Oggi fa tanto caldo e io sono già sudata per la fatica causata dalle valigie che ho dovuto trasportare per tre piani, ma non posso negare un saluto affettuoso a mia madre. Se l’ascensore avesse le orecchie, gli direi: Grazie per esserti guastato proprio il giorno in cui mi trasferisco. Cominciamo bene.
– Prima che tu te ne accorga, tesoro, saremo di nuovo insieme, te lo prometto!- dice lei e mi abbraccia forte.
– Non siete ancora partiti e già pensi al ritorno, mamma? Non ti preoccupare per me, starò bene. Pensa solo a divertirti.- la rassicuro.
– Se ti prometto che le metterò il guinzaglio al collo quando la porterò in giro, sarai più tranquilla, Darcy?- interviene mio padre.
Sento la sua mano accarezzarmi affettuosamente il collo.
– Molto spiritoso, Gavin. Cerca solo di tenere nostra figlia lontana dai guai. È chiedere troppo?
Da quando i miei genitori hanno divorziato, cinque anni fa, mio padre si è trasferito nel Queens e la mamma non mi ha mai permesso di andare a dormire da lui. Dice sempre che nel Queens sono tutti pericolosi.
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Adesso che è di nuovo sposata da una settimana, sta per partire per la luna di miele con il mio patrigno, Ernie. I miei nonni sono in vacanza in Europa, io non ho voglia di andare al mare o in montagna, perciò la casa di mio padre è l’unica in cui possa stare.
– Andiamo, Darcy! Rischiamo di perdere l’aereo!- esclama Ernie e sale in macchina senza salutarmi.
Mia madre mi abbraccia un’ultima volta e sale anche lei in macchina. Sui sedili posteriori ci sono le sue due enormi valigie. Ernie ha sistemato la sua borsa da viaggio e la sua ventiquattrore nel baule.
– Ah, dimenticavo: congratulazioni per il matrimonio! E che Dio sia con te, Ernie!- esclama papà dopo che la macchina ha già svoltato l’angolo.
– Devi essere sempre così acido nei confronti della mamma?- gli chiedo alzando gli occhi al cielo.
– Ora che non siamo più sposati, posso esserlo quanto voglio!- ridacchia lui e rientriamo in casa.
A differenza del loft in cui vivo con mia madre ed Ernie nel Greenwich Village, la casa di mio padre è un bilocale piccolo ma spazioso.
La cucina è piccola, sul piano di cottura ci sono soltanto due fornelli, il tavolo è piccolo e quadrato e ci sono solo due sedie.
Il salotto è composto da un grande divano marrone scuro, un tavolino di legno con sopra un enorme posacenere di vetro blu stracolmo di sigarette spente e una bottiglia di birra mezza piena e un piccolo televisore appoggiato su un mobile di legno malridotto. C’è anche una chitarra acustica appoggiata al divano.
Nonostante la finestra vicino al divano sia aperta, c’è ancora puzza di fumo e birra.
– Ho sistemato la mia camera per te. Io dormirò sul divano.- mi spiega papà dopo aver aperto la porta della sua/mia camera. È pulita come quella di un hotel.
Mi sento un po’ in colpa al pensiero di dormire sola in un comodo letto matrimoniale.
– Papà, sei sicuro di non voler condividere il letto con me?
– Tesoro, ormai hai sedici anni, lo so che hai bisogno della tua privacy. E poi, io voglio che tu stia bene qui con me, non voglio rovinare tutto. Lo sai che russo.- mi rassicura.
– Grazie…
Gli sorrido e poso le mie due valigie sul letto.
Svuoto per prima quella contenente i miei vestiti.
– E stasera ti porto a mangiare in un locale che so che ti piacerà tanto. Ci lavora un mio amico. Di sicuro, ci farà lo sconto per festeggiare il tuo arrivo.- dice papà ed esce dalla camera. Chiude anche la porta.
Scommetto che sarei la ragazza più invidiata del Mondo se tutte le mie coetanee sapessero che mio padre è un genitore tutt’altro che invadente.
La finestra della mia camera provvisoria dà sulla strada. Per ora è tutto tranquillo, ma ho letto troppe volte sul New York Times articoli che parlano di bulli di strada che si sparano tra loro, sia a piedi sia in macchina, per cui so già che non passerò notti tranquille.
Mia madre era più preoccupata di me all’idea di mandarmi da mio padre, ma le ho promesso che le telefonerò ogni sera prima di andare a dormire, così avremo entrambe un sonno sereno e che ogni tanto la chiamerò con Skype.
Sistemo i miei vestiti nei due cassetti della cassettiera che papà ha svuotato per me e porto la mia borsetta viola contenente l’occorrente per l’igiene personale in bagno. È grande quanto due sgabuzzini messi insieme, ma almeno è pulito e disinfettato.
Papà ci tiene davvero a farmi stare bene nella sua casa, ma il salotto è il suo regno.
Nella seconda valigia ho messo i miei poster, i miei libri, compresi quelli di scuola per i compiti delle vacanze, e i miei dischi preferiti.
Papà mi ha comprato come regalo di benvenuto un Auna MC-120 Stereo Lettore USB MP3-CD Bianco, con l’unica raccomandazione di tenere il volume basso per non disturbare i vicini.
Attacco i miei poster di Michael Jackson, i Beatles, Freddie Mercury, Aretha Franklin, Tina Turner, Cher, Christina Aguilera, Mariah Carey, David Bowie e Whitney Houston con il nastro adesivo sulla parete sopra il letto e sistemo i libri e i dischi sopra la cassettiera vicino allo stereo, ancora infiocchettato. C’è anche un biglietto:
Per la mia Wendy,
benvenuta a casa nostra.
Ti voglio tanto bene,
papà
Ora rischio di commuovermi. Inserisco The dark side of the moon dei Pink Floyd nello stereo. La voce di David Gilmour mi fa recuperare il controllo di me stessa.
♪♫♪
Alle otto in punto, papà ed io usciamo da casa. Mi sono messa dei comodi pantaloncini neri, scarpe ballerine nere e una maglietta a maniche corte nera con una chiave di violino bianca in sospeso su una corda.
– Dov’è questo locale, papà?
– Proprio dietro l’angolo!- esclama lui e ci dirigiamo verso un edificio a due piani dall’aria un po’ decadente in mezzo ad una piazza piena di spazzatura e di persone che camminano con lo sguardo fisso sull’asfalto o con degli spinelli in bocca.
L’insegna bianca luminosa del locale forma le parole WHITE DRESS.
– Tanti anni fa, questo posto era una piccola chiesa ebraica, poi è diventato un cinema-teatro e ora è un locale rivolto soprattutto ai giovani, in cui si può ascoltare buona musica e non si vende neanche una goccia d’alcool.- spiega papà.
Quando entriamo, ci accoglie un ragazzo con i capelli lunghi e raccolti in una coda di cavallo.
– Buonasera, signor Pickett! Charles è là in fondo!
– Grazie Eli, ma quante volte ti devo dire di chiamarmi Gavin?- protesta papà.
La prima cosa che cattura la mia attenzione non sono le pareti circondate da enormi foto di cantanti famosi o le lampade rotonde e colorate attaccate al soffitto, bensì il grande palco in fondo al locale, con una batteria coperta da un telo, un pianoforte nero verticale e due microfoni sistemati su un’asta giraffa. A sinistra del palco c’è una scala a chiocciola di legno che porta al secondo piano, sicuramente l’ex-galleria della chiesa e del cinema-teatro.
In sottofondo si sente Total eclipse of the heart di Bonnie Tyler.
Ci sono solo quattro clienti: un signore anziano bianco che tiene in mano un bicchiere di acqua frizzante e fissa il vuoto, un ragazzo bianco con i dreadlocks castani che mangia ali di pollo e intanto guarda il cellulare e due fidanzatini neri che si parlano e s’imboccano a vicenda con le patatine fritte. È una scena sdolcinata, ma almeno mi regala un po’ di ottimismo nei confronti del Queens.
Due camerieri stanno preparando da bere dietro il bancone e altri due stanno salendo le scale con dei vassoi in mano. Chissà quanti clienti ci sono al secondo piano.
– Gavin? Sono qui!- esclama una voce maschile in fondo al locale.
Papà ed io ci avviciniamo al palco. Un uomo alto e magro ci sorride. Deve avere all’incirca trent’anni.
– Finalmente sei arrivato! E vivi solo a due passi da qui!
Papà lo ignora e lo saluta con una stretta di mano e un piccolo abbraccio.
– Ora non sono più solo. Condivido il mio piccolo regno con questa bella sedicenne che è mia figlia Gwendolyn. Per la cronaca, i capelli rossi li ha presi dalla madre.- mi presenta.
– Piacere di conoscerti, Gwendolyn. Io sono Charles. Tuo padre mi parla sempre di te.- mi saluta Charles e mi stringe la mano. Ha i capelli neri e corti, i baffi sottili e indossa una camicia nera con una piccola tasca con sopra ricamata, a lettere bianche e piccole, il nome del locale e dei pantaloni a zampa di elefante neri che nascondono appena le scarpe di vernice nere sporche di bianco, in contrasto con i capelli castani ma tendenti al grigio e lunghi, la barba di un giorno e il look alla James Dean di mio padre.
– Piacere, Charles, ma preferisco essere chiamata…
– Wendy.- m’interrompe Charles e sorride a mio padre.
Ho sempre odiato il mio nome lungo e antiquato, ma si chiamava così la mia bisnonna e mia madre era tanto affezionata a lei. Finché un giorno, quando avevo cinque anni, mio padre mi salutò chiamandomi Wendy. Quel diminutivo mi piacque tanto e, da quel momento, decisi di usarlo come primo nome. Mia madre non condivise la mia decisione fino a quando, per il mio dodicesimo compleanno mi regalò un ritratto dipinto da lei che aveva intitolato La mia Wendy, per farmi capire che sarei stata sempre la sua piccola. Sicuramente aveva anche un piccolo legame con papà e ora che sono divorziati, per me quel quadro è diventato il mio tesoro.
Papà ed io ci sediamo al tavolo vicino alla foto di James Brown illuminata da una lampada blu e due minuti dopo, Charles ci serve due Cola con ghiaccio.
– Queste le offre la casa. Benvenuta Wendy. Spero che ti piaccia il Queens.- dice Charles.
Lo ringrazio e papà ed io brindiamo al tempo che passeremo insieme. Intanto che lui chiacchiera con Charles, io mi guardo intorno e sorseggio la mia Cola.
Come prima impressione, questo locale ha l’aria di essere un posto in cui la gente passa il sabato sera bevendo e cantando insieme a qualche band emergente, ma a parte la batteria e il pianoforte, non ci sono altri strumenti musicali. E mi chiedo come mai questo posto si chiami White Dress, essendo chiaramente incentrato sulla musica. Inoltre, non c’è alcun segno di un vestito bianco. Che sia un riferimento a una vecchia canzone?
Quando Charles porta un hamburger per me, un cheeseburger per papà e un enorme piatto di patatine ricoperte di ketchup per entrambi, il ragazzo con i dreadlocks si alza dal tavolino, sale sul palco e si porta il microfono alla bocca.
– Ehi, Charles? Che ne dici di dare un po’ di vita a questo mortorio?- esclama.
– Attento con le parole, Malcom! Solo perché è il tuo giorno libero e hai lo sconto, non vuol dire che puoi criticare il mio bambino!- ribatte Charles e corre a sedersi al pianoforte. Un occhio di bue illumina Malcom.
– Buonasera a tutti! Non so voi, ma io mi sto un po’ annoiando! Vedo una coppia tra il pubblico!- esclama e indica i due fidanzatini. Stavano per baciarsi e adesso sono imbarazzati.
– Siete molto carini, sapete? Dovete stare attenti, perché…
Malcom schiocca le dita e Charles inizia a suonare.
Non riconosco la canzone fino a quando Malcom arriva al ritornello. È Take a message di Remy Shand, uscita nel 2002, quando avevo tre anni.
Quando una canzone mi colpisce nell’animo, mi segno il titolo, il cantante e l’anno di uscita su un piccolo quaderno con una grande stella sulla copertina.
Ho iniziato a farlo a otto anni.
Peccato che Take a message non sia la canzone più adatta per un appuntamento romantico, con le sue parole d’amore confuse. Infatti, la ragazza si alza e se ne va.
– Questa me la paghi, idiota!- grida il ragazzo puntando il dito contro Malcom e corre fuori dal locale. Sono un po’ curiosa di sapere se riuscirà a fermare la sua ragazza, ma non lo saprò mai.
Una delle cameriere si avvicina al loro tavolo e tira un sospiro di sollievo.
– Mi sono salvata da una corsa.- commenta a voce alta e si mette nella tasca della maglietta i soldi, sicuramente lasciati dal ragazzo.
Charles interrompe la musica e si avvicina, furioso, a Malcom. L’occhio di bue sparisce.
– Che problema hai? Sappi che sei licenziato!- esclama Charles furioso.
– Sai che me ne importa, non vale la pena lavorare per uno come te.- dice Malcom con disinteresse e dentro di me si accende un forte desiderio di picchiarlo per aver criticato Charles. E da quando penso di fare del male a qualcuno?
Gavin
– Ti sei divertita?- chiedo a Wendy mentre torniamo a casa.
– Sì, non è male. E mi sta simpatico Charles.- dice lei timidamente.
– Mi fa piacere. Charles è un tipo in gamba. E ha fatto bene a licenziare quella testa di rapa di Malcom! Con questa crisi economica, perdere il lavoro in questo modo è da stupidi! Spero che il suo comportamento ti sia stato di lezione per quando troverai un qualsiasi lavoro, tesoro.
– Te lo prometto, papà.
Mentre camminiamo, Wendy si guarda intorno preoccupata.
– Stai tranquilla, Wendy, questa zona del Queens è una delle più sicure.
– Se lo dici tu, papà…
Sospiro e le metto un braccio intorno alle spalle.
– Non devi credere a tutto quello che dice tua madre. Lei ha sempre pensato male del Queens solo perché lo hanno detto la televisione e i giornali, ma ha ragione solo a metà. Il Queens è anche un bel posto, te ne accorgerai nei prossimi giorni, te lo posso assicurare.
Quando entriamo in casa, Wendy manda un messaggio della buonanotte a sua madre.
– Buonanotte anche a te, papà.
– Aspetta, Wendy! Hai finito da poco di mangiare. Stai un po’ con me prima di andare a dormire. Ti suonerò una canzone.
Afferro la chitarra e mi siedo sul divano.
– Pensi che i vicini protesteranno?- chiede lei indicando la porta d’ingresso.
– Solo se suonerò le ballate. A quanto pare, in questo palazzo nessuno ha un lato romantico.
Accordo la chitarra e inizio a suonare.
– In the town where I was born
Lived a man who sailed to sea
And he told us of his life
In the land of submarine…
(Nel paese dove sono nato
viveva un uomo che navigò il mare
E ci parlò della sua vita
nella terra del sottomarino)
Wendy si siede vicino a me e mi ascolta cantare e suonare Yellow Submarine. Non canta il ritornello con me e non imita neanche i rumori del sottomarino.
Per oggi chiuderò un occhio.
Dopotutto, è solo il primo giorno.
Martina Barison (proprietario verificato)
Dal primo capitolo emerge la grande preparazione e passione musicale della scrittrice. I personaggi ed i luoghi sono ben descritti. Scorrevole e piacevole, sembra adatto a tutte le età grazie ai diversi punti di vista, prima quello della figlia e poi quello del padre. Mi piace la scelta di New York come ambientazione, ogni adolescente è pieno di sogni e passare l’estate in una città piena di opportunità come questa è una grande occasione per l’inizio di una storia. Consiglio l’acquisto! MB