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Ciao a tutti, In questi giorni non ho fatto in tempo ad inviare il mio solito racconto-tormentone del lunedì, ma ho pensato comunque di ‘inferire’ con quest’ennesima puntata dei miei racconti. Quello di oggi si intitola “Opinioni di un lavapiatti”. 🍽 E’ la storia di un matrimonio descritto dalle retrovie, attraverso i commenti un po’ […]

Ciao a tutti,
In questi giorni non ho fatto in tempo ad inviare il mio solito racconto-tormentone del lunedì, ma ho pensato comunque di ‘inferire’ con quest’ennesima puntata dei miei racconti. Quello di oggi si intitola “Opinioni di un lavapiatti”. 🍽
E’ la storia di un matrimonio descritto dalle retrovie, attraverso i commenti un po’ stralunati di un esperto lavapiatti. Da filosofo degli avanzi, il lavapiatti formula una teoria che giustifica i suoi dubbi sul successo di quel matrimonio:
“La prima avvisaglia che qualcosa non stesse andando per il verso giusto fra i due, ve lo dico chiaramente, è l’aspetto degli avanzi dei loro piatti da vivanda. Non fate dello spirito! Vorreste dire che il temperamento di una persona non si può leggere, con un margine di attendibilità altissima, dal modo in cui abbandona o, meglio, dispone e riordina i resti del suo fiero pasto? Parlo proprio di riordinare la portata, non solo di annientarla o, nel peggiore dei casi, rimescolarla senza alcuna traccia di appetito. Chi mangia lascia sempre un po’ di sé in quel che ha o non ha mangiato. Quante volte vi sarà capitato di trovarvi di fronte una bella coreografia di cibarie disposte con estro raffaelliano, dove carne o pesce, contorni e salse, foglie di coriandolo sapientemente dislocate lungo i contorni del piatto vi fanno esitare sulla soglia dell’atto blasfemo di distruggere, con una forchettata, tutte quelle perfette geometrie. Oggi ci si illude di attenuare la gravità del gesto con un’istantanea al cellulare, ma ben si sa che quel ch’è disfatto non si può più rifare. Allora procediamo allo scempio, con polso cauto e dita melliflue ma, lo stesso, non osiamo agire d’istinto, seguiamo una logica. Partiamo, ad esempio, dalla vivanda che meno ci piace, quella che, forse, una volta eliminata, non sciuperà poi troppo il quadro complessivo. Procediamo quindi con la seconda scelta della portata meno appetibile, via via fino ad arrivare al piatto forte, il plat de resistance come dicono i francesi, forse a riguardo del fatto che decidiamo di addentarlo solo con una certa sacrale riluttanza.”
In definitiva: preferiamo mangiare quella parte della pietanza che ci piace meno, per poi goderci quella più gradita, oppure il contrario? Se ci pensate, questo è un po’ anche il nostro atteggiamento nei confronti della vita. Attesa o impeto?
La storia continua… Con abilità da investigatore, il bravo lavapiatti non vuole fermarsi alle apparenze… ma non vi racconto oltre… 😏😏🎈
https://bookabook.it/libri/la-casa-nido-la-prigione/

(fotografia di Carlo Buttinoni)

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