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Jallalla Bolivia

banner Elena Candeliere per Sonia Andrich
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Consegna prevista Gennaio 2026
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Immaginate di vivere in un Paese a voi sconosciuto che subito diventa casa. Immaginate che in questo Paese ci siano montagne alte 6000 metri, una distesa di sale enorme, tessuti intrecciati che raccontano storie, cibi che non avete mai assaggiato e strumenti che non avete mai visto. Immaginate che in questo Paese si parlano così tante lingue che è impossibile impararle tutte, che le donne indossano gonne colorate, che ci sono città che sorgono a 4000 metri e villaggi nascosti nell’Amazzonia. Immaginate che in questo Paese la gente muore senza che nessuno se ne accorga, che non tutti i bambini possono vivere la loro infanzia, che le persone sono costrette a fare dei lavori degradanti e che la dittatura del passato ancora si ripercuote sul presente. In questo stesso Paese il culto della morte è diverso da quello Occidentale, il rapporto con la Natura, con l’acqua e con la foglia della coca è sacro.
Immaginate di scoprire, immergendovi tra diversi racconti, che questo Paese è la Bolivia.

Perché ho scritto questo libro?

Quando finisce davvero un viaggio, un’esperienza? Quando si sale sull’aereo di ritorno? Quando si cammina di nuovo con i piedi sulla propria terra? Quando le valigie sono ormai vuote?
La mia esperienza in Bolivia è finita quando sono riuscita a lasciare andare tutto: tutte le esperienza, tutte le emozioni, tutti i pensieri, tutti gli sguardi, tutti gli abbracci, tutte le storie. Tutto. Ed è nato questo libro. Questa è stata per me la vera conclusione del viaggio. Per voi, spero, sarà l’inizio.

(Foto banner di Elena Candeliere)

ANTEPRIMA NON EDITATA

Carreteras de la muerte 

L’alba a El Alto è fredda, umida, tremano per fino le ossa. Ma se voglio essere sicura di riuscire a comprare tutto e non rimanere incastrata nel traffico devo per forza arrivare qui la mattina presto, comprare, caricare la merce sulla macchina e tornare a casa. Sono anni ormai che almeno una volta a settimana mi sveglio prestissimo, mi vesto, salgo in macchina e guido ore fino in città. Accendo la radio, che mi tiene compagnia, assieme al mio cane, Boby, adottato dalla strada, sempre con me, mi protegge lungo il cammino. Dopo molto tempo alla guida la schiena mi fa male, sono stanca, ma bisogna andare avanti. La giornata è ancora lunga.

Essere una donna che guida un’auto, sola, non è una cosa che si vede molto nei villaggi boliviani, soprattutto quelli più piccoli. È solitamente l’uomo che si occupa di queste cose, la donna rimane a casa a far da mangiare, pulire, occuparsi dei figli, insomma, le solite cose. Io ho avuto la fortuna di sposare un uomo che capisse il mio bisogno di uscire di casa e di essere utile alla nostra comunità in diversi modi.
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Viviamo per lo più isolati, poche case in mezzo al verde. Io mi occupo di portare avanti un piccolo negozio che vende di tutto: generi alimentari, oggetti di cancelleria, vestiti. Per quello devo andare in città con la mia macchina, per quello mi alzo presto, perché nel mio negozio ci sia sempre tutto, perché mi piace che alle persone non manchi mai nulla. Se mi chiedono qualcosa, io ce l’ho.

Oggi è giorno di rifornimento. Boby mi accompagna come sempre nelle compere. Sacchi pieni di riso, farina, zucchero. Bottiglie di olio. Confezioni di bibite gassate, che piacciono tanto ai bambini, ma anche agli adulti. Bottiglie d’acqua, per quando quella del fiume è sporca e non si può usare neanche se prima viene bollita. Carta igienica, saponi. Il resto bene o male ce lo coltiviamo noi o lo compriamo dai grandi camion che passo giù, sulla strada principale. Alleviamo anche qualche animale, soprattutto galline, per le uova.

Finito di caricare il tutto sul pick-up, da sola ovviamente, perché se chiedi aiuto a qualcuno poi devi pagarlo e non ho abbastanza soldi per tutto, risalgo in macchina e riparto. Non posso correre molto con l’auto piena, così le grida e gli insulti sono ancora più frequenti. Dopo ore ed ore di strada bagnata, nebbia, curve pericolose, arrivo al villaggio. Scarico un po’ di roba, quella che mi serve, il resto lo devo portare ai villaggi vicini, e qui arriva il bello. Le strade che devo percorrere sono per lo più abbandonate al loro destino. Piene di curve, con da una parte la montagna e dall’altra lo strapiombo, il vuoto. Buche profonde, massi in mezzo alla strada, alberi caduti, salite ripide alle quali si arriva in cima solo con un po’ di rincorsa e tanta fortuna. L’asfalto ovviamente non esiste, tutta terra, argilla e sassi. Tutto che crolla. Altro che Carretera de la Muerte, quella che adesso è diventata un’attrazione turistica. Sono morti in molti su quella strada, così stretta, così pericolosa, ma non c’erano alternative, come non ce ne sono ora per noi. Vediamo se un giorno o l’altro passano anche per di qua i turisti con le loro bici ammortizzate, le loro tute colorate tutte uguali, i caschi, le ginocchiere, i guanti; forse dovrei mettermeli anch’io quando salgo in macchina, non si sa mai.

Ogni anno sta diventando sempre più difficile sportarsi per queste strade, ci sono molte frane, il terreno crolla appena piove. I fiumi si ingrossano, le auto rimangono bloccate in mezzo all’acqua senza possibilità di muoversi, finché non arriva un trattore o un camion a tirarle fuori. E potete immaginare, con le strade crollate a metà, come fanno ad arrivare i mezzi più grandi? Bisogna aspettare ore ed ore per poter passare. Ogni volta che salgo in macchina chiedo alla Pachamama di farmi tornare viva a casa. Oramai ci sono continue inondazioni, il terreno non è più in grado di rimanere insieme: sono stati tagliati talmente tanti alberi che sta crollando tutto, è un disastro, un disastro ambientale. La deforestazione sta causando sempre più problemi sulle strade del nostro paese, che crollano da un momento all’altro senza dare alcun segnale. Oltre a questo, i cambiamenti climatici stanno cambiando le stagioni. Piove sempre più tardi, quando la stagione delle piogge è iniziata già da un pezzo, e quando lo fa, cade troppa pioggia tutta assieme, portandosi dietro alberi, quelli che sono rimasti, strade, macchine, case, persone, distruzione.

La cosa peggiore è che da qualche anno ci si mettono pure i minatori a complicarci la vita. Infatti, stanno sorgendo molte nuove miniere a cielo aperto qui in zona. Usano tutte il mercurio per poter separare i metalli dalle rocce. Ovviamente il mercurio, una volta utilizzato, viene scaricato nei fiumi, quelli che passano vicino alle nostre case, quelli in cui laviamo i nostri vestiti, quelli in cui i nostri figli vanno a farsi il bagno nei giorni caldi, quelli che usiamo anche per cucinare. Cosa comporta questo? Che sempre più persone si stanno ammalando di cancro. Se hai i soldi, vai in città a curarti ma se non ce li hai? Muori. Semplice.

Ma a loro questo non importa. L’importante è fare i soldi, anche a spese della vita degli altri.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Sonia Andrich
Nata e cresciuta tra le Dolomiti Bellunesi, in un paesino di montagna chiamato Vallada Agordina (BL), negli anni esplora la bellezza del viaggio, della scoperta, degli incontri e della condivisione. Questo la porterà a cercare sempre esperienze nuove e uniche, che la facciano entrare in contatto con le persone, con i luoghi e con se stessa, sentendosi grata di avere il privilegio di scoprire questo mondo fatto di meraviglie, di rarità, di ingiustizie e di dolore.
Dopo “Gli occhi dell’Ecuador" (Edizioni DBS, 2023), Jallalla Bolivia è un libro nato dalla necessità di ringraziare un popolo e un paese che l’hanno accolta tra le loro braccia.
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