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Un amore da perdere la testa

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Quando ormai Serena non si ricordava più della sua esistenza, all’improvviso si ritrova Marco come nuovo collega. Già, lui è proprio lo stesso ragazzo che le ha rovinato la vita ai tempi dell’università, prendendola sempre in giro e trattandola malissimo. Come se non bastasse, oltretutto, si è trasferito proprio nell’appartamento di fronte al suo.
Lui è un latin lover nato, mentre lei è seria e molto riservata… ma è davvero così? O è solo apparenza? È normale che lei senta attrazione per quest’uomo che si comporta stranamente così bene con lei?
In preda a mille dubbi e preoccupazioni, con l’aiuto della sua migliore amica Alessandra e della collega Roberta, Serena cercherà di fare chiarezza nel suo cuore, combattendo quella vocina che la spinge a fare un passo in più.

CAPITOLO 1

Apro gli occhi di scatto, la sveglia sta suonando ormai da un pezzo. Non è possibile, ripeto, non è possibile che ogni mattina si ripresenti sempre la stessa storia! Oltretutto, ho ben due sveglie, quella classica da comodino e quella sul cellulare, quest’ultima impostata al volume massimo consentito, ma niente, non c’è mai verso che mi svegli in tempo.

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Mi vesto velocemente e ingollo un caffè, mentre agguanto la borsa e mi fiondo fuori di casa. Per fortuna l’ufficio dista solo una decina di minuti a piedi e ho anche un orario di entrata flessibile, ma non posso certo presentarmi a mattinata inoltrata ogni santo giorno! Lavoro in una piccola agenzia di traduzioni e la mia attività mi piace tantissimo! Nel reparto traduzioni siamo in tre, be’, per la verità in due, visto che ora Maria è a casa in maternità; poi c’è il reparto grafico, i project manager che smistano i lavori e tengono i contatti con i clienti, la contabilità e il nostro capo, Lorenzo. L’ambiente è abbastanza giovane e rilassato, l’ufficio è anche vicino al centro di Milano, cosa potrei chiedere di più?

«Buongiorno!» dico entrando.

«Buongiorno a te, Sere!» Roberta, con cui condivido la stanza, mi saluta. «È suonata la sveglia oggi?»

«Ah, ah! Molto simpatica!» le rispondo, fingendo di guardarla malissimo. «Per essere suonata è suonata, ma come al solito il problema sono io… Non c’è niente da fare, non le sento!»

«Non le senti? Quindi mi stai dicendo che ne punti più di una?» dice, cercando di non mettersi a ridere.

Mi siedo piccata alla mia scrivania. Ma che ne sa lei del ritardo cronico? Roberta è una di quelle persone che invidio tantissimo, perché per lei la puntualità è uno stile di vita, anzi, se possibile arriva addirittura in anticipo! Io invece, oltre a non sentire la sveglia, sono anche una ritardataria cronica, ma non lo faccio apposta! Quando ho un orario da rispettare, faccio del mio meglio per arrivare in tempo, ma chissà come mai, alla fine c’è sempre qualche intoppo dell’ultimo secondo… Ho ereditato questa “qualità” da mia mamma, oltre ai fianchi larghi, purtroppo. Secondo lei, però, questi sono una benedizione, perché, come dice sempre, “quando avrai dei figli, ti torneranno utili”. Ora, visto che per il momento non penso proprio ad avere figli – anche perché manca la materia prima –, direi che sono solo una scomodità, visto che praticamente non riesco quasi mai a trovare un paio di pantaloni che mi stiano decentemente: o sono giusti di gamba ma stretti in vita, oppure sono giusti in vita e larghi di gamba!

Mentre smanetto sul cellulare per puntare una terza sveglia per le mattine seguenti, la porta si apre ed entra Lorenzo.

«Buongiorno, ragazze, come state? Come sapete, Maria è in maternità, quindi almeno per il momento abbiamo trovato una sua sostituta, anzi, un suo sostituto… Vieni pure, Marco.»

Dietro Lorenzo fa capolino un ragazzo alto, con capelli e occhi scuri, che ci sorride. Mentre Roberta già lo guarda con interesse, a me si sono rizzati i peli delle braccia, perché quella che ho davanti è che la persona peggiore del mondo!

Lo so, lo so, non è una cosa molto carina da dire, ma purtroppo in questo caso, almeno per me, è vera! Marco è un mio vecchio compagno di università e abbiamo passato gli anni della specialistica a detestarci e a renderci la vita impossibile. Nello specifico, lui la rendeva impossibile a me. Non mi ricordo nemmeno quale fosse stato il fattore scatenante di tutta la faccenda, ma ho passato due anni buoni a odiarlo e a lanciargli contro tutte le maledizioni possibili, per poi tirare un grande sospiro di sollievo una volta laureati, visto che il signorino sarebbe tornato nella sua città natia – di cui francamente non ricordo neanche più il nome –, sicuramente non Milano. Mi sembra chiaro, però, che il karma non mi assiste, perché a tre anni dalla fine delle nostre diatribe, eccolo che rispunta sotto forma di stagista, sostituto o quello che è.

«Sei con noi?» mi sta nel frattempo dicendo Lorenzo, che mi accorgo essere davanti a me con Marco al seguito, che mi guarda con l’espressione di puro stupore che penso dipinga anche il mio volto.

«Certo» dico, raddrizzandomi sulla sedia. «Dicevo, lui è Marco. Marco, lei è…» «Serena» dice Marco, finendo la frase per lui. «Vi conoscete?» si informa Lorenzo.

«Sì, abbiamo fatto la specialistica insieme» dico con noncuranza.

Per fortuna Lorenzo non si accorge dello sguardo carico d’odio che lancio al nostro nuovo acquisto, anzi, sfodera pure un mega sorriso, cosa che non mi piace proprio per niente.

«Ottimo! Allora Serena, direi che te lo affido. Marco, per qualunque dubbio o domanda, chiedi pure a lei. Questa è la tua postazione. Bene, direi che è tutto. Buon lavoro, ragazzi!» Detto ciò, si eclissa nel suo ufficio.

Dal canto mio, non so se mettermi a ridere o a piangere. Decido quindi di incassarmi nella sedia e di fingermi molto occupata – cosa che sono davvero, tra l’altro – chiedendo a Roberta se può seguire lei Marco, almeno per oggi. Come sospettavo, non se lo fa ripetere due volte e, neanche un secondo dopo, eccola seduta di fianco a lui, intenta a fargli vedere come configurare l’account e tutto il resto.

Mentre batto sulla tastiera in modo decisamente stizzito, di tanto in tanto gli lancio qualche occhiata. Devo dire, mio malgrado, che era bello ai tempi dell’università e lo è rimasto anche oggi: alto, folti capelli neri, occhi anch’essi scuri, grandi e con delle ciglia stupende, lunghe e incurvate – neanche ci passasse il mascara ogni mattina – e mani grandi e affusolate. A mio discapito, devo confessare che prima che iniziasse a comportarsi da stronzo con me ci avevo anche fatto un pensierino, anche se poi avevo accantonato l’idea quasi subito. Era un latin lover nato e gli bastava sorridere per far cadere ai suoi piedi come pere mature tutte le ragazze. Ovviamente non ha mai dedicato a me quel genere di sorrisi, ma solo ghigni malefici.

All’improvviso, mi rendo conto che devo assolutamente avvisare Alessandra, la mia migliore amica, nonché spettatrice di tutto l’assurdo teatrino tra me e Marco ai tempi. Le mando un WhatsApp veloce, informandola dell’accaduto e promettendole di chiamarla in serata per maggiori dettagli.

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Nadia Croce
classe 1987, è nata e cresciuta a Milano, dove vive tutt’ora. Si è laureata presso la Civica Scuola Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli e nella vita è una traduttrice freelance con tante passioni: cantare, suonare i taiko (tradizionali tamburi giapponesi), nuotare, fare dolci (e mangiarli) e, ovviamente, scrivere. Alquanto timida e introversa, ha sorpreso tutti buttandosi in questa avventura editoriale, che spera possa essere la prima di molte.
Nadia Croce on FacebookNadia Croce on Instagram
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