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La regina dei corvi

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Alys ha un carattere dolce e riflessivo, ma dopo la sanguinosa rivolta in cui entrambi i suoi genitori rimangono uccisi, si trova catapultata in un mondo di doveri e responsabilità. La giovane regina del regno di Elias si trova troppo presto a fare i conti con le proprie insicurezze, i ricordi dolorosi e una potente magia nera. Le tenebre avvolgono il suo cuore e l’ombra dell’inganno si allunga inesorabile verso la sua testa e il suo trono. Ma quando inizia a dubitare anche di se stessa, capire di chi può fidarsi diventa una sfida troppo ardua per lei.

Capitolo 1 – Il giardino dei ricordi

Una figura femminile era affacciata a uno dei tanti balconi del palazzo reale e stava ammirando il panorama che le si parava sotto gli occhi. Le cime degli alberi si muovevano leggermente alla brezza tenue e delicata degli ultimi giorni invernali, oscillando come se fossero dotate di linfa vitale. Davanti a lei, oltre i tetti rossi opachi delle case e le alte guglie dei palazzi più antichi, si stagliava in lontananza una lunga catena montuosa dalle cime innevate, gli Aerendil. La ragazza spostò lo sguardo sulle campagne che circondavano il palazzo e la capitale del regno, osservando senza fiato gli estesi campi coltivati e i boschetti che si inerpicavano lungo i pendii, formando dei veri e propri rifugi per gli animali selvatici. I suoi occhi, avidi di tutte quelle piccole meraviglie, fissavano ogni piccolo dettaglio di quella vista incantevole, quasi come se si trovassero di fronte a una bellissima opera d’arte. Quella non era la prima volta che osservava il paesaggio che si estendeva intorno al palazzo; lo faceva praticamente ogni giorno e ne rimaneva estasiata ogni volta, soprattutto in quel periodo di passaggio tra il freddo e crudele inverno e la primavera dolce e rigogliosa.

Si prese il volto con entrambe le mani, sospirando malinconica di fronte a quello spettacolo. La natura stava nascendo di nuovo dopo il gelo invernale, ignara di tutto quello che era successo e stava succedendo intorno a lei. Non era interessata agli uomini e alle loro faccende, le importava solo germogliare di nuovo e tappezzare di colori il mondo. Due fringuelli si rincorrevano allegri, disegnando invisibili linee nell’aria ed emettendo richiami musicali che si perdevano nel silenzio del giardino.

Dopo tutto quello che è successo in questi mesi, è un bene che l’inverno sia quasi finito, pensò, mentre continuava a guardare incuriosita il cielo. Si scostò dal balcone e rientrò all’interno della stanza, muovendosi leggiadra nel lungo abito verde smeraldo che le arrivava poco sopra la punta delle scarpe laccate di vernice. Era molto giovane, poco più di vent’anni, con la carnagione pallida e lunghi capelli mossi, rossi come il rame e raccolti in una folta treccia che le cadeva sul davanti.

Con la punta delle dita sfiorò il piano del tavolo in legno che si trovava proprio al centro della stanza. Era ovale, molto lungo e robusto, e sorretto da diverse paia di gambe. Scostò la sedia che si trovava a uno dei due vertici e vi si sedette sopra, ruotando gli occhi tutt’intorno come a voler scrutare ogni angolo di quella stanza. Le due pareti laterali erano coperte da due grandi librerie in legno, con i ripiani inferiori chiusi da sportelli e quelli superiori carichi di libri di ogni genere e dimensione, mentre dal soffitto pendeva un ampio lampadario dai bracci in argento che sorreggeva numerose candele. Per la prima volta dopo anni notò quanto fosse poco luminosa, nonostante la presenza di due ampie vetrate dalle quali si accedeva al balcone. Forse ci sono troppe librerie, pensò. Si guardò intorno per qualche altro secondo, poi tornò a concentrare il suo sguardo sulla porta socchiusa della stanza. Era quasi un’ora, ormai, che stava aspettando.

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Strano che non sia ancora arrivato. Avrebbe dovuto essere qui almeno una mezz’oretta fa.

Non aveva nemmeno finito di formulare il pensiero che la porta si spalancò di scatto e un uomo brizzolato, dagli occhi piccoli e scuri, fece il suo ingresso nella stanza, scusandosi più volte per il ritardo. Aveva un po’ più di cinquant’anni ma non li dimostrava, nonostante le piccole rughe sotto gli occhi e sulla fronte. Sopra a un paio di eleganti pantaloni in seta indossava una casacca blu scuro, finemente decorata con fili di oro e argento. La ragazza lo scrutò accigliata per qualche secondo e sospirò. Se fosse stato per lei, non l’avrebbe aspettato per tutto quel tempo, ma si trattava di lavoro e non aveva avuto altra scelta.

«Sono desolato, Vostra Altezza Alys, ma ho avuto un imprevisto» esordì l’uomo, accennando un inchino con la testa e avvicinandosi al tavolo per poggiarvi il plico di fogli che aveva in braccio.

«Non c’è alcun problema, Noril.»

L’uomo fece un cenno d’assenso e, dopo essersi schiarito la voce, iniziò quello che sembrava un lungo e importante discorso: «La nostra idea di ridurre le tasse sembra aver funzionato, anche se non come avevamo previsto».

«Si tratta comunque di un successo.»

«Ovviamente, anche se non completo. Del resto non potevamo aumentare ulteriormente la tassazione a carico del ceto basso; è già un miracolo se siamo ancora in piedi. Le entrate di questo mese sono aumentate rispetto al periodo precedente, ma non sono sufficienti per coprire le spese che dobbiamo sostenere. Di questo, però, discuteremo durante la prossima riunione. Adesso dobbiamo scegliere come utilizzare parte dei fondi di cui disponiamo e, personalmente, vi consiglio di dare la precedenza agli interventi più urgenti.»

Noril si spostò di qualche passo verso la ragazza, allungandole alcuni fogli pieni zeppi di numeri e aggiungendo che si trattava del resoconto dell’ultimo bilancio. Lei li afferrò e iniziò a sfogliarli confusa. Non era mai riuscita a capire qualcosa di economia e per lei quei numeri non rappresentavano proprio niente; per questo motivo non comprendeva perché il primo consigliere avesse insistito così tanto affinché li vedesse.

Non ci capisco niente, pensò sfogliando avanti e indietro il plico nella vana speranza di trovare il modo per decifrarli. Sarebbe stato meglio mostrarli a Carlile, prima di venire da me.

«Se permettete un suggerimento, penso che la scelta migliore sia di impiegarli per rafforzare l’esercito. Del resto dobbiamo garantire la sicurezza interna, soprattutto dopo quello che è successo.»

Alys alzò lo sguardo, irritata e pronta a incenerirlo seduta stante. Ne avevano già parlato il giorno prima e lei era sicura di essere stata chiara.

«Perché mai dovremmo fare una cosa del genere? Il nostro è un Paese pacifico.»

«Capisco bene le vostre perplessità, ma l’esercito deve essere il più efficiente possibile, soprattutto in un momento come questo. Non possiamo permetterci di subire un’altra rivolta.»

La ragazza si alzò rabbiosa dalla sedia, sbattendo violentemente i palmi delle mani sul piano e facendo tremare i bicchieri di cristallo che erano stati poggiati lì sopra dalle domestiche. «Non ne abbiamo bisogno! Prima dobbiamo pensare a come risollevare l’economia, poi possiamo anche rafforzare l’esercito. C’è gente che muore di fame, per le strade, spiegami a cosa servirebbe comprare altre armi o altri cavalli!»

«Le botteghe sarebbero ben contente di fornirci armi e armature, e lo stesso discorso vale per gli stallieri. Senza contare che aumenterebbe l’importazione di materie prime.»

«Così facendo renderemo più ricchi coloro che lo sono già» protestò Alys.

Noril sospirò, passandosi una mano tra i corti capelli brizzolati. «Altezza, perdonatemi, ma per quanto riguarda l’economia dovreste lasciarmi fare. Me ne intendo a sufficienza da poter risollevare il regno senza troppi problemi, credetemi! Prima di occuparci della gente che muore di fame dovremmo fare in modo che la popolazione si senta sicura e protetta, e rafforzare l’esercito è fondamentale. Inoltre dobbiamo consolidare la vostra posizione; dopo la rivolta di sei mesi fa, dobbiamo dimostrare che la famiglia reale è forte. Dobbiamo dimostrare che voi siete in grado di guidare il Paese.»

«Lo so anche da sola, ma non credo che sia la cosa migliore da fare in questo momento.»

«Altezza, fidatevi di me. Ricopro il ruolo di consigliere da oltre vent’anni, so quello che dico.»

«Possiamo pensarci in un secondo momento, no? Adesso ci sono altre cose da fare,» replicò lei «non voglio vedere persone chiedere l’elemosina in un vicolo di Liphis…»

«Comprendo benissimo le vostre preoccupazioni e vi fa onore tenere in questo modo alla vostra gente, ma in questo momento dobbiamo essere più obiettivi e lasciare da parte gli idealismi. Nel caso di un attacco dobbiamo essere in grado di difenderci e, nelle condizioni attuali, non credo che riusciremmo a resistere per molto.»

«Non vedo perché i Paesi limitrofi dovrebbero attaccarci. Abbiamo stipulato i trattati proprio per evitare ulteriori conflitti e nessuno sarebbe tanto sciocco da infrangerli e rischiare un’infinità di sanzioni.»

«D’accordo, ma quei trattati di certo non impediranno un’altra rivolta. Nel caso in cui scoppi, l’esercito deve garantire l’incolumità vostra e dei cittadini. Dobbiamo essere preparati a tutto.»

«Siamo già preparati,» sentenziò l’altra, sempre più irritata per l’atteggiamento cocciuto del primo consigliere «abbiamo un ottimo esercito, un ottimo comandante e siamo ben forniti; non abbiamo bisogno di altro.»

«La prudenza non è mai troppa, mia signora! Non credo che sia eccessivo comprare altri armamenti, soprattutto quando si tratta di proteggere il regno. Sul confine con Karmat siamo ancora indeboliti e…»

«Non voglio sentire altro, Noril,» lo interruppe lei «ho già preso la mia decisione e non ho alcuna intenzione di tornare indietro: niente armi per l’esercito.»

«Vostra Altezza, non credete di essere stata un po’ troppo sbrigativa? Forse sarebbe meglio se ci rifletteste di più.»

La ragazza sbuffò scocciata. «Se avremo bisogno di altre armi, Thomas me lo farà sapere. E questo è quanto!»

«Il comandante Vandeer? Perdonatemi, ma non ritengo saggio fidarsi di uno alle prime armi» ribatté esasperato l’uomo. Voleva convincere la regina a cambiare idea, ma sembrava essersi incaponita su una posizione che non avrebbe lasciato tanto facilmente. Come fa a pensare di potersi fidare del figlio buono a nulla di Byron?! Non è mai stato capace di badare a se stesso, figuriamoci se è in grado di gestire l’intero esercito! Avrebbe dovuto lasciare Dorrington al suo posto, ma tanto per cambiare non si è degnata di ascoltarmi. Che ragazzina irritante!

«Non è un principiante e sa usare la spada meglio di quanto possa fare tu! Si è meritato quel ruolo e merita il tuo rispetto. Se non sei in grado di fartelo piacere, puoi anche lasciare il tuo posto a qualcun altro!» esclamò Alys, voltandosi sempre più infastidita verso l’altro. «Adesso lasciami da sola!»

L’uomo la fissò contrariato per qualche secondo; avrebbe preferito che la regina riflettesse meglio sulle decisioni che prendeva, ma mettersi a litigare non avrebbe portato a niente se non alle sue dimissioni. E Noril teneva al suo ruolo a corte più di quanto lasciasse intendere. Fece un leggero inchino e uscì dalla stanza, lasciando però il plico di fogli sul tavolo, in bella vista.

La ragazza lo seguì con lo sguardo finché non se ne fu andato, poi, una volta rimasta sola, sospirò e si sedette di nuovo sulla sedia, appoggiando la testa sul tavolo. Il piano di legno era fresco e per un attimo si sentì più calma. Quella era la prima volta che discuteva in quel modo con Noril, non era mai arrivata a minacciarlo di licenziamento. Di solito gli lasciava carta bianca sulle decisioni, fidandosi quasi ciecamente del suo istinto, ma la questione delle armi le stava molto a cuore. Sapeva che si trattava solo di un pensiero ingenuo e troppo idealista, ma credeva che la violenza non risolvesse nulla e che in quel momento servisse altro, più che una spada e uno scudo. Un pensiero sciocco, lo riconosceva, ma non riusciva a fare a meno di ritenerlo giusto. In fondo, cosa c’era di sbagliato nel trovare aberranti la guerra e la violenza?

Prese il plico che l’uomo brizzolato aveva lasciato sul tavolo e iniziò a sfogliarlo di nuovo. Il primo consigliere era stato minuzioso nel trascrivere tutte le entrate e le spese che erano state effettuate nell’arco dell’anno. Aveva riportato tutte le cifre, anche quelle più insignificanti, ognuna corredata da una breve descrizione, e aveva completato il tutto con grafici e note personali. Il documento era quanto di più completo e chiaro potesse desiderare e chiunque, anche una persona che non aveva mai studiato, sarebbe stata in grado di comprenderlo. Era tutto scritto nero su bianco e la ragazza avrebbe solo dovuto leggere e prendere la decisione migliore. Per quanto Alys non sopportasse certi atteggiamenti dell’uomo brizzolato, doveva ammettere che sapeva svolgere il suo lavoro in modo eccellente e, nonostante lo avesse appena minacciato di licenziarlo, non gli avrebbe mai permesso di lasciare il suo posto. Era fin troppo importante per lei e per il regno, e alla fine era uno dei pochi – se non l’unico – a cui avrebbe consegnato anche la sua vita. Si affidava a lui più di quanto avrebbe dovuto, ma la sua ammirazione nei suoi confronti era troppo grande. Noril Barrett era un uomo straordinario, sebbene a volte potesse sembrare troppo rigido e burbero, e un ottimo consigliere.

Capisco la sua preoccupazione, ma non voglio nemmeno pensare alla possibilità che scoppi una guerra. Siamo un Paese civile e pacifico, non voglio allarmare nessuno e non voglio che i Paesi confinanti pensino che stiamo tramando qualcosa. Dopo quello che è successo sei mesi fa, l’ultima cosa che voglio è un’altra guerra.

Si bloccò per qualche secondo, con lo sguardo fisso su quella sequenza di numeri e la mente persa altrove. Ricordi che credeva di aver dimenticato riaffiorarono nei suoi pensieri con talmente tanta violenza che per un breve istante sentì gli occhi inumidirsi. Perché le erano tornati alla mente quei momenti terrificanti? Eppure era convinta di essere finalmente riuscita a lasciarseli alle spalle. Allora perché continuavano a seguirla come fantasmi dispettosi?

Lasciò cadere sul piano in legno del tavolo i fogli, che si sparsero come bianche foglie appassite. Osservò quei numeri per qualche altro secondo, cercando di recuperare l’autocontrollo, ma non ci riuscì. I ricordi stavano avendo la meglio sulle sue emozioni e di lì a poco avrebbero vinto. Si alzò dalla sedia, facendola cadere inavvertitamente in terra, e uscì dalla stanza quasi di corsa. In quel momento voleva solo uscire di lì per qualche ora. Sentiva il bisogno di stare da sola da qualche parte, lontana da occhi indiscreti, e il giardino era il primo luogo che le era venuto in mente.

Una volta fuori dal palazzo reale, discesi gli ampi gradini in marmo chiaro, si trovò immersa nella luce calda e avvolgente del giorno. Il venticello che aveva soffiato leggiadro fino a poco prima era calato e i raggi del sole avevano iniziato a scaldare la soffice terra, ancora fredda per il lungo periodo invernale. La ragazza si stiracchiò, annusando l’odore che si stava diffondendo dai piccoli germogli. Quel silenzio e quella calma quasi irreali le stavano già facendo effetto e i brutti ricordi che prima erano riaffiorati nella sua mente erano scomparsi del tutto. Si guardò intorno: non sembrava esserci nessuno. Pensò che dovesse essere ancora troppo presto per iniziare i lavori di manutenzione dell’enorme giardino, in fondo la primavera era ormai alle porte e la vegetazione doveva riprendersi dal rigido inverno. Dopo essersi stretta nella mantellina che aveva preso prima di uscire, si incamminò lungo il vialetto principale in cerca di un angolo tranquillo dove trascorrere il resto della giornata. Non aveva intenzione di tornare in quella stanza.

Il giardino, soprannominato dagli abitanti “Gioiello di Liphis”, era recintato da un ampio muro alto non più di quattro braccia e interamente ricoperto di edera perfettamente potata, nonostante crescesse abbondante sui mattoni della recinzione. Al centro di uno spiazzo, proprio di fronte alla reggia, si trovava un’enorme fontana di marmo bianco, con venature azzurrognole che percorrevano tutta la struttura, e la cui scultura centrale – un drago rampante – era lo stemma della famiglia reale. La creatura era raffigurata in piedi sulle zampe posteriori, con le ali spiegate come se fosse pronto a spiccare il volo, e dalla bocca leggermente aperta zampillava acqua azzurrina. Il resto del vastissimo giardino era puntellato di aiuole colorate – colme di fiori a stelo corto dal dolce profumo – e di piccole fontane in marmo bianco dalle forme più varie. Le più ricorrenti raffiguravano dolci donzelle avvolte in leggiadri abiti e intente a raccogliere l’acqua in profonde anfore.

Alys lo attraversò velocemente, destreggiandosi senza problemi attraverso l’intricata rete di siepi e vialetti, e raggiunse il suo angolo preferito. Immerso tra le rigogliose siepi di rose e camelie c’era un piccolo belvedere ricoperto sul lato nord da edera e tralci di vite rossa. La cupola in vetro colorato era decorata a mo’ di mosaico, con uccelli variopinti di vario genere che svolazzavano tra fiori e fronde colorate. La vista di quella struttura circolare, non troppo grande e sorretta da esili colonne di marmo scolpite finemente, la stupiva ogni volta che i suoi occhi verde smeraldo vi si posavano sopra. Ciò che amava di quel luogo, però, era la vista che offriva: alberi, aiuole, siepi variopinte, tutto il giardino che si estendeva sul retro del palazzo reale era perfettamente visibile dal piccolo belvedere. Tutt’intorno era stata piantata una miriade di roseti che, soprattutto in primavera e nei primi mesi estivi, spargevano il loro tenue odore per tutta la zona. Oltre alle classiche rose rosse, ce n’erano anche di bianche, gialle, blu e persino una pianta di rose nere. Quest’ultima era una rarità nel regno di Elias ed era stata fatta importare diversi anni prima dalla regina Marieann. La madre di Alys amava le rose e, durante una visita diplomatica nella repubblica di Vashar, era rimasta talmente colpita dalla vista di una varietà del tutto nera che, una volta tornata in patria, aveva insistito per ottenerne un esemplare. Adesso che era scomparsa, quel roseto era diventato il preferito della figlia, quello a cui teneva di più.

La ragazza si sedette su una sedia in ferro battuto, continuando ad ammirare lo straordinario giardino che suo nonno aveva commissionato anni e anni prima. A quel tempo lei non era ancora nata e suo padre era poco più che un ragazzo, ma era certa che si era trattata della più grande opera mai realizzata nel regno. Quel giardino aveva rischiato di sparire per sempre sotto la polvere della guerra, e se i ribelli lo avevano risparmiato forse era stato solo grazie alla magnificenza della vegetazione e alla straordinaria bellezza delle sculture che puntellavano ogni angolo di quel piccolo paradiso terrestre.

Perché non riesco ad andare avanti? Perché sono così debole?, si chiese sfiorando con un dito le sottili colonne di marmo. Le piaceva la vista che si godeva da quel punto, le ricordava momenti piacevoli e il viso della madre che tanto amava. Quando era piccola la portava spesso lì, a osservare gli uccellini dipingere strane traiettorie nel cielo o a leggere misteriose storie di principesse e principi. Quando si trovava seduta su uno dei cuscini rosso scuro che ricoprivano il ferro di quelle sedie, si sentiva sempre un po’ più forte, come se traesse energia dalla vegetazione che l’avvolgeva e che la faceva sentire protetta. Aveva trascorso tantissimi momenti sotto quella cupola colorata e i ricordi più belli della sua infanzia provenivano da quel luogo magico. Anche a Thomas e a Royle piaceva trascorrere il tempo in quel belvedere a studiare e a lei piaceva trascorrere il tempo con loro e con la madre. Forse era per questo motivo che era rimasta tanto attaccata a quel luogo, tanto da considerarlo quasi un tempio sacro. Erano momenti felici di un passato ormai perduto per sempre. La guerra si era portata via tutto, come un fiume in piena.

I ribelli… non aveva ancora cancellato quei volti ed era certa che non ci sarebbe mai riuscita. Le immagini della rivolta ritornarono violente di fronte ai suoi occhi. Era uscita proprio per cercare di calmarsi e recuperare l’autocontrollo, ma la vista del giardino aveva sortito l’effetto contrario. Non riusciva a dimenticare quel terribile giorno; per quanto cercasse di farsi forza, la sua testa non ne voleva sapere di relegare quella storia in un angolo buio. Si disse che forse aveva bisogno di altro tempo, ma non ne era molto convinta. Tutte le persone che la circondavano erano riuscite a gettarsi il passato alle spalle e, per quanto le ferite continuassero a bruciare, non si erano dati per vinti e avevano continuato ad andare avanti. Lei invece era rimasta indietro, rinchiusa in un tempo ormai passato, continuamente alla ricerca di un qualcosa che aveva perso e non avrebbe mai potuto ottenere di nuovo. La morte dei suoi genitori aveva lasciato ferite troppo grandi da ricucire.

18 maggio 2018

Evento

Venerdì 18 maggio, alle ore 17:00, presso la Biblioteca Comunale di Cecina, via Corsini 7, si terrà la presentazione del romanzo fantasy "La regina dei corvi". Durante l'evento interverranno gli allievi del corso di scrittura creativa e di dizione del Comune per leggere alcuni passi tratti dai brani e intervistare l'autrice. presentazione del romanzo fantasy La regina dei corvi

Commenti

  1. sear.greyson

    4/5 stelle.

    Anche se per i miei gusti è un po’ troppo spiegato e talvolta ripetitivo e vi sono alcuni errori, l’ho trovato un libro ricco di carattere e significato (sebbene scritto in modo molto semplice): la storia non è scontata, i personaggi e soprattutto le dinamiche tra loro sono interessanti, senza cadere nell’ovvio o nella macchietta, e molto differenti; gli intrighi politici e militari sono, per l’appunto, intriganti. Soprattutto dal capitolo undici in poi sono rimasta molto colpita (tra l’altro il ritmo si velocizza un po’) dal punto di vista della trama. Ci sono anche alcuni insegnamenti, cosa che apprezzo: emerge bene come la maturità venga limitata dalle campane di vetro (una tematica affatto scontata e fin troppo vera), l’orrore che può portare la paura, come per superarla si debba credere in se stessi, lo stretto legame fra il poter cambiare e il voler cambiare, il precario equilibrio fra l’emozione e la ragione, l’importanza del non dimenticare gli errori. Mi è piaciuto soprattutto il risvolto finale (il manovratore nell’ombra, per capirci), molto significativo e approfondito bene. Gli ultimi paragrafi sono molto belli.

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Giulia Grassi
Giulia Grassi, nata nel 1994 a Cecina, frequenta la facoltà di
Scienze Biologiche presso l’Università di Pisa. Ha partecipato alla
XIII edizione del Premio letterario “Bardi & Menestrelli” con il
racconto Confini pubblicato poi in un’antologia e La regina dei
corvi è il suo romanzo d’esordio.
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