Stamattina quindi, senza sapere che fosse il Blue Monday mi sono svegliato con un leggero male di vivere. Come quello che si provava da bambini il lunedì mattina, convinto che ti sarebbe toccata un’interrogazione di matematica. Quando a colazione guardavi Papà Castoro oppure i titoli di testa del TG5 con quella sigla raccapricciante e in alternativa al suicidio poggiavi il termometro sulla lampadina. A pensarci ora con queste lampade a led è difficile raggiungere i trentasette gradi. Tutta questa tecnologia non fa altro che rendere la vita più difficile alle nuove generazioni.
Mi alzo dal letto, prendo in braccio il mio malessere da Blue Monday e faccio colazione. Non cerco di evitarlo ma preparo un caffè anche a lui visto che mi accompagnerà per tutta la giornata.
– Come hai detto che lo vuoi? Amaro? Pure freddo? Immaginavo, caro Blue Monday. Ecco a te il tuo caffè!
Mi lavo i denti e dopo li lavo anche a lui. Lo sistemo sul sedile posteriore facendo attenzione ad allacciargli correttamente la cintura di sicurezza. Arrivo a lavoro incredibilmente in ritardo, salto fuori dall’auto e nel parcheggio incontro la mia collega che mi informa che oggi è il Blue Monday.
“Lo ha scoperto uno psicologo tramite un algoritmo complicatissimo”, dice.
In genere alla parola algoritmo mi si chiude il cervello come capitava durante le interrogazioni di matematica citate sopra. Allora ci ragiono con semplicità senza algoritmi e senza essere uno scienziato. Amo dimostrare le cose in maniera semplice perché sono alla portata di tutti.
Quindi mi chiedo perché il giorno più triste dell’anno dovrebbe cadere in gennaio?
Gennaio è un mese terribile per definizione. Fa freddo, sei in pieno inverno e hai ripreso a lavorare dopo pochi giorni di vacanza che ti hanno intontito al posto di rigenerarti. Quando ti guardi allo specchio vedi la tua pancia gonfia da far schifo, vittima dei panettoni gastronomici che hai ingurgitato come un pellicano per due settimane nelle varie cene a cui la società ti impone di partecipare.
Ma è un mese terribile davvero per tutti, nessuno escluso. Prendi un bambino, lui riprende la scuola, le verifiche, ha l’ansia dei compiti a casa. Prendi uno studente universitario, ha gli esami e si chiuderà in casa per almeno due mesi dimenticando le priorità quotidiane della vita come lavarsi, pranzare e socializzare. Prendi un impiegato. Riprende a lavorare e dovrà rivedere il suo capo ogni giorno. Già questo è sufficiente. Prendi un libero professionista che dopo quattro giorni di festa non pagati è pieno di lavoro che neanche un cacciatore di taglie in un film di Sergio Leone. Prendi qualsiasi altra persona e proverà lo stesso identico malessere. Parliamo invece del trauma dell’Epifania. Può mai essere considerata festa una festa dove il giorno dopo sei in ufficio? Come fai a goderti per davvero l’Epifania? L’Epifania concentra l’ansia di tutti i lunedì del mondo in un solo giorno. L’Epifania è una domenica sera che non ha mai smesso di sognare. Una festa è davvero una festa se dopo la festa c’è un’altra festa. Non credete? Ok, forse Leopardi spiega meglio questo concetto ne Il sabato del villaggio, ma erano altri tempi. Per non parlare delle prossime vacanze poi. Quando saranno?
E il mese lo abbiamo scelto. Ora dobbiamo scegliere il giorno, ma anche qui è abbastanza chiaro per tutti che il giorno per antonomasia sia lui. Bisogna solo scegliere fra quattro lunedì.
Il primo lunedì di gennaio? Non credo. Siamo quasi tutti in ferie e ancora ce la godiamo. Il secondo lunedì del mese? Nemmeno. C’è la novità del rientro. Ognuno ha la frenesia di raccontare ai colleghi quanto sia stato bello fare il pellicano per due settimane e non sei ancora rientrato nella triste realtà della tua vita.
Il terzo lunedì? B I N G O.
Ma perché proprio il terzo lunedì del mese? Perché tutto è tornato tristemente normale, le vacanze di Natale sono ormai dimenticate e le prossime vacanze sono più lontane di tua zia che vive in Nuova Zelanda. Per non parlare dei soldi. Hai speso troppo, come ogni anno. E come ogni anno ti eri promesso di non spendere così tanto. Il prossimo stipendio è ancora lontano, vicino di casa della zia neozelandese, il tuo saldo in banca è ai minimi storici e la tua tredicesima è transitata sul conto corrente più veloce di Usain Bolt ai mondiali di atletica del 2009.
Ci voleva un algoritmo? Ci voleva uno scienziato? E poi chi ha detto che il terzo lunedì di gennaio bisogna per forza sentirsi tristi? Oggi è stata una giornata stupenda, serena e senza particolari pensieri negativi.
Ma solo perché ho dimenticato il mio Blue Monday sul sedile posteriore dell’auto, con la cintura correttamente allacciata.
Lithops
Romeo mi sveglia la domenica mattina. Audio di quattro minuti. Illegale in almeno dodici paesi. Mi sta raggiungendo. È disperato.
Giulia lo ha mollato dopo sette lunghi anni. Così da un giorno all’altro. Senza un preavviso minimo contrattuale, senza una pillola da digerire in un tempo prestabilito, che ne so, un mese, due settimane?
Forse dipende dal Contratto Collettivo Nazionale dell’Amore. Non ricordo la riforma cosa dica di preciso, ma dopo il caffè andrò a controllare.
L’audio non è ancora terminato quando Romeo, invece di reclamarmi sul balcone come ci si aspetterebbe da uno con il suo nome, suona il citofono.
– Ha detto che non è più innamorata.
– E quando è accaduto?
– Deve essere stato quella volta che non l’ho portata all’Ikea, oppure quella domenica sera che abbiamo saltato la rubrica pizza e film perché ho fatto tardi con gli altri. È assurdo che non me lo abbia detto prima che accadesse o mentre stava per accadere. Avrei fatto sicuramente qualcosa per evitarlo.
– E che cosa avresti fatto, sentiamo.
– Non lo so, l’avrei portata fuori a cena più spesso, l’avrei coccolata di più o avrei prenotato un viaggio.
– E pensi che questo sarebbe bastato?
– Non lo so.
– Secondo me non sarebbe bastato. Romeo, io non voglio essere duro, ma ci sono passato e quando uno si stufa e l’amore finisce c’è poco da fare. L’ultima cosa che si ha voglia di fare è consultare l’altro per capire cosa migliorare. È come chiedere al tuo capo un aumento quando hai capito già che vorresti cambiare lavoro e comunque l’aumento non basterebbe a trattenerti.
– È come se in tutti questi mesi ci avesse guardato sbagliare senza muovere un dito, e ora ho la sensazione di non poter più tornare indietro. Un minuto prima ero l’attore protagonista e ora sono uno spettatore qualunque. Non mi sono mai sentito così preso in giro e così inutile allo stesso tempo.
– Sai cosa mi ricorda una storia che finisce?
– Uno schifo disumano?
– Anche, ma oltre a quello mi ricorda le Lithops. Le Lithops sono piante grasse, succulente nello specifico. Quando ti accorgi che una Lithops sta male, nel senso che sta marcendo o è troppo secca non c’è più niente da fare. Morirà e basta. Non puoi tornare indietro. Alla Lithops serve la giusta combinazione di acqua, ossigeno, luce e ombra. Un’alchimia perfetta per far funzionare tutto. Un qualcosa in più del dovuto fra questi ingredienti e la pianta diventa un ammasso gelatinoso fino a marcire o si rinsecchisce fino a scomparire. Così è l’amore. Quando non c’è un equilibrio che si fonda su più cose, l’amore marcisce o rinsecchisce. Poco importa se uno o l’altro. L’amore muore. Capisci Romeo?
Romeo mi guarda con una faccia perplessa mentre accenna un sorriso poco convinto e polemizza:
– Ma dove ti vengono in mente queste stronzate?
– Lo sai che le piante grasse mi sono sempre interessate. Hanno bisogno di poca cura e attenzioni e sono affascinanti.
– Eccetto le Lithops, puntualizza lui.
– Magari le Lithops muoiono per le troppe attenzioni invece.
Oggi però decido di fermarmi qui con i miei studi di botanica applicata ai sentimenti.
– Comunque, ha fatto una cazzata. Non si rende conto di quello che ha perso e sono sicuro che ci sia già un altro.
– Ma figurati, Giulia che ha già un altro? E quando lo avrebbe conosciuto?
– Sarà quello stronzo del suo collega.
– Maledetti colleghi, sono sempre là a fotterti le donne.
– Stai zitto tu, che le tue ultime cinque fidanzate erano tue colleghe.
– Hai ragione, ma il problema era che ho sempre avuto lo stesso lavoro, che poi ho dovuto cambiare perché le future ex erano terminate.
Stavolta Romeo accenna una risata che neanche l’imminente tragedia riesce a fermare.
– Se tornerà e sono sicuro che lo farà, sarà troppo tardi.
– Romeo, Giulia non tornerà. Non tornerà perché ha fatto quello che si sentiva di fare. Magari ci ha pensato per mesi e a te lo ha detto in tre minuti. Ha seguito il suo istinto, le sue voglie e in questi momenti il giusto e lo sbagliato sono concetti astratti.
– Ok, insiste Romeo – In maniera astratta ha sbagliato! E quando tornerà sarà troppo tardi!
– Romeo, Giulia non tornerà. Perché per sua fortuna e per la tua non tornerà mai sui suoi passi. Ha fatto una scelta leggera e istintiva ai nostri occhi, che ripeto, non vuol dire essere sbagliata per forza. Ma le persone così non tornano. Non tornano perché non pensano, non vogliono pensare a “cosa sarebbe stato se”. Fanno le cose e basta. Non tutti sono riflessivi e profondi. Cosa che a volte potrebbe essere anche un bene. Rimarrà nell’ignoranza tutta la vita senza porsi alcun dubbio e questa sarà anche la tua fortuna. Perché devi iniziare a dimenticarla. Da ora, da subito. Devi dimenticarla per te stesso e la sicurezza che non tornerà sarà la tua forza per ripartire.
– Ma mi ha appena lasciato! Come posso iniziare da subito a dimenticarla?
– Essere lasciati. Ci pensi mai a quanto sia orrenda questa espressione? Le persone non possono essere “lasciate”. Gli oggetti possono essere lasciati. Su una panchina, in un cestino, sulla strada. Noi per fortuna non siamo oggetti, siamo persone vive che si muovono e fanno quello che credono. Ha semplicemente deciso di non condividere più la sua vita con la tua.
– Ecco, questo si intende per essere lasciati.
– E va bene, ti ha lasciato a te stesso. E non c’è fortuna migliore.
– Ma perché così ripeto io? Perché ci si lascia sempre con questa fretta e con questa mancanza di rispetto verso l’altro? Come se sette anni si possano chiudere in un minuto. Ci siamo sopportati, abbiamo litigato, ci siamo divertiti, siamo cresciuti insieme e abbiamo avuto tanta pazienza. Perché non averne anche ora? Anche quando lasci un lavoro hai un preavviso calcolato in base al tempo in cui sei stato fedele all’azienda. Perché non dovrebbe essere così anche in amore?
– Cosa avrebbe dovuto fare? Indorarti la pillola? Dirti che ti lascia mentre fate l’amore o mentre siete fuori a cena con una candela accesa sul tavolo? Non c’è mai un bel modo di lasciare. Ci si lascia sempre nel peggiore dei modi. Perché quando ci si lascia fa tutto schifo e non si sopporta più l’altro. Ma poi alla fine proprio tutto schifo non fa e quindi si ha paura di star male e si tende a tagliare in fretta perché anche chi lascia non vuole soffrire.
– Si soffre in ogni caso.
– Adesso mi insulterai ma questa cosa te la devo dire. Sono certo che i mesi che verranno saranno i più belli della tua vita e fra un po’ di tempo saremo qui a parlare di quanto tu sia più sereno, propositivo e presente a te stesso.
– Grazie, ma se non ti dispiace ora vorrei godermi il presente. Adesso voglio solo fare la Lithops, ma ho solo un unico dubbio.
– Quale?
– Marcire o seccare.
marychi80-5011
Dopo aver letto le prime tre pagine, non ho potuto fare a memo di leggerlo tutto di un fiato. La cosa più bella? Niente teorie, solo un ragazzo che si è messo in campo con i suoi dubbi, le sue discussioni e le sue incertezze. Divertente, serio mai banale.Lo consiglio.
FRANCESCA BARAGIOLA (proprietario verificato)
Mi è piaciuto! Racconti scorrevoli e piacevoli sulle “cose della vita”. Fa sorridere, fa riflettere, lascia un po’ di amaro in bocca ma anche un po’ di speranza nel fatto che, alla fine, ce la possiamo fare a sopravvivere 😁… Forse.
Francesca Orlandi (proprietario verificato)
Leggendo l’anteprima sembra pane per i denti di una cinica romantica come me. Tutto quello che ciascuno di noi pensa delle cose della vita, ma messe su carta…in modo così semplice, ma dannatamente vero e dissacrante. Non vedo lora di leggerlo…
Pietro olmo Rinoldi (proprietario verificato)
Citando Bukowwski: An intellectual says a simple thing in a hard way. An artist says a hard thing in a simple way.
Un libro coinvolgente, a tratti agrodolce e con un mordente degno di un manifesto generazionale.
Da leggere per trovare cose semplici dette con durezza ma anche cose dure dette con leggerezza; task affatto non scontata.
Roberto Saleri (proprietario verificato)
Un libro coinvolgente e piacevole capace di strappare una risata ma anche di fare riflettere, con tanti racconti che scorrono veloci uno dopo l’altro e in almeno uno dei quali ognuno di noi riesce a riconoscersi e ad immedesimarsi con l’autore.
Ivana Marino (proprietario verificato)
Autore e libro scoperto per caso e mai nessuna casualità fu più fortunata! Le pagine scorrono veloci
, leggere ma lasciano spazio a riflessioni ben più profonde! Consigliatissimo
Matteo Bosisio (proprietario verificato)
Una raccolta di racconti piena di umili verità e cinismo, un libro introspettivo e razionalmente leggero. Che vi farà scoprire cose che già sapevate, a cui però non avete mai pensato