Una rapina in banca diventa pretesto per raccontare le vite di chi vi partecipa: chi sono, i rapinatori? E quella cliente, in attesa nel salottino, perché è svenuta?
Quel cassiere, perché prega?
Quel carabiniere in borghese, tra la folla, perché indugia? E quel giovane avvocato, a cosa pensa, mentre cade, qual è il suo ultimo pensiero? Un precipitato di esistenze, tutte connesse le une alle altre: come puntini da unire, per ottenere una trama.
Perché ho scritto questo libro?
Sono, da sempre, molto incuriosito dalle vicende degli esseri umani: tutti, e ciascuno. Non considero estraneo a me nulla di tutto ciò che umano, per dirla con Terenzio.
Ho voluto raccontare storie di persone, perciò, in questo libro. I luoghi di lavoro o la cornice ideologica in cui esse operano sono quinte di scena: ma in primo piano ci sono loro, le persone. Con tutto ciò che le accomuna. Perché sono convinto che ciò che accomuna gli esseri umani sia più forte di ciò che li divide. Non è un caso che, nel libro, si respiri un’ atmosfera dolorante: perché sono davvero convinto che la comune esperienza del dolore affraterni gli esseri umani, smuova le coscienze, spinga all’azione.
Ecco, può sembrare strano, ma credo che le principali motivazioni che mi hanno portato a scrivere questo libro, siano, alla fine, di natura filosofica: non e’ solo un racconto di vite, ma anche (spero) uno stimolo alla riflessione sulla caducità dell’ esperienza umana, sulla fragilità della vita. Tema antico, si sa, e ispiratore di tutto.
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