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This time la luna

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Consegna prevista Dicembre 2025

Nel 2020 Rudi, “strattonato dalla vita”, ha quasi cinquant’anni. Sua grande passione è la cultura pop degli anni ‘80, in particolare la musica dei Duran Duran, colonna sonora delle sue disavventure scolastiche, politiche, occultiste, lavorative, psichiatriche, amorose. Un verso della loro “New moon on monday”, gli rimbalza in testa dall’adolescenza, rinforzando la sua ossessione per la luna, immagine di bellezza lontana e ingannevole. Rudi si riconosce in Li Po, il poeta che annegò cercando di abbracciare il riflesso della luna sulle acque di un lago. Infatti è innamorato di Lu Yao, una camgirl cinese conosciuta solo attraverso gli schermi del pc e dello smartphone. Durante il lockdown le racconta la sua vita, i suoi tragicomici annegamenti, la storia della generazione X, della civiltà occidentale che sembra scivolare verso il baratro. Rudi troverà il coraggio di abbracciare la vera luna? Riuscirà ad arrivare a Wuhan dalla sua amata virtuale?

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto il libro come riflessione tragicomica sul ruolo che hanno avuto i media (radio, cinema, tv, internet) nel trasformare la coscienza umana, in particolare quella dei nati negli anni ’70. Siamo veramente schiavi di quest’eccesso di informazioni o possiamo usarle come strumento di liberazione?

ANTEPRIMA NON EDITATA

Merito della scuola elementare se cominciai a coltivare un sentire apocalittico. Merito, in particolare, del quaderno giallo.

Maestra Chiara era prossima alla pensione e nostalgica fascista. Ci faceva correre in cerchio dentro la palestra a cantar l’inno di Mameli. Siam pronti alla morte, ansimavano 23 voci bianche.

Una volta al mese la maestra dava da portare a casa uno dei quaderni, da restituire con la firma di un genitore. Nessun problema con il quaderno foderato in blu, quello dei temi, il mio forte. Imbarazzante il rosso, per i troppi errori di dettato e di analisi grammaticale.

Il quaderno giallo era di matematica. Un disastro, un trionfo di disordine, cancellature e di MALE! MALISSIMO! STAI ATTENTO! SOMARO! incisi con inchiostro rosso.

Farlo firmare era una gran vergogna.

Mi riducevo all’ultimo, quando tutti quelli dei compagni erano già incolonnati sul mobile accanto alla cattedra. Lo tiravo fuori dalla cartella di sera, dopo il film e prima della nanna, sapendo che la sgridata non sarebbe stata lunga perché in notturna. Quando mancava il coraggio, rimandavo l’operazione al mattino dopo, durante la colazione.

– Ah già! Dovete firmare il quaderno!, esclamavo con finto stupore per la dimenticanza, mentre in realtà avevo già affrontato ore, giorni di angoscia con quell’unico pensiero molesto per la testa.

Ma in una di quelle angosce, durante la cena ritualmente consumata davanti al tg delle 20, piombò una speranza inaspettata: scienziati americani prevedevano per la fine della settimana un impatto devastante di un meteorite sulla Terra. Solo un miracolo poteva deviare il macigno celeste, come un cambio di rotta, una disintegrazione improvvisa. In caso contrario il nostro pianeta era condannato, perché il meteorite era bello grosso. Forse sarebbe stata la fine del mondo, devastato dallo scontro o sconvolto dal cambiamento gravitazionale.

Mi si aprì il cuore. Nemmeno presi in considerazione l’ipotesi del miracolo, mi figurai, sperai, subito il peggio. Che nel mio caso era il meglio. La fine del mondo e la fine di ogni angoscia scolastica, di ogni quaderno da firmare, di ogni umiliazione alla lavagna, di quei pranzi in silenzio carichi di disapprovazione. La fine di tutto. Non poteva che essere un bene.

Leggero, leggerissimo, mi alzai da tavola quella sera, leggerissimo e sereno andai a dormire, mi svegliai, andai a scuola. Il mondo morente mi sorrideva. Tutto appariva bello, perfino il grembiule sporco del bidello, perfino il passato di verdura. Tutto bello perché prossimo alla fine.

Libero da ogni responsabilità, vissi quei giorni in stato di grazia. La pila dei quaderni gialli cresceva accanto alla cattedra, maestra Chiara ricordava di far firmare e restituire. E io gioivo immaginando scuola, maestra e quaderni gialli rossi e blu ridotti in polvere dall’asteroide amico e come polvere fluttuanti in eterno nello spazio privo di quell’errore chiamato pianeta Terra.

I giorni però passavano e il tg taceva impietoso. Tutti sembravano aver scordato la fine del mondo. In me cresceva l’agitazione, mi rassicuravo dicendomi che gli scienziati americani avevano solo fatto qualche errore di calcolo. Ma giunto il mercoledì della settimana dopo, fui costretto ad arrendermi all’evidenza: la fine del mondo non c’era stata, forse era solo rimandata. E il quaderno andava restituito, firmato.

Persi ogni fiducia nella scienza americana e mi chiesi che fare. Il quaderno era particolarmente impresentabile, troppi giorni erano passati, papà e mamma si sarebbero arrabbiati di brutto. La sigla piena di ghirigori del papà era improponibile, non rimaneva che falsificare la firma di mamma. Mai l’avevo fatto, mai pensato di farlo, ma sapevo da Riccardo che alle medie c’era chi osava tanto. Era il caso di osare.

Il resto della famiglia dormiva, mi chiusi nel cesso piccolo, appoggiai il quaderno giallo sulla lavatrice e alla luce della luna filtrata dalla finestra quadrata, vergai un’incerta firma della madre. Bestemmiando scuola, matematica, Nasa, il meteorite traditore, l’universo intero e Dio.

La mattina dopo maestra Chiara parve un po’ perplessa.

  • Rodolfo, l’ha fatta tua madre questa?
  • Certo!, risposi visualizzando una tempesta di meteoriti sulla città.

Ma un’infanzia a cavallo dei decenni ’70 e ’80 del Novecento in una città come Torino non può che far sbocciare un vigoroso senso di apocalisse. Anche se bimbi reduci dalla Berlino o dall’Hiroshima del ’45 potrebbero ridimensionare la mia pretesa.

Comunque, è un fatto che quando avevo sei anni sequestrarono e poi uccisero Moro. Tv a cena e genitori non parlavano d’altro in quei giorni. Anche Amanda Lear cantava “Tu Morooo”, o almeno così capivo io. Un posto di blocco con mitra fermò la nostra macchina diretta in centro per gli acquisti del sabato pomeriggio. E poi c’era D’Avanzo, il magistrato che abitava nel palazzo. Olivastro, capelli ricci neri, sempre in completo nero, sempre scortato all’entrata e all’uscita da carabinieri in rosso e nero.

  • Perché cerca di catturare i terroristi, quelli che mettono le bombe e sparano, spiegarono solerti i genitori. Grazie. Garanzia di incubi ad occhi

aperti prima del sonno. Li vedevo giù in strada, i terroristi, Forse si erano appena fatti una puntura di droga, erano quelli che lasciavano il tappeto di siringhe, il campo minato che con mamma attraversavo per andare a scuola. E dopo la puntura buttavano una bomba sul palazzo, per uccidere D’Avanzo, che abitava proprio accanto. La casa bruciava, D’Avanzo bruciava con moglie e cane, bruciava anche la cucina della mia famiglia, bruciava anche il Brionvega, bruciava la cameretta con me e mio fratello nei lettini e sopra la mensola tutti i volumi de La scala d’oro. Bruciavano i genitori nella camera da letto, con il Buddha sopra il comodino, regalo di matrimonio.

Con quei pensieri, a sei anni, scivolavo nel sonno. Al risveglio non sembrava vero d’essere ancora vivo, che Brionvega e Buddha fossero al loro posto.

Insomma, non sono reduce da Hiroshima ma qualche angoscia d’epoca l’ho respirata.

Certo, poi fu la volta di Cernobyl. Quella sì che fu una catastrofe apocalittica. Ma non posso dire di averla vissuta in piena coscienza. Ero distratto dal primo singolo solista di John Taylor. I do what I do, canzone che col senno di poi non si può definire un capolavoro. Era nella colonna sonora di 9 settimane e ½ e il fatto che si trattasse di un soft-porno alimentava il turbamento.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Luca Negri
Nato l'anno in cui uscì "The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars" di David Bowie, coltivo ancora dubbi sul mio essere del tutto terrestre. Letture fantascientifiche, surrealiste e beat, stagionati ascolti rock e pop, varie esperienze esoteriche me li hanno anzi aumentati, quei dubbi. Ho fatto il poeta, il dj, il giornalista, l'insegnante. Mi piacerebbe fare tutte queste cose contemporaneamente. Ho pubblicato 4 saggi, una raccolta di poesie, una di racconti. E' ora di un romanzo. Mi piacciono pizza e meringata, i sabati pomeriggio, la montagna d’estate, i fiori di lillà, mia figlia, sua madre, la nostra gatta e tanto altro.
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