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Tutto è bene quel che finisce

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Samuele è stanco. Sono le otto e mezza del mattino, la bocca è secca, le palpebre hanno il peso del marmo e tutto attorno è di un bianco spento che solo un ospedale sa regalare. Già, l’ospedale. Quanti ne ha visti di posti simili, negli ultimi tre anni e mezzo? L’ultima porta del corridoio sembra inaccessibile, Samuele sa che basterebbe abbassare quella maniglia per trovarsi davanti la contraddizione ambulante della sua vita: suo padre. Mario, giunto all’ennesimo ricovero, dentro settant’anni vissuti con la velocità di un cortometraggio. Ci ha impiegato anni Samuele per arrivare alla conclusione che per sopravvivere al dolore degli altri ci si deve difendere. Come riuscirci? Scrivendo un manuale di sopravvivenza per chi è destinato a rimanere qui. Perché questa curva a gomito non potrà durare per sempre. Perché prima o poi qualcuno dovrà infilare il piede in mezzo alla porta. Perché in fondo, anche se il domani potrebbe far paura, tutto è bene quel che finisce.

CLICK

Venerdì 5 giugno
Un ospedale qualsiasi Ore 8:00

Quella mattina Samuele, forse, avrebbe dovuto bere un bicchiere d’acqua. A stomaco vuoto, magari. Non che gli sarebbe servito a molto, ma se non altro avrebbe dato un po’ di sollievo al suo fegato. Se lo stava dicendo proprio in quel momento, Samuele.

Lo aveva letto, qualche giorno prima, su una di quelle riviste che era solita comprare sua madre, piene zeppe di articoli firmati da tuttologi assai poco credibili.

Avrebbe fatto bene a buttare giù un bel bicchiere d’acqua. Per lui era già un miracolo riuscire a staccarsi dal materasso e mettersi in piedi.

Un bicchiere d’acqua, di conseguenza, si sarebbe aggiunto alla lista degli sforzi evitabili. Tuttavia, in quel momento, non la pensava così.

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Ho la bocca secca, come quella di un condannato a morte. Cristo! Perché anche questa mattina non ho bevuto? Perché non sono saltato giù dal letto e non ho attraversato la magnifica sala da pranzo, piena zeppa di briciole della sera prima? Poi avrei solo dovuto aprire lo sportello del frigo, evitare l’odore di salame all’aglio, afferrare la Boario, o meglio, la sua sottomarca, e ingollarla tutta. La saliva, questa sconosciuta, dove sarà finita? Vuoi vedere che i tuttologi avevano ragione?

Le otto del mattino, orario quasi proibitivo per le abitudini di Samuele. Orario del cazzo, si diceva. E questa era una sua convinzione, consolidata nel tempo. Alle otto del mattino, secondo lui, non ci si poteva alzare dal letto e far finta di niente. Era imperativo, o quasi, restare in mezzo alle lenzuola, cercando di affrontare la confusione di certi sogni che si presentano solo nel dormiveglia mattutino. Si trattava più che altro di una battaglia psicologica fra il suo io stanco e quello un po’ più stronzo.

Che fosse la paura dell’insonnia, a impedirgli di dormire? Se lo domandava ogni dannata notte, prima di ringhiare al cuscino, e quella mattina, come tutte le altre mattine, si sentiva stanco, piallato. Il silenzio che gli gravitava attorno lo invitava a chiudere gli occhi lasciando che l’acufene si infiltrasse pure nel cervello, tanto gli faceva compagnia da quasi mille giorni.

Onde radio nella testa, passassero una canzone decente, almeno! Mi devo sintonizzare sulla frequenza giusta, prima di inciampare ancora.

E se fossi uno speaker, come darei il buongiorno ai miei ascoltatori? Mmh… forse, così.

Ebbene sì, eccomi di nuovo qui con voi, sono le otto! Affacciatevi alla finestra e levatevi le cispe dagli occhi! Il sole è alto, vi chiama, vi bacia!

Se non vi manca la fantasia, potrà apparirvi come un vecchio dio zoppicante che tenta di farsi spazio tra nuvole scazzate e correnti ventose. Lo avete visto? Ora potete pure andare al cesso, ma ricordatevi di chiudere la porta.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Carlo Albè
Classe ’81, lombardo di nascita ma emiliano d’adozione, scrive per necessità fin dall’adolescenza. Dal 2012 ha unito l’attività romanzesca a quella di Contastorie, portando in tutta Italia i suoi spettacoli di teatro civile e collezionando oltre 300 repliche. Ama spesso mischiare le parole con la musica, cercando l’interazione col pubblico. Tra i suoi progetti editoriali, “Stabile Precariato” (2013), “Oh belli ciao!” (2014), “È tutto Loro quello che luccica” (2017), “Gelem Gelem” (2020). Storyteller in erba, nel 2023 ha pubblicato il suo documentario “9.1.50”, in collaborazione con i Modena City Ramblers.
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