Apparentemente viveva una vita tranquilla, una persona per Bene, rispettosa del prossimo, rispettosa delle regole, faceva Bene il suo lavoro ma dentro di se non esisteva pace. Per lui era come vivere su una barca in mezzo ad un mare nero e tempestoso fatto di alti e bassi, anche se ultimamente erano solo bassi. Non pretendeva molto. Il suo lato buono avrebbe voluto sentirsi dire ogni tanto ti voglio Bene, o trovare qualcuno che gli facesse capire che Ombra era solo un nomignolo che apparteneva al passato ma in realtà non era così. Lui era lì, lui viveva e voleva che la gente attorno a lui se ne accorgesse. A lui avrebbe fatto piacere avere dei rapporti sociali anche se non sapeva come affrontare il tutto a livello emotivo, ma gli sarebbe piaciuto.
In fondo, in quei pochi rapporti che aveva avuto ci metteva tutta la passione del mondo, ogni amico era come un fratello o una sorella per lui, ma come in un film già visto e rivisto, poco dopo lo abbandonavano creando in lui un vuoto che si gonfiava sempre di più. Non voleva nulla in cambio, tutto quello che faceva lo faceva perché gli andava di farlo ma sua madre glielo diceva sempre: le persone feriscono. E’ più cerchi di attirarle a te e più si allontanano quindi la soluzione migliore era quella di lasciarle andare anche se questo comportava una sofferenza enorme, ma era un malessere che tanto aveva solo lui e condivideva con se stesso perché non voleva essere di peso a nessuno. Quella sera l’Ombra decise che era il momento di parlare con un vecchio amico, quell’amico che come tutti gli altri gli aveva portato via qualcosa di speciale, qualcosa AL quale lui teneva molto, sua madre, ma al contrario di tanti altri lui rimaneva li, accanto a lui, facendogli sentire tutto il suo amore attraverso un crocifisso appeso sopra il letto che non aveva mai tolto. Nel buio della sua camera da letto iniziò il suo racconto come se stesse raccontando una fiaba della buona notte ad un bambino. Parlò senza fermarsi mai, senza quasi prendere fiato, nonostante la gola iniziasse a grattare dall’arsura ma lui non si fermò.
Quando ebbe finito, si sentì strano. Quella volta era diverso. Non sentiva quel senso di appagamento come le altre volte e non sapeva spiegarsi il perché. Non era questione di fede, almeno così credeva, forse era solo stanchezza, forse il suo lato buono stava morendo. Effettivamente era da qualche tempo che sentiva la vita abbandonarlo, ma non ci fece caso più di tanto. Già in passato aveva cercato di raggiungere il suo amico e sua madre ma non era stato in grado nemmeno di fare quello. Avevano ragione tutti, lui faceva pena anche se si impegnava a fare sempre bella figura, più si convinceva più sbagliava, più sbagliava più il suo animo buono esalava l’ultimo respiro. Al suo amico raccontò anche delle sue azioni sbagliate e del suo vizio. Un vizio che viveva latente in lui e si svegliava all’improvviso. Si era promesso di non farlo mai più perché dopo non si sentiva mai Bene e poi era stancante e fisicamente non era più in grado di sostenere tutto. A volte si chiedeva perché avrebbe dovuto alzarsi e affrontare la giornata.
I giorni passavano inesorabilmente, veloci, come se il suo amico avesse attivato da lassù un time lapse della sua vita. Dopo il suo colloquio con Dio, si preparò un tè. Il suo sguardo si perse nel fumo che usciva dalla tazza. Voleva sentirsi meglio. Pianse.
«No no basta» si ripeteva scuotendo la testa e intanto picchiettava il dito sul tavolo.
Sapeva Bene cosa lo faceva stare meglio ma lo aveva promesso.
L’Ombra manteneva sempre le promesse, ma come tutti gli uomini che hanno un problema, anche lui ogni tanto veniva colto in tentazione.
«Ti prego aiutami» disse con occhi gonfi ma nessuno mai rispondeva.
Così decise di provare a dormire, mise la tazza nel lavandino, andò in bagno, si mise il pigiama che la mattina aveva accuratamente piegato e sistemato sotto il cucino.
Il suo letto era asimmetrico. Ogni sera lo guardava e si metteva a ridere perché lo paragonava ad una donna con i seni diversi. Il suo cuscino era oramai schiacciato. Lui dormiva sempre dallo stesso lato. Aveva preso la forma della sua testa rotonda. L’altro era gonfio, intonso, perché nessuno lo aveva usato e mai lo avrebbe usato. Il suo sorriso scomparì in un attimo. Chinando la testa, mise le ciabatte perfettamente una di fianco all’altra ed entrò nel letto. Chiuse gli occhi, aspettando che il sole nasca di nuovo per l’ennesima volta.
La mattina successiva la sveglia non suonò, quel giorno non sarebbe andato a lavorare. Era il suo giorno libero. Si alzò di buon umore e si accese una sigaretta mentre percorreva il corridoio che lo portava al bagno. Amava fumare in bagno. Sapeva Bene che fumare in casa non andava Bene, sua madre glielo ripeteva sempre: «Poi tutto sa di fumo!», ma fumare in bagno non era la stessa cosa. Era capace a rimanere delle mezz’ore buone, poi doccia e colazione.
Quel giorno era propositivo, voleva fare qualcosa di diverso. Voleva uscire così si vestì, andò davanti allo specchio. Si guardò. Rimase immobile per dei minuti con lo spazzolino da denti in mano.
L’Ombra capì. Era tutto chiaro all’improvviso. Non era un inetto, non era un inconcludente.
L’Ombra decise che quel giorno avrebbe fatto quello che gli riusciva meglio, ne sentiva un bisogno smisurato come un drogato in piena crisi di astinenza. Lo voleva a tutti i costi. Sapeva Bene che dentro di lui c’era un mostro che si nutriva delle sue ansie e delle sue paure. E quel mostro ora aveva fame, Ben cosciente che il suo traghettatore lo avrebbe sfamato prima o poi.
«Al Diavolo!» disse ad alta voce.
Visto che si sentiva invisibile, avrebbe lasciato il suo segno in modo o nell’altro, nel Bene o nel male. Qualcuno lo avrebbe notato, qualcuno avrebbe parlato di lui. Perché quello che gli riusciva Bene era seminare il caos, ma non quel genere di caos, lui non era estroverso. Ma capì tutt’ad un tratto che il vero caos non fa rumore.
Quella mattina decise che sarebbe arrivato il momento di alzare la testa. Non volevo più essere schiacciato dalla sua stessa vita e dagli altri che non lo apprezzavamo, che lo schernivano, che lo usavano.
Quella mattina uscì di casa e avrebbe ucciso qualcuno.
1
Michael Green era il tipico uomo che si era fatto da solo. Non amava dire grazie a nessuno perché il fatto di riuscire a fare qualsiasi cosa con le proprie forze ne gonfiava l’ego. Non importava se per raggiungere i propri obiettivi avrebbe pestato qualche piede, faceva parte del gioco e così facendo diventò un uomo meschino e senza scrupoli. Non avendo potuto realizzarsi nella vita privata, Green si buttò a capofitto nel lavoro. Entrò quando era un ragazzo a lavorare per un’importante azienda Londinese, la Wetherspoon una catena di pub molto importante nel settore e non solo. Venne assunto come stagista ma fin da subito venne notato da uno dei dirigenti dell’epoca che lo prese sotto la sua ala e lo fece crescere nel giro di pochi anni. Dopo essere stato assunto a tutti gli effetti, venne collocato nell’ufficio che si occupava delle aperture dei locali, poi divenne referente, poi responsabile con un piccolo numero di ragazzi sotto di lui, poi la sua squadra crebbe e diventò responsabile di più di cinquanta dipendenti. Fino a quando arrivò la promozione e poi la dirigenza. A cinquantaquattro anni, si ritrovò ricco con una posizione di prestigio. L’unica cosa discutibile erano i modi tiranneschi che aveva con i suoi sottoposti.
Questo modo di fare lo ereditò dal suo vecchio capo durante l’addestramento per diventare lo stronzo dell’anno. In questo modo nessuno gli avrebbe mai messo i piedi in testa per paura di intralciare la sua scalata al successo. Molti erano stati i licenziamenti perché la gente non reggeva i ritmi e le umiliazioni che erano sottoposti quasi quotidianamente e tante anche le segnalazioni alle risorse umane, ma nessuno fece mai nulla perché nonostante tutto, da quando Green era in quella posizione il fatturato della Wetherspoon crebbe di anno in anno e alla presidenza questo andava messo prima di tutto. Con Green le scadenze erano importanti, non esistevano ritardi, problemi personali, imprevisti, malattie ferie e permessi. Se aveva bisogno di raggiungere un obiettivo lui ci arrivava a tutti i costi. E non mancavano le piazzate che faceva a qualcuno dei suoi per errori, disattenzioni o dimenticanze. E le parole erano sempre forti. Così come le umiliazioni e se per caso qualcuno non gli andava a genio era la fine. Con le donne era anche peggio. Se per caso uno dei suoi leccapiedi faceva uno sbaglio, lui lo riprendeva con un “Mi raccomando non farlo più” come una mamma amorevole riprende un bambino dopo una marachella, ma se quello stesso errore fosse stato fatto da una donna allora sarebbe stata la fine. Tante erano le ragazze viste nei corridoi che piangevano e inveivano a bassa voce contro di lui, e l’openspace degli uffici aiutò a diffondere la sua pessima reputazione negli altri dipartimenti. E questo sembrava non toccarlo minimamente anzi, era come se Green avesse un piccolo mostriciattolo che viveva dentro di lui e si nutriva di questi atteggiamenti che lo portarono ad essere l’uomo più odiato di tutta la compagnia. E più pretendeva, più umiliava, più licenziava, più il mostriciattolo si nutriva facendogli credere che niente e nessuno gli avrebbe mai potuto mettere i bastoni tra le ruote e questo lo faceva sentire invincibile.
Ma non aveva fatto i conti con il destino che quella sera era pronto a dimostrargli che forse era ora di smetterla a giocare a fare Dio. Ma non per quello che negli anni avesse accumulato, ma per un segreto che nemmeno lui era a conoscenza. A volte rimaniamo coinvolti inconsapevolmente in situazioni che lentamente cambiano il corso delle nostre vite. Si insinuano come una serpe al seno e ti avvelenano piano, goccia dopo goccia ma tu continui a vivere la tua vita, proprio come Green che di lì a poco qualcuno porrà fine alla sua tanto amata esistenza nel mondo. Lui che ha sempre avuto il controllo su tutti e tutti, questa volta non basterà perché il buio è sempre in agguato.
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