Raggiunse Vic, scostò la sedia e si accomodò.
«Finalmente sei qui, noi dovremmo…» Vic provò a proseguire.
«Sì, hai ragione, dobbiamo parlare» Adrastia lo interruppe.
Una tensione palpabile si innalzò tra i due. Adrastia fece un bel respiro e riprese.
«Credo che la cosa sia complicata, non fraintendermi, ma devi trovare una soluzione». Si morse il labbro inferiore non cessando neanche per un attimo di guardarlo negli occhi. «Sei una figura essenziale, un fratello per questa famiglia, ma hai una moglie che inizia a fare troppe domande».
Vic allungò la mano sinistra verso di lei sul tavolino per interromperla.
«Non dire altro, lo capisco, comprendo tutto quanto. Manco spesso ed è normale che inizi a dubitare delle mie parole, ma posso garantirti una cosa» deglutì, «non succederà più, farò in modo che lei non diventi un problema» disse.
Adrastia attese qualche secondo prima di rispondere. Una leggera brezza li raggiunse, mosse i capelli bianchi di lei accarezzandole il viso.
«Perfetto, allora direi che siamo d’accordo» concluse lei.
«Bene, vuoi qualcosa da bere?» domandò Vic.
«No, nulla grazie» si schiarì la voce.
Due persone a un paio di tavolini di distanza da loro, un umano e una volpe ibrida chiacchieravano. La conversazione attirò l’attenzione della lupa.
«Beh dai, non è male qui, mi piace questa fusione tra i due mondi. Puoi trovare cibo, abitudini e modi occidentali e allo stesso tempo vestiario e tradizioni orientali» disse il ragazzo.
«Sì e poi le due, diciamo, specie si sono ben unite, ibridi e umani oramai convivono da tantissimi anni anche se l’inizio di tutto rimane un mistero. Lo sapevi che prima eravamo separati e non sapevamo dell’esistenza uno dell’altro? Fu per un amore, classico cliché, che le due specie si avvicinarono tra loro unendosi. In passato esistevano diversi Alfa, coloro che potevano trasformarsi completamente nella forma animale o meglio questo è quanto sta scritto nelle leggende» sorrise la ragazza.
«Cioè? Vuoi dire che, invece che essere mezzi umani e mezzi animali, c’era chi poteva diventare del tutto animale?» domandò il ragazzo curioso spalancando gli occhi.
«Esattamente, addirittura raggiungendo dimensioni diverse rispetto alla forma originale nell’animale che conosciamo. Tuttavia è un mistero come si siano estinti e ora non esistano più, anche perché erano le forme più potenti e possenti che c’erano. Lupi, leoni, pantere, per esempio, e altri che in forma animale erano grandi il doppio rispetto a quelli che conosciamo noi. Qualcuno dice di averne visto uno nella foresta, ma non ci credo», scosse il capo, «è impossibile, anzi, secondo me è solo una leggenda, non ci sono prove al momento della loro esistenza» fece spallucce sospirando.
«Incredibile, ma penso tu abbia ragione e che sia solo una leggenda» concluse il ragazzo sorridendo.
Adrastia incrociò lo sguardo di Vic ed entrambi sorrisero divertiti; già, perché quei due ragazzi non sapevano che proprio vicino a loro era presente un Alfa lupo femmina.
Senza dire nulla la lupa fece un cenno con il capo, era ora di rientrare. Si alzarono entrambi e si allontanarono.
05:00 a.m.
Il maledetto telefono suonò ancora. Adrastia avvicinò la mano destra al sedile del passeggero dove l’apparecchio era posato, premette sullo schermo e si passò una mano tra i capelli.
«Cosa c’è?» domandò con tono irritato.
«Capo, abbiamo un problema» la voce preoccupata e spezzata era quella di Haruki.
«Cioè?»
«Kazuya è ferito… non dà cenni di guarigione».
«Merda, arrivo subito!» rispose Adrastia quasi ringhiando.
Riattaccò nervosamente, lanciando il telefono sul sedile, così forte da farlo rimbalzare e ricadere in avanti. Sospirò, non c’era più tempo, non poteva attendere oltre. Scese dalla macchina, la aggirò arrivando al portabagagli, lo aprì. All’interno c’era un arsenale completo. Prese due pistole con silenziatore, le caricò e richiuse il veicolo. Si alzò il cappuccio della felpa nera e si avvicinò alla villa fuori dalla quale era appostata. Rallentò il suo respiro e i battiti, si posizionò vicino al muretto del cancello e attese il cambio della guardia che aveva già studiato in precedenza. Quando i cancelli si aprirono per far uscire le auto degli scagnozzi, scivolò rapidamente all’interno correndo nel buio, lungo il perimetro. Erano giorni che controllava quella casa, sapeva benissimo che c’erano due uomini di guardia all’esterno, quattro all’interno e due al piano superiore, lì dove si trovava il suo obbiettivo. Socchiuse gli occhi, focalizzando le due guardie che, a circa venti metri da lei, stavano parlando tra di loro. Era il momento. Fuoriuscì dal mantello dell’oscurità, puntò le pistole e sparò due colpi. Entrambi centrarono il cranio delle guardie.
Con passo deciso e felpato, arrivò al portone della villa e sferrando un calcio al centro lo spalancò. Le quattro guardie all’interno del salone accorsero sparando contro di lei. Adrastia si gettò di lato mirando alla prima e la centrò con un colpo perfetto in mezzo agli occhi, così fu anche per la seconda. Scivolò dietro un pilastro, evitando le pallottole di risposta. Socchiuse gli occhi per pochi secondi, fece un profondo respiro, li spalancò poco dopo e tornando allo scoperto puntò le pistole alle due guardie rimaste. Nessun tentennamento, i colpi andarono a segno. Le guardie caddero e Adrastia poté salire.
All’interno della villa risuonò l’allarme intrusi. Bisognava muoversi a raggiungere il piano superiore, pensò Adriastia. Sapeva bene dove andare: nella stanza principale la sua vittima attendeva. Arrivata davanti alla porta fusuma, la fece scorrere aprendola come se nulla fosse e si trovò di fronte le due guardie con i fucili puntati contro di lei. Sulle sue labbra rosse si palesò un sorrisino divertito, malsano.
«Mhmm, è così che accogli i tuoi ospiti?» domandò Adrastia alla figura che era seduta dietro alla scrivania, dandole le spalle.
«Ma tu non sei per nulla un’ospite» rispose l’uomo girandosi lentamente.
Aveva circa quarant’anni, un accenno di barba bianca e un tatuaggio che spuntava dal colletto di una camicia bianca.
«Metti giù le armi» intimò ad Adrastia.
Lei, senza tentennare e sorridendo divertita dalla situazione, lasciò cadere a terra le armi, come se fosse in un film al rallentatore, ma nell’istante in cui esse toccarono il suolo con un suono secco Adrastia estrasse rapida due coltelli celati nella cintura, dietro la schiena. Con la mano sinistra li lanciò e abbatté le due guardie e allo stesso tempo, con la destra, recuperò un terzo coltello e lo scagliò colpendo a morte il suo obiettivo.
Silenzio… Solo il silenzio divenne sovrano nella stanza.
Adrastia si accucciò e recuperò le sue pistole, per poi compiere qualche passo verso l’uomo privo di vita sulla sedia girevole. Aprì la zip della felpa e da una tasca interna prese una rosa bianca che posò sopra la scrivania. La lupa bianca era stata lì. Voltò le spalle al massacro e tornò alla sua auto mentre il sole iniziava a sorgere.
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