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Sweet Dream

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Consegna prevista Febbraio 2026
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Samantha Rossi è una ragazza timida e riservata che si trasferisce con la sua famiglia in una piccola città. Qui incontra Nicholas Ricci, il ragazzo più ambito della scuola, giocatore di rugby e figlio di una famiglia benestante. Nonostante le loro differenze, tra loro nasce un’intesa intensa e travolgente.
Ma il loro amore deve affrontare ostacoli più grandi di quanto immaginassero. Il padre di Nik, severo e autoritario, disapprova la relazione a causa delle differenze economiche tra le loro famiglie e impone al figlio di allontanarsi da lei. Nik lotta tra l’amore per Sam e il desiderio di non deludere più suo padre, almeno finché non finirà il liceo, mentre Samantha, pur soffrendo, cerca di restare forte.

Perché ho scritto questo libro?

Questo libro nasce dopo un sogno. L’ho elaborato e fatto mio.
É la prima volta che scrivo qualcosa, e vorrei non fosse l’ultima. Il mio sogno? Riuscire a lasciare qualcosa di me nel futuro.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

1

Sam

Da bambina, mia nonna mi raccontava sempre la stessa storia prima di dormire. Non era una vera e propria favola, ma lei la rendeva tale.

Parlava dell’amore impossibile tra Sole e Luna.

Quando Sole e Luna si incontrarono, si innamorarono perdutamente uno dell’altra. Ma quando Dio creò  il mondo, Sole e Luna vennero divisi. Lui era portatore di luce e quindi del giorno e lei lo era della notte, obbligandoli senza volerlo a vivere separati. I due soffrirono molto la separazione e Sole chiese a Dio di aiutare Luna perché diventava sempre più triste, così lui creò le stelle per farle compagnia durante la notte, ma anche esse non aiutarono a confortare la povera Luna. Così Dio decise che ogni amore al mondo non è impossibile, e creò l’eclisse, un momento raro nel quale i due possono incontrarsi. Sole e Luna continuano a fare il loro dovere attendendo il momento del loro incontro. Un incontro che è talmente potente che a noi umani non è possibile vedere ad occhio nudo. La potenza della loro unione e del loro amore potrebbe accecarci. E da qui inizi  la leggenda dell’ eclissi…Avrei tanto voluto nella mia vita un amore potente come quello tra Sole e Luna.

*****

Era arrivato il primo giorno nella nuova scuola. Speravo tanto che almeno quest’anno sarei riuscita a farmi nuovi amici, visto che nella vecchia, non avevo legato con nessuno a parte Angela; erano tutti troppo complicati ed amavano sballarsi. Tutto il mio contrario.

Mi dispiaceva essermi trasferita, ma la nostra amicizia si era comunque logorata con il tempo. Nell’ultimo anno litigammo spesso, troppe incomprensioni.

Speravo che la lontananza ci avrebbe aiutato a fare pace, invece era tutto più difficile. Il nostro rapporto probabilmente, ormai era rotto.

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A malapena ci sentivamo.

La scuola distava poco dalla nuova casa, tanto che dopo dieci minuti a piedi, mi ritrovai davanti al grande cancello nero, con il piccolo zaino in spalla.

Il giorno prima mio padre aveva insistito per accompagnarmi, temendo che mi perdessi, come se fosse facile in una città così piccola.  In un solo giorno si poteva tranquillamente girarla tutta.

L’istituto era una scuola prestigiosa, rinomata per l’alto livello accademico e la struttura moderne. L’edificio principale era un’imponente costruzione in stile neoclassico, con colonne bianche all’ingresso e un grande portone di legno scuro con dettagli in ferro battuto e una grande scritta sopra l’entrata ‘Istituto scientifico Privato A. Einstein’.

L’ansia che avevo cercato di nascondere, riprese il sopravvento.

Mi feci coraggio ed entrai, notai subito come il grande giardino che circondava la scuola, era curato in ogni minimo particolare.

Era di un verde smeraldo con piccole gocce colorate dei fiori. Sembrava di essere in un quadro. E anche se l’estate era passata da pochissimo tempo, sembrava che lì, non aveva modificato nulla, non aveva minimamente cambiato i suoi colori. Era tutto perfetto, l’armonia che si respirava era disarmante.

Le grandi montagne sullo sfondo davano un senso di pace, di silenzio. Si respirava un’aria pulita, fresca, quasi che inalarla bruciasse al naso.

Ero arrivata in ritardo come al solito e fuori non c’era più anima viva.

Non vedevo l’ora di esplorare la scuola e di conoscere le nuove compagne di studio sperando che sarebbero state almeno simpatiche quanto Angela.

Questa volta avrei fatto in modo che le cose fossero andate bene, non avevo nessuna intenzione di cambiare di nuovo, e avrei cercato di dare il meglio visto i sacrifici che faceva mio padre per permettermi di studiare in una scuola superiore privata come questa.

Lui ora era direttore di un supermercato con varie sedi sparse per l’Italia e non guadagnava male, aveva fatto la gavetta da giovane, senza mai mollare per continuare a crescere la sua posizione lavorativa. E c’era riuscito!

Era un uomo iper protettivo.

Mia madre era casalinga. Aveva dovuto lasciare gli studi presto, quando era rimasta incinta di me. Fu costretta a ritirarsi da scuola per crescermi, senza mai riuscire a conferire il diploma. Durante quel periodo mio padre si fece carico di tutte le spese lavorando come un matto, facendo rimanere a casa lei e permettendoci una vita agiata. Non vivevamo in una villa, non avevamo auto di lusso o domestici in casa, ma non ci era mai mancato nulla.

Entrai nella hall della scuola con le mani sudate, non potevo tirarmi indietro, dovevo essere forte.

L’interno era elegante ma funzionale: pavimenti in marmo chiaro, ampi corridoi illuminati da grandi finestre.

Ero talmente agitata che lo stomaco cominciò a contorcersi.

Mi ritrovai davanti una donna sulla cinquantina vestita molto bene, la segretaria scolastica.

“Salve!” Esclamò la signora bionda, dietro la scrivania.

“Buongiorno sono Samantha Rossi” accennai un lieve sorriso.

“Buongiorno e ben arrivata signorina!” Rispose.

“Grazie mille”

“Allora…” continuò lei controllando dal pc che aveva davanti, “la classe dove deve andare è la seconda D al secondo piano, appena arriverà su, entri tranquillamente, la Professoressa Martini la sta aspettando. Durante la ricreazione però, torni qui in segreteria a prendere il materiale per frequentare le altre lezioni. Come già saprà nella quota mensile sono compresi anche i libri scolastici”

“Si grazie” risposi, accennando di nuovo un sorriso.

Mi diressi verso le scale. Per fortuna la segretaria mi aveva dato una specie di mappa per orientarmi, altrimenti mi sarei persa mille volte. Era molto grande, sembrava di essere a Hogwarts, al contrario della scuola precedente che era una struttura molto più piccola e mal ridotta.

Al pian terreno c’era una stanza relax, la mensa e la palestra. Al secondo e al terzo piano c’erano le aule. Venti classi in tutto, esposte su due piani.

Un grande cortile interno con panchine in legno e un prato ben curato, dove gli studenti si potevano riunire durante le pause.

L’istituto comprendeva anche una moderna palestra con vetrate che davano sul campo da rugby.

I muri erano di un giallo chiaro, tanto da ricordarmi il colore della paglia, le porte delle classi erano tutte uguali in legno marrone mogano con al centro attaccato un foglio a4 stampato plastificato con scritta la relativa classe.

Arrivai davanti alla seconda D, presi un respiro profondo, bussai aprendo leggermente la porta con il cuore che mi stava scoppiando in petto per l’ansia.

“Permesso?” Dissi a bassa voce.

La professoressa mi guardò facendomi un sorriso rassicurante.

“Entra pure, ragazzi lei è Samantha Rossi ed è una nuova compagna”  feci un mezzo sorriso.

“Siediti dove vuoi!” Continuò. Sentii gli occhi di tutti puntati su di me mentre avanzavo goffamente verso un banco libero. Le guance ardevano. Non mi era mai piaciuto stare al centro dell’attenzione.

Cominciai a sistemare le cose sul banco, e cercai di seguire la lezione di matematica il meglio possibile.

Finite le due ore, tutti si alzarono dai loro posti e cominciarono a chiacchierare tra loro, mentre io rimasi sulla sedia intenta a sistemare i quaderni sul banco per le ore successive, alternando momenti a fissare il vuoto fuori dalle grandi finestre laterali.

Appena entrò il professore successivo, cominciò a spiegare senza accorgersi di me.

L’ora di inglese passò in fretta, ed arrivò quella della ricreazione. Fino a quel momento nessuno ancora mi aveva rivolto la parola, e forse era anche meglio così.

Scesi in segreteria a prendere i libri come aveva chiesto la segretaria la mattina e tornai nella classe, dove mi avrebbe atteso un’altra ora di scienze.

Avevo cercato di prendere più appunti possibili, per mettermi a paro con gli altri.

La campanella suonò a simboleggiare la fine della prima parte delle lezioni. La classe si svuotò  in pochissimi secondi, ritrovandomi sola.

Mentre sfogliavo ancora le annotazioni, il mio stomaco brontolò. Era ora di pranzo.

Cercai di dare uno sguardo volante alla mappa per capire dove trovare la mensa.

“È ora di andare! Forza Sam, puoi farcela” Esclamai a me stessa cercando di farmi coraggio.

Uscii dalla classe. In corridoio, c’era talmente tanta confusione, da non riuscire a capirci nulla. Gente ovunque, ed io non ero certa di sapere dove andare, così chiusi la porta e decisi di seguire la massa.

Come prevedevo mi ritrovai in mensa.

Era una stanza enorme con luci a LED nel soffitto, e pareti bianche anonime. C’erano almeno un centinaio di tavoli, alcuni erano già pieni di ragazzi, altri erano ancora in fila a scegliere il pranzo.

Feci un respiro profondo, accodandomi dietro un ragazzo biondo e prendendo un vassoio dalla mensola verde sulla sinistra.

Seguii la coda in silenzio cercando di origliare i discorsi di chi mi stava avanti, quando due ragazze si avvicinarono.  Erano della mia classe. Una bionda, alta con occhi chiari, l’altra mora, più bassa, dagli occhi scuri.

“Ciao. Tu sei la nuova, giusto?” Disse la bionda scrutandomi.

“Ehm si!. Piacere sono Sam!” le sorrisi porgendole la mano.

Mi guardò con un’espressione divertita.

“Piacere? Ma da dove vieni?” Scoppiò a ridere.

Abbassai la mano sentendomi un’idiota.

“Ok! Niente piacere, sono Sam!”

La mora mi lanciò uno sguardo dispiaciuto e mi rivolse un sorriso sincero.

“Ti va di unirti a noi per pranzo?”

Io annuii, anche se mi costò un po’ accettare, non ero mai stata una ragazza da facili amicizie, ma dovevo cominciare a lottare contro la timidezza, e soprattutto,  non avevo nulla da perdere.

“Io sono Katia”

“Olive” disse la ragazza bionda.

“Ti aspettiamo lì in fondo, abbiamo già fatto la fila prima”

Mi indicò un tavolo già apparecchiato da due vassoi pieni di cibo.

Annuii di nuovo, poi loro si voltarono per andare a sedersi dove mi avevano detto.

Presi il pranzo. Scelsi del riso bianco per accompagnarlo alle verdure. Avrei voluto tanto l’amata lasagna, ma era meglio rimanere leggere.

Mi incamminai verso di loro, cercando di passare inosservata. Ma mentre attraversavo la mensa, notai un gruppo di ragazzi ad un tavolo vicino. Erano belli, tutti quanti, e facevano un baccano assurdo.

Passai davanti a loro, tenendo la testa bassa per farmi notare il meno possibile, sentii qualche risata soffocata.

Mi stavano già prendendo in giro? Abbassai la testa affrettando il passo.

Avevo sempre cercato di essere la classica ragazza anonima. Cercavo sempre di non stare al centro dell’attenzione. Anche le interrogazioni a scuola, erano una tortura. Dover stare da sola a parlare, davanti alla classe, mi imbarazzava tantissimo.

Nella vecchia scuola all’inizio, venivo chiamata “tavola da surf” per via delle mancate forme fisiche.

Ero molto paffutella da piccola e venivo spesso presa di mira, non bullizzata no, ma insomma si sa che quando cominciano ad arrivare le prime prese in giro, fa male ugualmente, così arrivata all’età dello sviluppo, ho cominciato a mangiare sano e cercare di recuperare il mio aspetto fisico per accettarmi davanti lo specchio. Insomma non sono mai stata contenta di me stessa e continuavo ad essere la tipica ragazza acqua e sapone che piaceva poco, ma che soprattutto mostrava poco, perché anche l’idea di essere appariscente non rientrava nelle prospettive.

Avevo la pelle molto chiara, gli occhi verdi contornati da una passata leggera di mascara e capelli castano chiaro, generalmente legati da uno chignon un po’ accroccato. Tutto molto semplice.

Speravo tanto che prima o poi il carattere e la timidezza con il quale convivevo da quando ero piccola, potessero cambiare, crescendo.

Arrivata al tavolo, mi sedetti con Katia ed Olive, che mentre mangiavamo, non persero tempo per farmi tremila domande.

“Da quale scuola vieni?” Mi chiese la bionda.

“Mi sono trasferita da pochi giorni in realtà. Vivevo in un’altra città”

Non amavo raccontare la mia vita a tutti, soprattutto se non conoscevo abbastanza.

“Cavolo, hai cambiato tutto praticamente” rispose l’altra.

“Beh sì. Ma non è stato così devastante. Non mi trovavo molto bene”

“E perché ti sei trasferita? Problemi amorosi?” Chiese Olive. “Non proprio. Mio padre è stato trasferito, per lavoro” La bionda alzò gli occhi al cielo.

“Mi aspettavo una storia più interessante”

“Olly! Ma ti sembra il caso?” Si intromise Katia. “Scusa, ogni tanto non connette il cervello alla bocca”

“Ma falla finita, anche tu speravi che ci portasse una ventata di freschezza”

Sorrisi, le due mi piacevano. Erano strambe, ma sembravano sincere.

“Mi dispiace, ma sono la persona più semplice sulla faccia della terra”

“Lo siamo anche noi, ma ogni tanto lei se ne dimentica”

“Io non sono affatto semplice. A tutti piace stare al centro dell’attenzione”

“Non a me” la bloccai.

“Ti do tempo qualche mese e saremo il trio più invidiato della scuola. Cambierai opinione grazie a me”.

Sì, nei sogni!

A pranzo finito, avevamo a disposizione ancora mezz’ora di svago prima che ricominciasse la lezione. Mi alzai dal tavolo per buttare i rifiuti nel cestino, dimenticandomi della compagnia delle ragazze.

Abituarmi a loro, sarebbe stato un po’ complicato, data la solitudine nel quale spesso mi chiudevo.

Poco dopo mi raggiunsero di nuovo, continuando a parlottare tra loro.

“Ora arriva il bello!” Esclamò  Olive tutta soddisfatta, mancava solo che si mettesse a saltellare al centro della mensa.

Accennai un sorrisetto, e risposi un po’ imbarazzata.

“Perché?”

“Andiamo in sala relax! È il posto perfetto per guardare tutti i ragazzi più fighi della scuola”.

“Non per me, io non sono attratta dagli uomini” rispose Katia.

Scossi la testa.

“Non credo sia il mio genere di divertimento…”

“Devi farti conoscere! Non vorrai mica rimanere la ‘nuova’ per sempre, vero?”

Esitai. Aveva ragione.

“Va bene, andiamo!”

Ripresero a farmi domande alle quali rispondevo a monosillabi, non ero mai stata una grande chiacchierona.

“Ce l’hai il ragazzo?”

“No”

“Ce l’hai mai avuto?”

“Sì”

E continuarono ad oltranza .

Arrivate lì, constatai che veramente tutta la scuola era racchiusa in area relax come mi avevano detto le ragazze prima, non era stato solo un modo di dire, come speravo.

Le seguii, dirigendoci verso un angolo della stanza dove c’erano delle poltrone con un divanetto libero. Rimasi con loro, a bere una coca cola che avevo preso dalla mensa.

Restai di ghiaccio e per poco non sputai.

Il respiro mi si bloccò.

Il ragazzo più bello che abbia mai visto, entrò dalla porta che dava sul giardino.

Alto. Muscoloso. Capelli castano scuro, occhi azzurri, sorriso perfetto.

Dannatamente bello.

Il mio cervello in un attimo non connetteva più. Forse, per la prima volta nella mia vita, stavo vivendo qualcosa di simile a un colpo di fulmine.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Marina Iuliano
Sono Marina. Sono nata a Roma nel 1983. Sono una mamma e lavoratrice nella mia attività.
Nel mio tempo libero leggo, guardo film e serie tv e scrivo.
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