Il giorno 26 agosto 2011 sono stato incaricato dal Dott. Dellocchio Carmelo, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, di procedere all’esame necroscopico del cadavere di Carma Giovanni, onde poter rispondere ai seguenti quesiti:
Mi venne concesso il termine di giorni sessanta (60), per il deposito della relazione scritta.
ESAME DELLA DOCUMENTAZIONE PRESENTE IN ATTI
Dall’annotazione redatta dal Commissariato Prati della Questura di Roma si apprende che personale del Commissariato interveniva in data 25 agosto 2011 “…. alle ore 11,00 circa …. In Via dei Reali 2 interno 2, secondo piano …. Sul posto era presente personale del 118 …. e l’auto medica con sigla 01 con a bordo la Dott.ssa Pugliese Clara che aveva constatato il decesso del signor Carma Giovanni annotando come possibile causa “sospetta intossicazione acuta da farmaci antidepressivi e ansiolitici con sostanze alcoliche ….. Si precisa che la persona deceduta è stata rinvenuta dalla signora Peretti vicina di casa e di pianerottolo del deceduto, che avendo notato la porta dell’ingresso principale dell’appartamento suddetto aperta da diverso tempo aveva prima provato a suonare il campanello e a chiamare a voce alta il signor Carma, poi si era introdotta nell’abitazione….”.
Agli atti è presente certificato di constatazione di decesso con la seguente annotazione “Decesso per sospetta intossicazione acuta da farmaci antidepressivi e ansiolitici con sostanze alcoliche….”.
La salma viene posta a disposizione dell’Autorità Giudiziaria e custodita presso l’Obitorio Comunale di Roma.
VERBALE DI ESAME NECROSCOPICO
Effettuato il giorno 27 agosto 2011 alle ore 9,00
Cadavere di un soggetto di sesso maschile, identificato per Carma Giovanni, di anni 60, del peso di kg 99 e della statura di cm 179. Discrete condizioni di conservazione.
La salma giunge alla nostra osservazione avvolta in un lenzuolo marrone; indossa una tuta da ginnastica blu con strisce bianche…..
La rigidità cadaverica è presente e generalizzata …..
AUTOPSIA
Capo: ….. Ossa della volta cranica integre. Dura madre indenne. …..
Torace: ….. Cuore di forma ….. del peso di g 550 …..
Addome: …..
Si dà atto del prelievo di alcuni cc di sangue e urina per ulteriori indagini di laboratorio.
Si dà atto del prelievo di frammenti di encefalo (3), cuore (5), polmoni (4), fegato (1), reni (1), per ulteriori immagini istologiche.
INDAGINI CHIMICO-TOSSICOLOGICHE
Frazioni del campione ematico e delle urine sono state utilizzate per le seguenti indagini mirate:
- ricerca e determinazione su sangue dell’alcool etilico con tecnica GC/HS
- ricerca su urine con tecnica immunochimica (ILAB) di oppiacei, cocaina, benzodiazepine, cannabinoidi, meadne, amfetamine, ecstasy, barbiturici ed etanolo.
RISULTATI
Sono stati ottenuti i seguenti risultati:
Alcool etilico: 10g/l
Screening urinario: positivo alle benzodiazepine….
CONCLUSIONI
Dopo aver esposto tutti i dati di un qualche interesse acquisiti nel corso dell’esame necroscopico effettuato, è così possibile rispondere ai quesiti proposti dal Magistrato:
- La morte di Carma Giovanni, per lo stadio dei fenomeni tanatologici rilevati, tenuto conto dei fattori intrinseci ed estrinseci alla salma ricorrenti e dell’inevitabile approssimazione insita in qualsiasi giudizio tanatologico, può farsi risalire a circa 2-3 giorni prima dell’accertamento….
- Il decesso è stato causato da ….intossicazione….
- Si è trattato di morte verificatosi secondo una dinamica non di tipo naturale.
- Le indagini tossicologiche hanno evidenziato la presenza di considerevole quantità di alcool etilico e di benzodiazepine
Referto autoptico di Carma Giovanni registrato e archiviato presso il Tribunale di Roma.
Insieme a te non ci sto più
Tre e trenta di notte.
Il rumore perforante del trapano irrompe nell’orecchio, le perfora il cervello e le strazia il cuore. Si sveglia di soprassalto, mettendosi bruscamente a sedere ansimando con un verso strozzato per non soffocare, con il terrore che il cuore abbia smesso di battere. Trema, ha i sensi tesi, la bocca dello stomaco attorcigliata in un blocco di pietra. Silenzio, non c’è nessun rumore. Nessun trapano.
È il solito sogno, che non la lascia in pace da quasi tre mesi: il rumore di un trapano, il coperchio di una bara che viene sigillato per sempre, poi la bara a penzoloni sull’abisso di una fossa, una mano maschile che dà due colpetti sul legno a mo’ di saluto, la bara che viene calata con due corde a una velocità pazzesca, come in quei film muti in bianco e nero con musichetta troppo allegra in sottofondo in cui tutto si muove con una frenesia grottesca, ballonzola pericolosamente con il rischio di cadere a testa in giù e sfasciarsi nella terra putrida. Questa volta, però, il rumore iniziale del trapano nel sogno è stato assordante.
Zoe non ha mai pianto per suo padre.
Non è andata al suo funerale, non ha più rapporti con la sua famiglia di origine da un tempo infinito. È stato nei sogni che l’ha saputo. Qualche tempo prima era quindi andata all’anagrafe e aveva richiesto un certificato di morte del padre, che aveva ottenuto, insieme alla conferma ‘materiale’ di quello che già sapeva.
Pur avendo pregato per la sua anima, il sogno ricorrente continuava a torturarla.
Aveva quindi deciso di recarsi in Tribunale, per avere informazioni su come era morto suo padre.
Quello di cui era venuta a conoscenza non l’aveva stupita. Non aveva nessuna intenzione di fare di più per lui. Aveva fatto anche troppo.
Zoe si sdraia di nuovo nel letto. Passano alcuni minuti e lei decide che avrebbe rimandato al giorno dopo il pensiero della ricerca di una spiegazione sul perché continuasse a fare quel sogno. Riesce a rilassarsi un po’ e piano piano cerca di scivolare nuovamente nel sonno, quando, nel buio pesante, un fischiettare risuona reale, agghiacciante. Zoe si reputa coraggiosa ed è abituata ad eventi considerati paranormali, ma è terrorizzata: il fischio segue la cadenza delle sillabe del suo nome. È un fischiettio breve e melodioso: così la chiamava suo padre quando era piccola e se non rispondeva immediatamente al richiamo poteva accadere qualcosa di molto brutto.
Il fischiettio cessa. Si accende però la vecchia radio anni cinquanta al piano di sotto, le note della canzone preferita da suo padre quando era giovane, ‘insieme a te non ci sto più…’ di Caterina Caselli, la avvolgono in una spirale di emozioni sconvolgenti, a cui non sa dare un nome, che la trascinano in un vortice abissale di caos e lei si sente cadere in uno strapiombo senza fine, disperdersi nel nulla infinito e ingoiare da un vuoto nero, impietoso, che promette l’eternità.
16 Novembre 2011
Panni colorati sparsi sul selciato, concatenati l’uno all’altro dalle pinze di legno che li bloccano sul lungo filo di corda. Sembrano un dragone cinese in volo, sognante e leggero, illuminato dai timidi raggi del sole ingannatore di quella mattina del sedici novembre 2011. Rosa, arancio, blu. Rosso. Rosso sangue, di un tono più scuro dei ciclamini che circondano gioiosamente la casa. Una pozza densa che si sta allargando, attorno alla testa fracassata.
La sagoma in terra sembra quella di una bambina che gioca con un lungo aquilone. Una bambina di pezza, un guscio vuoto senza soffio di energia vitale.
La sensazione di qualcosa di sbagliato, di qualcosa che non va, risale sinuosa e inesorabile come un serpente su per lo stomaco di Zoe e ne aggroviglia la bocca. È la sensazione di qualcosa di orribile e grottesco: l’oscenità della morte.
La donna ha il viso girato e Zoe non riesce a vedere la sua ultima espressione. È sdraiata scompostamente faccia in giù e stringe ancora nella mano il filo su cui ha attaccato i panni bagnati per una vita. La sedia su cui era solita arrampicarsi per raggiungerlo, data l’esigua statura, è rovesciata accanto alla ringhiera del balcone.
Zoe si riscuote, non sa da quanto tempo fissa imbambolata quel corpo che le ricorda la sua amica ma in cui non ritrova più niente del suo spirito. Probabilmente solo pochi secondi. Vorrebbe gridare, lanciare un urlo di richiamo acuto e forte, liberatorio, come nei film. Invece no, quell’urlo non esce, perché lei sta soffocando, come nei suoi incubi.
Sono state le grida della donna a farla correre lì.
“No, che fai?”, queste poche parole piene di orrore le rimbombano ancora nel cervello, incise dalla voce stridula e terrorizzata. E poi quell’urlo lungo, lancinante e infinito.
Finalmente le esce qualche verso strozzato, ma non basta. Cerca di muoversi, di camminare, ma le gambe non rispondono. È come in un sogno in cui si vorrebbe correre via ma invece il corpo è paralizzato.
Respira a fondo e finalmente inizia a camminare. Raggiunge la casa della signora Peppina, che sta uscendo per andare a vedere cosa succede. Zoe la blocca, rientrano in casa e con una telefonata alla polizia viene dato l’allarme.
Quello che Zoe ha appena vissuto è identico a quello che ha visto in sogno. Però lei non è riuscita a fare niente.
Novembre 2010
La strada che attraversa il bosco si restringe e diventa sterrata, ricoperta da sassolini bianchi che scricchiolano sotto le gomme dell’auto. La pendenza aumenta e dopo una curva appare il paese: casette attaccate, alberi, nuvole fumose di camini accesi. Il torso di un cavallo bianco sbuca dal recinto di un giardino, e la sua ombra è gigantesca. Anche l’aria ha un odore diverso… legna bruciata, umidità e antichi segreti. È una calda giornata di sole e questa la nuova realtà di Zoe Carma, giovane scrittrice dai lunghi capelli rossi, l’anima in pena e dalle particolari doti, che dopo aver girovagato per il mondo decide di tornare in Italia, preferendo rifugiarsi in un luogo un po’ nascosto ma non lontano dalla sua città, Roma.
Il paese appare deserto percorrendo quella che sembra la strada principale, ma avvicinandosi alla piccola piazza con la chiesetta, un mosaico di macchie di colori cattura lo sguardo… sono i paesani agghindati con i costumi d’epoca medievali, adulti e bambini, alcuni a cavallo. Oggi si celebra il patrono del paese, Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici. Nell’aria il suono dei tamburi, il profumo di fiori e la puzza di letame. Il sacro e il profano.
Riti di magia
Il buon odore di dolci fatti in casa le stuzzica le narici. Odore di buono e di mondo antico. Zoe spegne il computer portatile su cui sta scrivendo il proprio romanzo. È ora di andare.
Peppina, una anziana signora, cammina nella nebbia fitta avvolta nel suo scialle di lana. Il suo passo è deciso e sicuro.
Dopo una lunga giornata in piedi, tra tagli, pieghe e pettegolezzi, Solidea, parrucchiera trentenne chiude finalmente la saracinesca del suo negozio. Ci vogliono non più di dieci minuti per arrivare, a piedi, al suo appuntamento.
dandelguercio (proprietario verificato)
Tra il giallo ed la commedia gotica gotico, piacevole e ben scritta, Valentina Scelsa ci conduce, così vicino e così lontano, nell’Italiaccia gretta di provincia. Quelli’italia di contese bieche e ignoranti, di superstizioni, morali rovesciate e deformi egoismi che ci sembra il millequattrocento, quasi milleccinque, ed invece siamo nel ventunesimo secolo.
Piacevole ed divertente lettura per scoprire, con debita ironia, il retrogusto grottesco della nostra epoca: bentornati nei secoli bui.
mrosaria.girardi59
Maria Rosaria Girardi Bellissimo romanzo,che consiglio vivamente! Trama ben ideata,personaggi descritti con molta accuratezza,un pizzico di esoterismo che rende il racconto piu’ accattivante ma senza indugiare nelle tematiche del “mistero” superficiali ed ormai scontate. Ambientazione della storia in un paesino del Lazio,in cui tutto sembra immobile ed avvolto nell’oblio,contrariamente a cio’ che invece accade lontano da. occhi indiscreti. Personaggi molto ben descritti,appartenenti ad un mondo che si crede scomparso e che invece nei centinaia di piccoli borghi italiani e’ ancora vivissimo. In definitiva un bel giallo che si legge tutto in un fiato,grazie alla scorrevolezza della scrittura,asciutta ma accurata e con un finale davvero originale che mi ha sorpreso, cosa non facile poiche’ sono una lettrice seriale e ahime’ un po’ disincantata,da letture spesso pubblicizzate come originali ed in cui invece di idee “nuove” non si ha traccia.
Stefano Ambrosini (proprietario verificato)
Rifugiarsi nella semplicità della natura per ritrovare sè stessi, a contatto con persone, per lo più contadini, che nell’immaginario sono semplici è un’ingenua illusione. Nel paesino medievale in cui si rifugia la protagonista si nasconde invece in male più oscuro, nascosto da una coltre di falsità. E’ forse questa falsità declinata in ipocrisia il coltello che ferirà ogni cosa, spietatamente, non risparmiando nessuno.
Questo romanzo psicologico e introspettivo dal sapore noir, nasconde al suo interno anche il mistero di un omicidio dalla non scontata soluzione, ma è molto di più. Mi ha fatto riflettere sul concetto di bene e di male, di innocenza e di perdizione.
giuchilo (proprietario verificato)
Il libro narra di una provincia apparentemente lontana nel tempo e nello spazio nella quale la vite di alcune donne s’intrecciano nel tentativo di portare luce su vicende oscure che accadono in paese.
La finzione è la protagonista indiscussa, perché a volte è difficile affrontare la realtà.
E’ veramente puro ciò che sembra innocente?
Zoe e le sue amiche hanno vite apparentemente diverse eppure c’è un filo sottile che le lega.
Il loro passato si riaffaccia nelle loro esistenze, portandole ad affrontare aspetti dolorosi, che hanno cercato di celare anche a sé stesse nel vano tentativo di non soffrire.
È un libro interessante perché traghetta il lettore
verso la ricerca della “verità”: quella intima e personale di Zoe e le sue amiche e quella della fosca comunità in cui vivono.
Valentina Scelsa scrive una storia che aumenta via via d’intensità e conduce ad un finale inaspettato, non scontato che ha un sapore catartico e liberatorio.