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Tales of Fantàsia

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La storia di Fantàsia la si può riassumere con il detto “Ognuno di noi sta combattendo una battaglia”.

Ciò che si intende sono appunto le insidie e le difficoltà che ogni persona che ci sta attorno deve affrontare ogni giorno, chi più faticose e chi più semplici, ma non da sottovalutare.
i personaggi che si incontreranno in queste pagine affrontano delle sfide che li porteranno di fronte a dei bivi; dovranno compiere scelte e decidere chi vorranno essere; come il caro Ray, il caro e testardo Ray, la cui volontà e più forte di qualsiasi altra cosa.
L’esempio che si può prendere è quello di non dubitare mai delle proprie forze, ma allo stesso tempo di riconoscere che alcune volte si può chiedere una mano, senza sentirsi deboli!

Perché ho scritto questo libro?

Inizialmente, questa storia sembrava essere un passatempo come un altro per riempire i momenti di noia; pian piano però, ho iniziato a dedicarci tutto me stesso ed era un qualcosa di più di un semplice hobby: è diventato un modo di esprimermi, di entrare nel mio mondo, con il desiderio di condividerlo con altre persone nel miglior modo possibile.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

CAPITOLO 1: L’INIZIO

“Buongiorno piccolo eroe!” disse una donna con una voce delicata e gentile, avvicinandosi al viso di un piccolo bambino di quasi nove anni sdraiato nel letto.

“Ciao mamma!” urlò di gioia Ray saltando in piedi sul letto.

“Come stai oggi?” chiese Isabella, sua madre.

“Sto bene mammina!” gli rispose Ray balzando giù dal letto quasi cadendo per terra. Era un bambino molto vivace e aveva sempre un bellissimo sorriso stampato sul viso; era di bassa statura, con dei lisci capelli color arancione tigre che gli coprivano un po’ le orecchie e con due bellissimi occhi color giallo oro. Sua madre invece era una donna bellissima di media statura, magra, con i capelli di colore blu scuro, che si avvicinavano al nero, e due occhi rosso acceso.

“Dai vestiti che oggi si torna a casa!” disse Isabella a Ray, porgendogli i vestiti. “Ora vado in cucina da papà, appena ti sarai vestito raggiungici anche te che la colazione è pronta”.

Ray si vestì in fretta e furia, poi si girò a guardare un’ultima volta dal balcone del loro residence: si trovavano nella città di Dorado, in Portorico; il sole era alto e la sua luce si distribuiva incantevolmente sul mare, si girò a guardare l’orologio, erano le 8:15 del 20 settembre 2002. Andò in cucina dai suoi genitori, stavano parlando di qualcosa a bassa voce, Ray provò ad origliare, ma non capiva quasi niente, parlavano troppo a bassa voce che Ray dovette quasi entrare dentro la cucina per cercare di sentire qualcosa. Aprì la porta piano piano, erano vicinissimi e si stavano stringendo le mani mentre le uova sfrigolavano nella padella.

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“EEEWW! Vi stavate baciando!” disse Ray a voce alta rivolto ai suoi genitori. Si girarono di scatto fissando Ray come se avessero visto un fantasma.

“Eh sì, ci hai beccati Ray!” disse Adam, suo padre, lui era un uomo alto e robusto, faceva l’operaio di professione, con anche lui dei bellissimi capelli arancioni come il figlio, che però teneva corti con un ciuffo disordinato, aveva gli occhi verde smeraldo.

“Adesso però è il tuo turno! Vieni qui!” e iniziò a rincorrerlo per la cucina.

“NO! LASCIAMI!” urlava Ray mentre suo padre continuava a inseguirlo.

“Va bene, basta così adesso, se no dovremo subirci le lamentele dei nostri vicini di sotto per il casino” disse Isabella ridendo, gli servì la colazione e si sedette con loro a tavola.

Finita la colazione decisero di fare un’ultima passeggiata per la città di Dorado. “Aspettate! Mi sono dimenticata il cappello!”, era un cappello di paglia molto comodo che aveva comprato il giorno prima in un negozio vicino al loro residence. Quindi se lo mise in testa e si chiuse la porta della camera alle spalle.

Uscirono dall’appartamento, erano più o meno le 10.  “Io allora vado a fare delle commissioni” disse Adam. “Va bene, noi invece andiamo a comprare qualche souvenir e poi ci facciamo una passeggiata lungo mare, ci raggiungi appena hai finito amore?” chiese Isabella. “Senz’altro” le rispose Adam, dandole un bacio sulle labbra. “Di nuovo?!” chiese Ray irritato.

Isabella e Ray entrarono in qualche negozio e comprarono dei souvenir. “Hai visto che carini questi due, mamma?” disse euforico Ray a sua madre, mentre uscivano dal negozio.

“Sì, sono molto carini tesorino!” disse Isabella.

“Anche se questo non è così bello, vero mamma?”

Non rispose.

“Mamma?” insistette Ray girandosi verso di lei e tirandole la manica della camicetta, ma lei non rispondeva, continuava a fissare davanti a sé con gli occhi sgranati. Era pietrificata, Ray continuava a cercare di capire dove stesse guardando, ma non vedeva assolutamente niente.

“Mamma? …mamma cosa stai guardando?’ chiese Ray che iniziava a spaventarsi.

“Mamma?”.

Nello stesso istante arrivò un leggero venticello che fece volare il cappello di Isabella per terra. Ray lo rincorse cercando di afferrarlo.

“Ti ho preso!” esultò Ray quando finalmente riuscì a prendere il cappello. Si girò per riconsegnare il cappello a sua madre, ma non la vide più. Iniziò ad agitarsi, le gambe gli tremavano, il cuore batteva all’impazzata, gli occhi si stavano riempiendo di lacrime. Improvvisamente venne colpito da qualcosa: era un uomo vestito con una giacca lunga di color bianco e un capello simile a quello del detective che vedeva tutte le mattine in televisione nel suo cartone animato preferito.

“Spostati moccioso!” disse con un tono cattivo l’uomo vestito di bianco, mentre era per terra la paura di Ray fu sostituita da dei dubbi e pensieri:

Perché era stato così maleducato quell’uomo?”. “Perché non mi ha aiutato a rialzarmi?”. “Ma soprattutto, perché quell’uomo indossava una giacca lunga e quel cappello quando ci saranno stati quasi 30 gradi?”.

Ma tutti i suoi pensieri si dissolsero quando udì la voce di sua madre, sentì un enorme sollievo, si girò e la vide corrergli incontro.

“Tesoro stai bene?! Mi stavo preoccupando, mi sono girata e non ti ho più visto, oh Ray, menomale che stai bene!” esclamò Isabella abbracciandolo.

“Mi raccomando non ti allontanare più in questo modo è chiaro?”.

Non capiva se stesse scherzando oppure se fosse seria, voglio dire, 5 minuti prima lei era lì ferma immobile che fissava il vuoto, ma Ray decise di non parlargliene in quel momento, si limitò ad un sorriso seguito da una risata. Si rialzò e continuò a camminare con sua madre.

Ad un certo punto incontrarono Adam, di ritorno dalle commissioni. “Ecco la mia famiglia!” esclamò “Allora cosa avete preso per i nonni?”, Ray tirò fuori dal sacchetto delle calamite, una era a forma di nave colorata di blu elettrico, con tre vele bianche, sopra alla barca c’era scritto ‘Puerto Rico’, l’altra invece era a forma di rana con su scritto ‘Dorado’ in caratteri d’oro. “Veramente bellissime Ray!” disse Adam dandogli una pacca sulla testa. “Hey Ray!” esclamò Isabella “Che ne dici di raccogliere delle conchiglie mentre siamo qui in spiaggia?” gli propose. “Sì certo!” rispose tutto contento.

Mentre si avvicinava all’acqua notò con la coda dell’occhio che i suoi genitori stavano discutendo di nuovo a bassa voce, ma stavolta non ci fece caso e si mise a cercare tutte le conchiglie più belle.

Durante il pranzo continuarono a parlare come se la mattinata fosse stata una qualunque tranquilla mattinata.  Nel pomeriggio decisero di fare una dormitina in vista del viaggio che si sarebbe fatto la sera. Ad un certo punto però Ray si svegliò, doveva andare in bagno: il bagno era in fondo al corridoio vicino alla cucina, quindi passò davanti alla cucina. Al suo interno udì una voce, era quella di sua madre, stavolta Ray riuscì a capire cosa stesse dicendo. Sua madre aveva la voce tremante, ma non era sola, c’era un’altra voce, una voce da uomo, un tono di voce cattivo e profondo, simile a quello dell’uomo vestito di bianco di quella mattina, anzi no, ERA l’uomo vestito di bianco.

“Quindi…oggi?” chiese Isabella.

“Esattamente” disse quest’altra voce.

‘Cosa ci faceva nel loro Residence? Perché stava parlando con mamma? Di cosa stavano parlando?’ erano queste le domande che si stava ponendo Ray in quel momento.

Cercò di guardare attraverso la serratura, l’unica cosa che vedeva erano loro due che si parlavano. Aspettò ancora un po’, non riusciva a decidere se aprire la porta oppure rimanere fermo lì ad ascoltare fino a che quell’uomo non se ne fosse andato. Ebbe un lampo di genio, decise di andare a svegliare suo padre, lui avrebbe saputo cosa fare. Camminò silenziosamente per non farsi sentire e raggiunse la loro camera da letto, aprì la porta e saltò sul letto per svegliarlo. Ma suo padre non si mosse, stava ronfando alla grande. Allora Ray non esitò, corse verso la cucina e spalancò la porta. La stanza era vuota, non c’era neanche sua mamma, continuò perplesso a guardare la stanza, come se stesse aspettando che qualcuno comparisse magicamente davanti a lui, ma niente, fino a quando:

‘FLUSH’

Era lo scarico del gabinetto, Ray si girò di scatto e vide sua madre uscire dal bagno.

“Ray, tutto bene? perché hai quell’aria perplessa?”.

Non sapeva cosa rispondere.

“Devi andare in bagno per caso?”.

Allora Ray balbettando rispose: “S-sì, d-devo andare i-in b-bagno”.

“Va bene” disse Isabella sorridendo.

“Entra” aggiunse, spostandosi di lato e indicando la porta aperta del bagno.

Entrò dentro quasi di corsa, come se volesse rifugiarsi da sua madre. Finito quel che doveva fare, uscì dal bagno, ma c’era una sorpresa ad attenderlo, di nuovo Isabella, però stavolta aveva qualcosa di diverso, aveva un’aria spaventosa, i suoi occhi rossi sembravano brillare nell’ombra e aveva un sorriso agghiacciante.

“Hai finito Ray?” disse Isabella chinandosi verso di lui, la stava fissando paralizzato, voleva andarsene ma non ci riuscì, come se fosse bloccato lì da qualcosa che non vedeva.

“Perfetto” disse Isabella in tono calmo mantenendo il suo sorriso.

“Ti ho visto prima che sbirciavi dalla serratura sai?”

Si sentì come se lo avessero accusato di omicidio. “D-davvero?” era l’unica parola che gli uscì dalla bocca in quel momento.

“Sì!” esclamò sua mamma, “Mi sembrava di averti insegnato a farti i fatti tuoi, quello che è successo in cucina sono affari della mamma, è chiaro?”.

Ray deglutì e fece cenno di sì con la testa, dato che non riusciva a dire niente.

“Aww quanto ti adoro!” e se ne andò in camera da letto facendo l’occhiolino prima di chiudere la porta.

Ray rimase li paralizzato, ‘cosa diavolo è appena successo?’ pensò fra sé e sé, poi scosse la testa e ritornò nella camera da letto anche lui, entrambi i suoi genitori stavano dormendo; quindi, si rimise anche lui nel suo letto cercando di dormire e dimenticare l’accaduto.

Le ore rimanenti al loro volo di ritorno a casa passarono in un batter d’occhio, il check-in era previsto per le 8:30 di sera, arrivarono all’aeroporto di San Juan alle 6 e un quarto, nel mentre che aspettavano decisero di sedersi ad un tavolo del bar e prendere qualcosa da mangiare; Ray ordinò un enorme hamburger, che ovviamente dovette finirlo Adam; poi andò in bagno accompagnato da suo padre, mentre era in bagno continuò a pensare a quello che era successo durante la giornata:

‘i suoi genitori che parlavano tutto il tempo fra di loro, quell’uomo, mamma che… mamma che… mamma che cosa?’

Ray non riusciva a ricordare, come se un pezzo della giornata fosse stato rimosso dalla sua testa, provò a concentrarsi per ricordare quel che era successo in quel frangente di tempo cancellato dalla sua memoria, ma niente, l’unica cosa che riusciva a ricordare era che aveva dormito per tutto il pomeriggio e si era svegliato insieme ai suoi genitori per andare in aeroporto. Qualcuno bussò alla porta del bagno in cui era, si trattava di suo padre

“Ray? Tutto bene? Devi uscire dal bagno, c’è gente che aspetta!”.

“Si arrivo!” disse Ray, mentre tirava lo sciacquone sentì suo padre che si scusava con le altre persone in coda.

Usciti dal bagno raggiunsero Wanda che li stava aspettando con le valigie in mano “Forza che tra poco dobbiamo imbarcarci!” disse ansimando Wanda, presero i bagagli e si misero in fila ad aspettare di salire sull’aereo. Dopo una mezz’ora abbondante salirono finalmente a bordo, raggiunsero i loro sedili e si sedettero, Ray si trovava proprio in mezzo ai suoi genitori.

“Allora sei pronto a decollare?” gli chiese euforica sua madre. “SI!” rispose Ray con tutta la felicità che aveva e con il suo solito sorriso, intanto l’altoparlante diceva le regole di sicurezza, “Allacciare la cintura durante la partenza e l’arrivo” “Spegnere tutti i dispositivi elettronici durante il volo” “In caso di incidente i giubbotti salvavita sono sotto ai vostri sedili” e così via.

Qualche minuto dopo l’aereo stava partendo, ecco che accelerava, e in un attimo era in volo; Ray non riuscì a trattenere un urlo trionfante che fece ridere tutti i passeggeri, “Wow! hai visto?” gli chiese suo padre indicando le luci della città fuori dal finestrino, “Che bella vista!” esclamò invece sua madre.

“Vado un attimo in bagno”, disse Wanda a tutti e due, “D’accordo!” risposero all’unisono; Adam stava guardando fuori dal finestrino. Ray si sentì le palpebre pesanti, ma non aveva sonno, però decise di lasciarsi andare e di dormire; stava facendo un bellissimo sogno: lui era un cavaliere con una maestosa spada, che combatteva a fianco di una bellissima ragazza con due pistole laser, stavano combattendo contro tanti nemici comandati da un malvagio stregone che minacciava di dominare il mondo in cui vivevano, c’erano dei personaggi bizzarri all’interno del sogno, però non riusciva ad identificarli, l’unica cosa che sapeva è che avrebbero vinto la battaglia, perché era un cavaliere molto forte, ma ad un certo punto….

’WOOM’

Si sentì un suono che fece svegliare Ray di colpo assieme a tutti i passeggeri che stavano anche loro dormendo. C’era una figura al fondo del corridoio dell’aereo, aveva un’aura verde tutta intorno a lei. Si scatenò il panico, tutti iniziarono ad urlare.

“MAMMA È ANCORA IN BAGNO!” urlò Ray a suo padre, ma non lo stava ascoltando, era nel panico pure lui.

“PAPÀ CHE COSA FACCIAMO?!” gli chiese. Lui continuò a non rispondere, stava slacciandosi la cintura e stava prendendo il giubbotto salvavita da sotto il sedile di Ray per metterglielo.

“CRASH”

Quella strana figura creò un’onda d’urto colpendo l’aereo che iniziò a perdere quota e precipitare, tutte le persone a bordo urlarono ancora più forte, Adam aveva appena finito di mettere il giubbotto a Ray.

“RAY! MAMMA È BLOCCATA IN BAGNO E NON RIESCE AD USCIRE!” disse Adam agitato, si guardò intorno e poi si voltò di nuovo verso suo figlio. “RAY! FIGLIOLO! RICORDATI CHE MAMMA E PAPÀ TI VOGLIONO UN MONDO DI BENE, QUALUNQUE COSA ACCADA!”

Ray era terrorizzato, scoppiò in lacrime.

“QUALUNQUE COSA ACCADA IO E TUA MADRE SAREMO SEMPRE CON TE! FAI LE SCELTE GIUSTE!” disse Adam, e lo strinse forte a sé con le lacrime agli occhi. Intanto stava borbottando qualcosa, ma le urla dei passeggeri coprivano la voce di Adam.

Si sentì un altro rumore, come se l’aereo avesse scontrato contro qualcosa.

Ray aprì un occhio per vedere fuori dal finestrino e vide che l’aereo era sott’acqua, ma non stava galleggiando, stava continuando a cadere.

Ci fu una luce biancastra, l’aereo era come uscito dall’acqua, però erano da un’altra parte. In una frazione di secondo, dal finestrino, vide una strana isola con dei grattacieli altissimi, però era notte, quindi non vedeva alla perfezione l’esterno. Ray chiuse gli occhi.

Dopo qualche secondo, si schiantarono…fu un disastro, riaprì gli occhi, era su una spiaggia, alzò lo sguardo, c’erano pezzi di aereo dappertutto, si voltò per capire dove fosse: alle sue spalle si trovavano dei grattacieli altissimi. Si guardò intorno con gli occhi ancora lacrimanti, tutto l’equipaggio era morto.

Si voltò vide il corpo di suo padre steso qualche metro più in là di lui. gli corse incontro. “Papà…PAPÀ?!…PAPÀ!!!!”, ma suo padre non lo poteva sentire, era morto anche lui, disteso sulla sabbia. Lo abbracciò, “Papà…”, disse piangendo. Il corpo di sua madre invece non lo trovò da nessuna parte, c’erano dei corpi dispersi in acqua; quindi, presuppose che si trovasse in acqua.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Luca Magnaghi
Sono un ragazzo di 21 anni con una fervida immaginazione che mi permette di creare storie fantastiche e al di fuori dell'ordinario.
Sin da piccolo ho sempre sfruttato la mia fantasia per realizzare scenari che intrattenevano sia me che gli altri. Ma la mia immaginazione non è tutta farina del mio sacco, difatti oltre ad essere un sognatore ad occhi aperti, sono anche un nerd, con un interesse speciale per il cinema, fumetti, anime e videogiochi, questi mi hanno aiutato dandomi spunti per le mie storie, mentre gli ideatori di condotto sulla strada che sto iniziando a percorrere.
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