Ricordo che una volta mia madre mi disse: «Mia piccola Alexz, i tuoi meravigliosi occhi azzurri illuminano il mio cuore, seguilo sempre, lungo il tuo cammino nel mondo, perché tu sarai l’unico faro di speranza rimasto. Intuito, tenacia, coraggio, giustizia e amore, usa queste qualità e vivrai esperienze uniche. Dovrai saper affrontare tutto quello che verrà senza avere dubbi, è così che noi viviamo».
Certo, a ben pensarci, vedendo le cose da una prospettiva di pura normalità quelle frasi sembrano così assurde dette a una ragazzina di nemmeno dieci anni. Tuttavia, la parola “normale” non ha mai fatto parte della mia natura o della mia famiglia; forse è stato questo il problema maggiore: crescere con una realtà che non era affatto normale, non potersi confrontare. Tutt’oggi non so ancora quale delle due realtà io preferisca.
Le parole di mia madre mi risuonano ancora nella mente e, quando quella scia si palesa nella notte, mi sembra quasi di sentirla vicino a me, di percepire il suo calore, così, solo per pochi secondi, ogni singola notte, lei è lì con me. Devo ammettere che è quasi una consolazione, dopotutto non è facile stare soli, non poterne parlare con qualcuno; è straziante tenersi tutto dentro, fare finta di niente giorno dopo giorno. Quasi fa paura, man mano che vai avanti diventa tutto uguale, i giorni che passano diventano come un disco rotto che rimanda lo stesso suono o come un continuo déjà-vu. Dovrei essere la protagonista della mia vita, ma è diventata una commedia di teatro senza inizio né fine.
Vivo con Julie e con la sua famiglia sin dalla morte dei miei genitori. Lei è la mia migliore amica, è come una sorella, ormai.
Mi dice tutto, si confida, chiede giudizi e pareri, e di me invece è come se non sapesse nulla. La cosa più triste in tutto questo è proprio non poter dire niente, nemmeno a lei che si prende così tanto cura di me, tutti i giorni, da allora. Le uniche persone che avrebbero potuto aiutarmi a capire e a imparare erano mia madre e mio padre… ma loro non c’erano più. Mi hanno cresciuta, allenata e fatta studiare fin dall’età di quattro anni; a sette anni andavo già a caccia di notte con mio padre e sapevo cosa voleva dire sacrificarsi per uno scopo più elevato e avere delle responsabilità sulle spalle.
Mio padre mi insegnava tutto quello che sapeva sulla lotta, corpo a corpo e non. Sul controllo del mio corpo e del mio potenziale. Da lui ho appreso varie tecniche di combattimento e, pochi giorni prima della sua morte, sono riuscita persino a batterlo, superando così il mio stesso maestro. Da lui ho imparato a vincere, a cadere e rialzarmi, a combattere per tutto ciò che è giusto, ho imparato a essere la giustizia.
Mia madre invece mi insegnava tutto sulla magia, magia nera, magia bianca, divinazione, tutte nozioni di base per una strega o comunque per chi ha in sé un alto potenziale. Mi ha insegnato a distinguere il bene dal male ed è grazie a lei se ora so tutto del mondo demoniaco. È soprattutto grazie ai suoi insegnamenti se i demoni stessi mi conoscono, mi bramano e mi temono per lo più.
I miei genitori mi hanno insegnato a essere quello che sono, a non avere mai paura, a essere forte, a essere sempre e coscientemente me stessa. Mi hanno insegnato a vivere e ogni giorno dalla loro morte aspetto un segno, qualcosa che apra le danze e che faccia in modo che io possa essere serenamente me stessa con qualcuno, come con i miei genitori in passato, mi sento come un topo in gabbia, l’unico momento della giornata in cui mi sento più libera è la notte.
Mentre attendo quel giorno divento sempre più forte, attiva, scattante, i miei poteri diventano sempre più grandi grazie all’afflusso di energia dagli elementi, con cui ho da sempre un legame imprescindibile. A volte tutto questo potere mi spaventa.
Ogni notte mi incammino nelle tenebre della città, illuminata solo dalla luna che, pura, riflette il mio cuore; è proprio nella notte che ritrovo i momenti più adatti per tornare a respirare, la notte è l’unica cosa che cambia. Ogni notte è diversa. Il modo con cui combatto, come mi muovo, come agisco e quale demone affronto… Ogni notte è una battaglia diversa e uccidendo demone dopo demone sento come se stesse per succedere qualcosa.
Presto tutto cambierà, non so cosa me lo faccia pensare, ma in questi ultimi giorni percepisco ancor più strane presenze nella notte, l’aria intorno, in alcuni momenti, sembra persino malsana e durante molte notti incubi riguardanti battaglie misteriose a me sconosciute mi perseguitano.
La durata di quella scia si fa sempre più lunga, come se volesse dirmi qualcosa. Come uno spirito errante tra due mondi, quella scia argentea passa ogni notte e io, vigile, cerco di scrutarla ogni volta, osservandola cerco di capirla, perfino, ma rammento solo la voce di mia madre che aggiunge: «Segui i tuoi sensi, tieniti sempre pronta. Ricordati chi sei. Sei l’ultima discendente, l’unica prescelta, la più potente, tieniti pronta figlia mia!».
Credere in una svolta mi manda avanti, soprattutto perché so che mia madre non sbagliava mai i calcoli. Credere in una svolta mi ha dato la forza di darle anche un nome, ho chiamato quella scia Elpis, la personificazione della speranza nella mitologia greca. Ricordo ancora quando me lo raccontò per la prima volta mia madre: «Sai, Alexz, la speranza era uno dei doni contenuti nel vaso di Pandora ed è stato l’unico che ne è rimasto all’interno. Pandora aveva ricevuto l’ordine da Zeus di non aprire mai, per nessuna motivazione, il vaso, ma la curiosità della donna fu più forte, tale da farglielo aprire e ciò provocò l’uscita di tutti i mali, solo Elpis rimase all’interno. L’equivalente della mitologia romana di Elpis era Spes…».
Mi chiamava molte volte Spes, sapeva che mi piacevano queste storie sulla speranza, mi ci faceva addormentare la notte. Ma per me le sue parole divennero molto più che una semplice favola. Mi chiedevo perché a volte mi chiamasse a quel modo e lei mi diceva: «In molti casi, tesoro mio, Spes sarà uno dei tuoi tanti nomi, è quello che tu sei. Spes, nella tradizione, è definita come ultima dea: sai, in latino Spes ultima dea sta per “la speranza è l’ultima a morire”, in quanto essa è l’ultima risorsa disponibile all’uomo, ed è qui che entri in gioco tu, Alexz, sei destinata a fare grandi cose, sarai la Spes per tutta l’umanità».
Un compito e un destino agghiacciante per una bambina… Tutt’ora mi fa venire i brividi.
Per mia madre io ero Spes, la speranza che rimane al mondo intero; quella scia per me personificava Elpis, mia madre, la mia speranza, la mia guida, le mie aspettative per una svolta e la sorte che mi attendeva.
Francesco Palopoli (proprietario verificato)
Interessante, mi piacera’ leggerlo!
Lorella Finiello (proprietario verificato)
Sensazionale! Non vedo l’ora di avere il libro tra le mie mani e poter leggere ogni singola pagina! Bravissima!!!