Annuncio partenze. Lui avvisò la sua famiglia che sarebbe arrivato all’aeroporto di destinazione alle ore 17 all’incirca. Continuava quel via vai di persone, con afflussi imponenti. Odiava il caos e le persone. La gente non vuole mai sapere come va il mondo, non gli interessa né la parte vera né il lato cattivo, crudele che c’è dietro ogni cosa, se ne stanno li nella loro superficialità accompagnati dal loro falso sorriso a scrutarti credendo di essere migliori. Ora guardava questa famiglia numerosa alzarsi di fretta e furia per dirigersi alle porte d’imbarco, ostacolando in parte il deflusso dei passeggeri. Lui si avviò con calma, preferendo essere l’ultimo della fila nonostante la priority e sperando di trovare un posto tranquillo sulla navetta; cosa molto improbabile ma in caso si sarebbe consolato per la tratta breve. Questa calma di avviamento lo lasciava focalizzare se avesse tutto ciò che gli serviva e curiosando attorno vide un libro dalla copertina sconosciuta sulla sbarra di sedie in cui era seduta la grande famiglia. Si avvicinò, diede un’occhiata fugace e vide un libro con una copertina neutra. Deciso lo prese senza preoccuparsi troppo di chi fosse e del contenuto.
Una volta salito sulla navetta, per non essere intaccato mentalmente dalle persone circostanti si lasciò coinvolgere dalle manovre degli aeroplani tra piste di decollo e atterraggio, lunghe qualche centinaio di metri. Osservando poi le piste di rullaggio alla ricerca di qualche aereo intento a spostarsi su di esse; scrutando anche le aree di parcheggio.
Si scende. Manovre di bagagli a mano. Si sale alla ricerca del posto scelto o assegnato. Sistemazione del bagaglio in cappotta e finalmente ci si siede. Cinture. La solita prassi di sicurezza obbligatoria prima di ogni volo.
Motori. L’aereo comincia a rullare in pista aumentando la velocità, con la consapevolezza di poter interrompere tutto in caso di malfunzionamenti. Si arriva alla velocità decisiva per il decollo e a quel punto non resta che salire e godersi il volo fino a destinazione.
Lui prese il libro trovato, lo girò, lo aprì a caso, squadernando pagine e vide delle scritte ma non di quelle stampate. Quelle parole d’inchiostro schiarirono nella sua testa che qualcuno doveva aver perso la propria agenda. Anche se, era un po’ piena per definirsi tale.
Possibile un individuo abbia cosi tanti impegni? pensò. Iniziò a leggere.
ANNO XY
Primo status
Incapacità di comprendere razionalmente la mancanza. Si fugge dal dolore, mettendolo da parte, nascondendolo ed evitandolo il più possibile.
10 Dicembre
Ciao Papi
Finalmente riesco a parlarti. Quando mi sono decisa a scriverti la mia penna sceglieva per me le parole. Staccarmi da tutta questa realtà e ritrovarmi immersa fra le righe. Perdermi saltando da una parola all’altra. So che è passato quasi un mese ma sai non è facile accettare che tu te ne sia andato senza salutarmi, senza che mi concedessi un ultimo abbraccio, un nostro sguardo complice.
Non ti parlerò ‘mpizzo1, almeno con te posso farlo.
Oggi prima di andare a lavoro ti avrei chiamato; ho bisogno dei tuoi consigli e delle tue rassicurazioni, me ne sto impelagata ripensando a quello che mi ripetevi: i problemi si affrontano un passo alla volta così pesano di meno, se ci sono le soluzioni, i problemi non esistono. Quelli lasciati da te sono solo screzi che mi portano ad arrabbiarmi e a non volerti pensare per un po’; me ne stongo2 affogata nella malinconia e delusione ma ti penso lo stesso, da lì poi passa tutto e ti voglio più bene di prima, come sempre resetto tutto quello che mi fa stare male e vorrei essere con te per chiarire ciò che non comprendo.
Chiamandoti ti avrei chiesto che tempo fa lì da te, anche se già me l’ha detto mamma ma almeno ho qualche scusa in più per sentire la tua voce e rubarti del tempo. Mi avresti chiesto: <<màmmuta3 ne lla si sentita?>> e mentre mi fai questa domanda penso a ciò che ti posso chiedere ancora per rimanere secondi in più al telefono, mi passano per la testa tutte le cose fatte insieme, ce ne sono molte che sfrecciano davanti come le luci in galleria: vedi la prima e non fai in tempo a focalizzarla che sei subito a quella dopo e quella
successiva ancora. Inizio con il dirti che stanotte ti ho sognato, forse è per questo che ti sto cercando, sono sicura che ti manco anch’io o almeno voglio crederlo. Se ci pensi l’ultima volta che ci siamo visti è stato a settembre, alla comunione dei miei cugini. Mi piacevi molto com’eri vestito: adoro quella camicia a fantasia colorata e il tuo stile casual per un papi che ha 60 anni più. Ti sei sentito sempre bello e giovanile ed io per avere un pizzico della tua autostima non so che farei. Ti dirò di più ho imparato a ringraziare quando mi fanno i complimenti, sembra una cosa banale ma ti assicuro che è una cosa a dir poco ardua, almeno all’inizio poi mi rendo conto di quanto sia così gratificante da non poterne fare a meno. Mi viene da sorridere a pensarti mentre ti auto complimentavi dicendo che eri bellissimo, il più bello, tronfio e mettendoti in posa come fossi in passerella. Che tipo!
Voglio confidarti una mia grande paura: quella di dimenticare. Vivo nella costante ricerca di ricordi per affermare la donna che sono senza dimenticare chi ero. Ricordare, che verbo. Affascinante, dolce, persuasivo, costante. Quante volte promettiamo una cosa e poi, con il passare dei giorni, la dimentichiamo? Tu, Papi, quante promesse hai fatto per poi non ricordarle?
Io per evitare di perdermi in qualche oblio di non ritorno, stampo molte foto e appunto tutto. Sulla parete della mia camera ci sono delle foto che mi ricordano te. La prima che voglio raccontarti ci siamo io e te il giorno di Natale, l’ultimo
insieme, un anno fa. Quel giorno portavo un vestitino e hai passato tutta la giornata a dirmi che le mie gambe sembravano prosciutti, dicendomi tè na canassa! 4 e che mi fossi ‘nquartata5 ma io so che il tuo prendermi in giro era meglio di dirmi che mi volevi bene.
L’altra foto l’ho presa dalle tue: ci sono io da piccola a casa degli zii: stivaletti neri, calze rosse, gonna di jeans e maglietta bianca il tutto adornato dal grande cappello bersagliere di zio ed io così orgogliosa di indossarlo me ne stavo con le mani poggiate sui fianchi; il mio sguardo sfidante e il sorriso di chi ha vinto in partenza.
Dopo averti riempito la testa di tutte queste chiacchiere ti lascio riposare un po’. Ci sentiremo nei prossimi giorni. E preparati che ti farò diventare le orecchie rosse!
11 Dicembre
Avevo tra le mani il pc che abbiamo comprato insieme. Mi dispiace non aver aperto i social nell’ultimo periodo per parlare con te in chat, ti veniva più facile lì che per messaggi normali, forse perché i tasti della tastiera erano più grandi e non richiedevano l’uso degli occhiali.
Davanti al pc mi viene in mente la tua immagine e non posso fare a meno di scriverlo anche su carta, come a mandarti delle lettere e sarà il nostro gioco finché ci va. Sei seduto sulla grande sedia di legno a capotavola del tavolo in sala. La tv accesa con volume basso solo per compagnia seguito dal ronzare della luce del lampadario sopra di te che emette quel fascio bianco e se lo fissi per un po’, spostando successivamente lo sguardo, sembra di aver guardato un flash. Sei un po’ curvo con la schiena, sguardo fisso sullo schermo, mano destra sul mouse, dito sulla rotellina per scorrere le notizie della home e la mano sinistra che tiene il lato del pc, come per non farlo scappare. Gli immancabili occhiali un po’ scesi sul naso che all’occorrenza bastava tirar su e tutto era più nitido.
Quante sere a casa ci ritrovavamo così: io sul morbido divano marrone messa all’angolino con le gambe accovacciate e i piedi nella fessura dei cuscini. Passavo di tanto in tanto lo sguardo da te alla tv; stupefacente come tu ti adattassi ad ogni situazione, in meno di un mese avevi imparato ad usare il computer.
Il giorno che siamo andati insieme a prendere il pc al negozio di un tuo amico mi hai consigliato di farmi guidare da lui sulla scelta sicuramente molto più esperto di me e te messi insieme.
Mancano le attese con te, mancano i nostri sguardi che s’incrociavano e comunicavano all’altro che si stava perdendo la pazienza ma bisognava aspettare. Le tue braccia conserte accompagnavano il tuo corpo in passi perditempo: avanti, indietro, vediamo cosa c’è sullo scaffale d’interessante; già visto, mi è inutile, finché non entrava un cliente interessante da poter osservare. Quel giorno infatti entrò un tizio strano, un tipo un po’ semplice nei modi. Aveva un timbro di voce altissimo, entrava e usciva dal negozio ogni due minuti perché aveva parcheggiato la macchina male e non voleva che gliela caricasse il carro attrezzi o che gli facessero multa. Tizio a parte, noi non sopportavamo le lunghe attese ma se io cercavo di pensare a più cose possibili per passare tempo oppure prendevo il cellulare e facevo un giro su internet per intrattenermi in qualcosa tu, invece, t’innervosii facilmente e passavi gran parte del tempo a fumare. Ho perso il conto di quante volte hai detto che avresti smesso; ci provavi e per mesi anche se non fumavi poi per un motivo o l’altro iniziavi di nuovo in quel circolo vizioso che mai ti ha abbandonato. Forse per questo ce l’avevi con me una delle ultime volte che ci siamo sentiti. Eri arrabbiato e non capivo il motivo ma in ospedale non ti facevano fumare e tu non eri nemmeno nelle condizioni di farlo ma so il nervoso che provoca questa mancanza. Quindi ad oggi ti capisco e ti chiedo scusa di non averti compreso e me la sono presa sul personale quando invece era un misto di malattia e rabbia che ti faceva parlare. O forse eri soltanto arrabbiato con la tua paura.
Oggi sta passando in fretta, sarà perché ti penso. Sono in pausa a lavoro e tra tre ore finirà il mio turno e vorrei poter aspettare la tua chiamata cinque minuti dopo dalla mia uscita, risponderti e raccontarti parte della mia giornata, sicuramente ti direi che sono andata correre per la prima volta in vita mia ma devo iniziare a tenere in forma i miei prosciutti e qui sarebbe partita la tua risata e saresti stato comunque premuroso nel chiedermi se avessi mangiato; vorrei chiederti cosa hai fatto oggi e cosa hai cucinato di buono e farti ammettere ridendo che senti la mia mancanza. Tu risponderesti che a casa c’è sempre molto da fare e le giornate passano come fossero un unico giorno, mi ripeteresti, quasi come ogni volta che ci sentiamo, che ti mancano 0,02 centesimi per arrivare a un milione e di mandarteli al più presto. Quanto ti piace scherzare!
Ho un flashback, come tutte le volte, sto camminando verso la metro, il buio della notte è illuminato sopra di me da lampioni; è quella stagione dove sì inizia appena a condensare il respiro nell’aria e ad avvistare la prima nebbiolina leggera. Stranamente non ho il telefono collegato alle cuffie per ascoltare la mia routine di musica. Nel frattempo si avvia una conversazione nella mia testa. È normale avere i brividi se ripenso al timbro della tua voce? Ricordarne le vibrazioni, passanti per le casse del telefono, che entrano nell’orecchio e percepisco anche la tua espressione dall’altro lato, come se stessi rivivendo quella scena di nuovo, davvero.
È strano pensare che nell’ultimo anno ci siamo sentiti almeno una volta al giorno, la tua malattia ci aveva uniti tantissimo, anche se le nostre conversazioni non erano molto discorsive ma io mi accontentavo. Mi ero aggrappata a te con tutte le forze, anche rischiando di disturbarti ma tu sapevi già da piccola che ero morbosa, appiccicosa e mi chiamavi la cozza bella di papà. Il nostro rapporto è speciale, ce lo siamo costruiti noi nel tempo, ti ho accettato e amato con tutti i tuoi difetti e pregi, non solo perché sei mio padre ma anche per il buono che ho visto in te e soprattutto per quella tua parte che vive in me.
Tu rimani sempre il mio scoglio. E io la tua cozza.
1 Sulla punta, parlare ricercato
2 Sto, verbo stare
3 Tua mamma. Nella frase: non hai sentito tua madre?
4 Gran molare, trasl. Mangiona
5 Ingrassata
Ivano Pallavidino
‘Uane! Diario di una sognatrice’ di Rossella Tagliaboschi è un romanzo che tocca il cuore dei lettori; se avete letto la sinossi sapete che un passeggero trova un libro nell’aeroporto, bene, per la profondità dei contenuti e le emozioni che sa scaturire quel testo, io stesso avrei voluto essere quel passeggero. Ma in realtà tutti abbiamo già la fortuna di poter essere quella persona, ci basta leggere il libro di Rossella. Un’altra cosa che mi ha colpito è questa interfaccia tra il passeggero e l’autore del libro, quasi a voler dire che le corde che muovono i sentimenti di una persona sono le stesse per tutti noi. Leggendo l’anteprima mi sono sentito accompagnato per mano in mondo fatto di intimità, verso la strada che porta alla consapevolezza.
Assunta Guarino (proprietario verificato)
Il libro non distingue destinatari ma distinto è l’effetto che ad essi farà, è universale ma che permette una chiave di lettura singolare. Puoi coglierne il quadro generale, ma sono i dettagli che si insidiano nella vita del lettore. Sei costretto a rivolgere lo sguardo dentro di te, fino alle radici, lungo tutto il processo che ti ha reso chi sei ora. Ti mette spalle al muro, ti invita a fare i conti con la realtà, e senza rendertene troppo conto ti ritroverai caricato di un sano senso di responsabilità, che sfocia all’azione, all’attivismo. UANE, a mio parere farebbe bene a chiunque.
Aggiungerei, nelle relazioni figli-genitori i primi si ricordano molto bene i doveri che i secondi hanno nei loro confronti e la società ci ricorda come rivendicarli, quando condannarli,… Difficile è ricordarsi il contrario, dei doveri che i figli hanno nei confronti dei genitori, che sono anzitutto persone e quel ruolo che si sono scelti non può e non deve intrappolarli per sempre.
Roberta Diaferio
UANE non è un semplice libro! È un mix di emozioni tra malinconia, gioia e speranza e dolore! Come la protagonista, ci si trova catapultati in un’altra realtà. La lettura del libro vi farà rivivere esperienze del passato, vi farà pensare a momenti della vita e ai piccoli gesti quotidiani a cui spesso non diamo il giusto valore e il giusto peso. Con la lettura sarà naturale immergersi e immedesimarsi nella vita dei protagonisti. Ed è proprio questo il segreto del libro: vedere con occhi diversi la vita e apprezzare ciò che ci circonda. Bisogna godersi il presente, perché anche quando le cose cambiano o le persone ci lasciano, quei momenti ci accompagneranno per sempre! UANE, diario di una sognatrice, farà sognare tutti voi!
Stefano Drugo Testani
Diario di una sognatrice.. tutt’altro che un sogno, in questo diario troviamo pensieri dubbi domande che non possono più avere una risposta a causa della perdita di una persona cara un Padre, che con il passare del tempo gli parla come se non fosse mai andato via,ricordando le sue espressioni dialettali che tanto la facevano ridere con i profumi che l’hanno accompagnati sino al tragico momento,forse è proprio questo il perché sono stato coinvolto fin dall’inizio il dialetto e quei momenti simili li percorriamo in ognuno di noi .
In questo diario troverete un mix di emozioni vissute nella realtà e riuscirete ad assaporare l’amore che c’è tra padre e figlia .
Meloni Vanessa
Un libro dove ci si immedesima già dalle prime righe, dove ogni parola suscita emozioni indescrivibili e ricordi meravigliosi.
Si sottolinea il legame che lega un padre a sua figlia e ognuno di noi sa cosa può significare!
Leggerlo e poter dire… UANE!
Fabiola D’Angelo
Uane! Diario di una sognatrice..
Finalmente un libro che non ha filtri di spazio e tempo, un target che comprende TUTTI!
Parole che fanno riflettere ed una storia che ci insegna ed aiuta a superare i drammi della vita, come la perdita di una persona cara a noi!
Immaginate di essere quell’uomo che in aeroporto trova e legge il diario di una ragazza, una sognatrice, una combattente!
La parola ‘Uane’, un imprecazione dialettale della scrittrice che, a parer mio, significa ‘basta’! Basta di tanta sofferenza! Basta lasciare deteriorarsi tutto dentro e non cercare aiuto in altri o altrove, come sfogarsi/confidarsi scrivendo un diario.. E capirete già dalle prime righe che leggerete, il motivo..
Penso che il suo messaggio sia quello di dar maggiore importanza alle persone che ci circondano e ai momenti, perché a volte non ci rendiamo conto che questi potrebbero essere gli ultimi.. Ma che come, questa sognatrice ci insegna, vivranno in eterno dentro di noi!
Io ho amato e odiato questo libro, sin da subito, perché che ci crediate o no, mi ha fatta piangere! Mi ha fatta soffrire, lho odiato per questo.. Ma allo stesso modo l’ho amato. E ringrazio Rossella, l autrice, perché grazie alle sue emozioni e ai suoi sentimenti, ho capito che la vita è ora! E domani, non si sa…
Frase preferita: ‘Guardando dentro sè si comprende il vero significato delle parole Perdersi e Ritrovarsi. Perdersi nel cercare qualcuno quando ancora se ne ha bisogno, strappato dalla vita. Ritrovare se stessi, rimarginando la ferita con la consapevolezza che ad ogni passo farà sempre meno male.’
Paolo Giordano (proprietario verificato)
A tutti i futuri lettori che sceglieranno di acquistare questo libro voglio dire di tenersi pronti perchè la lettura vi sommergerà di emozioni, quindi mettetevi comodi e siate pronti a piangere e ridere contemporaneamente.
L’autrice, attraverso la suddivisone dei capitoli come se fosse un diario, ci rende partecipe delle emozioni vissute con il padre che adesso è venuto a mancare. Una storia che ci permette di rivevere in primo luogo quei momenti al quale non abbiamo dato particolare “peso”, ma grazie anche alla descrizione accurata di quel preciso istante abbiamo la possibilità di viverlo per la prima volta insieme. Sono bastati 15 minuti dall’inizio della lettura che la paura di poter perdere una persona così cara ha fatto sì che chiamassi la mia famiglia. Consiglio la lettura a qualsiasi lettore perché è una storia d’amore che non trova ne spazio ne tempo ma si rifà a qualsiasi rapporto umano.
Filippo Bordogna (proprietario verificato)
Una lettura piacevole e con un profondo senso di familiarità. Una storia molto ancorata alla realtà e che più volte tocca eventi comuni a tutti. Semplicemente un’opera adatta a chiunque e in cui ci si può rispecchiare.
Assolutamente da non perdere
Federica Gerratana
UANE. La lettura di questo libro posso semplicemente tradurla in tempo di vera e propria qualità. L’emozione del vissuto, dei ricordi e del tempo mi hanno catapultata dentro, un po’ come se fosse mio.
Ho vissuto pezzi di vita, reali e spesso mi hanno scossa, resa viva. Non posso non dire che il mio cuore ha accelerato il suo ritmo.
Chapeaux! ❤️