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RECENSIONE DI LIDIA LOGUERCIO A “LO SCIARAMANTE” DI IVAN VITIELLO, PUBBLICATO SU LIBERO MAIL- DRIVE Ivan Vitiello, nato a Napoli nel 1994, laureato in Lettere moderne presso la prestigiosa Università Federico II, con alle spalle varie esperienze lavorative, esordisce, come scrittore, con il romanzo “LO SCIARAMANTE”, appena pubblicato su Libero Mail-Drive con consegna dicembre 2022. […]

RECENSIONE DI LIDIA LOGUERCIO A “LO SCIARAMANTE” DI IVAN VITIELLO, PUBBLICATO SU LIBERO MAIL- DRIVE

Ivan Vitiello, nato a Napoli nel 1994, laureato in Lettere moderne presso la prestigiosa Università Federico II, con alle spalle varie esperienze lavorative, esordisce, come scrittore, con il romanzo “LO SCIARAMANTE”, appena pubblicato su Libero Mail-Drive con consegna dicembre 2022. Il testo, dalla copertina dai vivaci colori, presenta, in primo piano, un sommozzatore su una barca. Il libro, strutturato in sedici capitoli con complessive 79 pagine, al pubblico al prezzo di euro 14.00, suscita l’attenzione del lettore per il titolo “Lo sciaramante”,(dalla radice “sciarmato”), termine desunto dal dialetto napoletano ad indicare un uomo “distrutto”, alla deriva, perso nel flusso incessante dei giorni, dai quali cerca di fuggire, e sempre alla ricerca di affetto, di amore, un uomo, come si definisce “l’Io” narrante nelle ultime pagine , “un tassello senza incastro e che rompe tutti gli altri in cui cerca di infilarsi”. Pur considerando, il dire di Philip Roth, per il quale la letteratura appare come “la più grande causa persa dell’umanità”, è pur vero, tuttavia, che senza di essa, senza la letteratura, non ci sarebbe il respiro dell’anima, il fluido delle emozioni che aiutano a vivere, non ci sarebbe lo scrittore, che come uomo ”narrans”, racconta la luce e le ombre, l’amore e il dolore, il duro lavorìo dello scavo interiore, dei dubbi, della ricerca, elementi che portano l’essere alla comprensione di sé e alle possibili rivelazioni desunte da storie di vita. E una storia di vita affascinante, che tiene il lettore stupito, nell’incanto dello sviluppo dell’intreccio, è il libro di questo giovane scrittore, un enunciato narrativo che, per storia spirituale del protagonista e le molte pagine d’introspezione, può essere considerato come un romanzo psicologico/ autobiografico. La voce narrante rivela non il suo nome, ma l’attività: è un sommozzatore tormentato dal dubbio e oscillante tra li senso del nulla e la ricerca della verità, cioè tra la fine, l’omega, e la luce, l’alpha della vita. I suoi dubbi richiedono l’urgenza di risposte, ma ogni dubbio che sorge nell’animo, e a cui si dà risposta, appare del tutto provvisoria e insufficiente. Da qui, in modo compulsivo, la dicotomia nell’”Io” narrante che oscilla tra un “Io” che descrive e un “Super Io” che riflette sugli eventi narrati e tante sono le riflessioni nel testo. Si riportano le seguenti riflessioni: sul fondo del mare:<”sentivo l’emozione gonfiarsi nel mio petto, è sempre più bello e affascinante ciò che vedi in fondo al mare, ogni cosa sembra investita di un’anima diversa da ciò che era su”> (cit.pag.13); sui pensieri:<”quando sei solo con i tuoi pensieri non hai pace, non hai scampo”><”Quando sei stanco e abbassi le difese i pensieri ti piombano addosso come pugni violenti e fanno male”>(cit.pag.15); sul come è nato il suo amore per Margherita:<”Mi hai “sciarmato”, hai lasciato che io mi aprissi alla debolezza e ci hai piantato i tuoi sogni, ma il mio campo era secco, tu lo sapevi ma non l’hai mai detto”> (cit.pag.19); sulla nostalgia:<”La nostalgia è il siero di quelli a cui è più facile vivere nella memoria che nel presente”> (cit.pag.20); sulla bellezza:<”Era il bello assoluto quello che ti acceca, che ti confonde. Ciò che per emozione appare più bello, scompare quando scompare il mistero”>(cit.pag.23); sulla debolezza: <”[…]quando le persone si mostrano per la loro debolezza è più facile amarle, apprezzarle o forse è solo pietà”> (cit.pag.25); sulla esistenza: <”>Ognuno è nato per qualcosa, è inutile guardare gli altri, ma dobbiamo accettare noi stessi per ciò che siamo e lavorare su quello che abbiamo”>[…] <”Bisogna solo decidere che forma assumere, quella di una pianta o del suo parassita)”>(cit.pag.42 ) <”[…]non esiste il miracolo. Sono sempre stato cosciente che senza fatica non si ottiene niente, nessuno ti regala niente, in questo mondo, niente è gratis, nemmeno i sentimenti: prima lo capisci e prima vai avanti (cit.pag.37); su come nasce e finisce un amore: <” […] un amore nasce da un’assenza, […] desiderio irrefrenabile di possedere […] e ci si rende conto che si desidera sempre ciò che non si può avere. Centimetro a centimetro, conquistai il suo sguardo e la sua fiducia, presi il suo corpo, poi presi la sua mente e quando ebbi tutto l’amore finì, così. E allora l’amore una fine?”> (cit. pag.46) <”Essere amati è più difficile che amare”>(cit.pag.69); sulla precarietà della vita e della morte: <”Era in quei momenti, (nella paura) che mi veniva in mente, che mi assaliva, quando ero più vulnerabile. […] Desideravo la sua compagnia, il suo conforto. La sognavo, la sognavo, nuda, bagnata di mare, […] sognavo la morbidezza delle sue guance, il peso delle sue carezze, la sognavo che scacciava via tutte le mie ansie, la morte”>. <Mi sentivo incompleto, a pezzi, piccoli pezzi infiniti, dispersi”> (cit.pag.52).
Il testo presenta nell’intreccio due nuclei temateci: il primo sviluppa il tema del lavoro svolto inizialmente come sommozzatore presso un borgo lungo le coste del napoletano e poi come marinaio- cameriere in una imbarcazione da diporto, lavoro svolto attraverso il tema del viaggio lungo il mar tirreno, con tappe presso le isole Eolie, (Panarea, Filicudi ed altre); il secondo, attraverso la memoria, è il tema dell’amore, visto in tutto il ventaglio delle sue sfumature (bellissime le riflessioni su come l’amore nasce, come si conquista, come logora, come fa soffrire, come finisce, come tormenta, come sia importante quando manca). In modo sottile è presente anche la denuncia sulle differenze nella società attuale in base alle disponibilità economiche, tra chi possiede e, in genere, può permettersi una vita agiata in vacanza, vita vuota, dissipata, egoistica, effimera tra pranzi esotici e ubriacature, e chi, invece, è privo di mezzi, non sa spesso come sbarcare il lunario e deve dedicarsi al lavoro, anche precario, subalterno, per sopravvivere. L’occhio dell’Io narrante, coglie il senso del principio egalitario, talvolta <nella disgrazia, si è tutti uguali, tutti miseramente umani>>(cit. pag.65) come, per i personaggi del libro, avviene nel loro cadere fortuito nelle acque del mare, allorquando il corpo bagnato e in pericolo appare privo dei supporti formali di distinzione e traspare solo il bisogno di sopravvivere e dell’aiuto della solidarietà umana.
I vari personaggi, sia quelli incontrati nel borgo lungo la costa del napoletano (tra cui il geometra, Marvizzo, l’oste ed altri) e quelli sullo yacht (tra cui il comandante Lorenzo, Anna, la proprietaria, gli amici, Lia, la figlia, Franca, l’aiutante, i due marinai) sono descritti in modo incisivo dall’io narrante sia nell’aspetto fisico, sia nell’abbigliamento e in quello che traspare dalle loro parole e dagli atteggiamenti.
L’espressione scritta, (che privilegia alcuni termini tecnici del linguaggio marinaro, alcune sfumature colorite tipiche del dialetto napoletano e bellissimi squarci di paesaggi e di tramonti sul mare), limpido specchio dei pensieri di chi scrive, appare un fluido fiume che scorre, che procede a tappe sul cammino del sapere, da cui scaturiscono domande che rendono vive le parole. Il dire appare, come dice Heidegger <”un eundo assequi”>, un raggiungere qualche cosa camminando per la via. Ed è alla comprensione di sè e all’accettazione di quello che si è che perviene alla fine l’autore, accettazione che, anziché essere tormento, può diventare percorso di felicità, di vita da contrapporre alla morte, essere luce, alpha da contrapporre all’omega iniziale. Se “salvezza” è ricondurre qualcosa all’essenza”, dice ancora Heidegger, un possibile percorso di salvezza, che nel testo è visto come salvezza del sommozzatore nella tempesta e nel suo ritorno a casa, è indicato da Walter Benjamin, attraverso le parole di una sua citazione: solo <”attraverso l’immaginazione artistica si può e si deve redimere il mondo (alienato) dalla logica dei consumi”>.
Lidia Loguercio

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