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Panda rei

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Presi la mia macchina, la mia Panda e corsi via da quella casa, da quella storia, da quell’uomo che non avrei più rivisto.

Panda rei, tutto corre quando l’urgenza non è salvare qualcuno ma salvare se stessi.

Sette minuti sono davvero pochi, ma moltiplicati per cento persone sono una lunga storia fatta di parole, di sguardi, di gesti e di considerazione umana.

Un cavallo per lo sceriffo, una Panda per l’infermiera. Di collina in collina, di visita in visita, prende forma un almanacco di umanità: malattie e speranza, paure e sorrisi.
Panta rei, tutto scorre. Panda rei, tutto corre a bordo di una piccola utilitaria che percorre strade per portare nelle case cura, assistenza e accoglienza. Ogni viaggio si trasforma in un racconto sulla punta delle dita, ogni casa in un teatro. E forse solo la narrativa può restituire, almeno in parte, il sapore di ciò che accade.

Prefazione

In ogni città, come in ogni periferia, vi sarà capitato di vedere per strada delle automobili di solito bianche, di solito modello Fiat Panda, di solito con qualche logo aziendale sanitario. Sono le utilitarie che portano a domicilio assistenza sanitaria quando c’è bisogno.

Le infermiere delle cure domiciliari le riconosci subito, portano grandi borse o zaini pieni di materiale, hanno nelle tasche dei jeans manciate di guanti monouso, scarpe comode antinfortunistiche e lacci emostatici ovunque.

Le automobili delle infermiere delle cure domiciliari si riconoscono al volo e non solo per il logo sanitario che portano, ma per le gomme piene di terra, per i parcheggi in doppia fila, per le multe prese per divieto di sosta, per i bauli pieni di siringhe e cateteri.

Un’infermiera delle cure domiciliari senza la sua Panda non è nessuno.

Una panda aziendale piena di siringhe senza la sua infermiera non va da nessuna parte.

Panta rei. Tutto scorre.

Panda rei, tutto corre a bordo di una piccola autovettura che scavalca colline e strade per portare in una casa un sistema salute, ma anche un sistema accoglienza.

Panda rei corre tra le colline del Monferrato e delle Langhe del basso Piemonte, terre nobili da vino che ispirarono autori come Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, terre basse che raccontano di genti selvatiche ma orgogliose. Viaggi non solo su strada, ma anche dentro le storie di queste famiglie abituate a curarsi con metodi spesso antichi ma rispettabili e oggi più che mai moderni in un’ottica di medicina di famiglia.

I dotti chiamano questo mio raccontare “medicina narrativa”. Davvero mi occupo di medicina narrativa, dunque? Credo di no. Grazie a Dio non sono malata e quindi non racconto le mie malattie.

Le persone che incontro mi raccontano storie, anche senza parlare, e io prendo appunti mentali; appunti che poi traduco in parole e che “restituisco” alle persone che me le hanno offerte, come risposte a domande irrisolte. Non so se sia medicina narrativa, ma so che la mia necessità di raccontare è una terapia, una medicina, per me e per gli altri che leggono. Mi piace pensare che la mia scrittura curi la frattura che la realtà crea nell’immaginazione, mi piace credere che le mie storie siano dure ma consolatorie, di dolore ma anche di speranza. Raccontarle per me è il premio di consolazione per aver potuto essere dentro quelle storie. Ogni mio viaggio è un racconto sulla punta delle dita; ogni casa un teatro. Solo la narrativa può restituire, in parte, il sapore di ciò che accadde.

Raccontare per me è tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo. Cercando la parola faccio ordine tra i miei pensieri, spesso caotici e pieni di domande. E una domanda su tutte sempre, prima di accarezzare la tastiera: “Cosa rende questa storia tanto importante da essere scritta?”.

Con me viaggerete (s)comodi su una Panda che è ormai parte della mia vita, saranno viaggi nelle case, dentro le persone, o viaggi della mente di un’infermiera che guida e pensa, pensa e scrive, scrive ed è felice.

Allacciate le cinture, allora.

Buon viaggio con me e Panda rei.

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Viaggi on the road – Teresa la gattara

Via Nonsipuòdire, 35
Prestazione: medicazione lesione arti inferiori

La nebbia era tanta sulle colline e la Panda camminava a passo d’uomo.

Via Nonsipuòdire, 35: civico 33, ancora un passo e vedo il civico 37, ma non il 35. Eppure se la matematica non è un’opinione devo averlo superato.

Torno indietro e solo allora mi accorgo che tra il civico 33 e il civico 37 c’è un grande salice piangente, enorme, talmente enorme che sotto posso solo intravedere, nebbia permettendo, una sagoma che assomiglia al tetto di una casa, forse.

Parcheggio e vado a piedi. Possibile che sotto quel salice ci sia davvero un’abitazione?

Mi faccio strada a fatica tra le fronde dell’albero, praticamente Jane senza Tarzan. Tutto intorno mi sembra irreale… la nebbia, la casa nascosta. Un po’ mi sale la paura.

Raggiungo quella che sembra una porta, ma le ragnatele sono così fitte che mi dico subito che devo avere sbagliato casa, strada, paziente, tutto. Arretro e solo allora sento una vocina flebile che dice: — Infermiera?

Oddio, ma allora qualcuno c’è.

La porta ora è appena socchiusa e di certo dietro di essa qualcuno deve avere parlato. Mi avvicino e, superando ragni e ragnatele, mi spingo dentro. Buio.

Subito vengo accolta da almeno dieci, quindici, forse venti gatti di tutti i colori, razze, taglie, forme. Miagolano, ringhiano, fanno le fusa, scappano, si avvicinano.

Sul pavimento una distesa di vecchi quotidiani come fossero moquette. Vi risparmio la descrizione dei profumi. Freddo tutto intorno.

Signora Teresa? Sono l’infermiera.

Ed ecco Teresa: una donnina magra magra, sembra anche lei un gatto.

Si scusa per il disordine e mi dice che non mi aspettava e che comunque lei non aveva bisogno di nulla e che il medico si era sbagliato a mandarle l’infermiera. Naturalmente l’occhio cade subito sulla vistosa ferita alla gamba destra. Non dico nulla e inizio invece a fare due coccole a un gattino che da dieci minuti si strofina sui miei piedi.

Teresa mi osserva come si osserverebbe un extraterrestre e mi dice che posso anche andare via, che lei non ha bisogno di nulla.

Intanto il gattino si arrampica sui miei pantaloni e fa di tutto per farsi prendere in braccio.

Lo prendo in braccio e vedo che sotto una zampina ha una ferita infetta (come quella della sua padrona) che deve procuragli molto dolore.

Chiedo allora a Teresa se posso disinfettare almeno la ferita del gattino che pare soffrire molto.

Lei mi dice che posso dare un’occhiata.

Tiro fuori dalla borsa disinfettante e un antibiotico in crema, medico la bestiola sotto l’occhio vigile e attento della sua padrona.

Non provo nemmeno a proporre alla donna di farmi vedere la sua ferita, ma le chiedo se posso andare il giorno dopo a rivedere la ferita del gattino. Teresa, sorprendentemente, annuisce.

Ci vorranno almeno cinque giorni di medicazioni alla bestiola prima che io riesca ad ottenere di vedere anche la gamba della sua padrona.

Ma alla guarigione della ferita del gatto, Teresa cede alle mia richiesta e mi fa dare un’occhiata alla sua ferita. Accadde così che tutte le mattine, Teresa, alle nove in punto, apriva la piccola porta per lasciarmi entrare a medicare la sua gamba.

Un appuntamento che durò per circa quarantacinque giorni.

Poi Teresa e la sua gamba guarirono e allora l’ultimo giorno la salutai e le dissi che non sarei più andata il giorno dopo. Teresa si recò nella camera da letto e poco dopo ne uscì con in grembo un gattino appena nato, con una brutta congiuntivite agli occhi.

Puoi fare qualcosa per lui infermiera?

Cosa potevo fare io per Teresa? Interessare i servizi sociali? Forse. Mandarle un veterinario? Anche. Ma quello di cui aveva bisogno Teresa era altro e io non avrei potuto fare altro che ricordarmi di lei e della sua solitudine per il resto dei miei giorni.

Ma ancora oggi quando la Panda passa di fronte a via Nonsipuodire 35, se il tempo lo consente, ci si ferma un attimo per salutare Teresa e i suoi gatti e, statene certi, fanno tutti le fusa.

29 Febbraio 2016
ancora prima che la campagna partisse c'era già chi parlava di Panda rei:   https://www.mysalute.biz/2016/02/23/2446/ Un grosso in bocca al lupo a Laura e una buona lettura a tutti.
03 Marzo 2016
condividiamo con voi un'intervista a Laura Binello. Troverete tante informazioni su Panda rei e sulla sua autrice, infermiera di professione, che racconta e si racconta in esclusiva per nursetimes.org:  https://www.nursetimes.org/panda-rei-tu-chiamale-se-vuoi-prestazioni-di-laura-binello/10737/
13 Giugno 2016
l'8 giugno passato, Panda rei è stato oggetto di un convegno sulla salute svoltosi a Milano all'istituto Tumori e organizzato dalla Accademia Scienze Infermieristiche ASI. Durante  la relazione, tenuta dall'autrice Laura Binello, sono stati recitati alcuni brani tratti dal libro. Ecco in allegato alcune foto dell'evento!
21 Settembre 2016
Recensione di "Panda rei" su "La nuova provincia!"

panda_rei

Commenti

  1. Panda rei

    le cose hanno un’anima? Non so. Eppure esiste un tenue e sottile filo che intreccia le geometrie emotive che attraversano valli, colline, laghi, cru e terrazze di vigneti che si perdono, fin dove l’occhio arriva, nell’infinita e spettacolare visione delle terre delle langhe. È un filamento ironico che dissimula e interroga, coglie e raccoglie testimonianze delle storie narrate; nomi e volti che hanno attraversato quelle terre.

    Un velo di malinconia percorre un libro dolce e terribile, poiché parlare di dolore è sempre tragico. Lo sa bene Laura Binello che ci conduce per mano in quel mondo e lo fa in punta di fioretto, con una prosa straordinaria che allevia, per un momento, quegli odori pungenti di una realtà che, per quanto vogliamo sottacere, ci precipita nella sofferenza che l’umanità vive.

    L’ironia è una grande figura retorica e non il banale chiacchiericcio di una battuta. Ci introduce con distacco in una visione estetica ed etica; è un interrogarsi di fronte ai grandi dilemmi della vita. La sofferenza ha molti modi di esprimersi e coglierla nelle pieghe e piaghe in cui si mostra, richiede un organo particolare. Non l’occhio indagatore, non solo la mano che manovra con perizia, non il cervello che guida sicuro il nostro procedere scientifico, no, occorre il cuore, quel sentire pulsante che ci avverte di una pietas che ci porta a curare.

    Un ciao che vola nel vento è il saluto di questo bellissimo libro di racconti, tra le strade dei ricordi perduti, piazza tenerezza, contrada gabbia di matti e bricco senza tempo.
    Forse le cose hanno un’anima, almeno fino a quando sapremo raccontarle, perché vivono insieme alle persone che le hanno create. E se è vero che esiste la sofferenza anche indicibile, è vero pure che, se una mano ti accarezza, come dice Laura Binello, ci sentiamo meno soli.

    Oh Signur!

    Michele Iacono

  2. (proprietario verificato)

    Acquisto fatto, non vedo l’ora di leggerlo, però quando l’avrò in mano voglio anche l’autografo della scrittrice. Ciao Laura

  3. Matteo Russo

    L’idea mi sembra buona. Ho letto l’anteprima, anche quella buona ma un po’ (troppo) cortina. Mi piacerebbe che l’autrice svelasse un po’ più del suo progetto. Magari un bel video dove legge le prime pagine. Così la curiosità c’è, ma per sostenerlo non basta. Dateci qualcosina in più!

  4. (proprietario verificato)

    Bene laura, finalmente si sta per realizzare un tuo progetto..non vedo l’ora di ricevere il tuo libro, naturalmente me lo dovrai autografare :-*
    In bocca al lupo cara!

  5. (proprietario verificato)

    Laura, finalmente possiamo leggerti. Leggerti e conservarti perchè i tuoi racconti ci danno speranza e divertimento. Il tuo modo di raccontare l’amore, amore per la tua terra, per la tua gente, per il tuo lavoro conquista e appassiona.
    Era ora che spiccassi il volo perchè la tua esperienza sia una traccia per le tante persone che amano come ami tu. Le tue non sono solo storie di lavoro, di infermieri e pazienti, ma sono storie di amorevoli cure che rivolgi alla vita.
    Raccontare le storie di assistenza e amorevoli cure come lo fai tu, con professionalità e maestria, giocando con parole e stimolando immagini è di grande consolazione. Credo che molti vorrebbero essere infermieri come te e molti vorrebbero, in caso di necessità, essere assistiti da te.
    In bocca al lupo.

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Laura Binello
Laura.
Cinquant'anni di cui trenta trascorsi tra le corsie di un ospedale e le colline di un territorio abitato da anime da curare non solo con i farmaci.
Una passione per la scrittura nata da bambina che diventa da subito un altro modo possibile per aprirsi al mondo e comunicare con esso attraverso la narrazione.
La scoperta che attraverso la narrazione e la scrittura è possibile osservare il mondo con gli occhi delle persone incontrate aiutandole a tradurre le parole dure in emozioni e speranza.
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