sorriso amicante allargando le braccia.
– Wiiilliam Roogers… che piacere di rivederti! Quanto tempo!
Mr. Rogers riconosce Francis Wellace, anziano imprenditore industriale suo conoscente. Prima di varcare la soglia dell’ascensore il responsabile va incontro al Wellace e lo ferma con una mano:
– Signore ci scusi, abbiamo sbagliato livello. Mi scuso ma devo chiudere.
L’uomo lo scansa con lo sguardo, alza un dito della mano e si rivolge direttamente a Mr. Rogers.
– Ma figurati se non posso salutare il buon caro William Rogers Mac Fyreland. William, mi permetti un attimo?
Mr. Rogers si rivolge al capo comitiva ed esce dall’ascensore.
– Scusate un attimo che saluto l’amico.
Il resto del gruppo con intorno assistenti e guardaspalle in allerta costante segue il Wellace avvicinandosi all’uscita dell’ascensore esprimendosi a gran voce, costringendo gli accompagnatori di Mr. Rogers a interporsi vigorosamente tra lui e i vari soggetti. Mr. Rogers riconosce alcuni dei volti dell’invadente gruppo e mani sui fianchi petto in fuori si para davanti con un ostentato gesto di sfida.
– Non vorrete mica sparare a un povero vecchio disarmato eh?
Il gruppo si scioglie in una risata e Mr. Rogers inizia a salutare con strette di mano chiamando alcuni per nome:
Francis Wellace, felice di rivederti. Come stai, come vanno le cose.
– Benone Willy, i soliti acciacchi, e te come te la passi.
– Eh, siam sempre vivi e al piede del cannone. Pronti per la partita. I Patriots vanno forte quest’anno eh? Come mai sei qui oggi?
– Sono stato invitato da John Elmott e dal Mercant, c’era la possibilità di incontrarti a casa tua e allora…
Altri personaggi del gruppo superano la resistenza degli uomini di servizio e gli interrompono presentandosi.
– Salve William Rogers, sono Boby Mercant, ci siamo incontrati quindici anni fa nella sua città durante il Simposio Spaziale, forse si ricorderà di me.
– Mah, sì, potrei ricordare…
– Le presento Jimmy Mc Barney, e forse già conosce Berth Marcinius.
– Salve signor Marcinius, ma di Jimmy conosco bene la sua traiettoria in aeronautica. Come va con il settetresette? Un bel guaio eh? Ah, ma guarda chi c’è, Irving, come stanno i suoi genitori? Tempo che non so più niente di lei dov’era finito… e che ci fa qui? Se non ricordo male voi tifate per i Rams, eh? Ragazzi, qui la partita dei Broncos sta per incominciare e bisogna affrettarsi.
Il Mercant lo incalza mentre si fanno avanti altri componenti del gruppo:
– Sì Mister Rogers, non siamo venuti solo per la partita, ci sono tanti altri amici che desiderano incontrarla…
– Salve Mister William, sono Therence Flakroad, avrà sentito parlare di me, mi occupo di investimenti. Le presento Stephen Tracy, stretto collaboratore del Presidente.
Stephen Tracy, uomo giovane dall’espressione sardonica e gli occhi arrossati saluta tagliente:
– Come sta William Rogers, ringrazio Boby per l’invito. Occasione da cogliere al volo per conoscerla finalmente di persona.
– Piacere anche mio. E tutti quanti voi qua per vedere i Broncos? E che si racconta alla Casa Bianca.
– Appunto! Siamo a Denver per questa partita, ma eravamo tutti pronti per l’altra partita che si doveva tenere questa settimana in Washington. Incontrare lei e i suoi uomini è fondamentale e siamo ansiosi di sapere il motivo del rifiuto. Sono qui anche per manifestarle la delusione del nostro Presidente per il ritardo che si sta producendo in questo settore. Ecco perché siamo qui.
Con calma Mr. Rogers si toglie il berretto e risponde al suo interlocutore scandendo le parole.
– Caro signor Tracy, che onore. Non credevo che ci tenevate così tanto alla nostra organizzazione. Ci stiamo lavorando, la partita è sempre aperta, abbiamo delle perplessità e ci dobbiamo senz’altro confrontare seriamente. Questione di giorni.
– Caro signor Rogers, state giocando da soli ma il tempo è finito ormai.
– Signor Tracy io non so quale sarà la sua squadra del cuore ma qui la partita sta per incominciare e vogliamo seguirla fin dal primo calcio. Chiedo venia a tutti, continuiamo a trattare queste cose nelle giuste sedi, siamo in un corridoio da stadio e io sono con una ospite importante per seguire il match…
Lo interrompe Stephen Tracy avvicinandosi con gesto irruente insieme ad altri del gruppo che alzano ancora il tono di voce:
– No mister Rogers! Ci avete preso in giro abbastanza, lei ci deve dare una risposta subito! Vogliamo sapere se ci state o non ci state a giocare fino in fondo! Non siamo
disponibili a perdere altro tempo!
Il responsabile dello staff s’interpone tra i due invitando Mr. Rogers a rientrare nell’ascensore, non potendo evitare che il Tracy lo tiri per la giacca urlando come un ossesso:
Ma chi ti credi di essere William Rogers! Vecchio snob, anti patriota! Andremo avanti con o senza di te! Anche il Munch verrà con noi!
Si forma un tira e molla che coinvolge i membri dei vari servizi richiamando l’attenzione di tutti i presenti nel salone West. Wensley che ha seguito la scena impassibile reagisce di scatto, esce dall’ascensore facendosi largo tra gli uomini della scorta inveendo anche lei contro il Tracy.
– Ma scusi che cosa fa! Lo lasci stare! Come si permette!…
Il Tracy lascia andare Mr. Rogers e si rivolge con lo sguardo pieno di rabbia verso Wensley.
– E tu chi sei? La sanguisuga di turno!
In un attimo lei piega all’indietro il braccio destro e con la borsetta sferra al Tracy un colpo in pieno volto che gli fa perdere l’equilibrio e piombare rovinosamente per terra. Intervengono tutti gli uomini dei servizi generando un grande parapiglia che tra insulti e grida faticano a contenere.
Daniel Rojas Chaigneau – Firenze, 2021 – ©
Ogni rassomiglianza con luoghi ed eventi, persone viventi o defunte, nomi e personaggi
sono opera di fantasia dell’autore.
Emme Panto Salu
He leído a sipnosis, me parece muy interesante el libro, ya lo quiero tener en manos mías.