I minuti sembravano scorrere con una lentezza insostenibile, il meteo non pareva intenzionato a volgere al bello, mi sentivo terribilmente infastidito da quella forzata immobilità, mi pareva di stare fermo in quel posto da un’eternità. Avevo appoggiato la schiena contro il muro, con un piede premuto contro la parete, mi ero messo a rovistare nelle tasche, sperando spuntasse fuori una sigaretta ma la ricerca si rivelò senza esito. Non mi restava che guardarmi attorno, senza trovare nulla di interessante su cui posare lo sguardo, c’erano solo quei quattro muri spogli e umidi e uno scorcio aperto su una strada deserta. Con il passare dei minuti cresceva il mio fastidio e montava la mia irrequietezza, cercavo di forzami, mi era però impossibile trovare la pazienza per restare ancora in quel posto. Decidi di muovermi in ogni caso, al diavolo la pioggia preferivo inzupparmi che restare ancora intrappolato in quello squallido androne. Mi passo per la testa anche l’idea di fare un salto al piano di sopra per recuperare il mio ombrello, era un’opzione troppo audace pure per me, visto come ero stato sbattuto fuori. Non potevo, come se niente fosse, presentarmi di nuovo da Claudia, umiliarmi solo per recuperare uno stupido ombrello, pur avendone un estremo bisogno in quel momento. Il temporale continuava a rovesciare tutta la sua furia, non pareva prossimo a terminare, si trattava solo di abbandonare gli ultimi indugi. Con tutta la sconsideratezza di cui ero capace mi decisi a uscire, mi strinsi bene il giaccone addosso, mi ficcai in testa il cappuccio, sperando che servisse almeno un poco a ripararmi e uscì in strada. Una volta fuori mi ritrovai avvolto da uno stroscio d’acqua, in breve ero completamente fradicio, potevo solo mettermi a correre per raggiungere casa il prima possibile. La strada era deserta, nessuno era così matto da avventurarsi fuori con quel tempo, poche auto sfrecciavano veloci. Mi sembrava di essere premuto a terra dalla violenza della pioggia, era persino difficile correre con quel tempo come se l’aria facesse resistenza, come se volessero rallentarmi in ogni modo. Impiegai almeno dieci minuto per raggiungere il portone di casa, mi sentivo sollevato mentre infilavo la chiave nella serratura. Attraversai rapidamente l’androne del palazzo, lasciando dietro di me una scia d’acqua che colava dai miei vestiti, mente salivo nell’ascensore si formò una specie di pozzanghera.
I condomini avrebbero avuto da ridire per questo, erano capaci di lamentarsi per ogni cosa, trovare l’ascensore a quel modo gli avrebbe dato di che sparlare per giorni. Arrivai finalmente al mio appartamento, era un sollievo chiudersi la porta dietro alle spalle. Ero così fradicio che l’acqua continuava a grondare dai miei vestiti, bagnando il pavimento, cominciavo a sentire freddo addosso, iniziai a spogliarmi tentando di liberarmi rapidamente dai vestiti. Togliersi di dosso quella roba zuppa d’acqua si rivelò impegnativo, sembravano essersi incollati alla pelle. Una volta libero mi sentì subito più leggero, abbandonai i vestiti sul pavimento, li avrei recuperati più tardi, attraversai la casa nudo. Mi serviva un bagno caldo per scacciare quella fastidiosa sensazione di gelo che avevo addosso. Raggiunsi rapidamente il bagno, aprendo completamente il rubinetto dell’acqua calda per riempire la vasca e immergermi quanto prima. Ci vollero diversi minuti prima che questa raggiungesse un livello accettabile, un’attesa che pareva infinita, ma trascorsi quei lunghi istanti in cui il mio corpo sembrava gelare, finalmente mi potei immergere in quella rigenerante acqua bollente, il sollievo che provai fu immediato e già mi sentivo ristorato. I miei muscoli, prima irrigiditi per il freddo, si rilassarono immediatamente e bastarono pochi istanti per togliermi di dosso quella fastidiosa sensazione di gelo che la pioggia mi aveva lasciato. Erano momenti di puro piacere, mi sentivo completamente rigenerato, peccato non avessi tenuto conto dei possibili disturbatori e la mia pausa venne bruscamente interrotta dall’insistente trillo del telefono. Il suo suono reclamava con insistenza la mia attenzione, mi intimava di staccarmi da quel momento di assoluto godimento. Da parte mia ero fermamente intenzionato a ignorarlo, visto che sicuramente si trattava dei miei genitori, alla fine mi trascinai fuori della vasca, certo che avrebbero riprovato finché non avessi risposto. Non presi neppure un asciugamano, attraversando velocemente la casa, lasciando orme bagnata sul pavimento, fino a raggiungere quella petulante cornetta che non voleva saperne di smettere di assillarmi.
“Si…pronto…”, risposi in tono secco, senza mascherare in alcun modo il mio disappunto.
“Paolo…tesoro, perché non rispondevi? Va tutto bene?”, proruppe dall’altro capo mia madre, con una voce già prenda dell’ansia.
“Direi proprio di sì, mamma…cosa poteva essermi successo?”, risposi io in tono scocciato, mi infastidiva perfino il pensiero che potesse attivarsi il suo sviluppatissimo sesto senso, con il quale captava anche la più piccola variazione del mio comportamento.
“Solo che ho dovuto insistere parecchio…dov’eri che non rispondevi al telefono? Stavo iniziando a preoccuparmi!”. Non erano certo nuovi questi suoi eccessi di apprensione, ma in questo frangente erano del tutto fuori luogo, in quel momento il mio unico desiderio era quello di tornare a immergermi nel mio bagno rilassante.
“Stavo solo facendo un bagno… non hai nulla di cui preoccuparti, sarei anche potuto essere fuori casa a quest’ora, non ci sarebbe stato nulla di strano!”, risposi io, considerando che il pomeriggio lo passavo spesso fuori casa coi miei amici.
Mia madre, come sua abitudine, non prestava molta fede alle mie spiegazioni, ma proseguiva imperterrita sulla sua linea: “A quest’ora di solito sei sempre in casa… stavo seriamente iniziando a preoccuparmi, sai con tutto quello che si sente in giro, non si può mai stare tranquilli!”.
“Come hai potuto constatare sono a casa, quindi hai intenzione di continuare ancora a lungo con questa tua preoccupazione per tutti i mali in cui sarei potuto incappare?”, dissi io cercando di troncare rapidamente il discorso, mi ero ormai rassegnato al suo fare apprensivo e ansioso, utilizzando il sarcasmo come arma di difesa, nel tentativo di alleggerire l’effetto di pesantezza che questo suo atteggiamento aveva sul mio stato d’animo.
“Questa volta devo darti ragione…in effetti sei a casa, sei sicuro che sia tutto apposto? Ti sento strano”, insistette lei non dandosi per vinta.
“Te lo assicuro mamma, in che lingua devo dirtelo? Ho tutto sotto controllo… raccontami piuttosto della vostra vacanza, vi state divertendo?”, domandai io, non avendo alcuna intenzione di accennare a quanto successo con Claudia, sperando con questa domanda di sviare la sua curiosità.
“Si moltissimo, stiamo visitando dei luoghi molto belli…hai fatto male a non venire con noi, sono certa che ti saresti molto divertito!”, esclamò mia madre esaltando la bellezza dei luoghi in cui si trovavano.
“Di certo mi sarebbe piaciuto essere con voi…avrei proprio avuto bisogno di una vacanza… sarà per la prossima volta!”. Di certo non poteva immagina quanto avrei desiderato essere da un’altra parte in quel momento.
“La prossima volta non dovrai mancare…ora ti saluto tesoro che ci chiamano per la cena….ti telefono sabato pomeriggio, mi raccomando stai attento e non uscire dopo cena!”.
“Tranquilla mamma, farò la massima attenzione! Passate una buona serata e mi raccomando salutami papà e da un bacio a Giorgio!”.
La rapidità con cui avevo concluso quella chiamata, mi fece tirare un sospiro di sollievo, me l’ero cavata senza che mia madre si insospettisse, per una volta almeno non era entrato in campo il suo sensibilissimo intuito e non aveva preso ad assillarmi con la sua solita raffica di domande.
Non avevo dato segnali che facessero scattare il suo radar, riuscendo a riattaccare prima che entrasse in gioco la sua asfissiante curiosità. Complice anche la lontananza, mi era stato facile dissimulare e non avevo dovuto dare spiegazioni a mia madre, ci sarebbe stato fin troppo tempo per rispondere alle sue domande. Finalmente libero mi fu possibile tornare a immergermi nella vasca, il tepore dell’acqua calda servì a togliermi di dosso la fastidiosa sensazione di freddo che mi era rimasta. Inevitabilmente mi tornarono alla mente i fatti di quello strano pomeriggio e si fece impellente l’esigenza di fare chiarezza su quanto accaduto. Ripensare a quello che era avvenuto, mi rendeva piuttosto nervoso e mi mise addosso una certa insofferenza, questo mi rese impossibile trattenermi oltre, ormai mi ero guastato l’umore e mi tirai fuori della vasca. Mi infilai nervosamente l’accappatoio e con passo rapido raggiunsi l’apparecchio telefonico, restai qualche attimo impalato lì davanti, indeciso sul da farsi, ero tentato di chiamare Claudia ma non ero sicuro che si trattasse di una buona idea, per questo temporeggiai ma poi l’impazienza prese il sopravvento, afferrai la cornetta e composi velocemente il numero. Mi sforzai di mantenere la calma, cercando di convincermi che non ci fosse nulla di strano, probabilmente non era in casa o forse evitava di rispondere per non rischiare di dover parlare con me. Non volevo fissarmi con questo pensiero, per cui mi ripetevo che non c’era nulla di premeditato, ma non ero ancora pronto a mollare, per questo composi il numero una seconda volta e lo lasciai suonare a lungo. Non ancora soddisfatto provai a contattarla sul telefono cellulare, l’unica cosa che ebbi come risultato fu la voce registrata che mi comunicava che il numero da me composto non era raggiungibile. Mi restava solo che arrendermi davanti a quel muro di incomunicabilità, accettando il fatto che non sarei riuscito a ottenere un chiarimento. Questo stato di cose non faceva che accrescere il mio fastidio e la mia frustrazione, la pazienza non era una virtù in cui eccellessi, feci di tutto per tenere a bada la rabbia che montava dentro di me. Ero assalito da una profonda delusione che mi faceva provare pena per la mia condizione. Mi arrovellavo alla ricerca di una motivazione plausibile per quanto successo con Claudia, ma per quanto mi sforzassi non mi riusciva di trovare una sola ragione che potesse spiegare il senso del suo comportamento e il motivo per cui mi avesse cacciato in malo modo da casa sua. Ero consapevole di quali fossero i miei difetti più grossi ma ero sicuro di non essere stronzo al punto da meritarmi di essere trattato tanto bruscamente, senza neppure uno straccio di spiegazione. Provavo una grande frustrazione, avrei volentieri spaccato qualcosa per sfogarmi ma non potevo permettermi di fare dei danni in casa, sarebbe stato troppo complicato da spiegare, per questo serravo i pugni per contenere la rabbia e mi stesi sul divano cercando di tranquillizzarmi. Nonostante avessi fatto di tutto per mettermi comodo, infilando anche due cuscini sotto la schiena, non mi riusciva di rilassarmi, anzi la mia testa era affollata di mille pensieri, finché un ricordo non prese il sopravvento su tutti gli altri ragionamenti.
Cercai di ricacciare indietro quella memoria ma non pareva volersene andare e tornava a rinfacciarmi quell’unica mancanza che avevo avuto nei confronti di Claudia.
L’avevo sempre giudicata una cosa da nulla, un episodio insignificante, per questo non avevo mai sentito l’esigenza di raccontagli nulla. Una di quelle situazioni estive che non è neppure possibile considerare un vero tradimento, ma questo non aveva messo del tutto a tacere la mia coscienza e ora tornava a rinfacciarmelo. Sminuire l’importanza della cosa non cancellava il fatto che mi fossi comportato male e ora mi trovavo di nuovo a fare i conti con il mio comportamento. Lo scorso anno avevo trascorso alcuni giorni di mare con la mia famiglia, non era accaduto nulla di significativo fino alla sera prima della partenza. Avevamo organizzato un falò in spiaggia con un gruppo di amici, restammo li fino a tardi e io mi trattenni anche quando ormai il falò era già spento. Non so dire perché mi fossi fermato quando quasi tutti avevano lasciato la spiaggia, mi ero perso a fissare il buio del mare, rischiarato da una bellissima luna piena.
Mi era sempre piaciuto il silenzio e era così piacevole sedere sulla sabbia con l’unico sottofondo del rumore della risacca del mare. Ero talmente preso dai miei pensieri che sulle prime neppure mi ero reso conto di non essere solo, per questo quasi sussultai quando mi resi conto della sua presenza.
Mi chiese con un filo di voce: “Posso sedermi accanto a te?”.
Mi sentì come qualcuno risvegliato da un sogno e risposi senza troppa attenzione: “Certo siediti pure…non riesci a prendere sonno?”.
“No si sta così bene qua fuori…non mi va di andare a letto…”, disse lui accomodandosi accanto a me.
Era seduta sulla sabbia, si tirò le ginocchia verso il petto, coperte da una gonna leggerissima e con i piedi nudi affondati nella sabbia. Rimasi in silenzio, non sentivo il desiderio di parlare, ci conoscevamo appena, come qualcuno che si incontra durante una breve vacanza, soprattutto non mi sentivo abbastanza incuriosito per riempirla di domande.
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