Un teatro, tre originali individui, uno spettatore casuale che assiste di nascosto a una commedia mai scritta. L’equivoca identità dei personaggi si frammischia – quadro dopo quadro – a una vicenda surreale di amori disillusi o rocamboleschi, sentite confessioni e messinscene improvvisate, colpi di scena che porteranno a una sola conclusione possibile: la vita è una truffa!
Perché ho scritto questo libro?
Eravamo pronti ad andare in scena. L’umore era al massimo, il quadro perfetto, le luci giuste eppure il mese della primavera portava con sé la chiusura dei teatri! Avevo fissato le scenografie mentre chiudevo le porte del capannone dove sarebbero rimaste ancora a lungo; messe a posto le lampadine che – adesso mi era chiaro – non sono davvero tutte uguali. Come riuscire a non far morire quella commedia scritta un po’ per sbaglio? Dopo anni, forse, ho trovato la soluzione: il pubblico lo metto io…
ANTEPRIMA NON EDITATA
Qualcuno arriva frettolosamente su per la salita. L’affanno si fa sentire. La camminata è marcata, il passo stile militare: comincia dal tacco e sfrutta tutta la pianta del piede. Fa meno rumore però è costante, veloce. Sicuro non è una femmina. Rimanere in bella vista non mi pare una buona idea. Ripiego sulle tracce dell’ombra precedente anche se ormai è irraggiungibile. Costeggio una fila di aiuole pubbliche rettangolari al centro di ognuna delle quali è piantato un Vietato calpestare l’erba che, scritto nero su giallo, fa tanto pericolo radioattivo. Cerco una via di fuga, invece trovo la nuova ombra in avvicinamento. Minaccia incontri ravvicinati di qualche tipo non molto raccomandato. Davanti a me c’è una porta. Sulla targhetta leggo TEATRO COMUNALE. L’ombra sinistra, nel frattempo, si approssima, si schiaccia, si fa nerissima. Non voglio guardare. Giro su me stesso. Mi appoggio alla porta. La porta è semiaperta. Sono dentro.
* * *
– Questa è la quarta che si fulmina in dieci anni. – Afferma, salendo uno per volta i pioli della scala e fermandosi a ogni frase. – È proprio il metallo dentro che si spezza, che è difettoso. Non li fanno più i fili incandescenti di una volta!
– Scusate, lavorate qua? – Domanda Gaetano, rientrando a grandi falcate e trovando l’elettricista a metà scala.
– No. Mi piacciono le lampadine!
* * *
– Lo cerco io il direttore artistico – assicura l’ex voce concitata, poi educata e, infine, smargiassa: – non me ne vado se non trovo a lui o a quella cara signora che mi ha fatto questo scherzo!
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