“Considero l’adolescenza l’età dell’oro, in cui lo stupore e l’angoscia si fanno mondo, di dentro e di fuori, i sentimenti sono cavalli bradi, si è recalcitranti di fronte ai compromessi, la coerenza non è un gadget, la ragione pura, la sincerità assoluta, un valore.
Credo che non possa considerarsi uomo chi ha smarrito il rapporto con il ragazzo che è stato, chi non tiene la porta socchiusa alla propria giovanile visione del mondo.
Semmai penso che uomini sussiegosi e maturi siano spesso schiavi inconsapevoli di un’adolescenza tradita, temo che le loro esistenze sigillate, grigie e mediocri, non sortiranno mai esiti fantastici.”
Diego Cugia.
si infilò gli stivali.
The doors – The end.Lunedì 27 gennaio 1997, 7:30.
«Potremmo essere in grado di votare la finanziaria in anticipo, ma solo se conterrà anche la riforma delle pensioni, della sanità e della… click!».
Dopo sette secondi dalla sua accensione automatica la radiosveglia è messa a tacere dalla mano tremante ma decisa di Frankie, unica parte in apparenza vigile di un corpo addormentato da poco più di quattro ore.
«Bisogna che mi decida a cambiare stazione, non ne posso più di essere svegliato dalle dichiarazioni del solito politico.»
Questo è il secondo pensiero, mentre irrequieto scalcia via le coperte.
Ma deve ammettere che il radiogiornale svolge la sua funzione in maniera ineccepibile. Se alla radio ci fosse un qualsiasi altro programma più piacevole, o anche la più odiosa delle canzoncine pop del momento, continuerebbe a dormire per altre dodici ore.
Ad ogni modo, sempre meglio le chiacchiere dei politici che la vocina isterica della mamma che alle 7:35 lo sveglierebbe intimandogli che non può arrivare a scuola sempre in ritardo, che deve attenersi alle regole, anche adesso che è maggiorenne e lei non va più dal preside a firmargli le giustificazioni.
È con questo triste gergo che gli si rivolge da un po’ di tempo.
In ogni caso, raccolte il minimo necessario di forze, Frankie s’infila i jeans Levi’s 501 indossati il sabato sera prima e ancora impregnati dell’aroma classico del pub, un mix di fumo di sigaretta, patatine fritte e schizzi di birra. C’è affezionato a quei jeans, li mette spesso, tanto che a forza di lavaggi dal blu scuro ora tendono al viola scolorito.
Dopo aver calzato a fatica gli anfibi neri sdruciti e fatte un paio di prove di maglioni multicolori da abbinare ai jeans, la sua faccia fa capolino allo specchio del bagno. Occhiaie violacee donano un senso di vissuto al suo viso pallido e smunto, i capelli biondastri sono tutti spettinati.
Gli anfibi scricchiolano, è la sabbia bagnata rimasta attaccata alle suole dalla sera prima.
«Lo sapevo che il mare mi avrebbe seguito» mormora mentre si lava la faccia con acqua gelida.
Poi in silenzio affronta il tribunale della colazione, composto da pane e marmellata e dallo sguardo irritato di sua madre, che per fortuna non gli rivolge parola.
Tornato in camera, riempie lo zaino con quaderni e libri presi a caso e poi, questa volta con attenzione, cerca una musicassetta con su scritto a pennarello nero “Nevermind”.
La trova quasi subito e la infila nella tasca posteriore dei jeans.
Basta un giro di chiave e il potente motore, con il solito affascinante rombo, si rimette a frullare. Una sbattuta di serranda e Frankie e la sua macchina, una Renault Clio Williams, il modello più sportivo in commercio, sono di nuovo in strada. È un’auto così veloce che Frankie l’ha orgogliosamente ribattezzata Skeggia.
Tutto è identico a cinque ore prima.
L’autoradio è accesa come sempre, sul display lampeggia la scritta “rev a”, a indicare che la cassetta dei Nirvana sta andando indietro fino all’inizio del lato A.
Smells like teen spirit è il titolo della prima canzone. Frankie sa che è la preferita di una certa biondina che di lì a poco si accomoderà sul sedile anteriore, vicino a lui.
Misteriosamente, infatti, la blu metallescente utilitaria francese non imbocca la strada in salita che va verso il centro città e il liceo, ma una strada larga e pianeggiante che attraversa paesini di campagna e passa proprio sotto casa di Micky, suo inseparabile compagno di avventure.
È lui che tiene i contatti telefonici, funge da ufficio stampa, cura i rapporti col mondo degli adulti, compila le giustificazioni false, scova metodi sempre geniali per procacciarsi soldi inaspettati e soprattutto organizza gli incontri con l’altra metà del sesso.
Come scopritore di talenti femminili, Micky è quanto di meglio si possa sperare: grazie ai suoi modi estroversi, la sicurezza di sé, le promesse e gli argomenti convincenti che riesce sempre a trovare, finora nessuna è mai riuscita a dire di no a un suo invito.
È così che si sono divisi i compiti: uno mette la Clio Williams e bada a guidarla, l’altro provvede a riempirne i sedili di ragazze..
Spinge sul gas Frankie, non vede l’ora di arrivare sotto casa dell’amico prima che i sensi di colpa per aver deciso di saltare l’ennesimo giorno di scuola lo divorino.
Intanto che guida si accende una Marlboro per addolcire l’ansia che lo prende ogni volta che fa qualcosa di nascosto. Il fumo, spinto in giro in mulinelli dall’aria calda che esce dalle bocchette del cruscotto, in breve riempie la macchina e la colora con un misto di tranquillità e senso del proibito.
Frena cauto sotto la casa dell’amico che lo attende in terrazza nonostante il freddo nebbioso di una mattina di fine gennaio.
Con ampi gesti lo invita a salire. Frankie fa di corsa le due rampe di scale di marmo chiaro ormai familiari e in pochi secondi si trova davanti l’amico ancora in pantofole, come se si fosse appena alzato dal letto. Pantofole in pelle avorio, così tanto chic da risultare antipatiche.
«È saltato tutto. Di sicuro le due sedicenni saranno state costrette dai genitori a filare a scuola e zitte. Ho fatto un’altra assenza per nulla.»
È questo il primo paranoico pensiero che attraversa Frankie alla vista delle pantofole dell’amico. E non cerca nemmeno di tenerlo nascosto, lo lascia bello libero di proiettarsi sull’espressione di sgomento che ora occupa il suo viso, oltre alle occhiaie.
All’amico questa non sfugge e subito con un caldissimo «Ohi, Frankie!» lo tranquillizza. E prima che ci sia tempo per qualsiasi domanda: «Mi hanno appena telefonato, stanno prendendo l’autobus, tra mezz’ora saranno qui».
Poi aggiunge, complice: «Ieri sera ho parlato di te al telefono con Chiara, mi ha detto che con Vanessa vai a botta sicura. Poi dimmi se non ti sono amico».
Sorride, messaggero di vittorie e segreti come si sente.
Frankie abbozza contentezza, i brutti pensieri sono svaniti, ma non si sente esattamente un vincitore.
In merito a Vanessa nessuno ha chiesto il suo parere, ma questa è la cosa meno importante. Il fatto è che tali situazioni, dove le cose accadono in automatico senza che dipendano da lui, lo fanno sentire come un attore che deve recitare la parte obbligato dal fatto che contiene vantaggi che chiunque coglierebbe al volo.
La storia di oggi è che la ragazza in questione è molto carina e, pare, anche disponibile. E le regole sono che chi prende vince, chi non prende, o ci pensa troppo, ha già perso in partenza.
È così che funziona alle soglie del 2000, è così che si raccolgono i frutti dalla giostra del mondo.
Almeno è questo quello che ha imparato nell’ultimo e veloce anno di vita.
Forse un paio di giri di calendario addietro si sarebbe schifato di certe idee ciniche. Ma sono appunto passati quasi due anni, nemmeno si ricorda più di quello che pensava allora, anzi, odia quello che è stato, gli fa rabbia pensare a come era ingenuo.
Ma la triste verità è che gli fa schifo anche come è adesso.
Tre quarti d’ora dopo, tolte le pantofole e indossate delle Nike ultimo modello, come da copione Micky e la rispettiva sedicenne, Chiara per l’esattezza, stanno approfondendo la conoscenza sui sedili posteriori della Clio Williams.
Frankie, impegnato a guidare, intrattiene con discorsi pseudo-seri la biondina Vanessa e, senza dimenticarsi degli abitanti dei sedili posteriori, sceglie per loro le canzoni più incisive che trova alla radio, giocherellando sicuro con i piccoli pulsanti che conosce a occhi chiusi.
Ma di cosa si parla di pseudo-serio con una biondina di sedici anni?
Infatti, dopo pochi chilometri, più o meno all’imbocco dell’autostrada, si trova a corto di argomenti interessanti.
La coppia di ormai sposini felici che si è formata sui sedili posteriori è troppo impegnata a scambiarsi baci e carezze per aiutarlo a trovare spunti di dialogo con la sua passeggera predestinata.
Guarda un attimo negli specchietti, entrando in autostrada accelera a fondo come se dovesse lasciarsi alle spalle in tutta fretta il casello con i suoi meccanismi arrugginiti e la sbarra bianca e rossa cigolante.
Il motore duemila da centocinquanta cavalli di cui è dotata Skeggia spinge fortissimo e per un attimo i quattro passeggeri smettono di respirare schiacciati dall’accelerazione come astronauti al decollo.
La potenza esplode rabbiosa con l’emozionante sensazione di far letteralmente decollare la macchina.
In dieci secondi sono già sui centoquaranta abbondanti, l’autostrada verso Roma è quasi deserta, Frankie alleggerisce il piede dal gas e si consola pensando che in poco più di un’ora raggiungeranno il mega centro commerciale vicino alla capitale.
Lo scopo di quella mattinata, oltre al non deludere le due sedicenni, è di andare a Roma ad acquistare il primo cellulare dotato di messaggi sms, a detta di Micky indispensabili.
A Capodanno il mondo ha festeggiato l’arrivo del 1997 e con esso l’inizio della rivoluzione dei telefoni senza fili per tutti, in pratica la fine della comunicazione intelligente tra esseri umani.
Fino ad allora i telefoni cellulari potevano fare solo semplici telefonate. Ora erano comparsi gli sms e Micky, intuite le potenzialità della messaggeria istantanea che permetteva di scambiare frasi dolci con le fans, cose che a voce non si riescono facilmente a dire, non voleva farsi trovare impreparato.
Solo che nella loro città provinciale questi cellulari per via della novità costavano il triplo che nelle grandi città dove già da mesi erano in vendita.
Ora per Frankie si tratta solo di andare dritto e fare qualche sorpasso ai camion, la guida autostradale è poco impegnativa e non può nemmeno fingersi impegnato al volante. Per questo la carenza di argomenti interessanti tra lui e la sedicenne bionda si fa sempre più evidente, annunciata da pause più lunghe tra un discorso banale, una domanda inutile, una battuta scema.
Sente salire un certo nervosismo nei confronti della situazione che si sta creando: quelli dietro non la smettono di baciarsi e lui sa che a breve, inevitabilmente, dovrà giocare le sue carte e intavolare certi discorsi con la biondina in minigonna che siede al suo fianco.
Certi discorsi circa il volersi bene e lo scambiarsi baci e carezze audaci. Da fare usando come location il tavolino di un bar del centro commerciale, o una fila di scaffali un po’ nascosta, il tutto accompagnato da qualche gesto audace e ben collaudato, come acquistare in segreto un peluche e regalarglielo.
Ogni tanto le lancia un’occhiata senza farsi scoprire.
È indubbiamente molto carina. Ha lunghi capelli biondi lisci profumati di parrucchiere o di qualche costoso balsamo, occhi verdi incorniciati di trucco e brillantini, costosi occhiali da sole sulla testa. Indossa un piumino nero lucido attillato e una minigonna grigia su calzamaglia nera che rendono bene evidente il suo corpo snello.
È in pratica quanto di meglio si potrebbe desiderare; eppure, lui si sente a disagio con questa biondina vestita come una Spice Girl e che fa di tutto per atteggiarsi a diva, a metà tra una modella annoiata e un’attrice capricciosa.
Si sente come condannato dalla bellezza di lei, dalla situazione che si è creata e dalla quale deve a tutti i costi uscirne vincitore, portare a casa il trofeo.
E per vincere occorre impressionare, apparire interessante e misterioso, ribelle ma comprensivo.
Uno che ama il pericolo, ma che insieme infonde tanta sicurezza, è la figura più capace di impressionare una ragazza, ripete spesso Micky prima di andare ai loro incontri galanti.
Anche Frankie ha recitato questa parte ultimamente. All’inizio lo entusiasmava, si stupiva dei risultati straordinariamente positivi che produceva, ma ora ogni volta si sente più stanco, ogni volta più annoiato, meno credibile. A forza di recitare e di sconvolgersi non riconosce più i suoi veri sentimenti e pensieri.
Ma questa è l’ultima volta, poi basta. Devo smetterla, quando saremo soli lo dirò anche a Micky, se non lo capisce smetterò di uscirci per un po’. Domenica ho avuto un attacco di panico, cos’altro mi deve accadere per farmi capire che devo fermarmi?
È al limite della paranoia, ormai.
Intanto passa un altro minuto di interminabile silenzio mentre continua a osservare la biondina di nascosto.
Lei ora è girata verso il finestrino, troppo interessata a guardare quel paesaggio triste fatto di campi bruciati dal freddo dell’inverno alternati a orrendi capannoni industriali arrugginiti.
Ecco, si sta annoiando, pensa tra sé, mattina di merda e autostrada di merda, e gli iniziano a sudare le mani sul volante.
Deve venirne fuori in qualche modo.
Un cartello che segnala un chilometro alla prossima uscita gli suggerisce una soluzione. Da lì volendo si può proseguire per Roma percorrendo al posto dell’autostrada una sessantina di chilometri di statale tutta incroci e curve, l’ideale per cambiare un po’ il tono del monotono viaggio.
«Che fai, matto?» chiede Micky appena sente la freccia azionarsi in prossimità dell’uscita, «mica siamo arrivati!».
«Tranquillo, Micky, si va un po’ per statali ora, mi sono rotto di questa autostrada».
Pagano pochi spiccioli al casellante, un cinquantenne nervoso che li fulmina con lo sguardo, forse d’invidia per la giovinezza, o per la bella e potente utilitaria francese, o per le due minorenni truccate e vestite da attizzare pensieri inconfessabili.
O forse lo ha solo infastidito la tecno che esce dalle casse dell’autoradio, una musica che per lui è fatta solo di tamburi e piatti e cocci rotti, la stessa lagna che ascolta sua figlia a tutto volume il pomeriggio, anche quando lui vorrebbe dormire dopo un turno di notte.
Rabbrividisce al pensiero che anche lei in quel momento potrebbe essere dentro una macchina tipo quella invece che a scuola a fare la brava.
La sbarra del casello finalmente si apre e sono sulla statale. Fanno sosta al primo bar che incontrano a spazzolare cornetti e cappuccini, mentre le due ragazze scompaiono per un’abbondante mezzora in bagno scatenando nei ragazzi battute ironiche.
Quando la comitiva si ricompatta si rendono conto che è già tardi per arrivare a Roma e tornare in tempo per il pranzo.
Ripartono di corsa, Micky tira fuori dalla tasca del giubbotto di pelle un tubo di baci Perugina che ha comprato di nascosto al bar e ne fa, con modi eleganti, gentile omaggio alle due ragazze che rimangono estasiate.
Frankie decide di recuperare un po’ di terreno e inizia a schiacciare sempre più forte l’acceleratore tra una curva e l’altra, tra un sorpasso e l’altro, un camion e l’altro.
Ma il cambio di strada non ha sortito effetti e dopo un’iniziale eccitazione il silenzio torna a regnare nell’abitacolo. Per fortuna d’improvviso si ricorda del suo asso nella manica, pronto a fornirgli l’aiuto che cerca: la cassetta posizionata esattamente all’inizio di Smells like teen spirit.
Aspetta ancora un minuto di silenzio, poi con fare vago preme il tasto play e alza al massimo il volume dell’autoradio.
Dopo pochi secondi di fruscii, le urla delle chitarre maltrattate dai Nirvana invadono l’abitacolo, sparate forte dalle sovradimensionate casse posteriori.
Come si era immaginato gli sguardi d’approvazione si sprecano e la biondina, improvvisamente sorridente e finalmente rilassata, esclama: «Che carino a ricordarti della mia canzone preferita!» e si allunga per dargli un bacio sulla guancia.
Frankie ricambia con un sorriso alla biondina e un occhiolino allo specchietto a Micky che da dietro gli ha appena gridato: «Sei un grande!».
È all’inizio dell’assolo finale, quando tutti e quattro stanno cantando a squarciagola il ritornello rabbioso che ha lanciato i Nirvana nell’olimpo degli dei della musica, che Frankie si accorge troppo tardi di una curva stretta e assassina, pronta ad accoglierli senza nessuna via d’uscita visto che sono lanciati a oltre 140 all’ora.
È una novanta gradi a destra con un muretto spartitraffico di cemento al centro, messo lì con l’intenzione di impedire sorpassi o forse proprio per segnalarla come curva pericolosa.
È impossibile pensare di allargarla o trovare una via di fuga tirando dritti. Frankie realizza il pericolo e di colpo non sente più la musica ad altissimo volume, mentre una scarica di adrenalina gli paralizza la schiena.
Si prepara e si coordina mentalmente, deve tirare una gran frenata e lasciare i freni nel punto esatto in cui inizierà a sterzare per non andare dritto a ruote bloccate.
Si sente in grado di far volare Skeggia, tante volte l’ha ripresa in sbandate disperate, ma questa volta sa di essere in terribile ritardo per tentare una manovra di salvataggio.
Frena disperato, ma la curva arriva e sta andando troppo forte per affrontarla in sicurezza. Il silenzio è sceso improvviso, rotto solo dalla rabbia dei Nirvana e da un urlo lanciato non si sa bene da chi dei quattro.
Lascia i freni all’ultimo istante possibile e dà un colpo di sterzo forte, unico modo per tentare di girare abbastanza e non andare dritto contro il muro spartitraffico.
La macchina come per miracolo reagisce, imposta la giusta traiettoria della curva, le gomme giganti e l’assetto sportivo di cui è dotata fanno il loro dovere e sembra ormai fatta.
Ma il sollievo dura solo un attimo perché il fianco destro della macchina urta leggermente il guardrail all’interno della curva.
Una lieve strisciata, ma sufficiente a sbilanciare la macchina che va di traverso. Un altro attimo e Frankie capisce di stare andando sottosopra, mentre vede l’asfalto avvicinarsi al suo finestrino, in una prospettiva capovolta che non aveva mai visto se non in qualche cameracar di incidenti dei rally.
E poi c’è il muro spartitraffico che inesorabile avanza fino a riempire tutto lo spazio visivo, giusto per ricordare la gravità della situazione.
Tuttavia, Frankie pensa ancora di cavarsela, anche quando l’asfalto inizia a strisciare contro il suo sportello e il finestrino va in frantumi, anche quando la macchina è ormai su un fianco e lui non è più il pilota di niente, solo un passeggero inerme.
Per un attimo spera che sia finita lì, con una fiancata distrutta e basta. Ma tutto ancora continua a muoversi velocemente, si rende conto di trovarsi sottosopra, i vetri vanno in frantumi piccoli piccoli, il mondo è capovolto.
Poi c’è inevitabile l’impatto nel muro, un rumore di lamiere assordante e una pioggia di scintille.
Frankie vede le luci colorate del cruscotto accendersi tutte insieme, lampeggiare un attimo come un albero di Natale impazzito e poi spegnersi definitivamente.
Il fragore dello schianto sembra allontanarsi dalla sua testa, come un’eco lontana.
Adesso non c’è più nessun rumore, è tutto incredibilmente immobile e silenzioso.
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