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Io non so se il mio “Cuoresardo” arriverà al suo Porto Duecento, che lo attende già in festa, incoronato di rose rosa (che sono le mie), so però perché questo libro è stato scritto e non riguarda soltanto la pandemia e la voglia, per dir così, di piedi nudi e di terra schietta che sentivo […]

Io non so se il mio “Cuoresardo” arriverà al suo Porto Duecento, che lo attende già in festa, incoronato di rose rosa (che sono le mie), so però perché questo libro è stato scritto e non riguarda soltanto la pandemia e la voglia, per dir così, di piedi nudi e di terra schietta che sentivo nel cuore, ma proprio oggi, dopo il bagno in un mare di vetro fuso a freddo, dove una fata buona aveva versato una coppa d’ro fuso, seduta su uno scoglio che si sciacqua piene di alghe i piedini tra le onde, ho capito, in infusione, che questo Cuoresardo vuol restituire un poco d’anima a un’isola, oramai perduta nella modernità (almeno qui in Gallura, perché mi dicono che più a Sud è differente), un’isola che era in spirito profonda come il suo mare aperto e in devozione dolce come il pane ricamato che qui s’usava fare e che io cerco in giro per le panetterie e trovo di rado.
Ecco, l’anima sarda, che profuma d’anima del mondo, la voglio restituire con le mie poche righe che, nel mirto, affondano le loro radici e salgono al cielo in fomra di bouganville rosa…

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