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Sveglia, PMI!

Sveglia, PMI!
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Le PMI italiane, cioè le aziende fino a 249 dipendenti, rappresentano la spina dorsale dell’economia del Paese. Tuttavia, nonostante la loro importanza, la loro produttività è in calo da diversi anni. Rivolgendosi direttamente ai CEO di queste aziende, il libro vuole fornire una guida pratica e accessibile per trasformare le PMI italiane in circoli virtuosi in grado di crescere in modo sostenibile.

Perché ho scritto questo libro?

Credo che nel nostro Paese ci sia un deficit culturale a livello aziendale. Il tessuto imprenditoriale italiano è prevalentemente costituito da piccole aziende che non hanno gli strumenti per innovarsi o semplicemente non vogliono farlo perché vige il mantra “abbiamo sempre fatto così”. Il mio libro vuole, forse presuntuosamente, mostrare che esiste un altro modo di fare impresa, più innovativo, più produttivo e più sostenibile (da tutti i punti di vista).

ANTEPRIMA NON EDITATA

Le PMI italiane si trovano di fronte a un bivio: continuare ad aderire a vecchi modelli di business e metodi tradizionali, o evolvere e adottare nuove pratiche per rimanere competitive nel mercato globale. In questo capitolo, discuteremo la situazione attuale delle PMI italiane e la necessità di abbandonare i vecchi schemi per abbracciare il cambiamento e adottare metodologie più innovative.

Le PMI italiane, cioè le aziende fino a 249 dipendenti, rappresentano la spina dorsale dell’economia del Paese, costituendo oltre il 97% delle imprese italiane e dando lavoro a circa il 70% della forza lavoro (1). Tuttavia, nonostante la loro importanza, la produttività delle PMI italiane è in calo da diversi anni. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, tra il 2008 e il 2021, la produttività delle PMI italiane è diminuita del 5,8%, mentre quella delle grandi imprese è aumentata del 5,5% (2). I dati sono ancora più allarmanti per quanto riguarda il Sud Italia, dove si rileva una scarsa presenza di imprese di dimensioni medie e grandi e una maggiore specializzazione in comparti a minore contenuto tecnologico e di conoscenza (3).
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Uno dei principali fattori che contribuiscono a questa situazione è la scarsa propensione all’innovazione e all’adozione di nuove tecnologie. Secondo un’indagine condotta dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), l’Italia si colloca al 23° posto tra i 36 paesi membri in termini di innovazione nelle PMI (4). Inoltre, solo il 13% delle PMI italiane ha adottato tecnologie digitali avanzate, un dato nettamente inferiore alla media dell’UE del 17% (5).

Il report Istat del 2021 sulla trasformazione digitale in Italia evidenza metriche altalenanti: sebbene il 78% delle imprese italiane con almeno dieci addetti si connette a Internet in banda larga ad una velocità di download maggiore o uguale a 30 Mbit/s, emerge che solo il 6% di tali imprese adopera una tecnologia di intelligenza artificiale. Il punto dolente, che appare più volte rimarcato nel rapporto, è che le aziende italiane siano molto ben strutturate su tecnologie di basso livello, mentre sulla digitalizzazione di strumenti ad alto contenuto innovativo, sono carenti o del tutto sprovviste (6).

Questa riluttanza a innovare è in parte dovuta alla mancanza di competenze digitali e alla carenza di personale qualificato. Secondo il World Economic Forum, l’Italia si trova al 29° posto su 141 paesi per quanto riguarda le competenze digitali della forza lavoro (7). Inoltre, un recente rapporto dell’OCSE ha rilevato che solo il 44% degli italiani ha competenze digitali di base, rispetto al 54% nella media dell’OCSE (8).

La burocrazia e l’accesso limitato al finanziamento sono altri due ostacoli che impediscono alle PMI italiane di innovare e crescere. L’Italia si colloca al 58° posto su 190 paesi nel rap- porto Doing Business 2020 della Banca Mondiale, con particolari difficoltà nelle aree di avvio di nuove imprese, ottenimento di permessi di costruzione e accesso al credito (9).

Infine, un’altra criticità è rappresentata dalla scarsa internazionalizzazione: le PMI italiane sono meno internazionalizzate rispetto alle PMI di altri Paesi europei, in parte a causa della dimensione ridotta delle imprese e della mancanza di competenze specifiche. Nel 2021, solo il 34% delle PMI italiane esportava i propri prodotti e servizi, rispetto al 48% delle PMI tedesche (10).

In una fase come quella attuale, caratterizzata da una forte incertezza sugli scenari economici futuri e nella quale sono ancora evidenti gli effetti di due anni di crisi profondissima, i limiti strutturali delle nostre PMI appaiono quanto mai evidenti e rischiosi per la tenuta del sistema di fronte alle nuove criticità generate dai recenti eventi bellici e dalla crisi degli approvvigionamenti di materie prime, in particolare energetiche. Criticità strutturali e congiunturali definiscono un quadro in cui è necessario agire con interventi diversificati, ma parimenti efficaci e soprattutto dedicati al sostegno della competitività delle imprese, vero motore per la ripresa del Paese (11).

Data questa situazione, è evidente che le PMI italiane devono abbandonare i vecchi schemi e abbracciare il cambiamento per affrontare le sfide di un mercato in costante evoluzione. Come vedremo nel corso del libro, questo comporta implementare metodologie innovative, alzare il livello di competenza all’interno delle aziende, soprattutto in chiave digitale, e promuovere un vero e proprio cambio culturale. L’obiettivo finale è trasformare le imprese italiane in circoli virtuosi in grado di crescere in modo sostenibile, cioè diventando più efficienti, innovative e competitive.

1 – Istat, Imprese e lavoro, 2021

2 – Istat, Produttività e competitività dell’economia italiana, 2021

3 – Istat, Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, 2022

4 – OCSE, Indicatore di innovazione nelle PMI, 2021

5 – Eurostat, Adoption of advanced digital technologies by enterprises, 2021

7 – World Economic Forum, The Global Competitiveness Report 2019, 2019

8 – OCSE, Skills Matter: Additional Results from the Survey of Adult Skills, 2021

9 – Banca Mondiale, Doing Business Report 2020, 2020

10 – Eurostat, International trade in goods by enterprise size, 2021

11 – Confindustria e Cerved, Rapporto regionale PMI, 2022

 

 

 

 

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Gian Maria Rizzi
Mi occupo di marketing e comunicazione da 19 anni. Ho lavorato in agenzie pubblicitarie a Milano, Pordenone e Udine, e da 10 anni sono Responsabile Marketing di un'azienda metalmeccanica friulana con una forte presenza internazionale. Da quando sono diventato padre, 14 anni fa, il futuro è diventato molto più interessante. Per questo, mi sono appassionato a temi come innovazione, trasformazione digitale e sostenibilità. Nel tempo libero, ascolto musica, guardo film e scrivo sul mio blog: www.gianmariarizzi.it. Questo è il mio primo libro.
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