Luca è un giovane pittore che scopre, tra le mura dell’Accademia, un diario dimenticato, una chiave per comprendere la maledizione che ha spento ogni sfumatura. Napoli è grigia, immobile, come se il tempo stesso si fosse arreso. Ma tra vicoli sussurranti e leggende sopite, Luca scopre che i colori non sono solo pigmenti: sono emozioni, memorie, frammenti dell’anima della città.
Insieme al misterioso musicista Mileven e guidato dalla sirena Parthenope, Luca intraprende un viaggio tra arte e magia, attraversando il Vesuvio, il mare e i cuori dei napoletani. Ogni quadro che dipinge riporta in vita una parte perduta della città, ma risveglia anche qualcosa di oscuro: Nereo, l’antico dio del mare, deciso a reclamare ciò che un tempo gli fu strappato.
Una storia vibrante di speranza, bellezza e sacrificio. Un omaggio alla forza delle emozioni, della memoria e dell’arte che, come Napoli, non muore mai.
Perché ho scritto questo libro?
Perché sentivo che Napoli meritava di essere raccontata in un modo diverso. Non quella da cartolina o da cronaca, ma quella nascosta nei vicoli, nei silenzi, nella malinconia dei suoi colori perduti.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Nota dell’autore:
Questo estratto rappresenta l’inizio del viaggio di Luca e la prima scintilla del mistero che avvolge Napoli. Ho scelto di iniziare proprio da qui perché, nella sospensione grigia che blocca la città, si nasconde la prima domanda essenziale: è davvero tutto perduto o stiamo solo dimenticando come vedere?
L’alba si riversava pigra sui tetti di Napoli, una luce pallida e priva di calore che sembrava più un ricordo del giorno che una promessa.
Luca si affacciò alla finestra del suo appartamento, un piccolo spazio sopra uno dei tanti vicoli che serpeggiavano come vene attraverso il cuore della città.
Da lassù, tutto sembrava sospeso in un’uniformità desolante: i tetti, le strade, persino il mare distante, erano immersi in una monotonia grigia, priva di qualsiasi vita cromatica.
Continua a leggere
Il ragazzo posò la tazza di caffè sul davanzale. Il tintinnio del ceramico che incontrava la pietra spezzò il silenzio del mattino. Gli occhi verdi, gli unici segni di colore in tutto il panorama, scrutavano l’orizzonte. Non c’era nulla da vedere, solo quel grigio opprimente che sembrava crescere giorno dopo giorno, insinuandosi anche dentro di lui.
Una voce familiare interruppe il suo torpore.
«Luca! Scendi, siamo in ritardo!»
Era Mileven, come sempre un uragano di energia. La sua presenza, almeno, portava una scintilla di vitalità nel mondo spento che lo circondava.
[…]
Le aule dell’Accademia erano silenziose, i corridoi deserti. Solo il ticchettio delle scarpe dei due amici riecheggiava tra le mura. Entrarono nell’aula del professor Dassen, una stanza ampia con soffitti alti e finestre
che si affacciavano sui giardini ormai sbiaditi.
«Oggi,» iniziò Dassen, «parleremo della percezione. Non del colore, perché come sapete, di quello ci è stato negato il privilegio. Ma della forma, della luce, delle ombre. Anche nel grigio più profondo,
c’è sempre qualcosa da vedere, se si sa dove guardare.»
Le parole del maestro avevano un peso che Luca non riusciva a ignorare. Mentre il professore parlava, Luca disegnava. Le sue mani tracciavano linee, ma oggi, per quanto si sforzasse, le forme gli sembravano vuote.
«Ti manca qualcosa,» disse Dassen, osservando il foglio.
«Non c’è nulla da vedere, maestro.»
Dassen tracciò una linea con il gesso. «Non è ciò che vedi, ma ciò che senti. Quando imparerai a sentire la città, a comprenderne le voci, allora vedrai di nuovo.»
Quelle parole si piantarono nella mente di Luca come semi nel terreno arido. E forse era vero: forse la città parlava ancora. Solo che nessuno sapeva più ascoltarla.
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.