“Buongiorno!” dico entrando.
“Buongiorno a te, Sere!” mi saluta Roberta, con cui condivido la stanza “è suonata la sveglia oggi?”
“Ah, ah, molto simpatica!” le rispondo, fingendo di guardarla malissimo “per essere suonata è suonata, il problema come al solito sono io, non c’è niente da fare, non le sento!”
“Non LE senti? Quindi ne punti più di una mi vuoi dire?” dice, cercando di non mettersi a ridere.
Mi siedo piccata alla mia scrivania; ma che ne sa lei del ritardo cronico? Roberta è una di quelle persone che invidio tantissimo, per lei la puntualità è uno stile di vita, anzi, se possibile tende ad arrivare addirittura in anticipo! Io invece, oltre a non sentire la sveglia, sono anche una ritardataria cronica, ma non lo faccio apposta! Quando ho un orario da rispettare, faccio del mio meglio per arrivare in tempo, ma chissà come mai, alla fin fine c’è sempre qualche intoppo dell’ultimo secondo … questa ‘qualità’ l’ho ereditata da mia mamma, oltre ai fianchi larghi purtroppo, che invece, secondo lei, sono una benedizione, perché, come dice sempre, ‘quando avrai dei figli ti torneranno utili’ … ora, visto che per il momento ad avere figli non ci penso proprio, anche perché diciamolo, manca la materia prima, direi che sono solo una scomodità, visto che praticamente non riesco quasi mai a trovare un paio di pantaloni che mi stiano decentemente, o sono giusti di gamba ma stretti in vita, o giusti di vita e larghi di gamba! Mentre smanetto sul cellulare per puntare una terza sveglia per le mattine seguenti, la porta si apre ed entra Lorenzo.
“Buongiorno ragazze, come state? Come sapete Maria è in maternità, quindi almeno per il momento abbiamo trovato una sua sostituta, anzi, un suo sostituto … vieni pure, Marco.”
Dietro Lorenzo fa capolino un ragazzo alto, capelli e occhi scuri, che ci sorride; mentre Roberta già lo guarda con interesse, a me si sono rizzati i peli delle braccia, perché il ragazzo che ho davanti altri non è che la persona peggiore del mondo! Lo so, lo so, non è una cosa molto carina da dire, ma purtroppo in questo caso, almeno per me, è vera! Marco è un mio vecchio compagno di università, e abbiamo passato gli anni della specialistica a detestarci, ma non solo, anche a renderci la vita impossibile, nello specifico lui la rendeva impossibile a me. Non mi ricordo nemmeno quale fosse stato il fattore scatenante di tutta la faccenda, fatto sta che ho passato due anni buoni ad odiarlo e a lanciargli contro tutte le maledizioni possibili, per poi tirare un grande sospiro di sollievo una volta laureati, visto che il signorino sarebbe tornato nella sua città natia, di cui francamente non mi ricordo neanche più il nome, ma di sicuro non qui a Milano. Mi sembra chiaro però che il karma non mi assiste, perché a tre anni dalla fine delle nostre diatribe, eccolo che rispunta, sotto forma di stagista, sostituto o quello che è.
“Sei con noi?” mi sta nel frattempo dicendo Lorenzo, che mi accorgo essere davanti a me con Marco al seguito che, noto, mi guarda con l’espressione di puro stupore che penso dipinga anche il mio volto.
“Certo.” Dico raddrizzandomi sulla sedia.
“Dicevo, lui è Marco, Marco lei è …”
“Serena.” finisce Marco per lui.
“Vi conoscete?” si informa Lorenzo.
“Sì, abbiamo fatto la specialistica insieme.” dico con noncuranza.
Per fortuna Lorenzo non si accorge dello sguardo carico d’odio che lancio al nostro nuovo acquisto, anzi, sfodera pure un mega sorriso, cosa che non mi piace proprio per niente.
“Ottimo, allora Serena, direi che te lo affido; Marco, per qualunque dubbio o domanda, chiedi pure a lei. Questa è la tua postazione. Bene, direi che è tutto, buon lavoro ragazzi!” e detto ciò, si eclissa nel suo ufficio. Dal canto mio, non so se mettermi a ridere o a piangere; decido quindi di incassarmi nella sedia e di fingermi molto occupata – cosa che sono davvero, tra l’altro – chiedendo a Roberta se può seguire lei Marco, almeno per oggi. Come sospettavo non se lo fa ripetere due volte, e un secondo dopo eccola seduta di fianco a lui, intenta a fargli vedere come configurare l’account eccetera. Mentre batto sulla tastiera in modo decisamente stizzito, di tanto in tanto gli lancio qualche occhiata; devo dire, mio malgrado, che bello era e bello è rimasto … alto, folti capelli neri, occhi anch’essi neri, grandi e con delle ciglia stupende, lunghe e incurvate, neanche ci passasse il mascara ogni mattina e mani grandi e affusolate. A mio discapito devo confessare che prima che iniziasse a comportarsi da stronzo con me ci avevo anche fatto un pensierino, cosa che comunque avevo accantonato quasi subito; latin lover nato, le ragazze gli cadevano ai piedi come pere mature, bastava che sorridesse … ovviamente a me quel genere di sorrisi non li ha mai dedicati, solo ghigni malefici. All’improvviso mi rendo conto che devo assolutamente avvisare Alessandra, mia migliore amica, nonché spettatrice di tutto l’assurdo teatrino tra me e Marco ai tempi; le mando un WhatsApp veloce, informandola dell’accaduto e promettendole di chiamarla in serata per maggiori dettagli.
Qualche ora dopo, mentre appunto sono al telefono con Ale e cerco di uscire dall’ascensore senza far cadere le varie buste della spesa che mi porto dietro, per poco non mi viene un colpo nel vedere proprio il buon Marco armeggiare con la serratura della porta di fronte alla mia. Chiudo il telefono in tutta fretta, con Alessandra che praticamente sta ancora parlando e mi avvicino furtiva al mio appartamento sperando di passare inosservata, mossa che però non si rivela vincente, perché ovviamente uno dei sacchetti mi cade, facendo girare il mio nuovo vicino di casa, che mi guarda neanche avesse visto un alieno.
“E tu cosa ci fa qui?” ha pure il coraggio di chiedere.
“Io qui ci abito, e da un pezzo anche; la domanda corretta è cosa ci fai tu qui!”
“Come vedi sono il tuo nuovo dirimpettaio.” dice accennando un sorrisetto.
“Non credo proprio, mio caro, non credo proprio.” rispondo mentre lo supero ed entro in casa. Una volta dentro però, lascio cadere la maschera da donna spavalda che non sono e comincia ad assalirmi il panico; in primis che cavolo di risposta ho dato? ‘non credo proprio’ … ma non credo proprio cosa? Se ha preso in affitto l’appartamento di fronte al mio, può tranquillamente definirsi mio dirimpettaio! E poi, in secundis, ma perché, perché fra tutti gli stabili e gli uffici di Milano, io me lo ritrovo sia al lavoro che a casa? Già mi immagino la schiera di gatte morte che stazioneranno davanti alla sua porta … no, qui urge un piano, ovvero ignorarlo il più possibile e lasciare che se lo smazzi Roberta. Lo so che non è un comportamento molto maturo, ma per ora non so che altro fare; vado a letto un po’ più tranquilla dopo aver preso questa decisione … in fin dei conti se sono riuscita a sopportarlo all’università, quando ero ancora giovane e sprovveduta, sarò ben in grado di sopportarlo anche adesso, no?
2
Giusto per mantenere fede alle mie promesse di comportarmi da persona matura, eccomi il mattino seguente appostata dietro la porta di casa, spioncino alzato, per monitorare i movimenti del mio nuovo vicino. Il mio piano diabolico consiste nell’aspettare che esca per poi uscire anche io, ovviamente dopo aver fatto passare una decina di minuti, così da non dover essere obbligata a fare la strada con lui. Dopo un po’ però, visto che di Marco nessuna traccia, mi convinco che sia già uscito, quindi apro la porta pronta per andare al lavoro e… chi lo fa nel medesimo istante? Ma il mio dirimpettaio, naturalmente, che sospetto fortemente abbia avuto la mia stessa idea di controllare i miei sposamenti e dall’occhiata basita che mi lancia direi che ho proprio ragione.
“’Giorno …” biascico a fatica mentre chiudo la porta.
“Ciao.” risponde lui secco.
Ha poco da fare lo stizzito, penso mentre arranco dietro di lui. Quando vedo che chiama l’ascensore decido di prendere le scale, non ho assolutamente voglia di farmi quattro piani a stretto contatto con lui! Purtroppo anche questa mia idea si rivela tutt’altro che geniale, perché nella fretta di fare i gradini a due a due, ad un certo punto ne manco uno e quindi ecco che mi vedo a rallentatore mentre percorro l’ultima rampa di scale con qualsiasi altra parte del corpo fuorché le gambe. Una volta finita la corsa e aver controllato di essere ancora tutta intera faccio per alzarmi, quando una mano mi si para davanti; la afferro riconoscente mentre mi rimetto in piedi, ma quando alzo gli occhi per ringraziare il gentil cavaliere che è accorso in mio aiuto, scopro non essere altri che Marco. Ritraggo subito la mano e mi liscio la gonna.
“E così fammi indovinare … scommetto che stavi facendo le scale di corsa per precedermi e non fare la strada con me, ci ho preso?” domanda saccente.
Divento rossa fino alla punta dei capelli, ma non posso dargli certo questa soddisfazione e ammettere di avere torto marcio! In più mi sta fissando con quel suo mezzo sorrisetto veramente odioso, cosa che mi innervosisce ancora di più.
“Mio caro, ma non lo sai che il mondo non gira tutto intorno a te? Sono semplicemente inciampata.”
Il mezzo sorriso di Marco subisce una momentanea battuta d’arresto, ma si ricompone quasi subito.
“In ogni caso potevi prendere l’ascensore, ti saresti evitata questa bella figura!”
Sbuffo mentre lo supero ed esco di casa; facciamo i pochi metri che ci separano dall’ufficio in totale silenzio e quando entriamo sono quasi tentata di prendere di nuovo le scale, ma non volendo collezionare la seconda figura barbina della giornata in neanche un’ora, decido di aspettare l’ascensore, che appena arriva si riempie di gente diretta ai vari piani dell’edificio. Purtroppo io soffro di claustrofobia, quindi il fatto di essere stipati in uno spazio angusto e per di più praticamente uno addosso all’altro direi che non aiuta per nulla. Chiudo gli occhi e cerco di prendere qualche respiro profondo ma quando li riapro mi trovo davanti due pozze nere, ovvero gli occhi di Marco, che mi fissano, oserei dire preoccupati.
“Tutto bene?” mi chiede.
Ci metto qualche secondo a registrare la gentilezza della sua voce, perché onestamente sto ancora guardando come un ebete i suoi occhi.
“Eh? Sì, sì, sto bene … è che soffro un po’ di claustrofobia … ora però va meglio … oh ecco, siamo arrivati!” e detto questo mi fiondo fuori dall’ascensore prendendo praticamente a gomitate le altre persone davanti a me.
“Sere, tutto bene?” mi chiede Roberta appena entro, forse notando la mia espressione sconvolta.
“Sì, sì, tutto bene. Senti, puoi occuparti ancora tu di Marco oggi? Ho una mega consegna entro fine giornata …”
“Certo, non c’è problema… ovviamente poi mi spiegherai anche cosa c’è sotto, perché va bene la consegna, ma qui mi pare proprio che tu lo stia evitan …oh ciao Marco!”
“Buongiorno Robi!” risponde lui sfoggiando il suo sorriso da conquista. Davvero, davvero patetico. Trattengo a stento una smorfia nel vedere Roberta già con gli occhi a cuoricino e cerco di concentrarmi sul lavoro, dicendo a me stessa, più volte perché non si sa mai, che il fatto che poco prima Marco si sia preoccupato per la mia salute e soprattutto che sia rimasta incollata ai suoi occhi qualche secondo più del necessario non è assolutamente qualcosa di cui preoccuparsi. Perché non è una cosa di cui preoccuparsi, giusto?
Dopo il lavoro vado a casa dei miei per festeggiare il compleanno di mio padre e se devo essere sincera il sentimento che provo in questo momento nei confronti del mio nuovo collega è di disgusto, sì, di disgusto; Marco sta pian piano conoscendo tutti gli altri e le ragazze – come volevasi dimostrare – sono già tutte ai suoi piedi.
Stra-che-patetico.
La cena tutto sommato va bene, cerco di mantenere il sorriso tutta la sera e direi che se la bevono tutti, tutti tranne mia mamma che, mentre la aiuto a portare i piatti in cucina, mi sottopone al terzo grado.
“Sere, ma va tutto bene?” mi chiede appoggiandosi alla credenza.
“Ma certo, mamma, perché non dovrebbe?” dico guardando verso il basso.
“Proprio perché non mi stai guardando mentre parli … allora, cosa bolle in pentola?”
Sbuffo mentre mi appoggio alla parete.
“In ufficio è arrivato il sostituto di Maria …”
“Oh bene! È un ragazzo? È carino?”
“È Marco …”
Lo sguardo di mia mamma si fa sospettoso.
“Marco, Marco?”
“Proprio lui …”
“Questa sì che è bella!” dice ridacchiando
“Scusa non ho capito, trovi la cosa divertente? No, perché io non ci trovo nulla da ridere proprio.”
“Ma no Sere, dai non te la prendere, è solo che mi sembra così assurdo …”
“A chi lo dici! Ma la vuoi smettere di sorridere?”
“Scusami, è che io, come sai, ho sempre pensato che sotto il comportamento così apertamente maleducato di Marco si nascondesse una profonda insicurezza dettata dal fatto che in realtà lui era cotto di te ma non sapeva come fartelo capire …”
Questa volta sono io a scoppiare a ridere.
“Mamma, avresti dovuto fare la psicologa! In ogni caso non penso proprio, ti assicuro che lui con le ragazze ci sa fare, basta un mezzo sorriso e tutte gli cadono ai piedi …”
“Sì, ma potrebbe essere che tutte le altre per lui siano solo dei passatempi, mentre invece …”
“Alt, basta così, non un’altra parola!” esclamo alzando le mani “Ti ho detto cosa c’è che non va, quindi ora direi che è tempo di dare i regali a papà, ok? Ah, beninteso, lui non deve sapere nulla di questa storia, se possibile lo odia anche più di me!”
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